Incontrarsi ancora: Harmony Collezione
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Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Book preview
Incontrarsi ancora - Carol Marinelli
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
His Pregnant Mistress
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2005 Carol Marinelli
Traduzione di Raffaella Cattaneo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-231-2
Frontespizio. «Incontrarsi ancora» di Marinelli Carol1
Non guardare!
Non guardare!, ripeté Mia tra sé, concitata, sapendo, senza ombra di dubbio, che solo così sarebbe riuscita ad affrontare quella triste ora della sua vita.
Si concentrò sulla cerimonia funebre cui presenziava; le mani tremanti e gli occhi velati di lacrime le impedirono di seguire la lettura delle preghiere.
Osservò la fotografia del suo caro amico Richard e un gemito soffocato le strinse la gola per la fine angosciosa di una simile, bellissima vita.
Non aveva senso.
Quell’istante, quel giorno, nulla aveva un senso.
Non l’ambiente formale della chiesa o le persone che, silenziose e ordinate, affollavano i banchi, piangendo Richard.
Mia poteva contare sulle dita di una mano i pochi veri amici, i cosiddetti idealisti, i pacifisti illusi, a volte disprezzati che, come lei, erano stati relegati negli ultimi posti, in fondo alla chiesa.
I Carvelle e il loro entourage occupavano i primi posti. In severi abiti scuri, soffrivano il caldo tropicale, a loro così poco congeniale. L’afa di un tardo pomeriggio di Cairns era evidentemente solo un lontano ricordo per loro. Tutti, uno dopo l’altro, si erano trasferiti al sud, dimenticando le proprie radici per stabilirsi a Sydney, nella capitale, alla ricerca di una concreta solidità economica, di nuove possibilità di lavoro e guadagno.
In particolare, per i Carvelle il denaro era più importante di qualsiasi altra cosa e non era mai abbastanza. Non avevano esitato infatti ad abbandonare la bellezza lussureggiante e incontaminata del nord, del lontano Queensland, dove era iniziata la loro fortuna, con la famosa catena alberghiera che ogni anno richiamava una clientela sempre più numerosa.
Solo Richard era rimasto, rifletté Mia tra sé. Una rabbia sorda nei confronti dell’insensibilità di quella potente famiglia prevalse sulle sue emozioni.
Anche la fotografia di Richard che avevano scelto era sbagliata; la figura rigida, chiaramente a disagio nell’abito elegante, era molto distante dal ragazzo casual e informale che lei aveva conosciuto.
Un dolore acuto la lacerò nell’intimo; le sue mani si mossero sul ventre per accarezzare la vita che cresceva in lei.
Mia si impose la calma, se non altro per il bene del bambino che aspettava.
Il figlio di Richard.
Un fruscio improvviso si diffuse tra i banchi quando tutti i presenti si alzarono in piedi. Lei fece altrettanto, nonostante le gambe malferme, decisa a mantenere un contegno irreprensibile, senza attirare l’attenzione su di sé.
Abbassò lo sguardo, fissando il pavimento con forza quando il corteo funebre, preceduto dal sacerdote, entrò in chiesa; l’orribile odore di incenso risvegliò in lei il doloroso ricordo del funerale del padre solo due anni prima.
Ma, nonostante i suoi propositi di non farsi notare, di attenersi al piano che aveva messo in atto nella speranza di chiarire una situazione rimasta in sospeso, quando la musica tacque, nel silenzio dei presenti, tutte le sue strategie vennero meno; Mia non resistette alla tentazione di alzare gli occhi.
La sua attenzione fu catturata non dalla bara che conteneva l’amico, ma dalla figura maschile che la seguiva, dall’uomo che l’aveva amata e che poi l’aveva crudelmente abbandonata.
Ethan.
Lui seguì la mesta processione, prendendo poi posto al primo banco, lo sguardo verso l’altare dove l’officiante accoglieva le persone riunite in quella triste occasione.
Mia osservò il suo profilo altezzoso realizzando, e non per la prima volta, quanto Ethan fosse diverso rispetto al fratello più giovane che ora tutti piangevano.
Richard, di carnagione chiara, con capelli rossi fini, così vulnerabile e fragile, era l’esatta antitesi dell’uomo imponente che sovrastava l’assemblea di almeno una spanna. Il suo viso era composto in un’espressione di pietra, le mani dietro la schiena, le nocche bianche per la tensione.
La folla dei presenti intonò un canto antico che riempì il sacro ambiente. Mia lo aveva sentito un milione di volte, eppure solo allora lo ascoltò e ogni parola fece breccia nella sua anima. Incominciò a capirne il messaggio, il senso del miracolo senza tempo dell’amore, la promessa di pace eterna... Lacrime copiose le inumidirono le guance quando si rese conto che l’uomo al primo banco, così distante e distaccato, non l’aveva mai commossa a tal punto.
Più di ogni altra cosa desiderò che i sette anni intercorsi dall’ultima volta che aveva incontrato Ethan Carvelle lo avessero reso più avvicinabile e... meno meraviglioso.
Sapeva che per lei quel giorno sarebbe stato difficile, e dire addio a Richard non era l’unica cosa che aveva in mente. Al contrario!
Si era congedata da lui settimane prima. Aveva diluito il proprio dolore giorno per giorno, a mano a mano che il cancro divorava il corpo dell’amico, come una statua smontata lentamente.
E con esso la sua memoria svaniva piano piano, il suo spirito brillante si spegneva nello sforzo di concludere un discorso, uno scherzo, fino al giorno tragico in cui i suoi occhi vacui non l’avevano riconosciuta, le sue labbra non le avevano più sorriso.
Per Richard era finita; il pianto di Mia era incominciato quando il medico dell’ospedale l’aveva informata che lui non si sarebbe più ripreso.
Il funerale era solo un pro forma, l’epilogo di una fine tragica.
Mia aveva sperato che potesse essere lo stesso con Ethan. Che vederlo, dopo tutto quel tempo, avrebbe portato a una conclusione che dopo sette anni di amarezza sarebbe riuscita a voltare pagina e continuare la propria vita.
Ma quando Ethan lasciò il suo posto, diretto verso l’altare, uno shock freddo si impadronì di lei.
Il tempo era stato clemente con lui: sembrava più alto di quanto ricordava, le spalle ampie, i capelli ancora nerissimi, solo più corti.
La bellezza spavalda dei ventitré anni aveva lasciato il posto a una maturità indomita che letteralmente le toglieva il respiro.
E non solo a Mia! La gente tacque all’improvviso, ogni viso rivolto verso di lui.
Ethan li teneva tutti in palmo di mano, non perché era il fratello di Richard, e nemmeno perché era un Carvelle!
La sua presenza incuteva il massimo rispetto. Avrebbe potuto trovarsi in un bar all’altro capo del mondo a ordinare un drink, scandendo le parole nel suo modo misurato, e qualsiasi persona nel locale si sarebbe voltata a guardarlo, ogni donna si sarebbe ricomposta, ogni uomo si sarebbe fatto più alto.
Prima di incominciare a leggere la Lettura, Ethan passò in rassegna la platea, reclamando il silenzio come un uomo abituato a parlare in pubblico che si prepara per un importante discorso.
Le mani che una volta l’avevano così dolcemente abbracciata afferrarono il leggio e, quando incominciò a leggere, la sua voce era profonda e autorevole.
Ogni parola sembrava una freccia scoccata verso il cuore già sanguinante di Mia; era più di quanto riuscisse a sopportare. Era pura tortura guardare l’uomo che non avrebbe mai potuto avere. Trascinò via lo sguardo da lui, cercando di ricordare la sua crudeltà, concentrandosi sulle proprie mani incrociate sul ventre. Si morse le labbra per trattenere le lacrime, mentre le ginocchia incominciarono a muoversi su e giù al ritmo di una loro privata melodia.
«Ne rimarranno solo tre: fede... spe...» Ethan si interruppe e tacque. Si schiarì la gola e attese per un tempo lunghissimo, tanto che i presenti si agitarono a disagio. «Fede...» proseguì lui, enfatizzando il termine. Fece di nuovo una pausa e Mia si ritrovò a concludere la frase tra sé: speranza.
La speranza che aveva nutrito - tanto da indurla a concepire un figlio - di garantire un futuro a Richard.
I suoi pensieri deviarono lungo un percorso che conduceva inesorabilmente a Ethan Carvelle, al tempo trascorso insieme quando il mondo sembrava essersi fermato per loro, quando, sulla soglia del domani, avevano di sfuggita intravisto un futuro che avrebbe potuto essere roseo e felice.
E, nonostante la sofferenza che Ethan aveva inflitto a lei e a suo padre, in quell’istante Mia sentì di dispiacersi per quell’uomo che, per quanto forte e orgoglioso, era però solo nel suo dolore, di fronte a tutta quella gente.
Vederlo soffrire non le procurò alcuna gioia.
I loro occhi si intercettarono per un istante; fu come se in quella chiesa esistessero solo loro due e il lungo intermezzo tra loro si fosse dissolto.
D’istinto lei gli indirizzò un cenno del capo per manifestargli la sua approvazione e, come un genitore alla recita scolastica del figlio, lo esortò a continuare.
«Fede, speranza e amore... e il più grande di questi è l’amore.» Ethan terminò la Lettura. Evitando di proposito il suo sguardo, ritornò al proprio posto.
Il resto della cerimonia funebre passò per Mia nella nebbia più totale. Seguì la gente che si accalcò all’uscita di chiesa, inspirò a grandi sorsate l’aria umida mattutina, sbatté gli occhi per abituarsi alla luce del sole. Vacillando instabile sui tacchi alti, si unì alla fila ordinata di persone che sfilò davanti alla famiglia Carvelle per esprimere il proprio cordoglio.
La salma di Richard sarebbe stata poi trasferita altrove per la cremazione, per l’ultimo saluto, in forma strettamente privata, alla quale Mia e la sua cerchia di amici erano, come da copione, esclusi.
Ai Carvelle non era nemmeno passato per la mente che, negli ultimi momenti, lei aveva trascorso con Richard più tempo di tutti loro messi insieme!
A ogni modo, che a loro piacesse o meno, per Richard lei contava molto di più della sua famiglia e il dolce gonfiore del suo ventre, celato sotto l’abito nero, le dava ogni diritto di partecipare alla cerimonia.
Mia però non lo fece.
Sussurrò appena le proprie condoglianze, strinse le mani a una serie di figure anonime, si fece forza per baciare la madre di Richard; era come toccare un serpente velenoso!
Affrontò gli occhi azzurri, glaciali, della donna che, nonostante avesse messo al mondo due figli, non possedeva un briciolo di istinto materno.
«Signorina Stewart» la apostrofò fredda la signora Carvelle; pronunciare il suo nome doveva risultarle ripugnante.
«Sono molto addolorata per la vostra perdita» mormorò Mia nella speranza che la fila di persone procedesse, che tutto finisse al più presto.
Purtroppo, però, Hugh Carvelle intratteneva in una impegnata conversazione un alto signore e lei si rassegnò a conversare per qualche momento ancora con quella terribile donna...
«È stata una benedizione, invece» la contraddisse Rosalind Carvelle con il suo abituale