Pelle come Carta
By Sara Pinton
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About this ebook
Dora D.
Dora è una donna che vive e si nutre di forti emozioni, tanto che o si ritrova nell’estasi, immersa nella felicità, o nel pieno della sofferenza, dilaniata dal dolore nel sentirsi incastrata in una vita e in un corpo che non le appartengono.
Dora è una donna alla ricerca di se stessa che fin dalla giovane età si rende conto di avere tutta una serie di ferite aperte dovute alla prematura scomparsa dei nonni, al suicidio di un amico, all’assenza della madre e al rapporto di grande conflitto col padre; dovrà affrontare anche il silenzio di un fratello gemello che arriverà a dichiararsi orfano tagliando con lei ogni legame.
Dora li chiama i “miei demoni” e dà loro sfogo mettendoli su tele che finiscono nascoste in cantina o regalate a qualcuno! Passa da un lavoro all’altro, così come da un uomo all’altro nel tentativo di colmare questo cratere che ha dentro al cuore!
A volte sogna di vivere di arte ma il suo sentirsi fuori posto, diversa, inadeguata, abbandonata e mai abbastanza, non le permettono di trovare il coraggio di uscire dal guscio che si è costruita; finché, dopo aver avuto un incidente che la obbliga a fermarsi per molto tempo, ricomincia a dipingere per scacciare la paura di restare zoppa ed è così che prima incontra Victor, fotografo che viaggia per il mondo, col quale inizia una relazione e poi Maurice, noto gallerista attempato, che le dice di avere del gran talento e le organizza una personale.
Ma nel momento in cui inizia a sentire una carezza dentro al cuore, il destino e il ritorno improvviso del padre la sera prima della mostra, le faranno vivere una serie di imprevisti, eventi ed emozioni che ribalteranno nuovamente ogni sua certezza e la sua vita…
L’autrice
Sara Pinton vive a Varese, adora la sua città giardino e si siede spesso in riva al lago con un quaderno in mano e scrive. Ama affermare che la vita sia perfetta se la lasci fare e, come Dora, si è dovuta fermare per un anno intero per una riabilitazione. Sara dice di aver accolto e vinto la sfida e di sentirsi grata: in primis perché, fermandosi, ha acquisito una totale consapevolezza di se stessa, dedicandosi allo studio delle materie olistiche e del mondo femminile e poi, perché è in quei mesi che ha iniziato a dare vita a questo romanzo e al personaggio di Dora che definisce “un vulcano che erutta vita camminando sospesa tra le nuvole”.
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Pelle come Carta - Sara Pinton
Sara Pinton
PELLE COME CARTA
UUID: 4bcaae2a-3b3b-47d6-8cdf-90cbb2604274
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http://write.streetlib.com
INDICE
PREFAZIONE
PARTE PRIMA
LA VITA: TRE ELEMENTI
IL MONDO DEI SOGNI
FORSE
BISOGNO D’AMORE
MENTIRE
DOLORE
OGNI NOTTE
CICATRICE
DENTRO IL LETTO DELL’ANIMA
VIOLATA
NON LO SO…
ACROBATA
MASSIMILIANO
SCELTA
RELAZIONE?
FINE DI UNA STORIA
URLO
BUCO NERO
DILANIA L’ANIMA
ALCOOL
SPIRALE
PUNTO DI DOMANDA
INCIDENTE
AERONAUTICA
IL TUO AEREO
GRIDO CONTRO VICTOR
LE PAROLE CHE COSA SONO?
UN DIAVOLO PER CAPELLO
METRO CUBO
RABBIA
LA VERITÀ SUGLI UOMINI
VICTOR
FOTOGRAFIE
IL SILENZIO
INDIFFERENZA
HO UN FRATELLO GEMELLO
ATTIMI IN TRASFORMAZIONE… DI NUOVO…VICTOR…
SPARO AL SILENZIATORE
IL TUO DIO
LORENZO - LA MORTE DI UN AMICO E IL MIO SENSO DI COLPA
IN CADUTA
SUPERENALOTTO
NON SONO INFALLIBILE
CENTOVENTIDUE MINUTI DI CYCLETTE. PENSIERI…
LETTERA A BABBO NATALE
NEVE
MIA MADRE
NONNO
FOLLIA
VERSIONE DI DORA ODIOSA
VIA IL TRUCCO!
TUFFO NEL PASSATO
INVOLONTARIO
IRA
PENSIERI DELIRANTI
SCUSE
ATTESA
VENTO
MEDICINA PER VOCAZIONE O PER GONFIARE
IL PORTAFOGLIO E IL SUPER IO?
FRANCESCO COME IN UN FILM
GIOCARE COL FUOCO
TELEFONATA
CALL CENTER EROTICO
UOMINI
BALLERINO GAY O UOMO
?
CRISTALLO DI NEVE
SURROGATO D’AMORE
BIANCHERIA INTIMA
L’UOMO DELLA VITA
DEDICATA A VICTOR: PRIMA DI TE
VITA
QUELLO CHE VOGLIO
FORSE…CI SIAMO…
PARTE SECONDA
VIAGGIO
LA PRIMA VOLTA
BOLLE
LA SECONDA VOLTA
IMPORTANTE
CI SIAMO DAVVERO
IL GIORNO
THE DAY AFTER
CREDEVO
COLORI PENSANTI
NONNO DOVE SEI?
E POI
BENTORNATA DORA
FIABE
BRUCO
MARIA
LÉONHARD E I SUOI MISTERI
FRANK
JOHN
FRAGILITÀ
CUORE SPEZZATO
COME STO?
ALI NERE
SPARIZIONE
UN GATTO
ROJO
SOSPESA
TEMPO
ATTIMI
LA MOTO CHE NON C’È
OCCHI
TU…
IO NON RESPIRO
DENTRO IL TUO LETTO
AL SICURO
IL GESTO PERFETTO
LA SERA
MOSTRA AL LAGO
IL PASSATO
IL SOLE NEL SUO PORTAGIOIE
CATERPILLAR
IN APNEA
PUNTO ZERO
DEMONE
NEW YORK
DANIEL
ADDII
SPECCHIO
MATRIMONIO
IO CHI SONO VERAMENTE?
RINGRAZIAMENTI
Pubblicato con
Il Servizio Numero 1 in Italia
di Assistenza alla Pubblicazione
per gli Autori Indipendenti
Self Publishing Vincente
www.SelfPublishingVincente.it
Sara Pinton
PELLE COME CARTA
PELLE COME CARTA
Copyright © 2020 Sara Pinton
Tutti i diritti riservati.
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta
senza il preventivo assenso dell’Autore.
Prima edizione dicembre 2020
Copertina | Antonio De Blasi
Titolo | Follow me
Tecnica | matite colorate su carta
A Bean
A mia madre
A Mario
PREFAZIONE
Persone, fatti, luoghi sono solo frutto della mia immaginazione.
Ringrazio la mia fantasia per avermi fatto elaborare prima nella mente e poi su carta quelli che io chiamo i miei personaggi incredibili
.
Spesso, ho inserito una nota in cuffia
con un brano musicale, perché il personaggio che vive il momento correla e lega il suo vissuto a quel pezzo in musica, per mille motivi, di parole, di suoni, eccetera e, spesso, avrei voluto essere io l’autore del brano musicale.
Perché è il mio personaggio principale, Dora, che scrive questo libro come fosse una sorta di sfogo, di terapia alla sua vita, al suo sognare e al suo cadere dal cielo su terra e ripartire in alto o tra le onde…
È come se Dora avesse tirato fuori il suo cuore e lo avesse guardato, tenuto in mano, lo avesse ricucito pazientemente e poi rimesso al suo posto, facendogli un enorme sorriso nel mezzo, anche mentre lacrima. Del resto, a volte, saper ridere di se stessa anche mentre è accasciata a terra distrutta da un dolore, credo sia la cosa che più mi piace di questa anima femminile che faccio vivere su carta…anche se, altre volte, questo stesso dolore la dilania talmente tanto da…
Buona lettura!
Sara
Nota: spesso vi è l’uso dei tre puntini di sospensione come elemento poetico che mette del silenzio tra il frastuono delle parole, come una sorta di bisogno di lentezza nell’ascoltare o pronunciare i pensieri.
P.S.: è stato volutamente scelto di non avere l’indice.
Mi chiamo Dora D. e pare io sia la pittrice vivente più famosa e più pagata al mondo! Questa cosa mi spaventa…sì, mi spaventa molto…perché, prima di ogni cosa, sono una donna che per tutta la vita si è sentita sola, inadatta e fuori posto; e anche ora non è che per il fatto che io tenga tra le mani assegni con molti zeri, la mia cosiddetta autostima abbia trovato la sua pace e realizzazione. Dipingere è stata la mia più grande valvola di sfogo e, fino a un certo punto, non ho mai creduto che avrei potuto vivere della mia arte, non lo pensavo lontanamente. Sentivo di essere dentro a una vita che non era la mia, ero persa e non sapevo cosa avrei fatto o dovuto fare per trovare la mia direzione. Io dipingevo e relegavo le mie tele in cantina o le regalavo a qualche amico. In passato non credo di aver mai dipinto, aver guardato l’opera ed essermi sentita soddisfatta o fiera di quello che avevo davanti. Ho sempre dipinto perché ne sentivo il bisogno, perché mi faceva stare bene; quando impugno un pennello o tocco i colori con le dita e poi mi appoggio alla tela, non è Dora che pensa e fa qualcosa, no, in quel preciso istante sono le mie mani che vivono prima di me, il mio cervello smette di pensare e di sentire e io avverto solo una travolgente sensazione che mi porta alla leggerezza e mi sento bene. A volte, durante l’inizio del tempo di realizzazione, provo un grande dolore, come quando si partorisce credo, ma alla sofferenza poi è sempre seguita la leggerezza. Dipingere per me è un bisogno, non è un hobby, dipingere è come respirare!
Quando ero bambina, passavo spesso dei pomeriggi interi dentro alla mia vasca da bagno che era enorme e blu e che per me era il mare, ci mettevo la mia coperta preferita con la quale dormivo, accendevo la radio, buttavo dentro al mio mare album, pastelli e colori e mi isolavo da tutto e tutti e disegnavo…disegnavo…disegnavo… Spesso questa immagine di me, quando ci ripenso, mi fa sorridere teneramente.
Una volta cresciuta, non abitando più in quella casa, non avevo più la mia magica vasca ma non ho mai smesso di stare in cuffia e fare disegni su taccuini o impiastrare tele e se ci penso, non vi è stato un solo giorno della mia esistenza in cui io non abbia fatto uno schizzo o qualcosa impugnando colori, fondendomi in queste materie e affidando loro i miei pensieri e le mie emozioni. Non ho mai riguardato quello che facevo, usciva da me e poi finiva dentro l’oblio.
Poi, un giorno, è successo tutto per caso e da allora non mi sono più fermata. Dipingo ed espongo nelle gallerie più famose e le mie opere, i miei demoni su tela, pare siano molto apprezzati e ricercati.
Non dipingo su commissione! Sia chiaro: io non sono in vendita e non lo è, da questo punto di vista, nemmeno la mia arte. Io decido cosa, quando e come e poi è come facevo un tempo, solo che ora le mie tele finiscono dentro a case altrui o chissà dove e non più nella mia cantina. Ho pensato spesso che forse chi le acquista ci vede riflessi anche i suoi di demoni ma il fatto che li abbia dipinti qualcun altro fa più comodo. Non lo so e forse non mi interessa saperlo. Non sono uno strizzacervelli che studia il genere umano. Dipingere e poi sbarazzarmi del mio oggetto del reato
so che mi fa stare bene, che ha dato un certo senso alla mia vita e che in alcuni momenti mi permette di sentire meno male.
La cosa folle in tutto questo è che a volte addirittura mi paragonano a Frida Khalo e io, di ciò, ho un po’ paura. Sarò sincera: ne ho maledettamente paura! Adoro Frida, intendiamoci, è anche la mia pittrice preferita, ma essere paragonata a lei è davvero qualcosa che va oltre ogni mia immaginazione. Anche se a volte mi dico che in comune con lei ho molto, compreso il fatto che entrambe ci siamo aggrappate ai nostri sogni o a un uomo così come ci si aggrappa alla vita in punto di morte: con tutti i denti e con tutte noi stesse!
A oggi quando il mio assistente mi chiama e mi dice a che cifra sono state vendute le mie tele, mi siedo, faccio un respiro profondo e gli chiedo per piacere di ripetermelo lentamente. La settimana scorsa una di queste ha raggiunto la stessa cifra che probabilmente un attore di Hollywood pagherebbe per una mega villa in riva all’oceano e ho pianto e pensato a tutti quei giorni in cui la mattina aprivo il mio frigo e vi erano solo caffè, latte e acqua di rose. L’acqua di rose non è mai mancata perché se di notte piangi e poi la mattina devi indossare col mondo una maschera, gli occhi gonfi dal pianto non puoi permetterti di averli.
Sono nata in una famiglia molto ricca ma la mia vita non è stata facile…
Avere una madre francese, figlia di un chimico violinista e un padre italiano, figlio di un generale fascista mi ha fatto respirare fin dall’infanzia la sofferenza che probabilmente respirano i figli venuti al mondo dal tentativo di unire due realtà completamente diverse, contrastanti e forse, oserei dire, inconciliabili.
È anche per questo che dico che la mia vita non è stata facile.
Penso che a un certo punto la mia vita mi sia stata rapita, non mi hanno nemmeno chiesto il riscatto, mi hanno chiusa dentro a una gabbia al buio e ho iniziato a sentire e vedere con tutti e cinque i sensi, per arrivare a rendermi conto che ero davvero in trappola e che più cercavo la libertà, più la perdevo; a volte, sarò sincera fino in fondo, mi sono anche chiesta se la gabbia non me la fossi costruita da sola con le mie stesse mani o se dentro a queste sbarre io non mi accorgessi che la porta era aperta.
Non è stato facile sotto alcun punto di vista, ho mille demoni che mi vengono a trovare ancora e ogni giorno; dico sempre che sono loro che guidano le mie mani mentre dipingo e ho deciso di voler pubblicare questa sorta di mio diario, ora che sono famosa, perché sono sicura che ci sono molte donne che stanno per arrendersi, perché non si muove nulla dentro alla loro vita, o tutto si muove in direzione contraria a dove vorrebbero e sono a dire e a far sapere loro che se ce l’ho fatta io, allora ci può riuscire qualunque altra donna.
Se tu che hai il libro in mano in questo istante sei arrivato a leggere fino a qui, allora lo hai già acquistato e ti stai rendendo conto che questa parte di Dora non la avevo mai svelata pubblicamente o forse lo hai comprato solo perché la mia faccia è conosciuta e compare spesso dentro a tv o giornali, nonostante io abbia rilasciato pochissime interviste, anzi una sola e mi stia sulle palle tutto il mondo che mi insegue alla ricerca di notizie su di me e sul mio privato. Se stai cercando dettagli morbosi sulla mia vita di oggi o la cronaca di tutta la faccenda che mi ha vista coinvolta nei fatti delle persone sospettate o accusate dei due omicidi nel mondo dell’arte, bè allora puoi chiedere alla casa editrice il rimborso o ti conviene regalare il libro a qualcuno. Odio tutto questo accanimento
nei confronti delle vite di chi è considerato famoso e vorrei solo dire che sarebbe meglio che ogni essere umano imparasse a occuparsi di se stesso davvero e profondamente, invece che inseguire le notizie che riguardano le altre entità.
Faccio uscire allo scoperto questo mio diario che a volte mi sembra una sorta di radiografia emotiva di me, solo per lo scopo di cui ho scritto sopra, del resto del mondo me ne frego. Sono fragile e non amo che si invada il mio spazio vitale emotivo
e con questo atto d’amore voglio solo mettermi a nudo e poterlo fare per qualcuno che sta provando tutto quello che ho provato e provo io. Non lo faccio per avere notorietà o ulteriore visibilità, la notorietà mi spaventa, ne ho paura.
Ammetto che girare con una chioma lunghissima di colore blu che mi copre tutta la schiena e con mille tatuaggi addosso non faciliti il mio anonimato ma addirittura mi renda molto identificabile, ma ci ho messo tanto a riconoscermi dentro allo specchio, a guardarmi riflessa dentro gli occhi e pensare che quella sono io e non posso cambiarmi
per apparire come tutti gli altri o solo per il fatto di non farmi riconoscere in mezzo a una strada, un ristorante o in mezzo al mondo, oppure confondermi tra anime che non emanano il mio stesso odore di follia e di dolore.
Voglio ringraziare ognuno di voi che stringe coscientemente tra le proprie mani questo manoscritto e lo farò meglio la sera della presentazione durante la quale si collegheranno in diretta tv da tutto il mondo perché l’intero ricavato non andrà nel mio conto in banca ma a una associazione che si chiama la fragile fortezza delle donne
che ho fondato con Rojo, un caro amico che si occupa da sempre di giustizia. Abbiamo, insieme a molte altre donne che ci hanno fatto l’onore di accettare l’offerta di lavorare per la fragile fortezza delle donne
, un grande progetto: vogliamo costruire una sorta di città fortezza dove donne maltrattate e in difficoltà di ogni genere possano sentirsi libere di venire a vivere anche con i loro figli e possano avere a disposizione persone speciali e preparate che le aiutino a ricostruirsi o uscire dal periodo nero. Ne vorremmo costruire molte di queste città, in tutto il mondo. In questi giorni penso spesso che la vita mi abbia fatto un grande dono per essere arrivata fino a qui; d’abitudine io non leggo i quotidiani perché vi è troppa violenza e le tracce che lascia la violenza le ho viste dentro ai miei occhi o in quelli di chi ho accanto e spesso io mi muovo con una guardia del corpo e quindi, con questa associazione, inizio a sdebitarmi nei confronti di questo dono.
Si prova paura incondizionatamente dentro alla quotidianità perché vivere è difficile, bisogna essere all’altezza di mille cose e persone, bisogna essere vigili e forse anche sempre di corsa e a volte si incappa in situazioni che arrivano non solo a ferirci fisicamente ma dentro alla mente e al cuore. Voglio che ogni donna possa vivere la speranza e la gioia di uscire da una vita di abusi, di violenze o di lotta con la vita stessa e desidero che questa associazione e la sua città siano a sua disposizione per prenderla per mano e permetterle di tornare a camminare a testa alta sentendosi orgogliosa di se stessa e libera.
Se avessi avuto a disposizione una associazione così qualche anno fa, sulla mia pelle e dentro al mio cuore ci sarebbero molti meno punti di sutura.
Sarò ancora più sincera con Voi: per un certo periodo ho anche creduto che avrei potuto vivere di scrittura, ma lei è ancora più viscerale per me. Far leggere a qualcuno i tuoi scritti è come mostrargli la tua anima. La scrittura mostra tutto di te, ancora di più di una tela perché le parole sanno svelare la verità, con una tela e dei colori, forse, ti puoi un po’ nascondere, ti puoi un po’ velare, la pittura è più libera in interpretazione! La scrittura, secondo me, no, lei non ammette interpretazione ma ti mette completamente a nudo,
E comunque da sempre, così come le mie tele finivano in cantina, i miei scritti finivano in cassetti o in bauli o in soffitta o semplicemente le mie parole sono rimaste nella mia mente o tatuate sulla mia pelle.
Con tutta la rabbia e l’amore che ho dentro e che mi fanno alzare ogni mattina.
Dora D.
Dora D.
FRAMMENTI DI DORA IN DIARIO
PARTE PRIMA
LA VITA: TRE ELEMENTI
Non potevo pubblicare i miei scritti e metterli tutti uno vicino all’altro perché avrebbero cozzato, fatto a botte, si sarebbero agitati tra le pagine. Troppe cose estreme
, troppi argomenti che stanno agli antipodi, che non arriveranno mai a convivere e troppe presenze fisiche o celesti o fantasmi come persone e come dentro di me o dentro a chi mi circonda.
I MIEI DEMONI…
E così per caso stavo pensando, elaborando sulla vita e mi son detta che la vita di ognuno, in fondo, la si potrebbe dividere tra: realtà, sogno e affetti e poi, parlandone con Victor, sono usciti i quattro elementi perché la vita, in fondo, è il tutt’uno dei quattro elementi anche se io la vedo poi a tre e allora, ecco come ho deciso di suddividere il libro:
- Realtà ossia terra
- Sogno ossia aria e acqua
- Affetti ossia fuoco
La realtà è quella di tutti i giorni, è l’elemento con cui mi scontro maggiormente, io che sono sognatrice perenne, che mi sento addosso delle ali ovunque, comunque, sempre e la paragono alla terra, forse per il modo comune di dire che quando fai certe pratiche meditative, ti devi ancorare alla terra o perché ci riesco poco ed è come stare su terra lo stare coi piedi per terra, ecco! Un tutt’uno che a me riesce spesso male, come fosse patologico.
Anche se pensare alla terra, è la nostra Terra come pianeta, come elemento fondamentale di rispetto che oggi si fatica ad avere. Il rispetto per l’ambiente, per gli altri come esseri viventi che siano come li definiscono umani, animali o vegetali e qui il mio essere diversa
, forse, la mia terra sono le nuvole. Mi sento spesso o mi si definisce spesso una E.T.
Sto su un altro pianeta, in una altra essenza che sta in aria e così:
il sogno come aria o acqua.
Come aria perché l’aria è il luogo dei miei voli, che siano fisici quando magari faccio degli sport nell’etere o siano i miei voli di rifugio metaforico tra le nuvole, il cielo, il vento che mi scompone i capelli, magari al mare e così anche l’altra essenza che non posso non associare sempre al sogno è l’acqua, il mare, il mio bisogno spasmodico di vederlo, sentirlo, odorarlo e se non ci riesco fisicamente, rifugiarmici nelle meditazioni. Quindi, dopo aver inserito nel lettore il cd, la musica del mare, mi visualizzo lì, sento le onde che mi calmano, o che seguono i miei umori e mi sconvolgono, scompongono, rasserenano, rassicurano.
E tutto questo che faccio in volo con il vento o le nuvole, le onde e l’acqua, queste sensazioni, poi, del mondo dei sogni, le posso provare con gli affetti.
Anche se gli affetti sono poi da me paragonati al fuoco perché la vita è fuoco, con lei ci danzo o ci faccio a botte spesso e perché, come si usa dire, ci sono persone che più di altre con il fuoco ci giocano e finiscono prima o poi col bruciarsi; le mie più grandi ferite e bruciature sono quelle che mi son fatta con le esperienze degli affetti e di quello che viene definito amore
; anche se, a oggi, io non ho mai pronunciato un ti amo
, le mie labbra non ne sono mai state capaci, non ho mai dato vita al suono ti amo
. Mai.
Forse lo ho sentito dentro le viscere fino a distruggermi, ma un ti amo
non lo ho davvero mai detto a nessuno.
La mia vita: realtà, sogno, affetti.
La mia vita: terra, aria, acqua e fuoco.
Ma la mia vita è un delirio, non è in ordine secondo questa suddivisione. Questi elementi cozzano continuamente tra loro.
E allora, sai che ho appena deciso? Che lascerò che i miei scritti, probabilmente, facciano a botte sul comodino, perché sai che spettacolo vedere un libro che vibra, si contorce, cade e si rialza da solo? Tornerà sul comodino o getterà la sua ancora al soffitto?
Tutti questi brani sono pezzi di me in diario ma in nessuno compare una data e non sono nemmeno in ordine cronologico poiché per me il tempo non esiste, non è catalogabile in una data. Non posseggo un orologio, il tempo, al massimo, lo vedo sulla mia pelle che invecchia anche se resto dell’avviso che non sia il suo trascorrere a farmi invecchiare ma la sofferenza. È lei la regina dei solchi su pelle, è lei che mi provoca tracce visibili dentro a uno specchio o semplicemente davanti agli occhi dell’anima. So che quando sarò felice per più di un semplice istante che dura un battito di ciglia, perché smetterò di combattere per sopravvivere, cesserò anche di invecchiare e sarò solo una bambina che ride, spensierata, di se stessa e di quello che era.
A volte mi chiedo come il mio cuore
possa contenere tutto quello che sento.
IL MONDO DEI SOGNI
Forse sono nata per scrivere, sogni che si imprimono nell’inchiostro, che sia su carta, su muro, su pelle o solo nella mente.
Mamma dice che sono così da sempre, fin da bambina, da subito, che non è che sono diventata così ma dice che così ci sono nata. Così come? Così particolare, così fuori dal comune, sensibile, attiva, cocciutamente testarda ma soprattutto così vivente nel mio mondo dei sogni. Io sono nata sognatrice! Forse non camminavo ancora o non parlavo ancora e mi dice che se mi mettevo in mente di fare qualcosa e possibilmente qualcosa di completamente fuori dal comune o di assurdo, non c’era verso di farmi cambiare idea e apriti cielo a provare a convincermi che non si poteva o non si doveva. Per me tutto era possibile, come se fossi il personaggio di un cartone animato o di una storia e bastasse muovere, far tintinnare la bacchetta magica e puff: il desiderio era realizzabile. Stavo sempre col naso all’insù a guardare, scrutare il cielo, che fossero le nuvole, le stelle, il sole o l’arcobaleno, mi si doveva tenere per mano quando camminavo perché altrimenti andavo a sbattere, perché stavo sempre col naso all’insù e di preferenza tra le nuvole dove mi rifugiavo con i miei pensieri. Quando all’età di forse otto anni ci siamo trasferiti in una enorme casa con un immenso giardino, rimanevo sdraiata sul prato per delle ore a fissare il cielo e a guardare le nuvole, davo loro una identità a seconda delle forme e, a volte, quando poi dicevo agli altri bambini cosa ci vedevo, erano davvero pochi quelli che, pur fantasiosi, riuscivano a scorgere dentro a quei due centimetri di pannosa nuvola tutto quello che scorgevo: un mondo intero! Perché a queste figure non solo davo delle forme, dei nomi, io, in queste nuvole, ci vedevo degli esseri viventi, molto animati e che discorrevano tra loro, costruivo tutto un mondo come se fosse uno di quei giochini che ai giorni nostri hanno i bambini tecnologici. Stavo sul prato con gli occhi al cielo e le seguivo che si muovessero lentamente o con un forte vento, che il cielo fosse azzurro, o grigio, o pioggerellante perché, già allora, adoravo starmene sotto alla pioggia e non c’era verso di regalarmi anche il più spaziale degli ombrellini all’ultimo grido con il personaggio cartoon Walt Disney, perché non capivo il motivo per cui dovessi proteggermi da qualcosa che scendeva dal cielo, dal mio mondo.
Anche allora, pur essendo bambina, adoravo avere colori, scritte, disegni su pelle, amavo farmi quei terribili tattoo che si fissavano mettendo la figurina sulla pelle e poi, lasciandola bagnata per qualche minuto, la toglievi e avevi un sogno impresso. Ma quello che più adoravo, era scrivermi addosso, mi facevo dei disegni con la biro Bic quella blu o rossa e quando ho imparato e iniziato a scrivere, spesso finivo con lo scrivermi delle frasi o delle sensazioni sulla pelle e me ne giravo per casa, tutta orgogliosa, mostrando a tutti quello che mi compariva sulla pelle, come se non fossi stata io a farlo ma fosse stato lì da sempre ed era inutile lavarmeli via perché imperterrita, tornavo da scuola che mi ero scritta sul braccio o sulla mano. E in casa dove stavo sempre a piedi nudi e con lo stretto necessario addosso, la pelle era solo un album, un foglio dove esprimere i miei pensieri che fossero in lettere, in disegni o solo simboli inventati da me; forse è da allora che ho iniziato anche a credermi una sorta di E.T.
Col crescere questa mia abitudine dello scrivermi addosso non è mai finita, tanto che quando poi ho deciso che certe cose le volevo indelebili su pelle e che mi sarei fatta tatuare, matematicamente, mi facevo una sorta di prova e mi imprimevo a biro Bic blu su pelle quello che volevo tatuarmi e poi giravo per giorni tenendolo sempre in vista a me stessa per sapere se davvero lo avrei voluto sotto agli occhi per una vita intera, perché il tatuaggio è per sempre, per me l’ipotesi laser non esiste. Te lo fai e te lo tieni perché nel mio mondo il per sempre esiste.
Come lo scrivermi addosso, ho sempre in me lo scrivermi nella mente, perché, checché se ne dica, ancora a quarant’anni continuo a vivere spesso a occhi aperti in un mondo parallelo, nel mio mondo, il mondo dei sogni.
Ma non perché la realtà io la debba fuggire sempre e comunque, anche se a volte sì è così, ma perché nel mio mondo, sono libera di volare, io le ali, le mie ali nere e sfumate di grigio le indosso sempre e difficilmente mi si tolgono, mi si incrinano e mi si spiumano. È quando resto ancorata al terreno, nella vita pratica, in quella che non mi costruisco ma che a volte mi cade addosso, che poi io perdo le mie ali o le devo chiudere perché non riesco a entrare in quelle che chiamo le gabbie. E quando poi ne parlo con le persone che mi circondano e, magari, mi sto facendo un periodo di lavoro in una fabbrica e dico che quando entro lì dentro recido le ali, entro in gabbia e mi sento morire e che invece di farmi la pausa caffè, preferisco aprire quelle terribili porte metalliche che separano la fabbrica dal fuori e uscire anche solo cinque minuti e aprire le mie ali, respirare a pieni polmoni e alzare gli occhi al cielo, vedere le nuvole o quello che c’è sopra e librarmi ad ali spiegate e guardare, guardare in silenzio il mio mondo, il mondo dei sogni, allora mi si guarda e mi dice: Sei e resterai sempre la solita sognatrice!
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In cuffia: Gianna Nannini – Ologramma
FORSE
Onde si infrangono sugli scogli dei miei pensieri.
Burrasca stamattina
di una notte insonne
di un pensiero fisso che non passa…
Creste schiumose alla ricerca di una riva che le accolga,
si infrangono in altezze
che forse rimarranno per sempre tali…
Come il punto di domanda tatuato sulla mia pelle,
io sono ancora alla ricerca di quell’angolo di mondo
o di uomo
dove la mia vita si debba incastrare
e per sempre forse rimanere fedele
a se stessa.
Io chi sono?
Io chi sono veramente?
Ho tagliato i fili del passato e
trasparenti son ancora quelli del futuro.
A tastoni e forse a occhi chiusi affronterò i miei giorni.
E forse chissà dove e quando…
BISOGNO D’AMORE
Dora: Spero il mal di testa ti sia passato. Sai Gisèle, temo di avere un potere innato nel voler vedere quanto gli altri ci tengano a me e nel tirare tanto la corda da spezzarla in milioni di pezzi. Temo si chiami bisogno morboso d’amore che porta però all’esasperazione!
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Gisèle: Di chi stai parlando? Chi è la vittima oggi?
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Dora: Vuoi la lista? Oggi, ieri, e forse domani
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Gisèle: Ok. Questo è vero. Ma deve essere un trampolino e non un pozzo in cui affogare. Io mi sono ripresa un pezzo del mio cuore riprendendo te. Sei un essere che sa fare l’infinito e lo dà come si offre un caffè. Devi solo imparare a canalizzare il tuo amore e il tuo bisogno d’amore. Dora, tu sei splendida!
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In cuffia: Gino Paoli – Averti addosso
MENTIRE
Il carnevale fuori e l’angoscia dentro.
Tu che ti senti sgretolare fino alle viscere
e vai in mille pezzi
e reciti una parte davanti al mondo:
Sono felice!
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DOLORE
Dolore…rosso.
Forse affondo…goccia.
Basso fondo…di città.
Cupo…alto…silenzio.
Colpito…livido.
Stanco sentire.
Offeso odio in padella d’amore.
Ricuci ferite tagliate dai fili.
Gridati da draghi
socchiusi nei cuori.
Vorrei…solo…non sentire…il dolore…
OGNI NOTTE
Mi sveglio di notte, nel pieno della notte e non mi ricordo, non so, ci metto un po’ a capire dove io mi trovi, in quale continente, in quale città e mi duole il cuore e sento che mi manca l’aria e poi, ascolto il suo respiro vicino a me e la sua presenza mi opprime e mi chiedo se avrò mai il coraggio di lasciarlo e se mai mi lascerà andare.
Non mi ricordo più la mia casa, non ho foto sue con me, ricordo la sensazione del legno sotto ai piedi o quando mi sdraiavo a terra quasi nuda in inverno nei punti in cui passavano le tubature e mi sentivo al caldo e mi sentivo al sicuro; ero piccola allora e solo le braccia del nonno mi davano quella sensazione. Ora tutto è solo un ricordo lontano e quelle braccia, non le ritrovo in nessuno.
Per un attimo chiudo gli occhi e mi immagino lì, ricordo che camminavo e arrivavo nell’esatto punto caldo, mi ci sdraiavo a pancia in giù, allargavo le braccia e stavo così per istanti infiniti e silenziosi e allora il silenzio non mi faceva paura. O per un attimo mi sento alla mano del nonno quando da bimba mi faceva salire sul muretto e immaginavo, tenendolo per mano, di essere una acrobata sulla sua corda e gli dicevo con gli occhi: Non lasciarmi cadere
. E lui che mi sapeva ascoltare in silenzio, me la stringeva più forte e proseguivamo fino in fondo. Poi, sento il caldo sulla pelle e rivivo le giornate in estate sotto ai salici, sdraiata a contatto dell’erba, in semi ombra per delle ore, assorta nei pensieri o a guardare il cielo o a scrivermi addosso. Io lì ci stavo bene, quello era uno dei miei rifugi in cui sognavo. Ora, tutto questo viaggio mi sta aprendo solo gli occhi che il mio posto non è qui e non lo sarà mai con lui.
Ogni notte delle lacrime silenziose mi solcano il viso, ogni notte queste lacrime sono quelle del cuore che si accorge che la mia vita è piena di cocci e di ferite e che dovrò svegliarmi presto da questo incubo se vorrò sopravvivere.
In cuffia: Cristina Donà feat Diaframma – Labbra blu
CICATRICE
Mi sono persa nei pensieri
e la chiave della mia mente
è stata sottratta alla ragione.
Aghi lunghi e sottili
fiumi cremisi in piena
lungo le braccia
cadono le foglie
e le gambe tremano.
Resta il silenzio.
La sedia sfracellata sul soffitto
non le ombre.
Gettato muro contro il corpo.
Dentro la tua cicatrice che cosa c’è?
In cuffia: Thomas Otten – Qualitati umane
DENTRO IL LETTO DELL’ANIMA
Ecco perché ci ho messo tanto tempo a farmi abbracciare da te,
perché ci ho messo tanto tempo a fidarmi di te,
a dirti chi ero,
a dirti ti voglio bene
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Ecco perché a volte sono una grande rompicoglioni
e perché a volte mi rifugio con le mie fragilità negli angoli della mia mente dove non mi si raggiunge.
Ecco perché io non do mai nulla per scontato,
perché tutto deve essere sincero, sensibile.
Ecco perché a volte metto la corazza e poi finisce che magari aggredisco.
Ecco perché metto i puntini sulle parole della precisione dei sentimenti.
Perché ho paura che se abbasso la guardia mi si ferisca.
Ecco il perché di tante ferite che si son chiuse ma che a volte lasciano uscire gocce sanguinanti ancora!
In cuffia: Bach – Cello suite n.1 i-Prelude
VIOLATA
Spesso mi sono sentita dire questa frase: Caspita, proprio da uno così vicino a me che mi son fatto o lasciato fregare in questo modo, di lui/lei mi fidavo! Non me lo sarei mai immaginato. Meglio un estraneo!
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E io ogni volta mi ritrovo a pensare alla stupidità, alla superficialità di tale affermazione, diciamocelo: alla cazzata di questo pensiero! Perché dovrebbe essere un estraneo a tirarti una inculata, a tradirti o a farti chissà che? Un estraneo ha le tue difese abbassate o la tua totale fiducia per poterti fregare o ferire?
È vero, a volte, sei seduto al bancone di un bar e ti stai affogando nello whisky e ti ritrovi a confidare cose molto profonde al vicino di sgabello, che ovviamente non hai mai visto. Ma quello è solo il tuo spasmodico bisogno del momento di parlare, con qualcuno che non rivedrai, in maniera del tutto sincera. Ma, mio caro, a questo qualcuno non permetteresti di sgualcirti cuore, anima, pelle, fiducia, conto in banca o altro. Non è a un estraneo che noi apriamo il cuore, non è con un estraneo che decidiamo di dividere la vita, non è con un estraneo che condividiamo interiorità e materialità delle nostre giornate. E allora, perché dovrebbe essere un estraneo a rubarci la fiducia?
Se ti entra un ladro in casa, allora ti senti violato
ma poche volte stupido o complice; ti senti solo vittima. Il brutto è quando il ladro della tua anima
lo hai accanto nella vita che la cosa si fa complicata, drammatica, atroce. È quando è qualcuno di vicino che ti fa del male gratuitamente, approfittando della tua fiducia, che ti senti demolito e che poi, nella maggior parte delle persone, si arriva a pronunciare la su scritta frase.
Capita a tutti prima o poi di avere delle delusioni o fregature, chiamale come vuoi. Che siano d’amicizia, d’amore, finanziarie, chi più ne ha più ne metta, ma è quando tutto questo ti arriva da un’unica persona che credevi la più vicina a te perché era con lei che ti addormentavi ed era con lei che ti svegliavi ed era per lei che avevi fatto di tutto e di più, che allora la cosa si fa davvero seria e preoccupante, perché è quando ne prendi atto, davvero, che ti senti il mondo come crollato addosso. Allora è da lì che ne prendi sì atto e magari hai deciso di recidere l’unione, ma non puoi fare a meno di sentirti a pezzi e di chiederti come hai fatto ad arrivare proprio fino a questo punto.
C’è delusione e delusione: di tempo, di spazio, di sentimento, di soldi. C’è delusione e delusione ma ce ne sono alcune che non hanno nulla di concreto che sono quelle che ti resteranno dentro, per molto, per tanto tempo e forse per sempre. Sono quelle che ti si imprimono fin dentro le cellule e ne avranno memoria per sempre.
I demoni urlanti…
Credi di aver trovato la persona giusta ma poi, con il trascorrere delle giornate, del tempo, ti rendi conto che questa persona non è più tanto giusta e ti rendi conto che dovresti avere il coraggio o la mano forte per decidere e comunicare che tu ti fermi lì, che non intendi continuare un viaggio a due, che vuoi scendere da quel treno, perché la direzione sta andando nella parte opposta a dove vorresti andare o perché hai preso coscienza che quel qualcuno la ha deviata questa direzione. Non era