Rompere gli ormeggi e navigar per l'aperto mare. Un programma di riforme per l‘Italia
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Rompere gli ormeggi e navigar per l'aperto mare. Un programma di riforme per l‘Italia - Raffaele Testolin
essenziale
Premessa
Una copiosa letteratura identifica i problemi e le debolezze del nostro Paese e ne indica spesso con lucidità le soluzioni. Ciò nonostante, i temi dibattuti quotidianamente dal mondo politico e dai media sembrano parlare di un altro Paese. Nei programmi elettorali c’è un ‘reticenza programmatica’ - come la definiscono Enrico Morando e Giorgio Tonini - che manifesta la paura di scontentare chi teme le riforme.
Credo che serva allontanare l’ossessione delle elezioni, guardare lontano e intraprendere un percorso virtuoso, risolvendo i problemi che mantengono arretrato questo Paese.
Ordinamento istituzionale
La mancata riforma istituzionale del 2017 ha lasciato irrisolto il problema della differenziazione delle funzioni di Camera e Senato, utile - tra l’altro - a semplificare l’iter di approvazione delle leggi.
La riforma è fallita sui criteri di elezione/nomina dei senatori, dato che la proposta è stata oggetto di critiche da parte di molti costituzionalisti. Bisogna ripartire da lì cercando il consenso degli esperti e l’accordo tra i partiti. La recente riduzione del numero dei parlamentari è positiva, nonostante la perplessità di alcuni sulla riduzione di rappresentatività delle minoranze, ma è poca cosa rispetto alla riforma istituzionale del 2017.
Sistema elettorale
Tutti i sistemi elettorali hanno pro e contro. Molti, come chi scrive, credono che l’Italia necessiti di un sistema elettorale sostanzialmente maggioritario, con doppio turno alla francese piuttosto che a turno unico all’inglese. Si tratta di un sistema che eviterebbe l’ingovernabilità e il ricatto dei piccoli partiti e garantirebbe, nello stesso tempo, il principio della rappresentanza.
Il ‘Mattarellum’ era un buon sistema elettorale. Potrebbe essere la base di partenza per l’ennesima riforma, purché i partiti non affrontino la riforma pensando ai rapporti di forza del momento e alla convenienza. Con il ‘Rosatellum’ siamo arrivati ad un sistema quasi proporzionale, capace di generare ingovernabilità: l’unica cosa di cui non aveva bisogno il Paese.
Debito pubblico
È molto grande (> 2.410 miliardi di Euro contro un PIL di 1.788 miliardi di Euro [dati 2019]). L’incidenza del debito sul PIL è alta (134,8%). In Europa fa peggio di noi solamente la Grecia. Siamo a rischio di insolvenza, considerata complessivamente la situazione economica italiana (crescita debole, crisi delle banche per debiti deteriorati ecc.). La recente pandemia causata dal coronavirus Covid-19 ha reso ancor più drammatici numeri e prospettive. Il Paese si riprenderà sicuramente, ma con un debito più alto che metterà a rischio di default il paese.
Oltre all’elevato debito pubblico nazionale, ci sono i bilanci disastrati di molte amministrazioni, i cui debiti sommano a circa 40 miliardi di Euro.
La soluzione di far crescere il PIL, se in teoria può essere valida, nelle condizioni in cui siamo è insufficiente e accanto alla crescita è necessario ridurre il debito, riducendo per esempio la spesa pubblica improduttiva ( spending review), l’evasione fiscale e la corruzione. L’alternativa è aumentare le tasse: cosa improponibile dati i livelli di tassazione già molto elevati. Una seria patrimoniale ‘una tantum’, che non vada a gravare sulle imprese, se ben spiegata e accompagnata da riforme strutturali, potrebbe avviare il paese su una strada virtuosa. Altri mezzi per ridurre il debito pubblico:
ristrutturare le agevolazioni fiscali. Il