Demoni
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Book preview
Demoni - Chiara Casamassima
Indice
Note dell’autore
Prologo
Capitolo 1 - La partenza
Capitolo 2 - L'arrivo al Camping Le Rose
Capitolo 3 – L'inizio della lunga notte
Capitolo 4 – La donna misteriosa
Capitolo 5 – Il risveglio
Capitolo 6 – L’incontro
Capitolo 7 – Incontri dalle tenebre
Capitolo 8 – Profondo sangue
Capitolo 9 – Il demone inseguitore
Capitolo 10 – La legge del più forte
Capitolo 11 – I custodi delle tenebre
Capitolo 12 – Gli occhi del Male
Capitolo 13 – La fuga
Capitolo 14 – Il regno dei morti
Capitolo 15 – L'arrivo di Sergio e Ilaria
Capitolo 16 – I divoratori delle anime
Capitolo 17 – Viaggio nell’infinito universo
Capitolo 18 – La possessione
Capitolo 19 – Dimensioni parallele
Capitolo 20 – Ilaria e Sergio
Epilogo
Dello stesso autore
Chiara Casamassima
Demoni
Romanzo breve
Horror Story
Autore: Chiara Casamassima
Editing e revisione: Bianca Rita Cataldi
Copertina: Rossella Montagnani
Sito autore: http://stellascrittrice.wixsite.com/stella
e-mail to: stellascrittrice@outlook.com
ISBN | 979-12-20301-86-2
Prima edizione digitale: 2020
© Tutti i diritti riservati all'Autore.
Questa opera è pubblicata direttamente dall'autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'autore.
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Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali.
Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni e persone viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.
Note dell’autore
Giungo subito al sodo: scrivere questo romanzo è stato un po’ come vincere le mie paure più oscure e profonde.
Nasce anche per una visione avuta a notte fonda - molti anni fa - nella mia modesta cameretta, a Torino.
Ringrazio Bianca Rita Cataldi per l’editing, Rossella Montagnani per la realizzazione della copertina e voi lettori. Un grazie di cuore.
IL sentimento più forte è più antico dell’animo umano è la paura, e la paura più grande è quella dell’ignoto.
H.P. Lovecraft
Prologo
Nelle viscere della terra, strane creature immonde si annidano tra caverne, sottopassi e acqua stagnante che gocciola tra le punte rocciose alle entrate di enormi grotte in cui non vi è via d’uscita. Gli abissi sono anche abitati da anime sperdute, e lì, dove regna sovrana la bestia, il calore aumenta, i loro corpi sono sciolti come dall’acido. L’acqua fermenta formando grosse bolle; si odono lamenti estremi di anime dannate. Bocche contorte, che si fondono al calore, dove il liquido arriva loro a mezzo busto, disfatto dal bollore costante, ma prima di arrivare alla bestia, attraverso i vicoli bui, si forma un labirinto senza via d’uscita. La temperatura diventa gelida per poi surriscaldarsi a ridosso della sua dimora. Le creature immonde hanno una gola profonda desiderosa di sangue e anime da soggiogare. Sono secoli che sono rinchiusi, e ora desiderano uscire per riprendersi quello che era il loro mondo, fin dalla sua creazione, prima della venuta dell’uomo. L’essere umano, che si dichiara intelligente - il supremo - è disposto a vendere la propria anima per opprimere il proprio simile, senza sapere che esistono esseri ancora più intelligenti, desiderosi di impossessarsi di tutto, anche del loro corpo e del loro stesso spirito. Fin dall’avvento delle religioni, l’uomo ha continuato a sbagliare e a prevalere sul suo simile, ossessionando gli altri per sopraffarli e imporre la propria religione e creando la paura stessa dell’ignoto. Fino a crocifiggere innocenti e a processarli; arrestare donne, come ad esempio le streghe di Salem nel 1692, e a metterle al rogo accusandole di stregoneria. Esistevano anche le torture per chi veniva accusata di essere una strega.
Capitolo 1 - La partenza
«Pronto».
«Ciao, Eric.»
«Ciao, amore.»
Marina si rigirò tra le lenzuola, immaginando lui dall'altra parte del telefono.
«Ho appena finito di preparare le valigie».
«Molto bene, allora ci vediamo domani mattina alle cinque, passo a prenderti».
«Va benissimo, amore».
Chiuse la chiamata, pigiando sul tasto rosso. Si sentiva al settimo cielo. Era ancora persa nei suoi pensieri quando sentì bussare alla porta.
«Marina, posso entrare?»
«Certo, mamma, vieni pure.»
La signora Doriana Volpe entrò nella stanza, zeppa di poster e con uno stereo da due soldi, sistemato sul comodino accanto al letto, insieme a grosse cuffie rosa. La valigia era alla sua destra, nei pressi dell’armadio. Qualche capo di vestiario da lavare era gettato alla rinfusa sul pavimento.
«Metti in ordine e vai a dormire, che domani ti devi alzare presto», disse Doriana, in tono autoritario, anche se, nella sua esile figura, non riusciva davvero a usare certi toni, quando voleva impartire un comando, a differenza di suo marito, Antonio Ferrari, il quale aveva sempre inculcato una certa soggezione in Marina.
«Cerca di non cacciarti nei guai in vacanza, okay?» Anche questo suonò come un ordine, ma più docile. La mamma si sciolse in un abbraccio che Marina ricambiò con affetto. In quel momento entrò il padre. Faceva molto caldo e lui era a petto nudo, con indosso solo dei pantaloncini. L’uomo aveva anche una vistosa pancia, di quelle di chi ha bevuto birra per anni, e continuava a berne.
«Che state combinando, voi due?» chiese Antonio, in modo scherzoso. Era stanco dopo una giornata lavorativa; era un operaio addetto alle presse, nel settore auto. Le due donne risero. Ben presto, però, lo sguardo di Antonio si fece serio, generando ancora una volta in sua figlia quel senso di soggezione, ma poi si fece più rilassato e si unì all'abbraccio.
Marina percepiva una brutta sensazione; non sapeva spiegarne il motivo, forse non avrebbe mai più rivisto i suoi genitori, o forse era uno di quei brutti presentimenti che ogni tanto le capitava di avvertire, ormai da quando era piccola, dall’età di cinque anni, quando aveva svegliato i suoi dicendo di avere visto numerosi insetti che risalivano le mura domestiche, più precisamente ragni, enormi. Scalavano le pareti della sua stanza, piena di orsacchiotti - che ora giacevano in cantina e vigilavano sui mostri della notte, con quegli occhioni di plastica, rinchiusi in un vecchio baule in legno, rovinato dal tempo. Occhi plastificati e guardinghi. Questi giocattoli così maledettamente innocui sembravano osservare gli esseri umani che scendevano in quello scantinato – condiviso con altre famiglie - in pietra ruvida e zeppo di tubi che gocciolano, patria di grandi topi così schifosi da fare accapponare la pelle. Anche le bambole di pezza, con i loro ampi vestiti e le vistose pettinature, osservavano gli individui di passaggio, come se avessero gli occhi spenti, non come i loro, ancora vivi e che riuscivano a vedere l’impossibile, e come se fossero tutti infelici, con una sensazione di penuria dell’anima. Come se in realtà fossero loro i vivi e gli altri i morti, venuti da chissà quale strana creazione dell’universo.
L'indomani partirono all’alba: destinazione Finale Ligure. Era un agosto molto afoso, quello del 2012, e Marina aveva talmente sonno che le si chiudevano le palpebre. Sbadigliava, mentre aspettava il fidanzato sotto casa, in un quartiere della periferia di Torino. La luce lunare si confondeva con quella dei lampioni, le strade erano deserte a tal punto che, se qualcuno avesse avuto bisogno di aiuto, avrebbe urlato nel silenzio, invano, tra palazzi enormi di sette piani, circondati da vasti giardini recintati con la scritta Proprietà privata
, e abitati da gente modesta: una popolazione operaia.
Eric Coleman arrivò in auto con Luca La Torre. Guidava lui. Parcheggiò con tutta calma accanto al marciapiede, quasi vicino all’ingresso del palazzo di sette piani dove lo aspettava la sua ragazza.
«Ehi, monta in macchina», disse Luca. Lei scese dal muretto su cui, nel frattempo, si era seduta e si avvicinò a loro. Avanzò verso il bagagliaio dell'auto mentre Eric la raggiungeva: prese i beauty e il bagaglio, la baciò per salutarla e sistemò il tutto nel baule.
«Tutto a posto?» chiese Eric.
«Sì» rispose timidamente lei; avvicinandosi alla portiera, squadrò Luca. Una volta avevano avuto una storia, ma era stato tanto tempo prima e si era trattato quasi di un gioco.
Entrò in auto, sempre con l'aria