SANZIONI AMMINISTRATIVE I presupposti, il ricorso e il giudizio di opposizione: Le sanzioni amministrative e il covid 19
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SANZIONI AMMINISTRATIVE I presupposti, il ricorso e il giudizio di opposizione - Vincenzo Lamberti
Capitolo I
I presupposti generali per l’irrogazione delle sanzioni amministrative
1.1 PREMESSA
In via generale per illecito amministrativo si intende la violazione di un qualsiasi comando o di un qualsiasi divieto, ovvero qualsiasi fatto che costituisca la trasgressione di una regola tale da diventare l’oggetto di una adeguata reazione dell’ordinamento, quale la potestà sanzionatoria.
A fronte di questa, generica, definizione dottrinale, a livello costituzionale l’articolo 28 Cost. propone una diversa definizione di illecito ritenendo tale gli atti compiuti in violazione di diritti, atti ai quali corrisponde una responsabilità secondo le leggi penali, civili ed amministrative.
Nel corso dell’ultimo secolo si è assistito sempre di più ad una differenziazione delle fonti che hanno dato origine ad una molteplicità di illeciti c.d. amministrativi. Da un lato vi è stata la creazione giuridica di illeciti ab origine di natura amministrativa. Dall’altro ad un vasto – e non ancora esaurito – processo di depenalizzazione, culminato nella necessità di approvare una legge specifica sul procedimento di applicazione e di esecuzione di sanzioni amministrative concentrato nella legge 689/81.
Né pare possibile, in questa sede, affondare l’analisi sulla distinzione ontologica tra illecito penale ed amministrativo. In realtà a livello teorico si ricordi che in dottrina generalmente si sostiene che la sanzione penale risponde alla ratio della tutela e dell’ordine pubblico o alla punizione del reo in chiave di prevenzione futura e deterrenza nella reiterazione di quello od altro illecito, mentre la sanzione amministrativa è funzionale e strumentale alla azione amministrativa, alla sua efficacia e alla sua effettività, una sorta di collegato indispensabile per assicurare effettività alla stessa attività amministrativa e al perseguimento del collegato interesse pubblico. Di sicuro interesse di consultazione si appalesa sul punto la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 19 dicembre 1983, recante appunto criteri orientativi per la scelta tra sanzioni penali e sanzioni amministrative.
Per quanto di nostra competenza limitiamoci a ricordare che in termini oggettivi la sola distinzione che possiamo fare è quella relativa alla sanzione comminata dal legislatore, riconoscendosi così sanzioni penali, in caso di multa, ammenda, reclusione, ergastolo o arresto e sanzioni amministrative nel caso di comminazione del pagamento di una somma di denaro.
Al di là, della sopradescritta distinzione, le principali fonti degli illeciti amministrativi restano comunque la legge, quella speciale che va a disciplinare i singoli settori di pubblico interesse, ed i regolamenti, che, nei settori più disparati, sono promanati dalle autorità locali per disciplinare tutte le condotte a cui cittadini e imprese sono tenute ad uniformarsi. Il mancato rispetto delle norme ivi contenute comporta l’irrogazione della sanzione pecuniaria ivi contenuta.
Un esempio classico di una legge speciale che contiene illeciti amministrativi è dato dal Codice della Strada, Dlgs. 285/1992, che, dopo i numerosi interventi di depenalizzazione, ha condotto alla marginalizzazione della protezione penale. La stragrande maggioranza delle violazioni, infatti, sono punite con sanzioni amministrative pecuniarie, se del caso corredate da un sostanzioso apparato di sanzioni accessorie. L’individuazione della tipologia di illecito, come detto intuitiva dalla semplice lettura delle sanzioni collegate alla violazione, condiziona la scelta degli atti da redigere nella immediatezza della violazione.
In presenza di una violazione amministrativa l’organo di polizia stradale procedente, ad esempio, ha il principale obbligo di contestare la violazione e redigere il verbale di contestazione, dando poi origine a un complesso procedimento sanzionatorio che proviamo a sintetizzare nel prosieguo.
Nella immediatezza, quindi il verbalizzante deve: individuare la violazione commessa; collegare ad essa il corretto apparato sanzionatorio previsto dal legislatore; porre in essere i comportamenti operativi richiesti nella immediatezza dal caso, secondo le indicazioni riportate nel riferimento normativo; identificare il trasgressore e, se presente, ogni altro obbligato in solido, tramite la lettura dei documenti di guida e circolazione o di eventuali documenti sostitutivi (ovvero tramite altre attività investigative in ipotesi di violazioni diverse da quelle stradali); redigere il verbale di contestazione seguendo le indicazioni di cui nel prosieguo; adottare le sanzioni accessorie previste e porre in essere le misure cautelari, interdittive o precautelari previste dal caso concreto. Ove invece il fatto commesso sia punito con sanzioni penali deve essere seguita la traccia descritta dal codice di procedura penale, sinteticamente riprodotta e richiamata nel capo II del Titolo VI del codice della strada, che assume una valenza del tutto indipendente e diversa rispetto alla procedura prevista per l’accertamento delle sanzioni amministrative. In termini operativi la differenza sostanziale consiste nel fatto che in queste ipotesi non deve essere effettuata alcuna contestazione dell’illecito, né deve essere redatto uno specifico verbale di contestazione. Né, quindi, deve essere effettuata alcuna notificazione al trasgressore o all’obbligato in solido di atti di contestazione o di accertamento. In queste ipotesi, ferma rimanendo l’adozione degli atti di polizia giudiziaria richiesti dal caso e l’immediata esecuzione di sanzioni accessorie collegate a ipotesi di reato o altri provvedimenti precautelari, interdittivi relativi al veicolo o ai documenti di circolazione e guida, l’agente verbalizzante segue la procedura descritta nell’articolo 220 del codice della strada che rinvia integralmente all’articolo 347 c.p.p. provvedendo a redigere la comunicazione di notizia di reato, da trasmettere al Pubblico Ministero senza ritardo.
Nella immediatezza l’operatore di polizia stradale che accerta un illecito previsto dal codice della strada punito con sanzioni penali deve, quindi, redigere tutti gli atti di P.G. previsti dal codice di procedura penale e funzionali al caso in esame.
Contestualmente l’ufficio di appartenenza del pubblico ufficiale procedente provvede alla redazione della comunicazione di notizia di reato, atto riassuntivo delle operazioni eseguite recante la rappresentazione dei fatti e delle norme ritenute violate e la trasmette unitamente agli altri atti di polizia giudiziaria predisposti nell’immediatezza al Pubblico Ministero competente per territorio senza ritardo.
Si tenga presente che nel codice della strada non sono più presenti reati affidati alla competenza del giudice di pace. Per questi motivi gli atti devono essere trasmessi senza ritardo (ovvero entro 48 ore se si è proceduto con sequestro probatorio o preventivo, ovvero con atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini) con comunicazione di notizia di reato e non entro quattro mesi con relazione ai sensi dell’articolo 11 del d.lgs. 274/2000.
1.2 La legge 689 del 1981
La legge n. 689 del 1981¹, rubricata Modifiche al sistema penale
, si compone di tre Capi, di cui quello d’interesse è il I, rubricato le sanzioni amministrative
.
Quest’ultimo si compone di quattro sezioni, la Iª principi generali
, la IIª applicazione
, la IIIª Depenalizzazione dei delitti e delle contravvenzioni
, la IVª recante disposizioni transitorie e finali".
La L. n. 689/1981 ha definito i principi generali e il procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative, con particolare riguardo a quelle pecuniarie, prevedendo una disciplina simile a quella vigente nel diritto penale e stabilendo tra l’altro: la tassatività della fattispecie; l’irretroattività delle leggi che le prevedono.
I predetti principi di portata generale, se rispettati, conferiscono legittimità alla generalità delle sanzioni amministrative, sia che esse siano contenute all’interno di leggi speciali, sia che costituiscano la reazione dell’ordinamento locale alla violazione dei regolamenti comunali, provinciali e regionali. Si pensi ad esempio ai regolamenti in materia edilizia, a quelli di polizia mortuaria, a quelli infine per il conferimento dei rifiuti e la disciplina delle pubbliche affissioni su aree pubbliche. Si pensi ad esempio alle sanzioni amministrative in materia fiscale e tributaria. Con la legge 689/81 il legislatore si è voluto conferire dei limiti di portata generale attraverso i quali regolare e legittimare, secondo criteri univoci, il potere sanzionatorio in determinate materie che successivamente ha inteso esercitare sulla base di leggi e regolamenti, al fine di tutelare l’interesse pubblico e della collettività nonché, in taluni casi, per ripristinare l’ordine giuridico violato. I principi contenuti all’interno della legge di c.d. depenalizzazione sono stati mutuati e propri del diritto penale, anche se, come è stato ampiamente chiarito in premessa, la sanzione amministrativa, per scopi e modalità di estinzione, è completamente differente sia dal punto di vista ontologico che strutturale da quella penale. Tali principi generali costituiscono senz’altro il riferimento costante per tutti gli operatori impegnati nella complessa e delicata funzione di legalità e di sicurezza del territorio. Essi hanno un valore etico e giuridico, in grado di orientare l’operatore nella corretta applicazione delle norme violate, nel pieno rispetto delle prescrizioni procedurali. E sono queste che garantiscono diritti fondamentali, come l’esatta definizione dell’illecito, la necessità della contestazione immediata, l’obbligo di riportare nella verbalizzazione le dichiarazioni del trasgressore, i termini di notifica di natura perentoria, l’esatta indicazione delle modalità con le quali il trasgressore può estinguere il tutto e l’Autorità alla quale poter