Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Il silenzio intorno
Il silenzio intorno
Il silenzio intorno
Ebook279 pages4 hours

Il silenzio intorno

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

L'infinita voglia di piangere, quando di lacrime non ne restano più,  di una donna completamente sola, desiderosa di una mano da stringere, del calore di qualcuno che possa infonderle coraggio.
Francesca ha tanto sogni, principalmente laurearsi. Ma non tutti sono d'accordo e deve fare i conti con le frecciate della madre che la vorrebbe come lei, sempre chiusa in casa con un marito che si addormenta tutte le sere davanti alla televisione. Conoscendo Ivan, Francesca si sente fortunata. Lui è pieno di progetti e le dà tutto il suo supporto. Ma, dopo la nascita del figlio, tutto cambia. Ivan rientra a casa sempre più tardi, sta nottate intere davanti al televisore, spende oltre le sue possibilità per cose futili. Quando gli viene a nausea il lavoro, passa le sue giornate a giocare a carte in qualche bar. Ed è in un bar che conosce Stefi. Stefi gli permette di lasciare i piatti sporchi sul tavolo, la biancheria per terra e di fumare in casa, lei non lo pressa né gli fa domande, Stefi è la libertà dai problemi quotidiani che sembrano stampati sul volto sempre tirato di Francesca. Lasciata da Ivan in un mare di debiti, Francesca inghiotte l'orgoglio e chiede aiuto dove può. Quanta fatica le costa oltrepassare la soglia dello squallido ufficio di collocamento dove una donna, dall'aria accaldata e svogliata, le dice che è lei, quella senza lavoro, ad essere fortunata perché può starsene a casa in pieno agosto. O quando, ormai alla disperazione, persone dall'aria arrogante le ripetono di cercare altrove perché, per quel lavoro, è troppo vecchia, troppo qualificata o con troppa poca esperienza.
Nella Venezia incantata, in una mattina di nebbia pesante, ha inizio la storia di Francesca. Nella casa da ristrutturare, che rapisce il suo cuore, nonostante l'odore di muffa e il pavimento in legno mezzo marcito, Francesca fa progetti per un futuro che le riserverà troppe e dolorose sorprese.
LanguageItaliano
Release dateDec 17, 2020
ISBN9791220239066
Il silenzio intorno

Related to Il silenzio intorno

Related ebooks

Contemporary Women's For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Il silenzio intorno

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Il silenzio intorno - Anna Lara Castelli

    Era il sei di ottobre, anche se di inizio ottobre quella giornata non aveva proprio nulla. La pioggia cadeva incessante ormai da più di cinque giorni e, dovunque si girasse lo sguardo, si vedevano campi allagati.

    Quella mattina, Francesca si era alzata presto, non che avesse dormito molto quella notte, e si era diretta alla stazione sotto un cielo plumbeo che avrebbe riversato, di lì a poco, le sue lacrime su quel mondo già fradicio.

    La stazione era in fermento come al solito. Avrebbe preso il treno delle nove e, anche se l'ora di punta stava passando, c'era ancora molta gente in giro, gente che si muoveva nervosa, gente che schizzava ovunque come uno sciame di vespe imbizzarrite, gente che travolgeva tutto quello che si trovava davanti come bulldozer dall'aria minacciosa. Sul lungo vialone, che puntava dritto sull'edificio in stile fascista, si snodavano le bancarelle del mercato settimanale. Le tante tende vibravano sotto la spinta di qualche raffica di vento e, quando ne arrivava una più forte che mandava tutto all'aria, persone, come formichine, si adoperavano per rimettere tutto a posto.

    Le luci dei lampioni erano ancora accese. Sembrava che la notte non avesse alcuna intenzione di lasciare posto al giorno.

    Stava attraversando la strada, di fronte a lei si ergeva l'ingresso della stazione, ormai era arrivata. Anche se aveva dormito poco, non si sentiva affatto stanca. Provava una strana sensazione di euforia, di benessere intimo, pacato, un benessere che la induceva a sorridere, di tanto in tanto, di fronte a tutta la vita che le si parava davanti.

    Mosse qualche passo nel grande atrio, alzò la testa verso lo schermo con gli orari, individuò il suo treno, cercò il binario e rabbrividì, ma non dal freddo. D'improvviso si sentiva agitata, stava per coronare un suo grande sogno. Aveva aspettato tanto quel momento, fin da quando aveva un minimo di ragione, e adesso, che stava per realizzarsi, si sentiva sperduta, terrorizzata. Francesca aveva paura di non farcela anche se lei sapeva che la sua forza di volontà l'avrebbe sostenuta nei momenti più difficili.

    Francesca era testarda, quando si metteva in testa qualcosa non c'era verso di farla demordere, e sperava che quella testardaggine, tanto denigrata da sua madre, l'avrebbe aiutata nei mesi a venire. Per lei, avere degli obiettivi, e fare di tutto per raggiungerli, non era una cosa negativa.

    Quando cominciava qualcosa difficilmente lo lasciava a metà e quella nuova avventura la stava eccitando e allo stesso tempo spaventando molto di più di quanto avesse previsto perché, per quanto forte fosse la sua forza di volontà, per quanto fosse brillante e le piacesse studiare, a lei mancava una cosa fondamentale: il denaro. Era facile per chi ne aveva in abbondanza affermare che non aveva importanza, ma lei aveva imparato presto che senza non si va quasi da nessuna parte. La sua famiglia non era molto agiata, solo suo padre lavorava, e in casa erano tre sorelle. Ma lei ce l'avrebbe fatta, aveva già trovato un lavoro come barista e sarebbe stata in grado di mantenersi.

    Francesca appoggiò la fronte calda sul finestrino freddo e guardò verso i campi che le scorrevano di fianco. La terra marrone e fradicia la stava riportando indietro nel tempo quando, da bambina, correva felice dietro la casa dei nonni. Come le piacevano quelle domeniche trascorse all'aria aperta, anche quando faceva freddo, anche quando pioveva, soprattutto quando nevicava.

    Un sorriso increspò le labbra piene di Francesca. Le era tornata alla mente la faccia mogia di Luisa quando era caduta nel fango e aveva rovinato i pantaloni nuovi. Fin da piccole, Luisa aveva rivelato una predisposizione per le cose costose e, come il destino aveva annunciato, adesso lavorava in un negozio di abbigliamento costoso. Peccato che spendesse fino all'ultimo centesimo che guadagnava in abiti, cosmetici, scarpe e cianfrusaglie varie.

    Luisa era sempre stata un spendacciona, al contrario di lei che aveva risparmiato fin dalle elementari in previsione di quel momento. Aveva sognato così tante volte quel momento che quasi le veniva voglia di piangere, proprio lì in mezzo ad un nugolo di estranei, con il naso rivolto verso un futuro radioso, anche se faticoso, con tutti i suoi sogni ad un passo dalla realizzazione. Francesca non riusciva ancora a crederci, stava andando ad iscriversi all'università.

    Avrebbe potuto farlo prima, aveva aspettato quasi fino all'ultimo, ma solo due settimane prima era stata sicura di quel lavoro che, per quanto effimero, le permetteva di avere una paga.

    Quello che per molte sue amiche era una cosa normale per lei era eccezionale. Nella sua famiglia nessuno era andato all'università e nessuno avrebbe mai preteso tanto da lei. I suoi genitori volevano solo che le figlie avessero un lavoro, che trovassero un buon marito e che uscissero di casa lasciandoli finalmente in pace.

    Luisa era la preferita. Sempre allegra, con quel suo atteggiamento adulatorio e servile credeva che tutti l'amassero. A lei non importava quello che le persone pensavano veramente, ma solo come giudicavano il suo aspetto. Con lei Francesca non era mai andata molto d'accordo, erano troppo diverse, lei era schietta e diretta, a volte brutale in quello che diceva, ma onesta. Luisa era l'esatto contrario. Luisa sapeva adularti come nessun altro, ma quando era il momento di fare qualcosa di concreto per aiutare qualcuno si defilava alla svelta dietro a mille scuse e a lacrime di coccodrillo. Luisa era servile, fino a quando le conveniva, per poi sparire nel nulla nel momento del vero bisogno.

    Quando Francesca aveva pagato le tasse dell'università era rimasta per un po' senza soldi, ma mai una volta Luisa le aveva chiesto se aveva bisogno che le prestasse qualcosa e Francesca, conoscendola, non le avrebbe mai chiesto nulla. Un altro grande pregio di Luisa era quello di dirsi tanto altruista per poi rinfacciare al malcapitato, che si era fidato di lei, la sua grande generosità fino a farlo sentire una merda. Proprio così, Luisa non aveva scrupoli a far sentire male una persona perché credeva che tutto quello che offriva dovesse tornarle indietro moltiplicato.

    Francesca era caduta una sola volta in quella trappola e si era ripromessa che mai più le avrebbe chiesto qualcosa.

    E poi c'era Anna, l'altra sorella, quella maggiore. Anche con lei non andava molto d'accordo. Anna aveva sempre il volto teso, lo sguardo angosciato, come se la sua vita fosse tutta una disfatta, anche se così proprio non era. Anna aveva un diploma da ragioniera, un buon lavoro, un fidanzato da quando aveva quindici anni, un posto solido all'interno della chiesa, idee rigide sulla morale e sul comportamento, ma Anna aveva anche un'altra cosa che Francesca proprio non sopportava: la brutta abitudine di pensare che lei avesse sempre ragione e tutti gli altri torto. E, per Anna, tutte le scelte di Francesca erano sempre state sbagliate e dettate dal più puro egoismo.

    Scendendo dal treno, Francesca abbandonò quei sinistri ricordi e si concentrò sulla giornata che aveva davanti. Era stata troppo assorta nei suoi pensieri e adesso doveva tornare con i piedi per terra e gustarsi quel momento che tanto aveva atteso.

    Davanti a lei era stato seduto, per quasi tutto il tempo del viaggio, un uomo, ma solo in quel momento si rese conto che non sarebbe stata in grado di riconoscerlo, né di dire se fosse vecchio o giovane, bello o brutto, biondo o castano. Era stata così assorta nei suoi pensieri che tutto quello che l'aveva circondata le era scivolato addosso proprio come stava facendo la pioggia fine e sottile che aveva iniziato a scendere.

    Francesca aprì l'ombrello che poco poteva contro quello svolazzare di minuscole goccioline che si infilavano ovunque. Non sapeva dire se quella fosse veramente pioggia o solo nebbia che trasudava addosso alla tanta gente che affollava le calli di una Venezia incantata. Venezia non le era mai sembrata così bella come in quella mattina di nebbia pesante.

    Com'era bella Venezia sotto la pioggia, com'era bella Venezia di lunedì quando in giro c'erano soprattutto i veneziani, gli studenti e i lavoratori, com'era bella Venezia con pochi turisti. Francesca non l'aveva mai vista così bella. L'acqua nei canali scorreva lenta, le acque grigie si confondevano con la pioggia. Era stata prevista alta marea ma, per il momento, non c'era alcun segno. Le sarebbe piaciuto vedere Venezia con l'alta marea. Sapeva che era brutto da dire, lei non ne avrebbe sofferto i disagi ma avrebbe goduto solo della sua magia, ma le sarebbe piaciuto lo stesso, si disse con un pizzico di rimorso e un pizzico di egoismo.

    Si era persa. Aveva vagato annusando l'aria e riempiendosi gli occhi con i fatiscenti vicoli che avevano visto periodi migliori e si era persa. Stupida, si disse in un impeto di rabbia. Non aveva una cartina, non conosceva quella parte della città. Doveva calmarsi e trovare una soluzione o l'incanto dell'intera giornata sarebbe stato rovinato.

    Guardandosi intorno, vide dei ragazzi come lei. Se era fortunata, avrebbe trovato qualcuno che andava nella sua stessa direzione e magari che conosceva anche la strada.

    Vide un ragazzo con dei libri in mano, lo fermò e gli chiese indicazioni. Era stata fortunata, non era lontana dalla sua meta e quel ragazzo l'avrebbe accompagnata. Come si sentiva sciocca. Ma non era sembrata sciocca a quel ragazzo che era stato gentile e si era offerto subito di aiutarla. Forse, quella sarebbe stata una giornata fortunata, la prima di una lunga serie. E lei aveva bisogno di fortuna.

    Tutto quello che accadde in seguito fu un susseguirsi di disagi, a partire dalla lunga fila per arrivare davanti ad un impiegato che si sarebbe preso cura della sua iscrizione fino alla maleducazione di quello stesso impiegato. Come si sentiva stupida pensando che quella sarebbe stata una giornata felice.

    Senza rendersene conto, si ritrovò all'aperto. La pioggia leggera di due ore prima si era trasformata in un'acquazzone. Cercando di tornare in stazione, si perse ancora una volta. In alcune parti della città stavano allestendo delle passerelle e Francesca cominciò a calmarsi. Quella era la sua giornata e non doveva permettere alla maleducazione di una sola persona di rovinargliela. No, non glielo avrebbe permesso. Con un sorriso lieto, girovagò per la città, incurante delle scarpe fradice. Quello era l'inizio di tutta la sua nuova vita e voleva assaporarne ogni attimo.

    Si ritrovò seduta in treno. I sedili erano di un blu scuro di un qualcosa che assomigliava a finta pelle, sporchi e laceri. C'era puzza e faceva freddo. Si raggomitolò su se stessa, prese il panino che aveva comprato poco prima di salire e lo addentò senza fame. Chissà perché quando era agitata le passava completamente la fame. E ripensò a Luisa e a quando aveva rotto con il suo ultimo ragazzo. Dopo due giorni, aveva fatto un'indigestione tale che erano stati costretti a chiamare il medico. Si era rimpinzata di cioccolata e patatine a tal punto che non la smetteva più di vomitare e le era venuta anche la febbre.

    Francesca lasciò il panino a metà e appoggiò la testa di lato. Con la pioggia negli occhi, il freddo nelle ossa e tanti sogni nella testa dormì per quasi tutto il tragitto.

    Capitolo 2

    Agosto era arrivato con il suo carico di caldo e afa. Ma agosto portava anche un po' di pace nella vita agitata di Francesca. Da quando si era iscritta all'università, non aveva più avuto un solo attimo per sé. Frequentava più lezioni che poteva, la sera lavorava, a volte anche fino alle due o alle tre del mattino, per poi rialzarsi, prendere il treno e correre a seguire l'ennesima lezione. Aveva dato diversi esami, anche se non tutti quelli che si era prefissata. Lei non poteva prendersi la libertà di sperperare il denaro che ancora non aveva e si era fissata una data di scadenza. E, quella data, le incombeva addosso come una spada di Damocle ricordandole che non poteva permettersi il lusso di fare errori, di sprecare tempo e, ancora peggio, di lasciarsi andare a frivolezze che sarebbero state più che normali per una ragazza della sua età.

    Quando parlava con le amiche, provava un po' d'imbarazzo. La maggior parte di loro aveva famiglie che le supportavano, ma lei non si era mai aspettata nulla e, se non fosse stato così difficile doversi confrontare con loro, non ci avrebbe badato molto.

    Per fortuna che agosto era arrivato, le lezioni erano finite, gli esami fatti, il ristorante in cui lavorava era in ferie e anche lei si sarebbe goduta un po' di riposo. Non aveva ancora programmi per quell'estate, ma il solo stare a letto la mattina, senza l'ansia di dover correre in stazione, per poter recuperare quel sonno arretrato, che le faceva sentire le palpebre pesanti per tutto il giorno, era già una bella vacanza.

    A casa tutto tranquillo. Mamma e papà sarebbero andati in montagna dove una zia possedeva una vecchia e piccola baita. Luisa sarebbe andata al mare con il nuovo fidanzato e Anna sarebbe partita con la parrocchia per uno dei suoi viaggi umanitari.

    La casa era finalmente vuota. Silenzio era la parola magica. Non si era accorta, fino a quando suo padre si era chiuso la porta alle spalle, di quanto le mancasse un po' di silenzio. La sera era tutto uno schiamazzo di persone che tiravano tardi mezze ubriache, la mattina il brusio del treno le era entrato così in profondità nelle orecchie che a volte le sembrava di sentirlo anche quando non era sulla ferrovia. E poi il chiasso dei turisti che scorrazzavano per Venezia come fosse stato un grande parco giochi. E le lezioni, le chiacchiere tra compagni e poi di nuovo il treno, a casa e al lavoro. Neanche quando dormiva c'era silenzio. Come se tutto questo non bastasse, nella casa accanto era arrivata una famiglia che la notte non faceva che litigare.

    Le stava facendo uno strano effetto trovarsi seduta tutta sola nel caldo della cucina. Chiuse gli occhi, aspirò a fondo l'aroma di caffè che si stava sprigionando dalla vecchia caffettiera e si disse che quella era la felicità: un attimo di calma tutto per sé.

    – Sì!

    Francesca si era resa conto che il suo tono era stato piuttosto duro, ma lo squillo del telefono l'aveva disturbata in un momento magico. Al diavolo quell'aggeggio infernale che le rompeva le scatole sempre nel momento sbagliato. E pensare che Luisa se lo portava anche in bagno.

    – Ciao, ti ho svegliata?

    – Ciao, Paola. No, non mi hai svegliata, ma mi stavo godendo un attimo di pace. In casa non c'è più nessuno.

    – Beata te. Io, con cinque fratelli, un attimo di pace me lo sogno.

    Paola era una sua compagna di università. Non erano mai state proprio amiche, di quelle amiche a cui si apre il cuore, ma andavano d'accordo e parlavano volentieri di molte cose. E poi si aiutavano con appunti e ricerche.

    – Vai da qualche parte per le vacanze?

    – Parto per Rimini giovedì mattina.

    – Beata te. Un po' di mare e di spiaggia farebbero bene anche a me.

    – E allora vieni con me.

    – Magari. Ma non posso spendere molto. E poi gli alberghi saranno tutti pieni.

    – E chi ha detto di andare in albergo. Io vado in campeggio con la canadese di mio fratello. È stata un'impresa farmela prestare, anche se ne ha due. Mio fratello è così geloso di tutte le sue cose … ma alla fine ha ceduto, anche se dovrò riconsegnargliela tutta intera e pulita.

    – Ma sai montarla?

    – Stai scherzando? Io sono una maga nel montaggio di tende. La mia famiglia ha fatto del campeggio il suo punto di forza. Dopo un'intera vita passata a montare tende, pensi che non sappia cavarmela? Dai, vieni con me. Non costerà molto e ci divertiremo. Io avrò un po' di compagnia e tu ti farai una vacanza a basso costo.

    – Non hai trovato nessuno che voglia venire in campeggio, vero?

    Francesca era scoppiata a ridere. Paola riusciva sempre a metterla di buon umore.

    – Non ti si può nascondere proprio nulla. Chi vuoi che voglia venire in campeggio. Comunque, meglio sola che male accompagnata. Ma dai, pensaci almeno. Puoi stare lì anche solo qualche giorno. Io avrò un po' di compagnia e tu ti rilasserai. Se vuoi dormire tutto il giorno, nessuno te lo impedirà, se invece vuoi svagarti un po' avrai tutto il mio supporto.

    – Secondo te andare in campeggio è rilassante?

    – Certo che lo è. Dai, partiamo insieme e poi tu torni quando ne hai voglia. Non devi restare fino alla fine del mese.

    Francesca si sentiva tentata. Aveva bisogno di andarsene per qualche giorno e quella piccola spesa poteva permettersela. Se faceva bene i suoi conti, sarebbe potuta stare là una settimana. E poi c'era Paola, con lei non aveva problemi a dire quando non le andava di fare qualcosa e non l'avrebbe mai pressata per fare qualcosa che non voleva.

    – Va bene – acconsentì dopo qualche attimo.

    – Perfetto. Ci incontriamo in centro in pomeriggio per metterci d'accordo.

    Stavano passeggiando nel cuore di una città piena di luci. Si stavano facendo largo in mezzo ad una folla aggrovigliata. C'erano persone di tutti i tipi. Famiglie con bambini, giovani, uomini e donne che si guardavano attorno alla ricerca di un'anima affine. La Rimini mondana e festaiola, la Rimini profumata di salsedine e allegria le aveva accolte a braccia aperte.

    Francesca e Paola camminavano veloci, erano a Rimini già da tre giorni, la pelle arrossata, la libertà negli occhi, la voglia di sentirsi giovani e padrone del mondo.

    Non che avessero fatto nulla di eccezionale fino a quel momento. Vita da spiaggia per lo più. Sole e mare di giorno, passeggiate e un gelato o una birra di sera. Ma per loro andava bene così. Non erano lì per cercare ragazzi, anche se non ne avrebbero disdegnato la compagnia. Non erano lì per passare tutte le serate tra una discoteca all'altra, anche se avevano intenzione di trascorrerci almeno una notte. A nessuna delle due piaceva ballare, ma chi andava più in discoteca solo per ballare.

    Erano solo due ragazze carine che si godevano un po' di tempo libero.

    – Prendiamo un gelato?

    Paola era golosa e si vedeva. Era rotondetta, non che fosse fatta male, aveva un fisico florido e pienotto, ma non grasso, uno di quei corpi che facevano girare la testa di molti uomini. Fianchi pieni, seno abbondante, lunghi capelli ricci e biondi e occhi di un azzurro come il cielo in una mattina d'estate. Ma, nonostante tutto, non la si poteva definire propriamente bella, ma appariscente sì. E Francesca era l'esatto contrario, magra, scura di capelli e di occhi. Non passava sera che Paola non prendesse una di quelle enormi coppe gelato colorate e ricoperte da panna e ci si tuffasse dentro con un gusto che era tutto da guardare. Anche a Francesca sarebbe piaciuto potersi prendere una di quelle coppe, ma aveva i soldi contati e si limitava ad un caffè. Ma quella sera aveva deciso di fare uno strappo alla regola, fino a quel momento aveva speso meno del previsto e una coppa, magari non una delle più costose, avrebbe potuto gustarsela.

    Dopo aver camminato per una mezz'ora e aver scelto con cura il locale più adatto, erano entrate in una gelateria con fiori di glicine disegnati ovunque e dalle poltroncine imbottite.

    Stavano sedute ad un tavolo in prima linea sulla strada, avevano scelto quella gelateria perché aveva le pareti aperte sul fluire di gente che marciava impettito sul marciapiedi, quando Paola si fece seria tutto d'un tratto.

    – Posso chiederti un favore? Ma se non puoi non fa niente. Se mi dici di no non ci sono problemi.

    Francesca riportò la mano, con la quale teneva un cucchiaino di panna, verso la coppa e alzò lo sguardo in direzione dell'amica. Raramente Paola era così seria.

    – Certo che puoi. Parla.

    – Dopodomani arriva mio fratello e mi porta dei soldi. Ma intanto li ho quasi finiti e volevo sapere se hai qualcosa da prestarmi. Lo so che non hai molto, ma mi basta poco e appena arriva Stefano te li rendo subito. Ma se non puoi non preoccuparti.

    Francesca abbassò lo sguardo e fece due conti con la mente. Ormai era diventata brava in quel compito che era costretta a svolgere anche troppo spesso. Non aveva molto, ma a lei non serviva molto, e poteva prestarle qualcosa. Sapeva che di Paola poteva fidarsi e che le avrebbe reso tutto subito. Lei non avrebbe voluto giudicarla, era una sua amica e Francesca era dell'idea che gli amici non si giudicano, ma se Paola fosse stata più accorta con tutti i soldi che

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1