Il passaggio del testimone
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Zombie - romanzo breve (102 pagine) - Val ha perso le ruote. Costretta a leccarsi le ferite, non sa quando potrà tornare di nuovo in sella alla sua BMX. Ma proprio nel momento più buio, la campionessa di BMX freestyle torna a sentirsi invincibile. E le servirà, perché Val dovrà correre la gara più importante della sua vita.
Val, la campionessa di BMX freestyle, ha affrontato Il Solitario, lo zombie marchiato da un tatuaggio mistico che lo emargina dai suoi stessi simili. Ferita, ha dovuto abbandonare le sue ruote e non sa quanto potrà tornare in sella.
Appiedata e sofferente dovrà accettare di lasciare l’azione ai suoi compagni. Ognuno di loro si impegnerà in una staffetta letale al fine di raggiungere il traguardo e assicurarsi la sopravvivenza.
Alla fine, però, sarà Val ad affrontare la prova decisiva e a passare il testimone a chi ha tutte le carte in regola per dominare il mondo infestato dagli zombie.
Alberto Tivoli è nato a L’Aquila nel 1973. Ingegnere, vive e lavora a Rieti come Project Manager per un’azienda farmaceutica. Ha pubblicato i romanzi brevi di genere horror zombie Yantra Zombie e Street Rider I: Inizia la corsa (Delos Digital, collana The Tube Exposed). Suoi racconti si possono trovare in antologie di autori vari (NASF 11, NASF 12, Bukowski – Inediti di ordinaria follia Vol. IV, I mondi del fantasy VII), sulle riviste Robot (contest I vagoni di Trainville) e Writers Magazine Italia (Speciale Science Fiction del 2016).
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Il passaggio del testimone - Alberto Tivoli
9788825413045
I
Aiutami!
Rimira soddisfatta la nuova sacca da trasporto: nera e lucida, le cuciture blu elettrico.
Il cursore della cerniera lampo scorre senza intoppi. Le viene voglia di strofinare le guance contro l’esterno in poliestere e l’interno imbottito, bianco come le nuvole estive.
Ma è ora di far correre la sua Premium Haro.
Estrae il telaio della BMX dalla sacca e lo appende al cavalletto, prende i Kenda Krackpot anteriore e posteriore, custoditi nelle tasche laterali della sacca, e li monta sui mozzi.
La Haro è pronta per correre, saltare e piroettare in aria come una ballerina sulle punte; rimbalzare, accelerare e cambiare direzione come una ginnasta; impennare, caricare e scalpitare come un destriero in battaglia.
Val, campionessa di BMX freestyle, street rider fin nel midollo, monta sulla bici. Braccia conserte, sorriso da vincente, scarpe con logo VAL sui pedali: Val e bici in perfetto equilibrio statico.
All’indirizzo del suo allenatore esclama: – Pronta a sorprenderti anche oggi.
Cromo avanza con il sole alle spalle. L’immancabile giacca di pelle nera e screpolata appare come una chiazza buia che copre il busto. I jeans antracite avvolgono le gambe e suggeriscono un fisico longilineo. La luce mattutina riverbera tra il fieno dei capelli acconciati all’indietro, fino a lambire le spalle. Il volto velato dall’ombra di una barba sempre vecchia di una settimana. La sua risposta: – Piedi a terra, Capelli Blu, prima facciamo un po’ di fiato.
Per un attimo la campionessa fa la ragazzina imbronciata, che poi ragazzina è. Scoppia a ridere e gli uccellini del parco sentono il bisogno di andarle dietro. Frulli di ali, note in armonia seppur senza spartito.
Val si alza sui pedali e compie un salto mortale all’indietro. Atterra dritta come un fuso, mano sulla sella perché la Haro, da sola, non sa dominare la gravità. Ecco che affonda una stoccata: – Ti sdrai al sole o provi a starmi dietro?
Cromo appende la BMX e la giacca al cavalletto. Guarda Val e adesso si vede che anche la barba è come fieno, la costituzione è snella ma tonica. Contrattacca: – Faccio io l’andatura.
Corrono tra pini che sono alberi di natale decuplicati, con colate di resina al posto dei festoni e pigne odorose per pendagli. Scavano a ogni passo nel sottobosco di aghi di pino che sfrigolano e saltano dappertutto. Cromo impone il passo e Val sa che non manca poco che dovrà, lei, stendersi al sole per riprendere fiato.
Abbandonano il sentiero tra i pini e devono decidere quale strada prendere: su per la collina e ridiscendere costeggiando il campo da rugby; o pestare terra battuta dal colore di noce moscata e circumnavigare più e più volte il campo da calcio; oppure a sinistra, attraverso prati smeraldo, che abbracciano l’anello della pista da corsa in tartan arancione.
Cromo alza le braccia, le piega e le ridistende come se sollevasse un bilanciere: così le suggerisce la prossima fase dell’allenamento.
Val gira a sinistra e con la coda dell’occhio si sincera che lui sia sempre al suo fianco. Ha bisogno di Cromo: ora nella corsa; più tardi quando si scatenerà a cavallo della Haro nel park, il percorso attrezzato per le evoluzioni di freestyle finanziato dai suoi sponsor; domani nelle gare; per sempre nella vita, oltre le competizioni, dalle quali, prima o poi, si ritirerà.
Si fermano dietro le tribune che guardano la pista d’atletica. Lì c’è una zona attrezzata per esercizi a corpo libero. Cromo le cinge la vita e la solleva. Val si aggrappa alla sbarra caffellatte in lucido legno di pino. Cromo batte le mani: uno, due, tre… Val si issa fino a toccare la trave con lo sterno, giù e di nuovo su, finché stavolta è la nuca a baciare il legno levigato. Dispari, pari. Dispari, pari. Cromo sempre accanto a lei. Su e giù. Su e giù.
A terra. Di corsa. Insieme toccano il cavalletto della bici.
Cromo mette la Haro su strada e la lancia in avanti in un precario equilibrio cinetico. Val inspira, butta fuori il fiato e scatta. Salta oltre la ruota posteriore. Atterra in piedi sui pedali, mani sul manubrio e comincia a riscaldarsi: molleggia con gli pneumatici, piroetta impennando sulla ruota anteriore e posteriore, salta da ferma o in corsa.
Cromo: – Trackstand.
Il corpo di Val inizia la sua danza: piede sinistro in appoggio sulla peg anteriore destra, piede destro sul Kenda blu elettrico anteriore, manubrio di traverso rispetto al tubo orizzontale della BMX.
Val: – Old school style?
Cromo: – Val style.
Val fa un mezzo sorriso e dopo aver orientato il corpo mediante assestamenti millimetrici, stacca la mano sinistra dalla manopola destra. Il manubrio non è più un vincolo labile ma un cinematismo congelato in un infinitesimo di equilibrio indifferente. Anche una variazione della pressione barometrica potrebbe far collassare quell’insieme uomo-macchina, che si muove disegnando un otto sul cemento.
I secondi passano e l’acrobazia, il primo trick della giornata, viene eseguito alla perfezione.
È per questo che Cromo ha abbandonato tutto per tornare alla BMX freestyle. Grazie a Val.
Ed è così che le ruote di Val riusciranno a superare sempre quelle di chiunque altro. Grazie a Cromo.
Si alza la brezza. Le chiome dei pini oscillano. In alto nel cielo un punto grigio brillante avanza a capo di una scia d’alabastro. Prossimi al suolo, i piccioni fendono l’aria. Uomini e donne della squadra di atletica invadono la pista. Lucertole sfrecciano tra l’erba.
Forme in movimento tutte intorno a loro. Che Val faccia vedere loro cosa significa davvero muoversi.
Cromo chiama un trick dopo l’altro.
Val salta dalle peg anteriori a quelle posteriori. Il manubrio vortica, si blocca. La Haro trasla in avanti, all’indietro, salta e ruota a trecentosessanta gradi. Val mostra le singole figure poi comincia a concatenarle, sempre più veloce.
Cromo: – Park.
Val si lancia verso uno spazio popolato da cilindri e mezzi cilindri, muretti e parapetti, alvei in cemento dalle pareti curve, rampe che salgono e scendono avviluppandosi su se stesse.
Le coordinate spaziali di Capelli Blu variano impazzite. Se dovesse essere lei l’origine di un sistema di rifermento, quel mondo sarebbe sconvolto da caotici vettori d’inerzia. Forze e momenti angolari intensi e rapidissimi nel variare in modulo e direzione. Sarebbe un universo così fantasmagorico che verrebbe da pensare se Val non fosse in grado anche di scherzare con il tempo.
Cromo: – Magari avessimo avuto la possibilità di fermare il tempo, allora.
Val: – Era perfetto, quel giorno.
Cromo: – C’erano ancora tutti. Tuo padre, Luca. C’erano le gare. C’ero io e c’eri tu.
Val: – Mi sono sentita così sola da andare in frantumi. Ma ora ci siamo ritrovati.
Cromo: – È brutto essere soli.
Val: – Ma quando non ci allenavamo, quando non cenavi con noi, quando non giocavi a carte con papà, con chi stavi?
Val ammicca al tempo, alla fine è riuscita anche in questo, magari solo per questa volta.
Tornano di nuovo indietro.
Cromo: – Chiudi.
Val sa che gli farà prendere un colpo, che dovrà sopportare una predica su quanto sia avventata, che le fratture ti spiano di continuo da dietro l’angolo, allungano le loro sottili e contorte dita per spostare un piede appena prima che poggi a terra, o decidono all’improvviso di solleticarti le orecchie, confondendo l’equilibrio mentre volteggi in aria, così non sai più dov’è il suolo e il cielo.
Velocissima scende verso il centro della rampa sagomata come un mezzo ellissoide, attacca la salita all’estremo opposto e decolla. Esegue un salto mortale all’indietro e allo stesso tempo ruota su se stessa per presentarsi all’uscita del balzo con la ruota anteriore verso valle.
Trick perfettamente riuscito. Urla di Cromo perfettamente puntuali.
Si riappacificano, perché in fondo è l’adrenalina di quelle acrobazie che li rende vivi.
Val: – Vado, che aiuto papà a chiudere il negozio. C’è anche Luca, mi aspetta lì.
Cromo: – Studia ancora gli scacchi?
Val: – Alla grande! Sta sempre con la scacchiera in mano.
Cromo: – A domani.
Val: – Olà.
È caldo il sole. L’aria odora di resina balsamica. Il sudore evapora e testimonia la vita. È come se tutto fosse un diamante unico. Irripetibile.
Val si ferma. Si gira verso Cromo.
Lui ha fatto già dei passi verso di lei. Anche lui ha visto la luce scomporsi nel suo spettro accendendo riflessi irripetibili.
Val: – Se mi dovessi perdere in un incubo…
Cromo: – Ti ritroverei. Anche se dovessi svegliarti alla fine del mondo.
Val guarda gli occhi azzurro ghiaccio di Cromo. Sfumature del nord, ma calde e avvolgenti come vento del deserto. Protettive.
Si separano.
Per un po’ Cromo esisterà solo dentro di lei e Val dentro di lui.
E penseranno di essersi persi per sempre.
* * *
Cromo e Val rievocavano il passato per ritrovarsi nel presente.
Daniel si era fatto da parte e dai loro ricordi aveva immaginato l’ultimo allenamento di Val, la mattina appena prima che scoppiasse l’apocalisse zombie. A essere onesto con se stesso, aveva abbellito la scena arricchendola con qualche dettaglio ambientale, ma la bellezza dei ricordi della rider e del suo allenatore, gli aveva ispirato quei ritocchi. Però i trick eseguiti erano stati proprio quelli e Val, orgogliosa com’era, non si era certo risparmiata nell’entrare nei dettagli delle acrobazie con il fine, sospettava lui, di impressionarlo. Come se ancora ce ne fosse bisogno!
– Daniel – lo chiamò lei.
Le sorrise e si fece vicino.
Quattro fornelletti a gas rischiaravano e intiepidivano l’interno della canadese. La pioggia picchiettava sul telo, ma sempre meno insistente.
– Hai freddo? – Daniel spinse una delle fiammelle verso la rider.
– No, anzi… – Val abbassò il lembo del sacco a pelo fino alla vita, una smorfia di dolore le storse