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Cuori alla deriva: Harmony Destiny
Cuori alla deriva: Harmony Destiny
Cuori alla deriva: Harmony Destiny
Ebook157 pages2 hours

Cuori alla deriva: Harmony Destiny

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About this ebook

Le donne amano i pirati.
Emma Parcell apprende della morte del cugino Wayne, allontanato dalla famiglia come pecora nera, e dell'esistenza di un testamento che la nomina erede della Pretty Lady, la barca di Wayne. Così Emma decide di partire per dare un'occhiata all'imbarcazione, ormeggiata in una piccola baia nello stato di Washington. All'arrivo non ha però una bella sorpresa. La Pretty Lady infatti è piuttosto malconcia, soprattutto se confrontata con la barca di fianco, a bordo della quale c'è un certo Harlan McClaren, famoso cacciatore di tesori. Harlan non è un tipo molto rassicurante e non ha nessuna voglia di stringere nuove amicizie. Ma quando Emma rischia un'aggressione sulla Pretty Lady, lui la salva. E non gli resta che invitarla a bordo con sé, dove starà al sicuro. Dagli sconosciuti, almeno!
LanguageItaliano
Release dateDec 10, 2020
ISBN9788830522411
Cuori alla deriva: Harmony Destiny

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    Book preview

    Cuori alla deriva - Justine Davis

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Midnight Seduction

    Silhouette Desire

    © 2004 Janice Davis Smith

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-241-1

    1

    La marea avrebbe dovuto cambiare presto. O no?

    Emma Parcell cercò di non ascoltare il ronzio dei motori del jet sul quale viaggiava. Doveva concentrarsi. I suoi affari navigavano proprio in cattive acque, adesso che Frank Kean le aveva aumentato l’affitto. Il suo Paradiso Sicuro sarebbe affondato velocemente, a meno che non avesse trovato in fretta un modo per mantenerlo a galla.

    Emma cercò di non pensarci e fece un respiro profondo. Sin da quando aveva lasciato l’ufficio del suo avvocato, lei, che non aveva mai amato il mare, si era ritrovata a pensare per metafore acquatiche.

    Aveva voluto distrarsi dal dolore per la morte dell’amato cugino Wayne, di cui aveva seguito le ultime volontà, e dalle preoccupazioni per la sorte del suo adorato lavoro, il rifugio per animali Paradiso Sicuro. C’era riuscita. Ora c’era solo una domanda che le riempiva la mente: perché mai Wayne aveva lasciato una barca proprio a lei, la cugina che odiava l’acqua?

    Forse potrei venderla, pensò mentre la voce del pilota sottolineava la presenza delle rovine dell’atollo di St. Helens alla loro destra. Potremmo ricavarci abbastanza per sopravvivere un paio di mesi. Forse di più, con un po’ di fortuna. Ehi, magari potrei anche assumere un tosatore!

    Ma prima avrebbe soddisfatto la richiesta di Wayne, si ripeté. Visto che glielo aveva chiesto in una lettera alquanto criptica che le era arrivata a soli tre giorni dalla sua morte, avrebbe dato un’occhiata alla Pretty Lady di persona, prima di decidere il da farsi. Dopotutto, glielo doveva.

    Emma cercò di combattere l’ondata di tristezza che la stava assalendo di nuovo. Si sforzò di guardare dal finestrino mentre il jet si avvicinava all’aeroporto di SeaTac. Il panorama era splendido, lì nel nordovest del Pacifico, dovette ammettere. Non era mai stata in quella parte del paese e ora si rendeva conto di quanto si fosse persa. Certo, l’oceano le incuteva paura, ma quello era diverso. Da quell’altezza sembrava più un enorme lago tranquillo, trapuntato di isolette e costeggiato da penisole grandi e piccole.

    L’oceano le era sempre sembrato vasto e inquietante, fin da quando era bambina. Era stupido, naturalmente, ma era così. Eppure, in quel momento, si sentiva al sicuro. Non solo perché non poteva sentire il roboante fragore delle onde che si infrangevano sugli scogli, ma perché, da lì, non si perdeva mai di vista la terraferma e questo era piuttosto confortante per una come lei.

    Non sarà poi così male, disse a se stessa mentre firmava il contratto per il noleggio di un’auto. Dopotutto, poteva proprio essere la vacanza di cui aveva tanto bisogno.

    Il giovane commesso le annunciò con uno smagliante sorriso che le ci sarebbe voluto solo un soffio per arrivare a destinazione. Avrebbe solo dovuto prendere l’autostrada I 5, imboccare lo svincolo 177 e dirigersi verso il traghetto che l’avrebbe portata fin dall’altra parte, a poche miglia dal porto, dove voleva arrivare.

    Traghetto? Altra parte?

    Per un attimo, Emma fu presa dal panico. Cercò di concentrarsi sulla cartina autostradale che il ragazzo le stava illustrando.

    Quando fu all’ingresso del terminal, Emma trasse dalla tasca il telefono cellulare per chiamare come promesso Sheila, la sua infaticabile assistente al Paradiso Sicuro.

    «Sono qui, sana e salva» le annunciò. «Come vanno le cose?»

    «Benissimo. Ho appena finito di dare da mangiare agli animali e il figlio della signora Santini è venuto a prendere Corky.»

    «L’hanno dimessa?»

    Emma sentiva la gioia nella voce di Sheila. «Lo faranno domani. Il figlio voleva che Corky fosse già a casa ad aspettarla.»

    Il solo pensiero dell’incontro, tra l’anziana donna e il suo amato Terrier, la riempiva di felicità. Era per cose come quella che valeva la pena di lottare. Era dura farsi avanti con degli sconosciuti e chiedere loro di supportare la sua causa con delle donazioni, ma lo faceva volentieri quando pensava a storie commoventi come quella della signora Santini e di Corky. Quello era ciò a cui serviva il suo Paradiso Sicuro, a prendersi cura degli animali quando i loro padroni erano malati o lontani e non potevano occuparsi di loro.

    «Ci risentiamo stasera» concluse congedandosi.

    «Non osare, sai?» la redarguì scherzosamente Sheila. «È la tua prima vacanza in due anni.»

    «Ma...»

    «Stai cercando di offendermi? Pensi che non sia in grado di cavarmela senza di te?»

    Il tono di Sheila era sarcastico, ma Emma sapeva che il suo affetto era reale. Sapeva anche che Sheila poteva cavarsela perfettamente da sola, così promise di non chiamare più, a meno che non ci fosse stata un’emergenza.

    Emma tentò di distrarsi guidando. Focalizzò la propria attenzione sul paesaggio, cercando di capire cosa vi avesse trovato Wayne che lo aveva tenuto lontano da casa per così tanto tempo.

    Non che Wayne avesse avuto qualcosa per cui tornare, pensò serrando le labbra. Era dura cercare di scacciare l’amarezza. La crudeltà della sua famiglia lo aveva allontanato molto tempo prima e ora era morto, lasciando aperta quella ferita. Non che lei non ci avesse provato: aveva cercato centinaia di volte di fare da paciera, di aiutare Wayne a ristabilire i rapporti con la famiglia. Ma aveva fallito. Neppure i suoi genitori le erano stati di grande aiuto.

    Ora non aveva più alcuna importanza, ripeté a se stessa prima che la rabbia potesse montare. Wayne era morto, così non poteva più essere fonte d’imbarazzo per la sua famiglia perfetta.

    Emma si morse il labbro inferiore per impedire alle lacrime di scendere ancora e cercò di pensare ad altro. La prima cosa che le venne in mente era che ben presto avrebbe dovuto condurre quel vecchio macinino che aveva preso a nolo su di una nave che l’avrebbe portata in mare aperto. Be’, forse non proprio in mare aperto, ma quasi...

    Sembrò funzionare e il pensiero le tenne la mente occupata finché non dovette effettivamente salire sul traghetto.

    Oh, santo cielo!

    Il traghetto era così gigantesco che era stupido aver paura che potesse succedere qualcosa, specie quando gli altri passeggeri sembravano tanto a loro agio, mentre chiacchieravano spensierati e si avviavano al piano superiore per uno spuntino o un aperitivo in compagnia.

    Forse farei bene a bere anch’io qualcosa di forte, si disse Emma senza sapere però da dove cominciare. E l’ultima cosa di cui aveva bisogno era fare uno spuntino, non quando cercava di far tesoro di quei miseri venti dollari che aveva in tasca.

    Ma quando il traghetto fu pronto a salpare, chissà come lei teneva in mano una brioche e, con un certo stupore, si accorse anche di essere piuttosto affamata. Però non sentiva alcun desiderio di annegare le proprie paure in nulla di liquido.

    Forse quel breve viaggio non sarebbe stato così male.

    Tutti gli avevano detto che ci sarebbe voluto del tempo. Quello che nessuno gli aveva saputo dire era quanto.

    Harlan McClaren continuò a lucidare la chiglia cromata del Falco del Mare, nonostante brillasse già senza una sola macchia. Lui continuava a pulire, come se da quello dipendesse la sua stessa vita. Comunque, ne era certo, da quello dipendeva la sua sanità mentale.

    Sapeva anche che tutto quel lavoro fisico lo avrebbe sfinito, il che era proprio ciò che lo spingeva ad andare avanti.

    Aveva appena compiuto trentanove anni, ma si sentiva come se ne avesse avuti settanta. Era come se dovesse muoversi sott’acqua, come se, all’improvviso, l’aria fosse diventata pesantissima da attraversare.

    Eppure, l’essere esausto era una sensazione gradevole. Lo distoglieva dal pensare troppo e gli avrebbe procurato un sonno senza sogni. O, perlomeno, senza incubi che potesse ricordare.

    Iniziava a dolergli la schiena, un regalino di quello che lo aveva portato fin lì. Cercò di stirarsi per provare sollievo, invece che smettere di lavorare. Il terapista gli aveva suggerito di fare qualche ciclo di massaggi, ma lui lo aveva ignorato e aveva preferito chiedere aiuto a Josh, il proprietario del Falco del Mare, che lo aveva spedito lì con l’ordine di riposarsi.

    Per una volta nella vita, Mac, scegli di fare la cosa più sicura, gli aveva detto Joshua Redstone, la persona che lo conosceva meglio al mondo.

    Sentì lo scricchiolio del legno del molo mentre qualcuno si avvicinava. Provò il desiderio improvviso di correre a rintanarsi in cabina, volendo evitare un qualsiasi contatto o conversazione con le persone del porto. Ma, dopo un attimo, si sentì incuriosito da quei passi lenti e incerti. Alzò lo sguardo. Aggrottò la fronte.

    La donna che si avvicinava camminando con cautela sulla passerella stava aggrappata alla ringhiera di ferro come se da quella stretta dipendesse la sua stessa vita. La cosa buffa era che non indossava neppure quelle ridicole scarpe con i tacchi che aveva visto qualche volta durante quell’estate, ma normalissime scarpe da ginnastica, assolutamente stabili e sicure. Eppure camminava lentamente, misurando i propri passi come se il legno sotto i suoi piedi potesse aprirsi in un varco e lasciarla cadere da un momento all’altro.

    Cercò di tornare al suo lavoro, osservando con la coda dell’occhio la direzione che la ragazza avrebbe preso e aspettandosi che si dirigesse verso una di quelle grosse imbarcazioni ormeggiate vicino al Falco del Mare. Ma, sorprendentemente, la ragazza passò oltre, fino a fermarsi praticamente di fronte a lui.

    Harlan continuò a pulire la chiglia studiando il riflesso di lei sulla superficie pulita e lucida. Notò che aveva i capelli biondi tagliati corti.

    Trattenne il fiato. Non stava aspettando nessuno ed era andato lì proprio per evitare il contatto con la gente. Non aveva avuto visite da quando era arrivato e la cosa gli stava bene così.

    Ma la donna passò oltre la sua barca per raggiungerne una più piccola alla fine del molo. Il nome dell’imbarcazione era Pretty Lady. Harlan conosceva quella barca: apparteneva a un uomo che era scomparso di recente.

    Harlan si accovacciò, guardandola di sottecchi. Se aveva pensato che la ragazza non si fosse accorta della sua presenza, la rapida occhiata che lei gli gettò prima di mettere piede sulla barca gli fece cambiare idea.

    Aggrottò la fronte. Le donne che aveva visto avvicinarsi alla Pretty Lady erano diverse. Quella ragazza era troppo raffinata, di classe, per essere una di loro.

    Forse era un avvocato ed era venuta per accertarsi del valore di quella bagnarola. Cercò di staccare lo sguardo da lei e tornare al lavoro.

    Non sono affari tuoi, si ammonì, riprendendo a sfregare la chiglia già lucida. Non gliene importava nulla, non voleva che gli importasse nulla se qualcuno si interessava finalmente a quel rottame.

    Eppure l’immagine di quella donna gli rimbalzava nella testa, tormentando la sua mente già stanca e confusa, confondendosi con quella di qualcun altro e creando quel legame che prima non aveva notato. La ragazza assomigliava in modo impressionante all’uomo che era stato proprietario della Pretty Lady. Quella doveva essere la cugina di cui Wayne Parcell gli aveva tanto parlato.

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