Mamma perché non sposi mio padre
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Mamma perché non sposi mio padre - Luigi Moscato
Indice:
Recensione pagina
Nota dell’autore
Mamma perché non sposi mio padre?
Il primo amore
Simona in dolce attesa
Una lezione per Peter
Il fidanzamento di Michela
Un amore da dimenticare
Renè scopre di non essere figlio di peter
Padre e figlio
Diritti riservati: è
severamente vietato qualsia-
si tipo, o forma di plagio in vi-
deo o in voce, di una parte o dell'
intera opera della collana sinfony.
di Luigi Moscato. Promozione di-
retta in Europa da Youcanprinti.it
editore, posta eletr luigi-moscato-
@alice.it sito: scrittore Luigi
Moscato di Montemurlo
prov. po
Titolo: Mamma perché non sposi mio padre?
Narrativa giallo rosa.
Autore | Luigi Moscato
ISBN | 9788831692540
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta
senza il
preventivo assenso dell’Autore.
Youcanprint Self-Publishing
Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce
www.youcanprint.it
Recensione:
L'autore Luigi Moscato, riconosciuto scrittore naif da varie giurie, mostra anche in questa sua pregevole opera la sua natura istintiva, caratteristica del naif. Ciò che colpisce di lui tuttavia è la genuinità espressiva di una semplicità disarmante. In questa opera come nelle altre opere della sua collana SINFONY
l'Autore ci prende per mano e idealmente ci accompagna direttamente nei luoghi, teatro della vicenda vera, vissuta e sofferta, ma anche goduta dal protagonista Nino, nipote dello stesso autore. Amico d'infanzia di questo scrittore, ho personalmente avuto la fortu-nata
ventura di nascere e crescere, nello stesso luogo di Sicilia dove sono nati e cresciuti, sia Luigi Moscato, che il protagonista Nino. A pochissimi chilometri fra l'altro, dove in epoche più remote ebbero i natali personaggi illustri come Crispi, Pirandello, Sciascia, Tomas, Verga, Camilleri ecc. Ho assaporato anch'io, sulla mia stessa pelle, l'amaro di quel mondo agricolo che travagliava quell'angolo di Sicilia in quel particolare periodo di miseria che fu dall'immediato dopo guerra in poi, il quale fu di impedimento a tutti i potenziali valori umani, soprattutto dei giovani di allora, perché questi ultimi si potessero realizzare nel contesto nazionale. Si era come prigionieri, sia della miseria che della chiusura mentale dei genitori, e delle personalità, le quali gestivano l'economia locale, ed insieme, erano certi che l'unico avvenire possibile per i loro figli fosse indissolubilmente legato a quella terra agricola. Ma non era colpa loro; poiché loro stessi subirono la stessa sorte causata dalla miseria ancora più nera che imperava sin dal periodo fascista a quello della seconda guerra mondiale. Lo stesso Moscato, perse suo padre nella sventurata guerra di Spagna, come risulta infatti nel suo primo racconto autobiografico: La valle del paradiso
, il primo racconto della bellissima emozionante e sana raccolta della sua vastissima collana SINFONY
. Per quanto sopra premesso, ho letto la emozionante e avvincente storia di Nino
, ovvero MAMMA PERCHE' NON SPOSI MIO PADRE?
, come se l'avessi vissuta io stesso; immedesimandomi specialmente nelle vicende svoltesi in Sicilia, ed esattamente a Naro nella provincia di Agrigento; in quel l'ambiente fatto di luoghi, persone, con le loro mentalità, costumi, usanze e ambienti che rappresentano un po' l'insieme degli inse-gnamenti ricevuti nella nostra infanzia. In quell'epoca di miseria, ci si amava di più di quella attuale, che sembra indissolubilmente legata al consumismo sempre più smodato, nel quale, tutti siamo divenuti umanamente poveri. Ecco di cosa è ricco Luigi Moscato, nato e cresciuto in quell'epoca e in quei luoghi. Lui possiede qualcosa di più: la ricchezza interiore e la capacità di trasferire fedelmente sulla carta tutti questi sentimenti dei quali è stato forgiato.
Dopo avere letto questa pregiatissima opera, e sentendomi toccato nei sentimenti più puri, sgorga dal più profondo del mio animo la presente recensione, la quale, altri non vuole essere, che un mio modestissimo parere, perché sono un suo estimatore e sostenitore e quindi quello che ho detto sopra è stato istintivo, per parlare semplicemente di quello che rappresenta la presente opera e delle caratteristiche umane dello stesso autore.
Giuseppe Viccica.
Come dice Luigi Moscato: Una vita una storia. Anche se incredibile, questa è una storia vera; una storia semplice, ma ricca di sentimenti umani, dove non mancano incredibili colpi di scena. E' una delle tante storie partorite da un'epoca difficile, in quei tempi in cui volgeva a termine il periodo dei grandi latifondisti feudali terrieri, quando si in travedevano all'orizzonte i grandi cambiamenti industriali nella speranza di mutamenti radicali per un futuro migliore. Speranza purtroppo costretta a scontrarsi con una realtà cruda, con una mentalità ancora frenante. Poi prese campo il triste fenomeno dell'emigrazione e fu proprio in questo periodo che nacquero tante vicende analoghe a questa, più o meno drammatiche. Ma fortunatamente, questa vicenda anche se sofferta e anche se inizialmente vede la sconfitta dell'amore a causa delle vicissitudini, del momento, riesce a risolversi positivamente grazie alla forza di sentimenti, che nel tempo rimangono ben saldi e capaci di ricucire gli strappi di un destino avverso. E'una vicenda toccante, scandita da eventi negativi e momenti gioiosi, i quali sempre restano legati da un unico sogno che, finalmente si avvera nella terra del protagonista: quella Sicilia madre e matrigna di tanti Italiani, che hanno dovuto lottare con antichi preconcetti e nuove esigenze di vita per riconoscersi tali.
Marco Parretti.
NOTA:
Ringrazio il carissimo amico d'infanzia Pino Viccica, per la prefazione, nonché mio affezionatissimo sostenitore. Un grazie a Marco Parretti, amico carissimo e collega per le sue spinte inco-raggianti. Un grazie di cuore al collega, poeta scrittore, nonché mio attento lettore e amico carissimo: Giuseppe Malerba, per la pressione e tenacia per la realizzazione della presente opera.
MAMMA PERCHE' NON SPOSI MIO PADRE?
(UNA VITA UNA STORIA 1965:)
Nino, aveva appena diciassette anni quando, costretto a rompere definitivamente con il padre, dopo una ulteriore lite decise di emigrare in Germania; era di moda a quei tempi, sia per quelli che cercavano lavoro, che per quelli che cercavano di modificare le proprie condizioni di vita, anche se alcuni, non avevano vere e proprie necessità. Insomma chi per un motivo chi per un altro, la classe operaia faceva la corsa all'emigrazione, come quando in America tutti accorrevano per popolare il Far West. Ma Nino, povero ragazzo, non ne poteva più di dormire in aperta campagna, quando ormai quei tempi erano finiti da un pezzo. Prima si lavorava nei campi senza tregua; si arava il terreno con le pariglie dei buoi aggregati per tirare l'aratro manuale; poi, si doveva zappettare a mano lì dove non era stato possibile arrivare con le bestie e negli intervalli, accudire il bestiame e dormire con lo stesso per poterlo governare tre volte per notte.
Naturalmente, il padre di Nino era un uomo all'antica e per lui tutto questo era più che normale, anche se l'agricoltura era in declino da un pezzo. A parte tutto, Nino non voleva proprio sa-perne di fare quel tipo di lavoro, anche perché i tempi ormai erano così cambiati, che le terre rimanevano incolte, per cui ci fu un abbandono quasi totale dell'agricoltura, soprattutto da parte dei giovani che non vedevano nessuna prospettiva. Inoltre, non si sentiva tagliato per quel tipo di lavoro, che però continuava a farlo aspettando l'occasione giusta per tirarsene fuori. Il suo fisico era gracile, tanto che si ammalava spesso, ed inoltre a dormire all'a-perto si era ammalato due volte di paresi facciali, e se sul suo viso non vi rimase traccia, fu per le cure tempestive e per la sua giovane età. Un giorno, dopo una ennesima lite, Nino affrontò il padre per cercare un'altra alternativa, ma questi offeso e costernato che il fi-glio (secondo lui), si fosse permesso di contestare i suoi ordini, sca-tenò un vero inferno, sostenendo di avere allevato un contestatore, un parassita e un ingrato. Perciò la situazione di Nino peggiorò ulteriormente; suo padre per punizione gli ordinò di venire in paese soltanto una volta al mese fino a quando non si fosse levato i grilli dalla testa. Ovviamente il padre pensava di istruire Nino, il più grande per poi spianare un futuro al resto dei fratelli; ma per lui era un vero castigo! La madre di Nino, ne parlò con il proprio fratello affinché parlasse lui con il padre di Nino, ma non ci fu nulla da fare per smontarlo dalla sua fissazione, nel tenere Nino sotto pressione, perché imparasse il rispetto e a non discutere gli ordini, ma adempiere i propri doveri. Giuseppe il padre di Nino, era un uomo rigido, dai principi forse fuori tempo ed era tutto d'un pezzo, e nel suo modo di fare somigliava quasi ad un mormone, con una differenza, s'intende, che lui era un purosangue sicilia-no
, che non si era accorto del forte cambiamento che il progresso aveva modificato. Livio, lo zio del ragazzo, parlando di questa cosa con un suo amico, è venuto a sapere che c'era pronta una comitiva per espatriare: infatti una persona di tanto in tanto organizzava qualche partenza clandestina dietro compenso di una certa cifra per aiutare a sconfinare clandestinamente, e Nino si era inserito nel gruppo, solo che non sapeva come fare a pagare la cifra richiesta. La madre pensò che quella fosse l'unica soluzione e chiese quella cifra in prestito al fratello, che accettò all'istante; d'altra parte il ragazzo era davvero intelligente e lui lo vedeva sprecato in mezzo ai campi e poi non approvava il fatto che suo cognato si consi-derasse il proprietario assoluto di suo figlio. A questo punto, la madre e lo zio, hanno elencato a Nino, tutti i rischi e pericoli a cui andava incontro, data la sua giovane età e senza la benché minima esperienza, ma lui piangendo con tanta tenerezza, rassicurò que-st'ultimo che neanche il diavolo lo avrebbe spaventato se fosse riuscito ad allontanarsi da quella vita dall'era della pietra. Così, di comune accordo e all'insaputa del padre, mamma e zio, decisero di aiutare Nino ad espatriare in Germania. Lo zio di Nino, racco-mandò a quel suo amico di vegliare sul ragazzo, di averne cura fin tanto che gli fosse stato possibile. Quindi, dopo avere appianato ogni cosa, alle cinque del mattino del giorno seguente, lo zio Livio accompagnò personalmente Nino alla stazione di Canicattì non trascurando di raccomandargli strada facendo, di fare buon uso della tanto bramata libertà che stava ricevendo. Arrivati alla stazione si unì al gruppo con una sola valigia in mano, ma piena di tanti sogni; seguito dallo sguardo commosso dello zio, il quale lo confrontava ad un passerotto quando spicca il primo volo dal nido. Suscitando in lui tanta tenerezza e anche Nino si era commosso nel salutarlo; ma era tanto felice di coronare finalmente il sogno di quella tanto attesa libertà. Il capostazione diede la partenza e tutti i familiari delle persone che andavano in terra lontana, si affret-tarono ad ulteriori saluti. Il treno si avviò lentamente tra i fazzoletti al vento e movimenti delle braccia, in segno di saluto e di addio; tra lacrime e commozioni; fu una scena davvero commovente da rimanere scolpita nel cuore. Nino appariva agli occhi dello zio triste, ma sostanzialmente contento, perché finalmente volava verso la sua libertà e verso la realizzazione dei suoi sogni. Il viaggio non fu tanto triste poiché tutti insieme riuscirono a dialogare sulla prospettiva di andare a trovare un lavoro fisso, stabile, che avrebbe permesso loro di realizzare i desideri o quello che ognuno dei presenti si era prefissato di realizzare. Parlando e dialogando, nacque fra i presenti quell'affiatamento che praticamente fu motivo di amicizia fra di loro. Prima di arrivare al Brennero, posto in cui dovevano sconfinare, la persona che aveva tale incarico, chiese il saldo del pattuito come concordato prima della partenza; per regolarizzare a sua volta, con l'altra persona che avrebbe dovuto prendere in consegna il gruppo, una volta passata la frontiera, per accompagnarli al posto convenuto. Quindi furono accompagnati nelle immediate vicinanze della frontiera, dove avrebbero dovuto attendere la notte. Ma la persona che aveva preso i soldi con l'incarico di farli sconfinare, non si fece nemmeno vedere e verso la mezzanotte si resero conto di essere stati truffati. A questo punto, i componenti del gruppo, dopo aver smaltito il colpo mancino, decisero di giocare il tutto per tutto da soli. Purtroppo, appena messo piede oltre il confine, si sentì un - ALT!- E poi urla concitate e spari a non finire. Fu un inferno e Nino corse, corse a perdifiato senza sapere nemmeno dove andare; naturalmente lontano da quegli spari, dalle guardie e dai cani. Finì la sua corsa in un grande fossato, dove cascando, picchiò il capo e svenne, ma forse fu la sua fortuna, perché quando rinvenne, si trovò fissi su di lui gli occhi di un uomo e di una donna, che lo guardavano, e dai loro sguardi capì subito di trovarsi di fronte a gente pacifica. Infine, Nino diede sfogo alle sue lacrime e raccontò loro la propria storia. Fortunatamente quella era una coppia italiana; la quale si intenerì tanto, che lo portarono a casa per farlo rifocillare e per vedere poi, in che modo poterlo aiutare. Quelle brave persone abitavano in una casa colonica dove si vedevano solo campi e bestiame. Nino cercò di sdebitarsi in qualche modo, dando una mano all'uomo con il bestiame e nella raccolta del fieno, lavori che aveva imparato a svolgere nei campi del padre. Così la signora Olga e il signor Guglielmo, visto l'impegno di Nino, gli proposero di fermarsi una quindicina di giorni per avere un po' di aiuto nella raccolta del fieno e in cambio questi gli avrebbero dato oltre che vitto e alloggio, una certa paghetta che lo avrebbe aiutato a proseguire la propria strada. Naturalmente per Nino fu un'occasione da non perdere, visto che ormai il viaggio era fallito, o perlomeno la sua corsa in qualche modo si era arrestata, perciò accettò con gioia la proposta. La si-gnora Olga e il signor Guglielmo, erano davvero premurosi nei confronti di Nino; usavano tutte le attenzioni possibili, data la sua giovane età, ma nello stesso tempo erano anche loro in qualche maniera grati a lui, perché in cambio, ricevevano un grande aiuto. Infatti mandavano avanti con grande fatica quella specie di fattoria da soli; qualche volta capitava Giovanni, il fratello della signora Olga, quando questi si trovava con poco lavoro. Giovanni faceva il camionista, e lavorava per una ditta di autotrasporti tedesca. Un giorno, infatti capitò di passaggio e disse che per la settimana dopo doveva andare a scaricare alcune merci alla stazione ferroviaria di Hainsbruck, diretta a Francoforte. Nino dopo aver sentito, pregò Giovanni di prenderlo con se, gli avrebbe dato una mano e nello stesso tempo avrebbe provato a prendere il treno e con un po' di fortuna tentare di farla franca fino a Francoforte. La sera, la signora Olga con il marito e Giovanni si consultarono e decisero che, male che potesse andare, lo avrebbero rimpatriato; così tutti concordi decisero di provare. Prima della partenza la signora e Guglielmo diedero a Nino un po' di denaro che gli potesse bastare per un po' di giorni, poi