Il principe di Belloscuro
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Il principe di Belloscuro - Simona Fassini Fazio
raccontare
PRIMO CAPITOLO, PRESENTAZIONE: GIULIO FIFONE E LA SUA SOLUZIONE
- Mamma, per favore, mi lasci la luce accesa quando esci? - domanda Giulio, già sotto le coperte.
- Ti lascio accesa quella del corridoio. D’accordo? - gli sussurra la mamma con un sorriso rassicurante.
- D’accordo, ma mi lasci la porta aperta?
- Va bene.
- E, se sento qualcosa di strano, chiamo te e papà?
- Naturalmente! La nostra camera è accanto alla tua. Puoi stare tranquillo.
La mamma fa schioccare un affettuoso bacio sulla fronte di Giulio, gli augura la buonanotte con una carezza, poi si allontana lentamente, in punta di piedi, lasciando la porta socchiusa come promesso.
Il suo profumo svanisce presto nell’aria scura della cameretta.
La calda compagnia dei suoi capelli lunghi, che avevano avvolto il viso di Giulio mentre lo salutava, lascia il posto ad una fredda solitudine.
La tenue luce che filtra dal corridoio fa allungare ombre cupe e minacciose sul letto del ragazzo.
Giulio teme il buio da sempre.
Non è che il buio gli abbia mai fatto qualcosa di male; anzi, il buio - è proprio il caso di dirlo - se n’è sempre infischiato di Giulio. È Giulio, semmai, a non essersene mai infischiato del buio! Sostiene che il mondo sia così bello quando sfavilla di luci e di colori, che non si capisce a cosa serva l’oscurità. Al buio ci si vede malissimo, non si riconoscono gli oggetti, ci si perde, si va a sbattere… Insomma, non vuole sentire ragioni: per lui, il buio è fatto per non capirci niente e, oltre ad essere del tutto inutile, è pure scomodo. Dunque, non bisogna essergli amici, ma temerlo, punto e basta.
Il ragionamento non fa una piega.
Giulio conversa abitualmente di queste cose con la mamma. Così, durante una delle lunghe chiacchierate che i due sono soliti condurre mentre lei è affaccendata nei lavori domestici, l’ha resa partecipe della soluzione geniale e, perciò, segretissima, che ha escogitato per porre fine alla questione una volta per tutte.
- Senti, mamma! Tu mi dici sempre che le paure vanno affrontate, giusto?
- Giusto.
- Bene, penso di aver trovato il modo di vincere la mia.
- Quale?
- Come quale?
- Quella delle palline da ping-pong che ti innervosiscono quando rimbalzano?
- No.
- Allora quella delle puzze che anticipano l’arrivo dei mostri?
- Nemmeno.
- Lasciami indovinare… Forse ho capito!
Alla mamma si è illuminato lo sguardo:
- Quella di perdere l’equilibrio. - ha scandito lentamente con fare compiaciuto.
- Acqua. - ha ridacchiato Giulio.
- Del temporale?
- Oceano profondo.
La mamma, allora, ha guardato Giulio con aria sospetta e curiosa, ricevendone in cambio uno sguardo orgoglioso di attesa. Per un po’, nessuno ha parlato.
La mamma si è messa ad elencare, fra sé e sé, le paure del figlio. Le ha contate bene sulle dita, per non ometterne nessuna. Siccome sono tante, ogni volta che lo fa, le servono tutte e due le mani.
E che ci vuole? È facile, direte voi! Nient’affatto. Intanto, per fare più cose insieme, occorre una gran concentrazione. Figuriamoci, poi, se si pretende di ragionare, contare e cucinare, tutto nello stesso momento! Forse, e dico forse, ci si potrebbe provare, prendendosela comoda, ma se si ha fretta…
Dunque, ascoltate. Quando gliene mancavano ancora cinque, l’acqua nella pentola ha iniziato a bollire. Era ora di salarla e di buttare la pasta. La mamma si è mossa velocemente, sicura e disinvolta come sempre. Ha preso il salino, che sta nell’angolino in fondo a destra sulla mensola della cucina, ne ha estratto una manciata di sale e l’ha gettata nell’acqua bollente. Niente guai, quindi. O forse sì?
Il fatto è che la mamma, assorta com’era nella riflessione, ha sbagliato contenitore ed ha lasciato cadere una bella manciata di zucchero nell’acqua della pasta. Povera mamma Camilla! Per fortuna, se n’è accorta.
- Accidenti! Che guaio! - ha esclamato seccata.
Giulio, che la osservava distrattamente, immerso anche lui nei propri pensieri, non ha notato cos’era accaduto. Perciò, ignaro di tutto, ha equivocato la sua inquietudine e, pensando fosse riferita all’indovinello, le ha risposto:
- Non ti preoccupare, mamma! Vedrai che prima o poi indovinerai quale paura intendo sconfiggere!
Quindi ha proseguito, sussurrando, perché i segreti vanno tenuti nascosti per evitare… Non si sa mai!
- Il piano… Quello no che non lo indovinerai mai! Te lo devo svelare io. È ingegnoso!
- Giulio, - lo ha sollecitato la mamma, in tono dolce, ma deciso, mentre, sostituita l’acqua dolcificata con dell’acqua fresca, ha rimesso in fretta e furia la pentola sul fuoco - facciamo che mi dici tutto tu, sia la paura sia l’idea.
Giulio si è arreso ed ha cominciato a spiegare con cura, nei minimi dettagli, la strategia. Ha raccontato di come vorrebbe scrivere migliaia - ma che dico migliaia? Milioni! - di cartelli in tutte le lingue del mondo, portarli o spedirli (solo per i posti troppo lontani) dappertutto e farli appiccicare su tutte le case della Terra.
- E cosa ci scrivi sopra? - lo ha interrotto la mamma, incuriosita.
- Ci scrivo: Vietato l’ingresso al buio!
.
- E come li invii? Per posta? Per posta elettronica?
- No! Chi non ha Internet, non riceve la posta elettronica e, nelle foreste, mica ci sono gli uffici postali!
- Allora come li spedisci?
- Attaccandoli ai palloncini.
- Ai palloncini?
- Certo! Quelli volano dappertutto.
- Mi sembra un piano troppo complicato. - ha sospirato la mamma.
La discussione si è fermata lì. I grandi, si sa, non vedono le cose che vedono i bambini. Forse le vedono diversamente, oppure, forse, non le vedono proprio. Giulio è convinto che diventare grandi sia come diventare ciechi, ma diventare ciechi è come stare al buio.
- Terribile! - si ripete spesso. - Preferisco rimanere piccolo!
2 - QUI SI RACCONTA DI UN GRAN BATTICUORE PER UN MOMENTO DI GRAVE TERRORE
Fra le cose che sfuggono ai grandi c’è il fatto che, ai bambini, addormentarsi costa fatica.
I grandi la fanno facile: si mettono comodi sul divano, guardano un bel film - se non ci si addormentano davanti - e, quando se ne vanno a letto, sembrano i partecipanti ad una processione di zombi. Con le gambe molli, gli occhi socchiusi, i corpi ciondolanti, procedono verso i letti muovendosi al rallentatore, come per una sorta di attrazione magnetica.
Per i bambini, invece, è tutta un’altra cosa.
Hanno energia da vendere, quindi, a meno di crolli improvvisi per un dispetto del sonno, sono attivi e vispi come grilli. Giocano, saltano, parlano, incuranti dei grandi che li implorano, più o meno esplicitamente, di chiudere gli occhietti e fare la nanna, vale a dire ciò che vorrebbero fare loro non fra cinque minuti, né fra dieci, ma all’istante.
Solitamente, più i bambini crescono, più assomigliano agli adulti, almeno in fatto di sonno.
Solitamente, ho detto, perché Giulio è un caso strano. Ci mette tutto il suo impegno, affronta la situazione con grande diligenza, mette in campo tutte le sue forze, ma niente. Ogni sera è la stessa storia: gli tocca ingaggiare una battaglia all’ultimo sbadiglio con il sonno, che gli fa i dispetti.
Il sonno vuole venire?
- Non adesso! - gli sussurra Giulio. - Mi pare di sentire una certa puzza nell’aria… Puzza è uguale a mostro. Meglio che mi prepari.
Ed eccolo lì, infatti, coraggioso ed impavido come sempre, mentre, con la testa già sotto il cuscino, si tira le coperte fin sopra i capelli, facendo bene attenzione che non gliene sporga nemmeno uno.
- Falso allarme, per fortuna! Ora puoi venire!
Il sonno, però, che moriva dalla voglia di dormire, nel frattempo se ne è andato a riposare in qualche altro letto, da qualche altro bambino, e si fa attendere.
Che attesa nervosa per il povero Giulio! Che momento delicato!
I pensieri più terribili affollano la sua mente. Si agita, resta in allerta, presta attenzione con tutti i sensi, esamina, elabora e classifica ogni suono, ogni movimento dell’aria, ogni variazione di temperatura che la pelle percepisce. Pensa, medita, ragiona e, ovviamente, resta sveglio.
Stasera, però, c’è davvero qualcosa che non va.
Bom… Bom… Bom…
- Un rumore? - sobbalza tremando.
Bom… Bom…
- Non mi piace. Si avvicina!
Bom… Bom… Bom…
Giulio vorrebbe chiamare mamma e papà - per non rischiare che uno si sia addormentato sul divano, meglio tentare con entrambi -, ma la voce gli rimane imprigionata in gola. Sente la lingua come legata, nella bocca divenuta all’improvviso asciutta e secca. Ogni muscolo del suo corpo è teso come una corda di violino, pronto a scattare immediatamente, anche se, per adesso, Giulio riesce soltanto a rimanere immobile.
Bom bom bom bom…
Il rumore si avvicina ancora.
Bom bom bom…
Ormai è alla porta della cameretta.
Bom bom bom…
La luce si spegne.
- È finita! - pensa Giulio. - Sono morto.
- Si è addormentato? - sente sussurrare alla mamma.
- Penso di sì. Non ho sentito nulla e, allora, ho spento la luce. - spiega il papà.
Giulio si è preso proprio un bello spavento!
È stanco, stremato.
Intorno a lui, tutto tace. Il letto si è trasformato in una tiepida tana. Sente gli occhi appesantirsi piano piano. Il suo corpo si rilassa dolcemente. Sprofonda nel materasso. Senza neanche accorgersene, Giulio scivola in un sonno profondo.
Domani mattina, quando riaprirà gli occhi, la luce del nuovo giorno lo accoglierà con un caloroso saluto, il profumo della colazione gli metterà l’acquolina in bocca, la voce della mamma lo inviterà dolcemente ad alzarsi. Allora si stiracchierà, sbatterà le palpebre ed un lieto pensiero lo farà sorridere: domani sarà il dieci giugno, il primo lunedì delle vacanze estive.
3 - STORIA SUDATA CHE NARRA UN ARRIVO PIÙ FATICOSO CHE GAIO E GIULIVO
Il sole ha fatto capolino presto, stamattina, sulla città. Il suo carro di fuoco ha già percorso un tratto di strada, anche se deve ancora compierne un po’ per arrivare al culmine. Lo raggiungerà, come sempre, all’ora di pranzo, ma, per adesso, sono soltanto le dieci e mezzo.
Soffia una leggera brezza da Oriente, che rende la temperatura gradevole.
Un merlo, nascosto fra le rigogliose fronde di un albero, canta la sua felice canzone alla vita, mentre osserva ciò che accade sotto di lui. Anzi, se qualcuno lo ascoltasse con attenzione, lo sentirebbe ridere di gusto, quel merlo canterino!
Sotto l’albero, infatti, c’è un marciapiede e, sul marciapiede, ci sono due persone. Sono una mamma ed un ragazzino.
Camminano, ma non si direbbe che stiano andando a fare una passeggiata. Si direbbe, piuttosto, che la mamma stia spingendo - o trascinando, a seconda del momento - il figlio, per andare da qualche parte.
Discutono tra loro, sforzandosi di tenere la voce bassa per tentare di passare inosservati.
Li osservano tutti, invece,