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Il brevetto scomparso
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Ebook176 pages1 hour

Il brevetto scomparso

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Il brevetto di un’importante invenzione scompare misteriosamente negli anni Venti del secolo scorso per ritrovare la luce dopo settant’anni nell’Archivio di Stato a Roma. Dopo una lunga indagine condotta dai discendenti dell’inventore, partendo da due disegni e qualche sigla, quella che era una leggenda di famiglia riacquista la sua dimensione reale e la sua dignità. Sullo sfondo di una Sardegna ancora rurale, a cavallo tra le due grandi guerre, rivivono le vicende dello sfortunato protagonista e dei personaggi che lo circondano.
LanguageItaliano
Release dateDec 31, 2020
ISBN9788874322145
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    Il brevetto scomparso - Lidia Fancello

    Al genio non riconosciuto

    Lidia Fancello, olbiese di origini dorgalesi, di professione grafica, con la passione per la ricerca e la lettura, si cimenta per la prima volta nella scrittura con un testo narrativo basato su una storia vera.

    Lidia Fancello

    Il brevetto scomparso

    ISBN 9788874322145

    © Copyright 2021

    Editrice Taphros

    Tipografia Sotgiu Srls

    07026 Olbia (SS)

    Sede: Via Corea 48 · Tel. 0789 54202

    Redazione: via Antonelli 15 · Tel. 0789 51785

    redazione.taphros@gmail.com

    www.taphros.com

    La fotografia dell’autrice è di Nino Fancello

    Riservati tutti i diritti dell’autrice e dell’editore. È vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, di testi e disegni, se non attraverso l’autorizzazione scritta da parte dell’autrice e/o dell’editore.

    Lidia Fancello

    Il brevetto

    scomparso

    Dell’amore, dei brevetti e dei rospi

    L’economia del racconto

    Questa, è una storia vera.

    Tratta di un’invenzione, la colonna sonora, risalente al 1924, anno in cui fu rilasciato il brevetto a uno sconosciuto di nome Bachisio Fancello e della misteriosa sparizione di tale documento.

    Intorno a questo episodio si dipanano le vicende della famiglia Fancello denominata Pintulinu, soprannome abbinato a uno fra i cognomi più diffusi a Dorgali, il loro paese di origine.

    Tempio, Dorgali e infine Olbia, sono i luoghi in cui si svolge la storia.

    Narra di una nipote, la quale in seguito alla rivelazione della zia Pasqualina, unica figlia femmina di Bachisio, si mette alla ricerca negli anni ‘90 del secolo scorso del brevetto scomparso.

    Fra i capitoli fanno capolino alcuni episodi trascritti fedelmente da un manoscritto di Pasqualina, venuto anch’esso alla luce dopo molti anni.

    Nel tempo annotò con molti particolari gli episodi più significativi della propria famiglia accaduti fra il ventennio fascista, la seconda guerra mondiale e infine la ricostruzione e di cui fu arguta testimone.

    Di questi episodi contrassegnati col titolo Dal diario di Pasqualina si riportano le righe più significative.

    Le testimonianze più estese sono invece riportate in appendice.

    Un’altra testimonianza importante è costituita dalle lettere di Nino, il figlio più grande di Bachisio; esse illustrano scorci interessanti sulla vita di caserma dei soldati arruolati nella GIL (Gioventù Italiana Littoria), agli albori della Seconda Guerra Mondiale.

    Ma in queste lettere Nino manifesta il rapporto profondo con la madre e posa il suo sguardo divertito sul mondo circostante tanto da divenire un arguto enigmista.

    L’economia del racconto esigeva che, come autrice, cambiassi a volte in maniera lieve e altre in maniera drastica alcuni nomi, poichè i personaggi menzionati sono realmente esistiti, ma uno in particolare era talmente votato alla truffa da poter nuocere, anche a distanza di decenni, alla reputazione dei suoi ignari discendenti.

    Dunque una doverosa autotutela, essendo nella sostanza una storia documentata e documentabile.

    Vero o falso?

    Ricordate il primo film della saga di Jurassic Park?

    Il direttore del parco dei dinosauri, mister Ammond, orgoglioso delle sue creature, spiegava come i resti di DNA di dinosauro furono trovati dentro il sangue di una zanzara. Essa fece il suo ultimo pasto prima di rimanere incastrata in una goccia di resina divenuta ambra fossile.

    Il DNA del dinosauro ritrovato era però mancante di alcuni filamenti fondamentali per farlo rivivere.

    Questi gli furono inseriti in laboratorio, ricavandoli dal sangue di un rospo del Madagascar.

    Ecco, in questo romanzo alcuni capitoli sono frutto di ricordi, di racconti orali tramandati in famiglia, di ricerche, di studio dei documenti e infine di intuizioni suffragate dalle memorie di Pasqualina.

    Questi capitoli dunque, equivalgono al DNA del rospo malgascio.

    Alcuni avvenimenti sono così stupefacenti che io stessa, se non avessi toccato con mano i documenti, avrei stentato a crederci, tuttavia il dovere del racconto mi imponeva di porgerli esattamente come si presentavano.

    Si può affermare che, a grandi linee, ciò che è documentato o documentabile è riportato nei capitoli in carattere corsivo e trova riscontro negli atti pubblicati a fine volume e nelle testimonianze dirette di Pasqualina.

    Il resto sono trascrizioni dai racconti orali della mia famiglia, in equilibrio fra logica, memoria e suggestioni.

    Quale sardo?

    Per ciò che riguarda le lingue che incontrerete nei dialoghi, oltre all’italiano saranno presenti il sardo della Barbagia e il sardo della Gallura.

    Ho scelto di non mettere le traduzioni a piè pagina poichè ritengo che i lettori e le lettrici non avranno difficoltà a capirne il significato dato il contesto. Qualora avessero dubbi, sarà di stimolo approfondire lo studio del sardo.

    Infine diremo che ogni libro vive di vita propria e aldilà di tutte le istruzioni per l’uso, i lettori e le lettrici saranno i suoi giudici più severi.

    L’Archivio di Stato

    Roma, 24 novembre 1995.

    Il deposito dell’Archivio di Stato è in realtà un magazzino nel seminterrato di un condominio alla periferia di Roma.

    Luce che entra dall’alto di finestrelle a vasistas. Polvere sì, ma su scaffali moderni, quelli di alluminio. Niente legno tarlato, niente ragnatele, niente archivisti gobbi o bibliotecari ciechi dall’aria sospetta.

    Entriamo in gruppo io, Bruna e Giacomo.

    Tre impiegati in camice grigio ci aspettano schierati nell’andito.

    Uno di loro, il più giovane, quello del contatto telefonico, ci viene incontro riconoscendomi dalla voce.

    – La signora Fancello? L’aspettavamo da stamattina, venga le faccio vedere. Come mai così tardi?

    Camminiamo in fila indiana, l’impiegato in testa e io dietro lui spiego le ragioni del ritardo e di come, secondo le regole, avrei dovuto fare prima la domanda di visura all’Archivio Centrale dello Stato in piazzale degli Archivi e di come fossi riuscita a convincere i suoi colleghi a non sottopormi a tutta la lunga trafila che mi avrebbe fatto attendere giorni.

    – Sono arrivata stamattina con la nave e devo ripartire domenica – spiego raccontando – voi chiudete questo pomeriggio e riaprite lunedì mattina, ho detto alla sua collega, come faccio se devo stare qui ad aspettare il nullaosta dal direttore?

    E così racconto dell’impiegata impietosita che decide di accorciare l’iter ricomparendo cinque minuti dopo con un foglio in mano, facendomi promettere di ritornare immediatamente a esibire le fotocopie autenticate del documento richiesto.

    Quindi una corsa pazza in macchina attraversando l’EUR ed eccoci finalmente in quell’anonimo condominio che custodisce il documento originale. Il brevetto è lì, una cartella di carta ingiallita poggiata su una lunga scrivania.

    Il titolo grande recita MINISTERO PER L’INDUSTRIA E IL COMMERCIO UFFICIO DELLA PROPRIETA’ INTELLETTUALE – Reg. Att. N. 88 Vol. 575 e più giù le date:

    26 gennaio 1924 ore 17,45.

    Finalmente leggo la descrizione del brevetto in bella grafia: Sincronizzazione perfetta di una macchina cinematografica con una macchina fonografica ottenuta mediante l’impressione contemporanea su una pellicola cinematografica del suono e delle immagini.

    Le mani tremano. Apro la cartella e riconosco i disegni, quelli li possiedo anche io, fotocopiati da carte sparse trovate da zia Pasqualina a Dorgali.

    Gli altri fogli, quelli con la descrizione della macchina e del suo funzionamento, non li aveva mai visti nessuno.

    Inizio a leggere a bassa voce, la prefazione dattiloscritta da mio nonno:

    – È da parecchio tempo che si sta studiando la creazione di un meccanismo che riesca a riunire in un apparecchio unico una macchina cinematografica e una macchina fonografica.

    Innumerevoli sono gli studiosi che si sono dedicati a ciò e molti dispositivi più o meno complicati sono venuti in luce ma nessuno di essi è riuscito a risolvere pienamente il supposto problema.

    Il sistema invece che ora si descrive realizza perfettamente quanto finora non si è riusciti ad ottenere.

    Esso infatti riproduce gli esseri animati in movimento ed il suono e voce da essi articolati in modo da darci l’illusione perfetta della natura vivente. Il sistema per il quale si chiede la privativa industriale consiste principalmente nella impressione contemporanea del suono e delle immagini su una pellicola cinema-tografica, che poi sviluppandosi...

    La voce si incrina. Interrompo la lettura e mi siedo.

    Ora mi stanno tutti intorno e mi osservano in silenzio.

    – Oddio sto piangendo, non posso bagnare il brevetto!

    Mi allontano seguita dallo sguardo commosso dei miei amici e da quello incuriosito degli impiegati e rifugiandomi fra gli scaffali, finalmente do sfogo al pianto.

    Mentre la tensione si scioglie, il mio gioviale amico bisbiglia agli impiegati – A quest’ora quella ragazza sarebbe miliardaria, se non avessero rubato il brevetto al nonno.

    Mi asciugo le lacrime e riemergo dagli scaffali sorridendo.

    Il brevetto è lì, aperto, completo, vero! Quante volte è stato considerato

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