I doveri di un principe: Harmony Jolly
By Susan Meier
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Susan Meier
Americana dell'Iowa, riesce a conciliare i suoi interessi con la famiglia e l'attività di scrittrice.
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I doveri di un principe - Susan Meier
978-88-3052-398-2
1
Quando udì squillare il campanello del suo appartamento, Virginia Jones era appena uscita dalla doccia dopo una lunga e faticosa giornata trascorsa al liceo Jefferson di Terra Mas, Texas.
La sua scuola era l'ultimo dei posti che il Principe Dominic Sancho di Xaviera, una piccola isola tra la Spagna e l'Algeria, aveva visitato durante il suo giro turistico.
Virginia, eletta sua guida, gli aveva mostrato la scuola, gli aveva presentato i docenti, poi aveva riunito gli alunni nella palestra perché ascoltassero il lungo discorso del Principe sull'economia globale e su come il mondo fosse stato più piccolo prima di Internet.
Ascoltarlo le era piaciuto, ma le era piaciuto ancora di più guardarlo. Alto, spalle larghe, il principe aveva indossato l'uniforme reale e sembrava in tutto e per tutto un re. D'altronde, era quello il suo destino. Eppure sembrava altresì una persona alla mano: ascoltando le domande dei ragazzi, i suoi occhi avevano scintillato di allegria e le sue labbra ben disegnate non avevano mai cessato di sorridere.
Se alle donne fosse stato permesso sdilinquirsi, quel giorno lei si sarebbe resa ridicola. Solo il suo buon senso le aveva consentito di mantenere un atteggiamento professionale. Adesso però era stanca e non aveva voglia di ricevere delle visite.
«Sto arrivando» gridò. Poi, sollevandosi sulla punta dei piedi, guardò attraverso lo spioncino e vedendo il Principe Dominic, fece un salto indietro.
Il campanello suonò di nuovo.
Virginia si guardò i pantaloni della tuta e la maglietta informe, si passò le dita tra i lunghi capelli biondi ancora bagnati e comprese che nella storia della sua vita quello sarebbe spiccato come uno dei momenti più imbarazzanti.
Non avendo scelta, si stampò un sorriso sulle labbra e aprì la porta.
Lui scoppiò a ridere. «L'ho colta in un momento sbagliato?»
«Sfortunatamente» ammise lei, vietandosi di divorarlo con gli occhi. Il principe si era tolto l'uniforme e l'aveva sostituita con una maglietta bianca e dei jeans. Non aveva un capello fuori posto e sorrideva, divertito. «Penserà che gli americani siano tutti idioti.»
«No, penso che gli Stati Uniti siano un paese meraviglioso.» Il Principe tacque e sorrise. «Non m'invita a entrare?»
Virginia agitò una mano, indicandogli di accomodarsi mentre cercava di controllare la sua agitazione.
«Per la verità, sono venuto a domandarle se verrebbe a cena fuori con me» spiegò lui, aspettando che chiudesse la porta. «E a farmi visitare la città» aggiunse.
La sorpresa minacciò di paralizzarla. Il Principe di Xaviera voleva portarla fuori? Poi si disse che non doveva meravigliarsi. Era stata lei a fargli da guida, quel giorno a scuola. Era logico che le chiedesse di mostrargli la città.
«Ho pensato che potremmo cenare da qualche parte, recarci in volo a Los Angeles e andare in un club.»
«In un club?» ripeté lei, sbigottita. Dunque il Principe voleva davvero portarla fuori.
«Le piace ballare?»
Il cuore le salì in gola. «Molto.»
«Anche a me» confessò lui. «Purtroppo, ballo poco. I doveri e gl'impegni impediscono di divertirsi. La prego, mi dica che verrà con me.»
«Mi piacerebbe molto.»
Sebbene lui fosse in jeans, era tanto bello da togliere il fiato, perciò, per non sfigurare, Virginia scelse il suo abito più elegante, rosso vivo, si truccò con cura e calzò dei sandali con il tacco alto.
Cenarono in un ristorante italiano, con le sue guardie del corpo che mangiavano in un altro tavolo, poi salirono sull'aereo privato della casa reale e volarono a Los Angeles. Il club in cui entrarono era uno dei più famosi, la musica era ottima e loro ballarono fino alle tre di notte.
Nonostante le guardie del corpo sempre presenti, lei si era sentita sempre più a suo agio con lui, fino a quando non era scoccato... qualcosa. E anche Dominic doveva averlo percepito. Durante l'ultimo ballo, il bacio era arrivato con una naturalezza che la sconvolse e la riempì di gioia.
Entrambi sapevano dove li avrebbe portati quella notte.
Al ritorno, infatti, invece di salutarla davanti al portone del palazzo in cui abitava, Dominic salì nel suo appartamento, e i pochi baci che si erano scambiati nella limousine si trasformarono in un appassionato rapporto d'amore. Il migliore che lei avesse mai avuto.
Quando Dominic chiamò l'autista per dirgli che era pronto, Virginia s'infilò una vestaglia e lo accompagnò alla porta. Stava per fare una doccia quando lui la chiamò.
«Grazie.»
Un nodo di commozione le chiuse la gola. «Non c'è di che» gli rispose con dolcezza.
«Temo che non ci vedremo più, e questo pensiero mi rattrista.»
«Dispiace anche a me» ammise lei.
Tuttavia, si disse, non aveva alcun rimpianto. Aveva vissuto una notte da favola con un principe, e quel ricordo l'avrebbe accompagnata per tutta la vita. Niente era preferibile a un'avventura meravigliosa che non lasciava strascichi.
Non lo avrebbe incontrato mai più, e quindi, non avrebbe dovuto preoccuparsi per lui, chiedendosi se sarebbe stato un buon re, se avrebbe commesso degli errori, o se lo stress lo avrebbe fatto diventare un alcolizzato.
Quella era la sua paura più grande: avere a che fare con un uomo dedito all'alcol, come era stato suo padre.
Mentre posava il ricevitore, Virginia si rese conto che, siccome era stato lui a telefonarle, adesso aveva il suo numero privato. Se mai avesse nutrito delle curiosità, o si fosse sentita sola, avrebbe potuto chiamarlo.
Tuttavia, avrebbe fatto bene a limitarsi a guardare il suo numero e a fantasticare. Non c'era niente di male in questo. Il male era stato anche troppo presente nella sua vita.
Sapendo di non avere tempo per dormire, si vestì, chiudendo dentro di sé il suo segreto e per due settimane camminò in una nuvola di felicità. Fino a che una mattina si accorse di aver saltato il ciclo, e a quel punto comprese d'avere una buona ragione per telefonargli.
«Grazie a Dio, il nostro Paese non ci obbliga a sposare una vergine.»
Il Principe Dominic Sancho, represse la rabbia che stava salendo dentro di lui. Era stato un principe perfetto per trent'anni ed era bastato un momento di debolezza, una notte brava in America, per cancellare tutto. Suo padre l'avrebbe giudicato un idiota, ma la cosa peggiore era che la sua vita sarebbe cambiata. Per legittimare il nascituro, non aveva altra scelta che sposare Ginny Jones, una donna che non conosceva.
«Sì» proseguì. «Ho ottenuto il permesso di sposare la madre di mio figlio.»
Non era stato facile convincere suo padre, ma, sostenuto dalla rabbia d'aver compromesso in una sola notte il suo futuro, c'era riuscito.
Basso di statura, calvo e rotondo come un barilotto, suo padre, il re di Xaviera, era un uomo inflessibile. Odiava gli errori e non sopportava le bugie. Questo, però, sembrava valere solo per lui, pensò Dominic. Suo fratello era stato il re dei playboy, ma non aveva mai subito alcuna conseguenza per il suo stile di vita, mentre la prima volta che lui aveva compiuto un passo falso, era stato punito.
«Ho ordinato che tu e la signorina Jones vi incontriate con il ministro del protocollo appena sarete pronti. Comunque, non più tardi di domattina» aveva dichiarato Re Ronaldo. «Prepara la tua sposa.»
Il tono sferzante l'aveva ferito come una pugnalata. Dom si era alzato dalla sedia posta davanti alla scrivania che rappresentava il posto di potere del re, ma invece di ringraziarlo per il tempo che gli aveva concesso, aveva detto: «Tornerò a riferirvi».
«Assicurati che questo matrimonio sia celebrato secondo le regole. Se oserai commettere qualche altro stupido errore, sappi che dovrai pagarne le conseguenze.»
Lui si era inchinato ed era uscito dalla stanza. Dovrò pagarne le conseguenze, pensò con un moto di collera. Suo padre era il re e lui l'erede al trono. Pur sapendo che c'erano delle regole, non le aveva rispettate. Si era meritato quel trattamento.
E la condanna era... il matrimonio.
Dopo la morte di sua madre, suo padre era andato in pezzi, perciò capiva che adesso fosse così rigoroso e inflessibile. Il suo dolore era stato tanto profondo che per settimane non era uscito dai suoi appartamenti, mettendo a repentaglio la stabilità del Paese. Il Parlamento era stato a un passo dal chiedere le sue dimissioni e Dominic, assistendo a quella crisi, aveva giurato che non si sarebbe mai sposato per non permettere che la perdita della persona amata lo devastasse.
Tuttavia, quando si era presentata l'opportunità di sposare la principessa di un paese con il quale non avevano mai avuto buoni rapporti, si era detto: Perché no? Non solo quell'unione avrebbe messo fine a un'antica faida tra due regni, senza che lui fosse coinvolto sentimentalmente da temere che in futuro avrebbe sofferto, ma gli avrebbe dato un erede che sarebbe stato il principe di due Paesi.
E adesso, per colpa della sua sventatezza, sarebbe stato costretto a sposare una sconosciuta. Il suo piano era andato in fumo.
Sospirando, Dominic scese la scala che portava nei suoi appartamenti privati, pensando alla telefonata che doveva fare a Ginny. Se lui era tanto arrabbiato, non riusciva a immaginare come potesse sentirsi lei.
A meno che, ipotizzò, non si fosse fatta mettere incinta volutamente.
Quel sospetto era così orribile che il sangue gli si gelò nelle vene. Imponendosi di restare calmo, cercò di ragionare e comprese che era impossibile. Era stato lui a cercare Ginny dopo la visita alla scuola. E quando gli aveva aperto, i suoi capelli bagnati, i pantaloni della tuta e la maglietta sformata gli avevano fatto capire che non si era aspettata la sua visita.
Arrivato al piano superiore dell'ala est del palazzo, attraversò l'ampio ingresso sulle cui pareti facevano bella mostra dei quadri di Picasso, Monet e Rembrandt. Tesori riservati a lui solo, perché quella era la sua vita. Speciale. Onorata. Nonostante l'aspra conversazione con suo padre, sapeva che un giorno sarebbe diventato re.
Raggiunta la doppia porta, la spalancò con entrambe le mani ed entrò nella sua dimora. Il suo paradiso.
Virginia Jones si alzò dalla panca imbottita sistemata sotto un dipinto di Rembrandt.
Di media altezza, con lunghi capelli biondi e un corpo dotato di curve che avrebbero tentato persino un anacoreta, come era accaduto a lui la sera in cui l'aveva conosciuta, Ginny rappresentava la fantasia di ogni uomo.