Una donna
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About this ebook
Agata, ormai in pericolo di vita, commette l’unico atto che possa liberarla da quell’inferno. Ma riuscirà mai a liberarsi davvero dell’ombra di quest’uomo, che l’ha depredata del suo più grande desiderio, del suo essere donna? Riuscirà a smettere di addossarsi la colpa per qualcosa che non ha commesso? Riuscirà a far sentire la sua voce, la sua storia?
Questa è soltanto una delle troppe storie di violenza femminile commessa dagli uomini che avevano promesso di amarle e di proteggerle. Un romanzo breve che ha lo scopo di dare voce a tutte storie di quelle donne costrette a vivere nella paura, troppo spesso anche a costo della loro vita.
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Una donna - Tatiana Covino
Tatiana Covino
UNA DONNA
Elison Publishing
© Elison Publishing 2021
Tutti i diritti sono riservati
www.elisonpublishing.com
ISBN 9788869632556
A tutte le donne che subiscono violenza dagli uomini che avevano promesso di amarla e proteggerle.
Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro.
Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano.
(Margaret Atwood)
14 aprile 1970 – Madrid
Un’aula di un piccolo tribunale al centro di Madrid. Una donna, sui 30 anni, seduta al banco degli imputati. Ha gli occhi neri stanchi, fissa il legno scuro del banchetto davanti a lei, con la testa bassa, sperando che tutto quel processo
finisca il prima possibile. Vorrebbe soltanto tornare a casa sua e continuare a vivere la sua vita come se nulla di tutto quello che l’aveva portata ad essere lì fosse mai accaduto, riprendere la sua vita in mano, quella che aveva quattro anni prima, guardare negli occhi la persona che le aveva rovinato la vita e sorriderle, per poi voltarsi senza guardarsi più indietro.
C’è silenzio nell’aula, è vuota, a nessuno è stato permesso di entrare ad assistere, ma nel silenzio si possono sentire le voci urlanti delle donne appostate fuori dall’entrata del tribunale. Lei non conosce neanche la metà di quelle donne, forse non ne conosce neanche una, eppure loro sono lì, per lei, a combattere per lei, sono dalla sua parte. Dalla parte di un’assassina. Un’assassina che però, da un certo lato del racconto è innocente. E poi solo lì per lottare non soltanto per lei, ma per una causa maggiore, per tante altre donne come lei che non ce l’hanno fatta, che sono state dimenticate nel buco buio della loro casa, dimenticate da tutti, senza nessuno che le proteggesse o che combattesse per loro.
Le aule del tribunale si aprono ed entra l’avvocato dell’accusa, subito dopo seguito dal giudice e dal segretario che ha il compito di redigere l’intero processo.
Il processo sta per iniziare. La donna fa un respiro profondo, guarda dalla finestra tutte quelle persone lì fuori, che come lei aspettano un verdetto che finalmente potrà darà giustizia, oppure lascerà le cose intatte, così come sono sempre state. E lei ha il duro compito di combattere, di raccontare la sua storia e di cercare di cambiare le cose, le leggi, non solo del diritto, ma della visione del mondo intero.
Un uomo alto, ben vestito e con una corporatura imponente si alzò, si sistemò la giacca e si avvicinò al banco degli imputati dove sedeva la donna. L’uomo aveva sul viso una specie di sorriso, come se già sapesse di avere la vittoria in pugno e che tutto quel processo
, come lo chiamava la Stampa, era soltanto una stupida messa in scena per mettere a tacere la voce ribelle di tutte le donne appostate lì fuori che continuavano ad urlare a gran voce GIUSTIZIA!
. Ecco un inconveniente
dell’essere un avvocato. Dover inventare prove, un processo, un’accusa soltanto per creare una facciata che nessuno avrebbe potuto contestare. Infondo la legge era la legge, e lui sapeva molto bene come manipolarla.
Dal canto suo la donna lo fissava dritto negli occhi, in segno di sfida. Era consapevole di essere ormai condannata, ma voleva affrontare la condanna con dignità, senza nessun segno di debolezza sul viso.
L’uomo si fermò di fronte alla testimone, si sistemò ancora una volta la giacca e le rivolse uno sguardo freddo e scintillante, come un avviso del fatto che lui era lì per distruggere la sua credibilità e la sua dignità. Poi si rivolse a lei in tono pacato, ma quasi sbrigativo. Voleva terminare l’interrogatorio ed il processo intero il prima possibile per tornare a casa e stravaccarsi sul divano per il resto della giornata mentre sua moglie gli preparava il pranzo e, perché no, accompagnato magari da un rilassante massaggio ai piedi.
Le prime domande che rivolse alla donna furono le solite domande di rito.
«Lei è la signora Agata Gonzales Garcìa?»
«Sì.»
«È nata a Madrid il 16 ottobre dell’anno 1944?»
«Sì.»
«È a conoscenza delle accuse a suo carico e del motivo di questo processo?.»
«Sì.»
L’avvocato sorrise lievemente: «E può, per favore, dirci quali sono le accuse a suo carico?»
La donna fece una smorfia di disgusto, appena percettibile, che però non passò inosservata agli occhi dell’avvocato, il quale allargò ancora di più il suo sorriso di vittoria. Il suo era un gioco sporco animato dalla speranza di terminare il tutto in fretta, ma lei non lo avrebbe permesso. Se volevano giudicarla colpevole avrebbero dovuto prima ascoltare la sua storia.
«Sono qui per aver ucciso mio marito.»
Il sorriso dell’avvocato si allargò: «E mi dica, signorina Gonzales, come si dichiara in merito a questa accusa?»
La donna rispose in tono piatto, senza esitazione, consapevole di dove quella domanda voleva andare a parare. «Innocente.»
«Mi scusi, ma c’è qualcosa che mi sfugge. Ha appena dichiarato di essere qui per aver ucciso suo marito, e subito dopo si dichiara innocente? Questa è una dichiarazione insensata. Signor Giudice, nella prima affermazione la signora Gonzales era consapevole di aver assassinato suo marito, questa è un’ammissione di colpevolezza!»
Il giudice osservò l’avvocato con aria annoiata: «Avvocato Castro, diamo la possibilità alla signora Gonzales di spiegarsi..» Poi, con aria altrettanto scocciata, rivolse un gesto con la mano alla donna che significava prosegua
.
Agata si