Brexit con deal, istruzioni per l'uso
By Aa.vv.
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Brexit con deal, istruzioni per l'uso - Aa.vv.
Il quadro generale
IL TRATTATO DI DIVORZIO
L’accordo c’è, ma restano problemi aperti
Più che guardare agli effetti sull’economia, si è cercata un’intesa politica
Nicol Degli Innocenti
LONDRA
squ Alla vigilia di Natale, il 24 dicembre 2020, Londra e Bruxelles hanno raggiunto un’intesa in extremis sui rapporti futuri. Quattro anni e mezzo dopo il referendum che aveva sancito la decisione britannica di uscire dall’Unione europea, il trattato di libero scambio garantisce il traffico di merci senza tariffe e senza quote.
Dopo il voto del giugno 2016 e la vittoria a sorpresa del fronte anti-Ue, i sostenitori di Brexit avevano trionfalmente dichiarato che in tempi brevi avrebbero raggiunto «l’accordo commerciale più facile della storia». Invece la storia degli ultimi anni è stata di trattative tormentate, negoziati complessi, scadenze fissate e poi disattese, ultimatum annunciati e poi ritrattati, speranze di svolta deluse e recriminazioni reciproche.
L’ottimismo degli euroscettici non aveva tenuto conto di un aspetto fondamentale: l’accordo commerciale tra Londra e Bruxelles era diverso da qualsiasi intesa precedente. Di solito si parte da posizioni e regole diverse e si tratta per avvicinarle il più possibile, mentre in questo caso il punto di partenza era regole comuni e consolidate da decenni di appartenenza della Gran Bretagna all’Unione.
La norma è che le due parti negozino per convergere, mentre in questo caso si è trattato per divergere. I negoziati tradizionali già non sono facili. Ci sono voluti 7 anni per raggiungere l’accordo commerciale tra Ue e Canada e 5 anni per l’intesa tra Ue e Giappone. Questo negoziato al contrario tra Ue e Regno Unito si è rivelato ancora più difficile.
Uno dei motivi è che per Londra il divorzio dalla Ue è sempre stato una questione politica, mentre per Bruxelles è sempre stata una questione economica e commerciale.
Raggiunto l’accordo, il premier Boris Johnson ha festeggiato la riconquista della sovranità, il ritorno ad essere uno Stato indipendente e libero dal «giogo degli eurocrati non eletti di Bruxelles», l’ambizione di tornare grande potenza commerciale globale come ai tempi dell’Impero britannico.
La Ue, con estrema coerenza e grande rigore, ha sempre parlato in termini molto più concreti di tutelare l’integrità del mercato unico e garantire parità di condizioni.
Si può dire che Brexit è nata male. L’allora premier David Cameron aveva indetto il referendum per tacitare l’ala eurofoba del partito conservatore che lo chiedeva da tempo.
Per ottimismo o leggerezza, a seconda dei punti di vista, Cameron era convinto che il voto sarebbe stato a favore di restare nella Ue. Non ha neanche ascoltato i costituzionalisti che chiedevano una maggioranza qualificata, cioè due terzi dei voti, per una decisione di questa portata.
Così Remain ha ottenuto il 48,1% e Leave il 51,9%. Con la maggioranza semplice tanto è bastato per mettere fine a un’associazione che era iniziata nel 1975, quando il 67% degli elettori britannici aveva votato a favore di entrare nella Comunità Economica Europea.
Anche Johnson, che nel 2016 era il leader della campagna anti-Ue, era convinto di perdere. Quando si è trovato vincitore, non aveva un programma o una strategia per realizzare Brexit.
Il fronte pro-Ue aveva le idee chiare: voleva restare a far parte dell’Unione per ragioni politiche, ideologiche, pragmatiche e certamente economiche. Il fronte pro-Brexit invece non aveva un progetto comune al di là di uscire dalla Ue.
Lo schieramento comprendeva, e comprende tuttora, da una parte euroscettici moderati che volevano più autonomia mantenendo però stretti legami economici e un clima di cooperazione con la Ue, di gran lunga il maggiore partner commerciale della Gran Bretagna.
Dall’altra parte invece c’erano oltranzisti eurofobi che paragonano la Ue a una dittatura e che erano pronti a uscire subito sbattendo la porta, senza accordi. E tra questi due estremi tutta una gamma di punti di vista.
Dopo il trionfo elettorale nel dicembre 2019, che gli ha dato una maggioranza schiacciante in Parlamento, Johnson ha potuto imporre la sua linea dura. Il catastrofico «no deal» è stato evitato, ma l’accordo raggiunto è scheletrico. Il premier alla fine ha privilegiato sovranità e autonomia regolamentare, rinunciando a legami stretti con la Ue. La politica ha vinto sull’economia.
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I passaggi chiave
TRANSIZIONE FINO A FINE 2020
p2-1Il contesto
Il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio 2020. Ufficialmente il Regno Unito non è più Stato membro dell’UE e non partecipa al processo decisionale dell’Unione europea.
L’UE e il Regno Unito hanno concluso un accordo di recesso che prevede un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2020. Durante il periodo di transizione le norme e le procedure in materia doganale e fiscale sono rimaste invariate. Tuttavia, dal 1° gennaio 2021 le cose cambiano. Terminato il periodo di transizione, i cambiamenti nei settori della fiscalità e delle dogane saranno importanti per le imprese che hanno scambi commerciali con il Regno Unito.
La Brexit avrà coseguenze sulle imprese che:
– vendono merci o prestano servizi al Regno Unito, o
– acquistano merci o servizi dal Regno Unito, o
– movimentano merci attraverso il Regno Unito
– usano materiali e merci del Regno Unito negli scambi con i paesi partner dell’UE nell’ambito dei regimi preferenziali.
Per l’Irlanda del Nord si potranno applicare disposizioni specifiche che si ripercuotono sull’imposta sul valore aggiunto, sulle accise e sulle dogane.
IMPORT ED EXPORT
p2-2Fiscalità e unione doganale
I nuovi adempimenti:
– per importare o esportare merci da/verso il Regno Unito o per movimentare merci attraverso il Regno Unito sarà necessario presentare dichiarazioni in dogana;
– oltre alla dichiarazione in dogana, può essere necessario fornire dati relativi alla sicurezza;
– sarà necessaria una licenza speciale per importare o esportare determinate merci (ad esempio rifiuti, determinate sostanze chimiche pericolose e OGM);
– per l’importazione o l’esportazione dei prodotti sottoposti ad accisa (alcol, tabacco,