Insania
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Narrativa - romanzo breve (76 pagine) - Quale filo rosso unisce una serie di eventi e personaggi apparentemente scollegati tra loro?
Furti che fanno sparire, dagli unici due musei in cui erano conservate, tutte le opere di Oreste Fernando Nannetti, famoso esponente dell’Art Brut rinchiuso per anni nell’ospedale psichiatrico di Volterra. Le ricerche di due abili crittografi statunitensi e di un cabalista ebreo. Gli interessi di una banda di narcos boliviani. Le indagini di un giovane carabiniere in forza al Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale. Gli strani atteggiamenti di una bellissima, misteriosa ragazza. Quale filo rosso unisce tutto ciò, in una Volterra cupa e surreale? Forse solo una bizzarra, imprevedibile insania…
Bruno Vitiello è nato a Napoli il 3 febbraio 1966. Laureato in Lettere Moderne, ha svolto per alcuni anni attività di assistente presso la cattedra di Storia del Rinascimento dell'Università di Napoli Federico II. Nel 1994 ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia Moderna con una tesi su Michelangelo e la scienza anatomica. Docente di ruolo d'Italiano e Latino, dopo aver insegnato nella Scuola italiana è attualmente professeur détaché di materie letterarie presso l'Ecole européenne di Bruxelles. Ha pubblicato il suo primo racconto di fantascienza nel 1983, e da allora non ha mai cessato di scrivere, comparendo su tutte le principali riviste italiane specializzate nel settore. Attualmente ha all'attivo svariati romanzi, racconti, saggi e articoli sia nel campo della science fiction che in quello del thriller e del mystery, pubblicati in Italia e all'estero.
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Book preview
Insania - Bruno Vitiello
9788825413489
Dedicato ai miei allievi
per tutte le meravigliose,
insolite favole
che ci raccontiamo…
B.V.
Sono il matto e allora dammi il permesso di parlare.
Io saprò ripulire il mondo da ogni male,
se la gente accetterà la mia medicina.
William Shakespeare, Re Lear
I matti siamo noi, perché le chiavi le avete voi.
Perché se le chiavi le avessimo noi, i matti sareste voi.
Proverbio toscano
1
Losanna, tempo presente, 12 dicembre
– Mi scusi per l’ora tarda, monsieur le directeur, ma… è successa una cosa grave. Un furto. Non sappiamo spiegarci come, ma… i sistemi d’allarme non hanno funzionato.
Mentre si vestiva in fretta, lasciando che l’adrenalina scacciasse le ultime ombre del sonno, Jacques Tessier pensò che nei musei, prima o poi, eventualità del genere possono capitare. Quello che lo lasciava perplesso era la natura del materiale sottratto. Mai avrebbe pensato che dei ladri professionisti, dotati di chissà quali diavolerie per infinocchiare gli efficienti sistemi d’allarme che proteggevano l’edificio della Collection de l’Art Brut, si sarebbero dati tanta pena per rubare le riproduzioni fotografiche e i calchi al silicone di antichi graffiti vergati da un oscuro italiano di cui Jacques stesso, direttore del museo da circa dieci anni, non sapeva poi molto.
Se non ricordava male, rifletté mentre guidava velocemente verso il numero 11 dell’Avenue des Bergières, sede del museo, si trattava di un ricoverato per problemi psichici che aveva inciso, più di un secolo prima, strani simboli e frasi sconnesse su alcune pareti del manicomio toscano che lo ospitava. I calchi e le foto conservati nella Collection di Losanna (che erano ben presto finiti nei depositi a prendere polvere, dopo essere stati esposti in qualche mostra di poco successo) erano le uniche testimonianze, a parte alcune foto ancora conservate in Toscana, di quella bizzarra espressione artistica. Jacques non rammentava attraverso quali misteriosi canali la Collection svizzera avesse acquisito quelle riproduzioni. Sapeva solo che gli originali erano andati irrimediabilmente distrutti, cancellati dall’incuria e dalle intemperie. Evidentemente, in Italia li avevano ritenuti meno interessanti che in Svizzera…
Eppure, pensò Tessier con una certa inquietudine, quella notte qualcuno si era introdotto nel museo e aveva rubato le riproduzioni. Non riusciva proprio a capirne i motivi. In fondo si trattava di materiale per nulla quotato sul mercato artistico.
Ma la sua inquietudine crebbe quando gli impiegati della Collection, interrogati qualche ora dopo, in sua presenza, da un solerte funzionario dell’Ufficio Federale della Cultura, dichiararono che dal magazzino erano stati asportati anche tutti gli opuscoli e i DVD realizzati per il pubblico in occasione di quelle vecchie mostre… In poche parole, chiunque fossero i ladri, avevano fatto sparire, scientificamente, qualsiasi traccia relativa a quei bizzarri graffiti italiani.
Quando il funzionario dell’Ufficio Federale, e un paio di giornalisti inviati da Le Temps, chiesero a Tessier un commento sul furto, Jacques si limitò a un no comment, e non solo per discrezione professionale.
In realtà, non sapeva proprio cosa pensare.
Firenze, tempo presente, 17 dicembre
– Comandi! – scattò il tenente Antonio Spina.
Il capitano Boschi gli fece cenno di accomodarsi, senza staccare gli occhi dal rapporto che stava leggendo con aria perplessa.
– Deve farsi un giretto a Volterra, caro tenente – disse dopo un lungo istante di silenzio, durante il quale aveva continuato a sfogliare il rapporto. Lo porse a Spina e si accomodò meglio nella poltroncina girevole, percorrendo con un lento, annoiato sguardo circolare il soffitto e le pareti dell’ufficio. Non si sarebbe mai abituato, pensò Boschi con un mezzo sorriso ironico, a quella grande stanza in stile rinascimentale, che tutto sembrava tranne un ufficio della Benemerita. Del resto, la sede del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Firenze, nel quale sia lui che Spina servivano da parecchi anni, si trovava proprio dentro Palazzo Pitti, a poche decine di metri da Ponte Vecchio, nel cuore del centro storico. I carabinieri della TPC dividevano il loro spazio con quello di prestigiosi musei, come la Galleria Palatina e quella d’Arte Moderna, e da alcune finestre si affacciavano sul cortile dell’Ammannati, dove campeggiava la famosa fontana del Carciofo. Un ambiente ideale, per un nucleo operativo che si occupava della repressione del furto e della ricettazione del patrimonio artistico-culturale.
– Volterra? – chiese l’altro, giusto per dire qualcosa mentre sfogliava rapidamente il rapporto, cercando di coglierne in pochi secondi gli elementi salienti. Dopo aver lavorato per anni con le migliaia di immagini di quadri, statue e reperti archeologici contenuti nel potente database del Comando TPC, aveva acquisito un certo spirito d’osservazione e un’ottima memoria visiva.
– Così mi dicono dal Reparto Operativo di Roma – annuì Boschi. – Gli ordini provengono direttamente da Palazzetto Raguzzini, sezione Arte Contemporanea. Vogliono che lei faccia un sopralluogo urgente al complesso ospedaliero…
– All’ospedale di Volterra? – lo interruppe Spina, un attimo spiazzato. – Ah, ecco…– si riprese subito, continuando a scorrere il rapporto. – Si tratta della Biblioteca-Museo dedicata all’ex ospedale psichiatrico, ospitata in alcuni locali dell’attuale complesso ospedaliero. Qui leggo che hanno subito il furto, l’altro ieri, di alcune grandi foto che riproducevano…
– I graffiti incisi da un ricoverato su alcuni muri del manicomio, quando ancora funzionava… il manicomio, intendo, non il ricoverato – intervenne Boschi. – Siamo più o meno a metà del secolo scorso, come periodo. Nel rapporto ci sono solo vaghi accenni all’opera e al suo autore. Comunque all’epoca dovettero avere entrambi una certa risonanza, nel campo che allora si chiamava art brut o arte grezza, per usare un termine nostrano…
– Tanto da essere calcati in silicone, oltre che fotografati, per essere esposti in un museo specializzato di Losanna – aggiunse Spina, tamburellando sulle pagine del rapporto che i suoi vivaci, intensi occhi neri percorrevano con attenzione. I capelli ricciuti e altrettanto scuri, il fisico asciutto dalla pelle olivastra tradivano, benché fosse nato a Firenze, le sue origini meridionali.
– È proprio questa, la cosa strana – riprese Boschi, che era invece fiorentino purosangue da generazioni anche se, come carabiniere, non si era mai sentito a proprio agio a Palazzo Pitti. – Come avrà appena letto nel rapporto, la Collection d’Art Brut di Losanna ha subìto il medesimo furto quasi contemporaneamente. Ora, già è bizzarro che qualcuno s’impegni a rubare, nell’ospedale di Volterra, riproduzioni di graffiti ormai scomparsi, di scarso o nullo valore commerciale sul mercato dei trafficanti d’arte. Ma che lo stesso furto sia avvenuto, quasi in contemporanea, nell’unico altro luogo al mondo che conservava il medesimo materiale… La questione diventa perlomeno… curiosa, non trova?
– Direi proprio di sì – annuì Spina, pensoso. – E le autorità elvetiche, che dicono?
– Ci hanno chiesto, tramite l’Interpol, di occuparci della