Sufi: La Mistica nell'Islam
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Un fenomeno che, con la sua ricerca di unione con Dio, è una componente significativa dell’esperienza religiosa del musulmano.
Ma che cos’è il Sufismo? Quando e come è nato? La semplice e più comune definizione di “espressione mistica della fede islamica” non rende appieno la complessità e la natura di questo fenomeno.
Anche le parole dei più importanti sufi, che lo hanno definito come “morire in se stessi per vivere in Lui”, “camminare verso Dio con i piedi di Dio”, restituiscono il fascino del Sufismo, ma non aiutano a comprenderlo.
Sufi, senza alcuna presunzione, non è allora una risposta alla domanda “che cos’è il Sufismo?”, quanto piuttosto un punto di partenza per capire e scoprire, attraverso un’analisi del nome e degli obiettivi, un fenomeno difficile, complesso, ma certamente affascinante e misterioso.
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Sufi - Giulia Venturini
INTRODUZIONE
1. STRUTTURA E CONTENUTO
Il presente trattato vuole offrire una panoramica generale del fenomeno del Sufismo, la mistica arabo-musulmana. Esso si articola in undici capitoli, preceduti da una introduzione generale e seguiti da un’appendice finale che riassume i concetti chiave del Sufismo e i metodi per indurre gli stati mistici.
Sufi si apre con un’indagine preliminare (cap.1) che analizza il nome del Sufismo dal punto di vista etimologico, per cercare di capire da dove si origini questo termine e quale significato (o, meglio, quali significati) esso veicoli. Si sono quindi voluti indagare gli obiettivi precipui del Sufismo: ciò al fine di capire perché i sufi si impegnino in un percorso di meditazione mistica e che cosa sperino di ottenere perseguendo uno stile di vita all’insegna della frugalità e della separazione dal mondo. Una simile indagine è fondamentale per introdurre il fenomeno del Sufismo. Certo, essa non è scevra da difficoltà di sorta: anzitutto, si tenga presente che lo stato delle fonti non è sempre tale da poter offrire nozioni certe e sicure. Spesso, difatti, le fonti risultano in contraddizione tra loro, e spesso un autore preferisce enfatizzare determinati aspetti a discapito di altri, mentre un altro autore può scegliere di seguire una metodologia del tutto differente. Non si dimentichi, inoltre, che queste fonti non sono facilmente accessibili: questo sia perché esse hanno trovato una scarsa circolazione e non sono, perciò, reperibili con facilità, sia perché spesso sono testi composti in lingua straniera. Ben pochi sono ancora i testi sul Sufismo composti in lingua italiana e che offrano una panoramica generale del fenomeno stesso, della sua storia, della sua evoluzione e dei suoi obiettivi principali. Non mancano, certo, tentativi che guardino in questa direzione, ma, allo stato attuale, il paragone con opere critico-analitiche composte in lingua straniera (in primis quella inglese, tedesca, russa) non è affatto lusinghiero per quelle nostrane. Non si affronterà, nella presente trattazione, tale problematica in maniera diretta: la si lascerà comunque qua e là, più o meno velatamente, emergere, segnalando di volta in volta per quale ipotesi gli studiosi generalmente propendano e quali studi siano stati condotti su una certa figura o su un certo tema. Si tenga presente, infine – si avrà ben modo di vederlo nel corso della trattazione –, che il Sufismo è un fenomeno piuttosto difficile da catturare e da analizzare: esso, infatti, presenta una grande varietà di tradizioni, di pratiche devozionali e di metodologie, che variano da regione a regione e, non di rado, anche da confraternita a confraternita. Quando ci si trova in simili situazioni, diventa difficile riuscire a condurre un’analisi che possa dirsi effettivamente esaustiva. Perché ciò possa avvenire, infatti, bisognerebbe prendere in esame ogni singola varietà del Sufismo e analizzarla nel dettaglio, così da poter cogliere, solo alla fine, il fenomeno in senso generale. È però evidente che questo risulta alquanto difficile: in primis perché una trattazione così condotta risulterebbe piuttosto difficile da seguire per un lettore che si avvicini per la prima volta (o quasi) al fenomeno, in secundis perché i limiti del presente trattato non consentono di operare in questa maniera.
L’indagine prosegue poi con un ritorno alle origini del Sufismo (cap.2): la letteratura sufi, infatti, ha spesso cercato di far risalire pratiche e tendenze mistiche e ascetiche ai tempi del Profeta e dei suoi Compagni. È un punto, questo, di non secondaria importanza. Nel corso della storia, vari sono stati (e tuttora sono, vale la pena specificarlo) i detrattori del Sufismo, ossia coloro che gettano un’occhiata di diniego a questo fenomeno. Chi si colloca tra costoro tende, infatti, a leggere nella mistica musulmana un quid antitetico all’Islam che essi tentano di presentare come autentico
, puro
. Essi vedono, cioè, nel Sufismo un elemento contrario a quelli che essi considerano i principi dell’Islam e della pratica musulmana. È bene però ricordare che il Sufismo cerca sempre di ancorarsi ai detti e fatti del Profeta dell’Islam, i ḥadīth, e di puntellare i suoi concetti principali e i suoi obiettivi proprio su di essi. Notevole, anzi precipua è l’importanza data a Dio, con il quale si cerca di raggiungere un’unione, un’estinzione in Lui, così come al Profeta. Come accade per i comuni fedeli musulmani ordinari, così anche per i sufi Muḥammad (Maometto) è la figura su cui modellare la propria vita e da cui trarre esempio per condurre una vita all’insegna dei principi della fede musulmana.
Sufi procede poi analizzando una figura che spesso, nella letteratura tradizionale sufi, viene presentata come archetipica: quella, cioè, di al-Ḥasan al-Baṣrī. Si ripercorrerà la parabola biografica di questa figura, le principali vicende e si menzioneranno le sue opere più importanti, per cogliere l’essenza del suo pensiero e per capire quale influenza egli abbia esercitato sul Sufismo successivo. Di qui poi si proseguirà per vedere quali varietà devozionali abbiano preso avvio da lui.
Prima di passare ad analizzare un’altra delle figure più celebri del Sufismo, quella di Rābi‘a al-‘Adawiyya e del suo amore passionale con Dio, si è deciso di ritagliare spazio per una digressione sulla figura femminile. La donna, infatti, ha un ruolo non secondario nella storia e nell’evoluzione del Sufismo, anche se spesso si tende a dare prevalenza alla componente maschile, che ha sicuramente – per ragioni storiche, sociali e culturali – avuto maggiore possibilità di espressione e maggiore libertà di operare. Si indagherà, quindi, la figura della donna vista sotto la luce del ruolo che spesso le società le assegna per vedere se e quanto la condizione sociale abbia influito sulla sua possibilità di avvicinarsi alla mistica e di dare avvio ad attività proprie.
La trattazione proseguirà quindi soffermandosi sul concetto di tawakkul, ossia di fiducia in Dio e nel progetto divino che – stan-do alla tradizione sufi più accreditata – avrebbe preso origine con Shaqīq al-Balkhī (cap.3). Si tratta di un punto fondamentale già per il credente ordinario che nel Sufismo assume un’importanza effettivamente basilare. Non si può prescindere dal comprendere questo punto prima di proseguire l’indagine sulla mistica musulmana. Si cercherà quindi di vedere più da vicino di che cosa si tratti e come sia stato interpretato da alcuni sufi, per offrire al lettore una panoramica più ampia.
I capitoli successivi (capp.4 e 5) si concentrano su due differenti e antitetiche maniere di intendere la mistica, presentate sempre partendo dall’esempio dei principali protagonisti di entrambe. Nel capitolo 4 ci si dedica alla mistica di tipo cosiddetto sobrio
cui fa capo la figura di al-Junayd. All’opposto, nel capitolo 5 si trovano forme di misticismo estreme, messe in atto in primis da al-Ḥallāğ e da al-Bisṭāmī. In entrambi i capitoli si procede alla stessa maniera: dapprima si ripercorrono le vicende biografiche dei protagonisti dei due diversi tipi di mistica, per poi passare ad analizzare le principali opere da loro composte e far emergere i punti salienti del loro pensiero.
Riprendendo quanto già espresso a proposito della grande varietà di pensiero e di pratica del Sufismo a seconda delle zone che si prendano in esame, della confraternita che si voglia analizzare e dell’epoca storica nella quale si ci collochi, si è deciso di soffermarsi, nel corso della trattazione, su due aree in particolare: quella di Baṣra e quella del Khorasān (cap.6). La scelta di queste due aree è dovuta al fatto che esse hanno esercitato una notevole influenza sull’evoluzione del successivo Sufismo. È parso quindi necessario dedicare un capitolo a questo punto per offrire al lettore la possibilità di saggiare quanto variegata sia la mistica musulmana e quanto importante sia tenerne sempre conto quando la si studi.
Un altro aspetto che non può essere trascurato è quello della sistematizzazione della tradizione sufi (cap. 7). Il periodo del IV sec. H/X sec. d.C. è il periodo in cui essa trova costruzione e consolidamento. È, infatti, proprio in questa fase che si assiste alla creazione del vasto corpus di letteratura apologetica sufi che ha plasmato (e tuttora plasma) la nostra comprensione dell’evoluzione vissuta dal Sufismo nel corso del tempo. Proprio in questo secolo, infatti, è comparso un gran numero di trattati e manuali che coprono la maggior parte degli aspetti della scienza del Sufismo (‘ilm al-taṣawwuf). In trattati di questo genere si discutono terminologia tecnica del Sufismo, natura dei miracoli dei santi e preghiera/devozione collettiva. Tutte riflessioni che vengono supportate – per conferire loro una certa affidabilità – da citazioni e affermazioni attribuite a coloro che vengono visti come padri fondatori
del Sufismo. Soffermarsi, quindi, sulla sistematizzazione della tradizione sufi è fondamentale, perché tutto ciò che noi oggi sappiamo a proposito di questo fenomeno è dovuto proprio a quella maestosa opera di sistematizzazione e di classificazione che abbiamo ereditato dal passato e di cui siamo entrati in possesso.
Ciò fatto, si sposterà l’attenzione sulla poesia: i componimenti in versi, infatti, sono una delle caratteristiche fondamentali del Sufismo, una, cioè, delle più frequenti e diffuse modalità di trasmissione e di veicolo delle idee e dei fondamenti della mistica musulmana (cap. 8). Non solo, allora, si analizzeranno più da vicino alcuni dei principali pensatori che hanno fatto della poesia il veicolo principale delle proprie idee, ma si cercherà di vedere anche quali temi ricorrono più frequentemente e quale importanza, in senso ampio, la poesia riveste nel mondo del Sufismo.
In prospettiva diacronica, si vedrà poi come si è evoluto il fenomeno del Sufismo nel corso del tempo (cap.9). Fare ciò comporta vedere non solo come è cambiata la mistica musulmana nel corso del tempo, ma anche come è andata sviluppandosi e articolandosi la sua struttura di base, quella, cioè, della ṭarīqa.
Sempre nella volontà di vedere come si è evoluto il Sufismo nel corso dei secoli, si passerà poi a parlare del Neo-Sufismo
(cap.10). È un punto, questo, ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi, che non sono finora riusciti a trovare un esplicito accordo su di esso. Il Neo-Sufismo
– lo si vedrà meglio nella sezione ad esso dedicato – è un’etichetta sotto la quale si tende a far confluire una serie di tendenze e pratiche alquanto diverse tra loro, ma accomunate dal concetto di Profeto-centrismo
. Coloro che si possono ascrivere a questa corrente, infatti, tendono a concedere un ruolo di primaria importanza al Profeta – un ruolo che eccede quello a lui general-mente concesso dal Corano e dalla Sunna (la tradizione profetica). Anche in questo caso, si vedranno le caratteristiche di questo fenomeno e i suoi principali protagonisti.
L’ultimo capitolo (cap.11) offre infine un excursus sui principali concetti del Sufismo, in particolare quello di ṭarīqa, di ḥāl, di maqām e di fanā’. Si è scelto di collocare questa parte alla fine del testo affinché il lettore possa fissare i concetti nella mente dopo averne visto degli esempi pratici attraverso i protagonisti del Sufismo citati.
La trattazione si chiuderà con un’appendice finale di poche pagine, nella quale si vedrà quali metodi vengono generalmente adottati per indurre gli stati mistici. Anche in questo caso la varietà di metodi e di maniere in cui essi sono praticati ha comportato la necessità di operare una scelta: ci si è quindi soffermati su quelli che sono i metodi più frequentemente adottati e più spesso citati nei principali manuali sufi.
2. OBIETTIVI
La presente trattazione, Sufi, è principalmente pensata per un pubblico di lettori che possa essere potenzialmente il più ampio possibile. In altri termini, il testo non mira ad una platea selezionata di fruitori – ossia solo a chi abbia già rudimenti di mistica musulmana e di ascetismo in senso più lato –. Al contrario, Sufi è stato composto pensando proprio di offrire la possibilità a chi non si sia mai accostato al mondo della mistica (musulmana o di qualsiasi altra tradizione religiosa), con l’obiettivo di farla conoscere più da vicino.
Sufi, in sostanza, non ha pretese scientifiche di stampo accademico: non si tratta, cioè, di un testo composto secondo i rigorosi dettami della scienza, e questo per due ragioni. La prima riguarda sostanzialmente quanto già espresso, ossia i lettori cui ci si intende rivolgere (lettori scevri del tutto o quasi di nozioni di mistica musulmana e di ascetismo in generale). La seconda nasce dalla convinzione che per poter condurre un’analisi che possa effettivamente dirsi esaustiva e attenta di un certo fenomeno – nella fattispecie il Sufismo, ma la riflessione si allarga a qualsiasi altro argomento – si debba essere esperti di quel campo. Possedere un expertise in una certa materia o in un certo campo significa non solo aver condotto studi approfonditi e rigorosi al proposito, ma anche aver indagato un determinato fenomeno nelle varie regioni in cui esso abbia trovato espansione e diffusione. Giacché requisiti di questo tipo non sono