Un principe in cucina: Harmony Jolly
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Book preview
Un principe in cucina - Kandy Shepherd
978-88-3052-250-3
1
Usando un vecchio cucchiaio di legno e la sua ciotola di ceramica vintage preferita, Gemma Harper lavorò l'impasto della torta che stava preparando per festeggiare la fine di quei sei mesi di esilio autoimposto dagli uomini.
La torta era un misto di dolce e di acido: una torta al cioccolato bianco e limone.
Per Gemma quei sei mesi erano stati per lo più dolci, privi dell'angoscia che caratterizzava ogni sua storia e temprata da alcuni sgradevoli momenti di solitudine. Ne era venuta fuori più forte, più saggia, più determinata a spezzare il circolo vizioso dello scegliere sempre l'uomo sbagliato. Il tipo che spezzava il cuore.
D'ora in poi, le cose sarebbero state diverse, ricordò a se stessa mentre girava l'impasto con particolare vigore. Non avrebbe permesso a una bella faccia e a un corpo muscoloso di mettere in ombra i difetti. Avrebbe tenuto a freno l'impulsività che l'aveva sempre cacciata nei guai perché pensava di essere innamorata di uomini che, di fatto, non conosceva davvero.
Sarebbe stata molto, molto più inflessibile. Avrebbe perdonato di meno. Basta dare un'ultima chance e poi un'altra, e un'altra ancora a dei bugiardi spezzacuori che non la meritavano. Aveva ventotto anni, voleva sposarsi e avere dei bambini prima che fosse troppo tardi.
«Basta essere la signorina pessima nel giudicare gli uomini!» disse ad alta voce.
Poteva benissimo parlare da sola. Non c'era nessuno nell'enorme cucina industriale del capannone ristrutturato ad Alessandra, un quartiere alla periferia di Sydney, il quartier generale della sua società specializzata in organizzazione di eventi. La Party Queens apparteneva a lei e alle sue due socie, Andie Newman ed Eliza Dunne. Lei si occupava del cibo, Andie era il genio creativo ed Eliza quello degli affari.
Dopo molti anni passati a lavorare come chef e poi come food editor per alcune riviste, nella Party Queens Gemma si sentiva pienamente realizzata. Entrare in società con Andie ed Eliza era stata la migliore decisione che avesse mai preso. E immergersi nel lavoro la mossa più furba per tenersi lontana dagli uomini. Avrebbe fatto qualunque cosa per far prosperare quell'attività.
Versò l'impasto in una teglia alta e rotonda e la infilò nel forno, dove l'avrebbe cotta per un'ora e mezza. Dopo l'avrebbe coperta con della glassa al cocco e guarnita con riccioli di limone candito e scorza di lime. La torta non sarebbe stata solo una delizia da condividere insieme alle sue socie nel pomeriggio, in modo da festeggiare quei sei mesi senza uomini, ma anche la prova della torta di matrimonio di una loro cliente.
Posizionò la teglia al centro della graticola e chiuse lo sportello piano piano.
Si voltò verso l'isola e solo allora scoprì di non essere più da sola. Sulla porta c'era un uomo alto e con le spalle larghe. Gemma rimase senza fiato e si portò una mano, con tanto di presina da forno, al cuore, sollevando l'altra che reggeva ancora il cucchiaio di legno.
«Chi diavolo è lei e cosa ci fa qui?» gli domandò con voce stridula per il panico e agitando la sua arma culinaria.
Anche se era nel panico, però, notò che l'intruso era davvero affascinante, con un bel viso e i capelli castano chiaro.
Proprio il mio tipo. No! Non è più il mio tipo. Non dopo quei sei mesi in cui non aveva fatto che ripetersi che sarebbe stata lontana da quel genere d'uomo. Soprattutto se era un ladro...
L'uomo alzò le mani in segno di resa. «Mi chiamo Tristan Marco. Avevo un appuntamento qui con Eliza Dunne. Mi ha telefonato dicendomi che è rimasta imbottigliata nel traffico e mi ha dato il codice della porta per entrare.»
Lo sconosciuto, all'incirca della sua età, parlava con un inglese forbito e aveva un lieve accento che Gemma non riuscì a identificare. Francese? Tedesco? Sicuramente non era australiano. I pantaloni di lino color cachi, la camicia di cotone crema e le scarpe firmate e alla moda rivelavano un gusto vagamente europeo.
«Può abbassare le sue armi» le disse con un tono divertito.
Gemma arrossì mentre metteva da parte il cucchiaio di legno. Quell'oggetto non l'avrebbe certo difesa contro un uomo alto un metro e ottanta. Prese un profondo respiro e sperò che il suo cuore tornasse a battere in modo normale. «Mi ha fatto venire un colpo. Perché non ha suonato il campanello?»
Lui entrò nella stanza e si fermò dall'altra parte dell'isola della cucina, davanti a lei. A quella distanza Gemma notò che aveva gli occhi azzurri, la pelle olivastra e dei denti perfetti.
«Mi dispiace averla spaventata» le rispose con quell'intrigante accento straniero. «La signora Dunne non mi aveva detto che c'erano altre persone qui.»
Lei si levò la presina da forno e la usò per pulirsi delle gocce di impasto sul braccio. «Non mi ha spaventata. Solo che credevo di essere sola e... Eliza arriverà presto.»
«Sì, ha detto che non ci metterà molto.» Il suo sorriso era rassicurante e seducente. «Non vedo l'ora di conoscerla. Le ho parlato solo al telefono.»
È meraviglioso, si disse Gemma, ma subito soffocò quel pensiero. Aveva trascorso sei mesi a ripetersi che non avrebbe più ceduto alle attrazioni impulsive. Non voleva commettere i vecchi errori.
«Posso aiutarla io nel frattempo? Sono Gemma Harper, una delle socie di Eliza.»
Per educazione girò attorno all'isola e si avvicinò. Stava per levarsi il grembiule bianco da cuoca, poi cambiò idea. Gli tese la mano con fare professionale e lui gliela strinse per il tempo necessario.
«Allora anche lei è una Party Queens?» Un accenno di sorriso gli sollevò gli angoli della bocca.
«Sì, io sono la food director» rispose desiderando, e non per la prima volta, che avessero dato un nome diverso – meno equivoco – alla loro attività. Se all'inizio avevano quasi cominciato per gioco ora, dopo diciotto mesi, erano diventate le party planner più richieste della città.
«Deve... deve vedere Eliza per organizzare un evento?» gli domandò con il giusto tatto. A quanto le risultava, Eliza non usciva con nessuno, ma quella visita poteva essere personale. Se era così: brava, Eliza!
«Sì, sto organizzando un ricevimento.»
«Un ricevimento? Intende dire un matrimonio?»
I migliori sono sempre impegnati. Soffocò la sua delusione. Non lo conosceva nemmeno! Inoltre era un cliente. Il suo stato coniugale non la riguardava!
«No, non un matrimonio.» Il suo viso parve incupirsi. «Quando mi sposerò, non sarò io a organizzare i festeggiamenti.»
Ma certo, in genere era la sposa a occuparsi di tutto. «Che tipo di ricevimento, allora?»
«Forse ricevimento
non è la parola esatta. Il mio inglese sa...»
«Il suo inglese mi sembra perfetto» replicò lei incuriosita. Certo che aveva proprio delle belle spalle... «Un gala di lavoro?»
«Sì e no. Devo parlare con Eliza per organizzare un party per gli australiani che fanno affari con la mia famiglia. Si terrà venerdì sera.»
«Ma certo! Il cocktail party al Parkview Hotel di venerdì sera.»
«Esatto.»
«Io mi occupo del menu. Useremo il catering dell'albergo, con il quale ho selezionato una serie di piatti da proporre durante la serata. Sono certa che ne sarà molto soddisfatto.»
«Bene. Credo di essere in mani capaci.»
Era tutto chiaro. Tristan Marco era il loro cliente misterioso. Misterioso perché aveva organizzato un party di alto profilo a distanza, per telefono e per e-mail, pagando tutto in anticipo. Lei, Eliza e Andie avevano passato parecchio tempo a ipotizzare come fosse.
«È nelle migliori mani possibili con noi» gli assicurò.
Lui la guardò intento, gli occhi azzurri socchiusi. «Ho già parlato con lei? Sono certo di aver già sentito la sua voce.»
Sicuramente io ricorderei la tua...
Gemma scosse la testa. «No, è Eliza che si occupa di tenere i contatti con i clienti. Lei non è...»
«Non sono cosa?»
Tieni la bocca chiusa, Gemma! Era per quello se lei si occupava del cibo e le sue due socie dei clienti! «Non è... quello che avevamo immaginato.» Le mancò la voce e lo squadrò dalla punta dei capelli alle sue scarpe italiane. «Ci aspettavamo qualcuno di più vecchio. Qualcuno tipo Hercule Poirot. Sa... il detective di Agatha Christie.»
Qualcuno non così attraente...
Fortunatamente lui rise. «Allora non è delusa da quello che vede?» Allargò le braccia e fece una piroetta su se stesso, quasi la stesse invitando a ispezionarlo. Quindi la fissò, improvvisamente serio.
L'intensità del suo sguardo le tolse il fiato, così come il suo corpo muscoloso, il bel viso, la bocca sensuale, con il labbro superiore leggermente più fine rispetto a quello inferiore.
«Per niente.» Delusa non era la parola che aveva in mente in quel momento.
«Ne sono felice. Io invece so cosa aspettarmi da voi. La Party Queens mi è stata consigliata dal mio amico Jake Marlowe.» Jake Marlowe era il partner d'affari del marito di Andie, Dominic. «E mi ha assicurato che le tre socie sono belle, di talento e molto intelligenti. E, da quel che vedo, Jake diceva sul serio.»
Gemma sperò di non arrossire di nuovo, ma senza successo. «Grazie» fu tutto quello che riuscì a dire. Non riusciva ancora a capire che accento aveva. «Di cosa si occupa la sua famiglia?»
Ecco un'altra cosa che lei e le sue amiche si erano chiese del loro misterioso cliente. Perché lui era ancora un mistero.
Tristan pensò a come rispondere a quella domanda, tentando di non lasciarsi distrarre dalla macchia di farina sulla guancia destra di Gemma che sottolineava ancora di più la sua bella bocca piena e i suoi adorabili capelli color cannella.
Doveva dirle la verità? Oppure doveva rifilarle le solite risposte evasive che forniva quando viaggiava in incognito? Era a Sydney da circa una settimana e nessuno lo aveva ancora riconosciuto. Aveva goduto del suo anonimato, sollevato di essere solo Tristan, un ragazzo di circa trent'anni che faceva quello che voleva, essendo semplicemente se stesso. Era una novità per lui essere trattato come tutti gli altri. Persino quando aveva frequentato l'università in Inghilterra gli altri studenti alla fine avevano scoperto la sua identità.
Presto o tardi, però, avrebbe dovuto rivelare alle Party Queens chi era. Sì, ma rimanda ancora!
Gemma Harper era adorabile, davvero adorabile, con i suoi capelli biondo rame, la faccia a forma di cuore e il corpo formoso che il grembiule non riusciva a celare. Voleva parlare ancora con lei come un uomo qualsiasi. Non appena avesse scoperto la sua vera identità, il suo atteggiamento nei suoi confronti sarebbe cambiato. Succedeva sempre.
«Finanza. Commercio. Quel genere di cose» le rispose. Colse il suo sguardo annoiato, e lui non voleva che quella donna meravigliosa lo trovasse noioso. «E cioccolato. Il miglior cioccolato del mondo.»
Gemma sollevò le sopracciglia. «La sua famiglia è svizzera?» Lui scosse la testa. «Belga? Francese?»
«Quasi. Io vengo da Montovia, un piccolo Paese non molto lontano da quelle nazioni.»
«Sta parlando della patria del cioccolato montoviano?»
«Lo conosce?» Era sorpreso. La sua nazione era conosciuta soprattutto per le banche e perché era un paradiso fiscale, non certo per il cioccolato e i suoi formaggi eccellenti.
Lei sorrise, rivelando le fossette alle guance. Questa regina della festa è davvero una delizia!
«Sì, è sublime. L'ho scoperto quando ho visitato l'Europa. È molto costoso, però. È un chocolatier?»
«No, io sono più un dirigente.»
«È per questo che è a Sydney? Per promuovere il suo cioccolato?»
«Tra le altre cose» rispose lui evasivo. «Anche se, in realtà, sono a Sydney per vacanza.»
«Ah, sì? Chi vorrebbe prendersi una vacanza dal cioccolato di Montovia? Se vivessi lì, non credo che lo lascerei mai!» Tacque per un attimo, poi sgranò gli enormi occhi castani e si portò un dito alle labbra. Tristan notò che non portava né anelli di fidanzamento, né fedi. «Il menu del suo ricevimento! Dovremo cambiare il dessert e offrire un dolce fatto con del cioccolato