Dal fronte Balcanico ai Lager tedeschi
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About this ebook
All’interno del volume trova spazio un importante contributo storico di Orlando Materassi, Presidente Nazionale dell’ANEI (Associazione Nazionale Ex Internati nei Lager Nazisti) e la prefazione di Silvia Pascale, storica specializzata in storia delle deportazioni, in particolare di Internati Militari Italiani.
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Book preview
Dal fronte Balcanico ai Lager tedeschi - Valerio Mardegan
Tavola dei Contenuti (TOC)
Titolo pagina
PREFAZIONE
DALL’8 SETTEMBRE 1943 AI LAGER
GLI IMI E IL LAVORO COATTO
Bibliografia
Introduzione
La mia gioventù
La vicenda degli Internati Militari Italiani (IMI)
Memorie e ricordi di un fante dal 1940 al 1945, classe 1918
Il periodo della prigionia
Campo STALAG II D STARGARD
Campo STALAG IX C BAD SULZA
Lettere ai familiari
Campo di internamento GERA
APPENDICE DOCUMENTI
Il mio dopoguerra
Verbale interrogatorio presso il Distretto Militare di Treviso
Incontri con gli alunni delle scuole elementari e medie di Paese
DATI riassuntivi desunti dal Foglio matricolare e altri atti
Preghiera dell’ex Internato
Preghiera per i caduti nei Lager
Dal salmo dei deportati
di Davide Maria Turoldo (***)
Da Diario clandestino
di Giovanni Guareschi (***)
Testimonianza raccolta e ordinata dall’insegnante Renzo Santolin relativa al Caporal Maggiore RIZZATO SISTO
Padernello 1915
Sisto racconta
RINGRAZIAMENTI
BIBLIOGRAFIA
Valerio Mardegan
DAL FRONTE BALCANICO AI LAGER TEDESCHI
Prefazione a cura di
SILVIA PASCALE
Scrittrice e Storica
Con un contributo storico a cura di
ORLANDO MATERASSI
Presidente ANEI Nazionale
ISBN versione digitale
978-88-6660-372-6
DAL FRONTE BALCANICO
AI LAGER TEDESCHI
Autore: Valerio Mardegan
© CIESSE Edizioni
www.ciesseedizioni.it
info@ciesseedizioni.it - ciessedizioni@pec.it
I Edizione stampata nel mese di gennaio 2021
Impostazione grafica e progetto copertina: © CIESSE Edizioni
Foto di copertina: Casimiro Mardegan, detto Lino
(su concessione degli eredi)
Collana: Le nostre guerre
Direttore di Collana: Silvia Pascale
Editore e Direttore Editoriale: Carlo Santi
Editing a cura di: Silvia Pascale
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Tutti i diritti sono riservati.
È vietata ogni riproduzione dell’opera, anche parziale, pertanto nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo senza che l'Editore abbia prestato preventivamente il consenso.
Questo libro ha ottenuto il patrocinio di:
A N E I
Ass.ne Nazionale, Ex Internati – Roma
A mio padre,
a tutti coloro che come lui
hanno vissuto la triste condizione
di prigionieri nei campi di concentramento nazisti.
Affinché il loro sacrificio, il loro eroismo e il loro martirio costituisca un faro che conduca l’umanità verso obiettivi di pace, giustizia e solidarietà per tutti i popoli.
La storia di
Casimiro Mardegan, detto Lino
Internato Militare Italiano
IL MIO NOME DIVENNE 101280
STARGARD (GERMANIA), SETTEMBRE 1943
PREFAZIONE
Durante questi anni di lavoro e ricerca per valorizzare la storia degli Internati Militari Italiani ho avuto la fortuna di conoscere moltissime persone, persone che come me sono parenti di IMI.
Devo dire che l’incontro con Valerio Mardegan è stato un incontro sicuramente emozionante, ho conosciuto un uomo molto semplice e umile, nonostante abbia ricoperto numerosi incarichi pubblici importanti. Abbiamo dialogato molto e ci siamo confrontati sulla testimonianza di suo padre, abbiamo condiviso idee e ipotizzato una possibile pubblicazione.
Ora finalmente il volume è pronto e devo dire che la struttura del testo è particolarmente interessante: la voce narrante è proprio Lino Mardegan, il padre di Valerio, che traccia in maniera emozionante la sua storia di Internato Militare.
Una testimonianza accompagnata da molte fotografie e da svariati documenti, preziosi per la completezza del lavoro e arricchita dalla voce di un altro IMI dello stesso paese internato anche lui nello stesso Lager.
All’interno del volume ho fortemente voluto un saggio storico di Orlando Materassi, Presidente Nazionale ANEI, un uomo che della Memoria ha fatto il suo obiettivo di vita attraverso il percorso personale legato all’internamento del padre Elio e con il quale collaboro oramai da mesi.
Ritengo infatti, che la scelta di chi contribuisce a un volume debba essere dettata da empatia, affinità e valori condivisi per spiegare e lasciare in eredità ai giovani, una pagina di storia non ancora completamente indagata.
Un volume da leggere con attenzione, una storia che sicuramente apre un’altra finestra nell’odissea degli IMI.
Grazie a Valerio per la condivisione e grazie a Orlando per la tua sempre generosa disponibilità.
Silvia Pascale
DALL’8 SETTEMBRE 1943 AI LAGER
GLI IMI E IL LAVORO COATTO
"Le azioni erano mostruose,
ma chi le fece era pressoché normale,
né demoniaco né mostruoso."
Hannah Arendt
Orlando Materassi{1}
Presidente Nazionale ANEI
Per l’Italia all’inizio del 1943, l’avventura militare creatasi dopo l’entrata in guerra del 10 giugno 1940, appariva del tutto compromessa: la sconfitta sul fronte africano del novembre 1942 a seguito della campagna nel Nord Africa degli alleati con l’Operazione Torch iniziata il giorno 8 dello stesso mese, espose l’Italia ad una invasione da parte delle Forze Alleate, che di fatto avvenne il 9 luglio 1943 con lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia. Bisogna considerare, inoltre, anche la disfatta del Regio Esercito Italiano sul fronte russo che causò la morte di 84.930 soldati tra morti, dispersi e prigionieri e più di 29.000 tra feriti e congelati durante tutto il periodo della Campagna di Russia iniziata l’11 novembre 1942 e conclusasi il 31 gennaio 1943 con la sconfitta nella regione del Don.
Nello stesso periodo si intensificavano i bombardamenti da parte degli Alleati sulle città italiane aggravando le difficoltà e demoralizzando una popolazione sempre più in crisi per la crescente mancanza di generi di prima necessità.
In questo contesto la popolazione italiana sperava nella fine della guerra e dell’alleanza con la Germania nazista.
Rapporto informativo delle SS inviato ad Heinrich Himmler dal centro di Klagenfurt il 19 luglio 1943, una settimana prima della destituzione di Benito Mussolini con l’Ordine del giorno Grandi. (Il documento ha il timbro "Geheim!" (segreto); l’immagine estratta in negativo da copia microfilmata di bassa qualità grafica.)
Tutto ciò conduceva Benito Mussolini, spesso assente sulla scena politica per ragioni di salute, a pensare che le sorti del conflitto bellico si sarebbero risolte nell’area mediterranea, e per questo cercava di convincere Hitler ad un accordo con la Russia di Stalin per la cessazione del conflitto sul fronte russo programmando di spostare le armate tedesche a Sud nel Mediterraneo. Nell’incontro, avvenuto al castello di Klessheim a Salisburgo, il 17 aprile 1943, Mussolini rendeva note le sue idee al Fuhrer che le rigettava. Oltretutto la richiesta veniva rifiutata anche dal ministro degli interni Himmler che non credeva più nella volontà italiana di proseguire nell’avventura bellica{2}.
Una situazione militare ormai allo sfascio, unita alle posizioni ormai contrarie al Duce anche da parte della Casa Savoia, trovava uno sbocco naturale nel Gran Consiglio fascista del 24 luglio, in cui - alle 3 del mattino del 25 luglio - veniva approvato l’ordine del giorno proposto da Grandi.
Sono le ore 2,40 del 25 luglio 1943 quando il Gran Consiglio del Fascismo riunito dalle ore 17,00 del giorno prima, vota a maggioranza un o.d.g. presentato da Dino Grandi con il quale si chiedeva il "… ripristino delle funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni i compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali."
Di fatto il Gran Consiglio, che non si era riunito dall’anno 1939, sfiduciava Mussolini e determinava la caduta del fascismo dopo 21 anni di regime, ciò quale conclusivo risultato di accordi politici guidati dal Conte Dino Grandi e dal Re Vittorio Emanuele III.
Eccone il testo
Il Gran Consiglio del Fascismo
riunendosi in queste ore di supremo cimento, volge innanzi tutto il suo pensiero agli eroici combattenti di ogni arma che, fianco a fianco con la gente di Sicilia in cui più risplende l’univoca fede del popolo italiano, rinnovando le nobili tradizioni di strenuo valore e d’indomito spirito di sacrificio delle nostre gloriose Forze Armate, esaminata la situazione interna e internazionale e la condotta politica e militare della guerra
proclama
il dovere sacro per tutti gli italiani di difendere ad ogni costo l’unità, l’indipendenza, la libertà della Patria, i frutti dei sacrifici e degli sforzi di quattro generazioni dal Risorgimento ad oggi, la vita e l’avvenire del popolo italiano;
afferma
la necessità dell’unione morale e materiale di tutti gli italiani in quest’ora grave e decisiva per i destini della Nazione;
dichiara
che a tale scopo è necessario l’immediato ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni i compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali;
invita
il Governo a pregare la Maestà del Re, verso il quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la Nazione, affinché Egli voglia per l’onore e la salvezza della Patria assumere con l’effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare, dell’aria, secondo l’articolo 5 dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a Lui attribuiscono e che sono sempre state in tutta la nostra storia nazionale il retaggio glorioso della nostra Augusta Dinastia di Savoia.
I 28 componenti del Gran Consiglio furono chiamati a votare per appello nominale. La votazione sull’ordine del giorno Grandi si concluse con:
● 19 voti a favore (Dino Grandi, Giuseppe Bottai, Luigi Federzoni, Galeazzo Ciano, Cesare Maria De Vecchi, Alfredo De Marsico, Umberto Albini, Giacomo Acerbo, Dino Alfieri, Giovanni Marinelli, Carluccio Pareschi, Emilio De Bono, Edmondo Rossoni, Giuseppe Bastianini, Annio Bignardi, Alberto de’ Stefani, Luciano Gottardi, Giovanni Balella e Tullio Cianetti che il giorno dopo scriveva a Mussolini ritrattando il suo voto);
● 7 voti contrari (Carlo Scorza, Segretario del PNF, Guido Buffarini-Guidi, Enzo Emilio Galbiati, Comandante della Milizia, Carlo Alberto Biggini, Gaetano Polverelli, Ministro della Cultura popolare, Antonino Tringali Casanova, Presidente del Tribunale speciale, Ettore Frattari, Confederazione dei datori di lavoro dell’Agricoltura);
● un astenuto (Giacomo Suardo);
● Roberto Farinacci, invece, usciva dalla sala, non partecipando così al voto concernente l’ordine del giorno Grandi.
Successivamente al voto del Gran Consiglio il Duce la mattina del 25 luglio si recava dal re facendo il suo ingresso a Villa Savoia alle 17, pensando al consueto colloquio settimanale. Mussolini era ignaro che la sua scorta era già sotto controllo e l’edificio dove si svolgevano gli incontri era accerchiato da duecento carabinieri ai comandi del capitano Giovanni Frignani, a cui era stato ordinato l’arresto del Duce, che prima veniva incarcerato a Ponza e successivamente all’Isola della Maddalena.
La notizia delle dimissioni di Mussolini, al potere dal 1922, e la caduta del fascismo veniva comunicata attraverso un annuncio radiofonico.
"Attenzione, attenzione: Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni, dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro, e Segretario di Stato, presentate da Sua Eccellenza, il Cavaliere Benito Mussolini, e ha nominato Capo del Governo, Primo Ministro e Segretario di Stato, Sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio".
26 aprile 1943. Milano festa per strada dopo caduta di Mussolini.
Grande era la gioia del popolo nel sapere dell’arresto di Mussolini e della formazione del Governo Badoglio. Antifascisti e tantissima gente si riversava per le strade e per le piazze abbattendo i simboli del vecchio regime, inneggiando alla democrazia ritrovata ed alla conclusione della guerra e alla pace.
Ma l’illusione della fine della guerra terminava poco dopo.
Vinci (Firenze), S. Maria a Collegonzi, lapide caduti con simboli fascisti scalpellati via.
Lo stesso Badoglio, per non destare sospetti da parte dell’alleato germanico dandone notizia attraverso la radio annunciava che:
...la guerra continua. L’Italia duramente colpita nelle sue Province invase, nelle sue città distrutte, mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni...
.
La notizia arrivava anche ai reparti dell’Esercito Italiano:
…...si ha la notizia che Mussolini è stato destituito da capo dello stato, e successivamente arrestato. La mattina alle quattro, di questo giorno, per l’accampamento c’è un’insolita animazione. La maggioranza non sa cosa è accaduto, o sta per accadere. Per il campo è tutto un via vai di ufficiali. Viene suonata la sveglia, e subito adunata. Arriva il colonnello e subito ci mette al corrente di quello che sta accadendo in Italia. Annuncia che Mussolini è stato arrestato, e il nuovo capo del governo è il maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio. Che il regime fascista è stato disciolto e i reparti della milizia fascista sono passati al comando di ufficiali dell’esercito…
{3}.
La situazione in Italia diventava sempre più drammatica, in particolare per la popolazione civile: fame, bombardamenti, bande di fascisti rimasti fedeli al regime.
"…. La gente rimasta in città, protesta presso le autorità civili e militari per tutto quello che sta accadendo, e per la scarsità di viveri che ogni giorno aumenta, facendo più grave la situazione. Nei pochi momenti liberi, possiamo uscire dalla caserma, però non dobbiamo essere meno di tre soldati, essere armati con l’arma pronta a sparare e con due bombe a mano nella tasca posteriore della giacca, e in caso di necessità di usare le armi senza nessun preavviso. Perché tutte queste precauzioni, a salvaguardia della nostra immunità? Perché oltre alla probabilità di trovarsi coinvolti in qualche tumulto, causato dalla grave situazione venutasi