Despina: Le avventure di una Pulcinella di mare orfana, di una Grande Alca solitaria, e un branco di feroci Topi bianchi
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About this ebook
Despina è una storia che insegna a vivere: perché la vita può prendere diverse pieghe, ma ciò che conta è come la affrontiamo. Se faremo come Despina, non avremo mai paura di ciò che potrà succedere: la sua resilienza non la fa mai perdere d’animo e la porterà sempre, in ogni caso, a superare ogni possibile ostacolo.
Despina è anche una storia che insegna molto sul mondo degli animali e dell’ambiente: se l’impianto narrativo è inventato e puramente fittizio, è vero che gli animali sono realmente esistenti e i loro problemi (essere minacciati dall’estinzione, vedere il proprio habitat invaso dagli umani e messo a repentaglio) sono assolutamente reali e contemporanei. Il tema ecologico è in primo piano, così come il tema della responsabilità che ognuno di noi ha come essere umano di difendere, salvaguardare e sostenere le altre creature e l’ambiente.
Despina è un libro didattico, che abitua a sviluppare sensibilità verso il mondo che ci circonda: giovani ragazzi e bambini potranno trovare una dettagliata sezione di domande e risposte sugli animali e sui luoghi menzionati nel libro, soddisfacendo una naturale curiosità e invitando a una presa di coscienza verso temi altamente umani.
Illustrazioni di Jillian Kesselman
Titolo originale dell’opera:
Despina: The Adventures of a motherless puffin, a lonely great auk, and a pack of ferocious white rats (Despina: le avventure di una pulcinella di mare orfana di madre, di una solitaria alca impenne, e di una banda di feroci topi bianchi), pubblicato da Telemachus Press, 2012.
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Book preview
Despina - Diana Burgwyn
DESPINA
Le avventure di una Pulcinella di mare orfana,
di una Grande Alca solitaria,
e un branco di feroci Topi bianchi
di
Diana Burgwyn
Illustrazioni di Jillian Kesselman
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.
commerciale@giraldieditore.it
info@giraldieditore.it
www.giraldieditore.it
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ISBN 978-88-6155-842-7
Proprietà letteraria riservata
© Giraldi Editore, 2019
Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo
Traduzione a cura di: Agenzia Letteraria MM
www.agenzialetterariamm.it
info@agenzialetterariamm.it
Per Jim dalla sua Pulcinella
Despina
Prologo
Mai nella storia dell’Isola di Primrose una pulcinella era uscita in mare a sole cinque settimane di vita. Da sola. Nel buio della notte. Invisibile a ogni altra creatura vivente.
Mai nella storia dell’Isola di Primrose una pulcinella era scappata di casa senza sapere quanti pericoli si annidassero nel vasto e potente oceano. O quali nemici si celassero
nei cieli e sulla terraferma.
Despina sarebbe stata la prima a fare
quello che nessun altro aveva fatto?
PARTE I
Un inizio sfortunato
CAPITOLO UNO
Nata sotto una cattiva stella
La giovane pulcinella Despina era troppo spaventata per tuffarsi nelle onde tumultuose e affrontare il mare aperto da sola. Ma quale terribile destino l’avrebbe attesa se non lo avesse fatto?
Era sola nella vita, senza nessuno che l’aiutasse a prendere quella decisione cruciale. Guardando l’acqua fredda e scura in basso, con le dita dei piedi paurosamente aggrappate alle scogliere rocciose, Despina era combattuta. Era come se avesse due voci contrastanti nella sua testa.
Salta!
ordinò la voce coraggiosa.
No, protestava la seconda voce, più timida. È troppo pericoloso. Finirò per morire.
Se rimani qui, potresti morire ugualmente
, sentenziava la prima voce.
Ma forse mi perdoneranno, sussurrava la seconda voce timida.
Non se ne parla!
.
Mi manca mia madre, mi manca!
Ti mancherà ovunque tu sia
, intonava la voce coraggiosa. Ma sarà tutto più facile se ti allontani da qui
.
Despina era come un blocco di ghiaccio, incapace di muoversi. Per quanto cercasse di lasciarsi alle spalle i suoi ricordi dolorosi, non era capace di dimenticare. Le pervadevano la mente e continuavano ad affacciarsi come scene di un film che non aveva mai fine.
******
Era accaduto in una bella giornata di primavera sull’Isola di Primrose, solo poche settimane prima. Il cielo era di un blu intenso, cosparso da nuvole bianche come zucchero filato.
La maggior parte delle pulcinelle erano uscite dalle loro tane per oziare sulle scogliere: migliaia e migliaia di loro si estendevano da un capo all’altro dell’isola, ognuna alta circa 30 centimetri.
I loro corpi erano bianchi e neri, lucidi, le palme dei piedi arancioni e i grandi becchi multicolori erano vivaci come i fiordalisi che punteggiavano i pendii erbosi. Le loro voci, che gracchiavano come motoseghe rauche, si spandevano per miglia e miglia mentre chiacchieravano del tempo, dei loro vicini e dell’abbondanza di pesce nell’Oceano Atlantico settentrionale.
Improvvisamente la scena si fece minacciosa. Un grande gabbiano dal dorso nero, con ali di un corvino fuligginoso che si estendevano per quasi due metri di ampiezza, stava volando sopra le loro teste. Mentre si avvicinava alla colonia delle pulcinelle, si potevano vedere i suoi malvagi occhi gialli, le sue ossute zampe rosa e la macchia rossa sulla punta del becco.
Attenti!
gridarono più pulcinelle all’unisono. È Fergus il Feroce
.
I grandi gabbiani dal dorso nero si nutrivano in buona parte di pulcinelle di mare. Per quanto spiacevole, era una triste realtà. Ma Fergus era diverso. Era crudele e uccideva per il gusto di farlo. Le pulcinelle dell’Isola di Primrose lo riconoscevano per la sua enorme apertura alare e per la sua risata cupa e beffarda, e sapevano che finché fosse vissuto, la loro terra sarebbe stata un luogo di paura.
Troppo tardi!
, ridacchiava Fergus, scendendo dal cielo. Aveva avvistato la bella Amaryllis, che dormiva su una roccia a fianco di sua figlia Despina, di due settimane. In picchiata, Fergus atterrò sulle sue gambe nodose e la soprese da dietro. Che bel quadretto!
bofonchiò.
Svegliati, Amaryllis!
, gridavano gli altri.
Amaryllis si agitò e alzò la testa. Ma non aveva scampo. Mentre gli altri uccelli guardavano impotenti, il gabbiano la strappò alla scogliera e la portò via nel suo becco arancione. Nel giro di pochi minuti la divorò in un sol boccone.
La piccola Despina, una palla paffuta di morbide piume grigio carbone, con un becco appuntito e piedi enormi, si aggrappava alle rocce, tremando. Gli adulti si riunirono intorno a lei, cercando di offrire conforto.
La perdita improvvisa di Amaryllis fu uno shock terribile per la comunità delle pulcinelle, perché aveva una natura gentile e amorevole ed era un’amica per tutti coloro che la conoscevano. Cosa ne sarebbe stato della sua piccola? Non era questo il modo di iniziare una vita.
Despina era troppo piccola allora per capire cosa fosse successo. Sapeva solo che la sua unica fonte di amore e di conforto, di calore e di nutrimento, era sparita. Senza una madre che si prendesse cura di lei, ora aveva un disperato bisogno dell’affetto di suo padre, Dudley, e dei pesci che lui le avrebbe portato per aiutarla a crescere. Ma Dudley era un uccello debole e senza carattere. Ben presto cadde vittima dell’astuzia di una vedova di nome Hortensia, che si trasferì nella sua tana sotterranea e si impadronì della sua vita. Hortensia era un uccello terribile, il suo becco era aquilino come la sua anima. Ogni giorno chiedeva a Dudley di fornire al suo neonato il pesce più fresco e grasso di tutto l’Oceano Atlantico settentrionale. Solo i pesci più piccoli e magri dovevano andare a sua figlia.
Despina era così infelice che si andò a nascondere in un angolo della tana del padre, il più lontano possibile da lui, da Hortensia e dalla sua piccola, giovane e avida creatura. Le altre pulcinelle della colonia facevano del loro meglio per aiutare Despina, ma lei si allontanò sempre più da loro. Con il passare delle settimane, lasciò entrare la rabbia nel profondo del suo cuore, e le parole che pronunciava in risposta a coloro che si comportavano gentilmente con lei furono scortesi, persino cattive.
Non ricordo di averti invitata a farmi visita
, disse sarcasticamente Despina a una madre che restò scioccata. Nessun altro piccolo usava un vocabolario da adulto come il suo. Questo naturalmente rendeva la madre ancora più arrabbiata e invidiosa, poiché il suo piccolo neonato riusciva a malapena a pronunciare la parola pesce
.
Un giorno, denutrita e affamata, Despina lasciò la sua tana, si infilò dentro un’altra, e si riempì il becco di aringhe, rubandole a un giovane maschio neonato. Le mandò giù tutte assieme. Il piccolo fu così spaventato che si precipitò fuori dalla tana, inciampò su una roccia e cadde sulla testa, urlando di dolore. I suoi genitori, di ritorno da una battuta di pesca, divennero furiosi.
Despina deve essere processata e punita dal Tribunale delle Pulcinelle
, ordinò il padre. Il Tribunale era la più alta istituzione della loro isola.
Il piccolo, ferito, sarebbe morto? Despina sarebbe stata mandata in prigione per il resto della sua vita? Era tormentata da ciò che aveva fatto. Ma piuttosto che affrontare il Tribunale, sarebbe fuggita dall’isola, lei, un piccolo uccellino da solo in mezzo al mare.
******
Fu così che Despina abbandonò la sua tana al sicuro, e nel buio che precedeva l’alba volò verso la scogliera più alta, dove non sarebbe stata vista da anima viva.
L’acqua là in basso sembrava fredda e poco accogliente. Despina aveva il cuore che batteva all’impazzata e non riusciva a smettere di lottare con se stessa.
Vattene finché puoi
.
Sono troppo giovane per andare in mare aperto. Ho solo cinque settimane!
Non fare la fifona. Tutti gli altri ti raggiungeranno in meno di un mese
.
Ma ho fatto qualcosa di terribile!
Una ragione in più per andarsene, a meno che tu non voglia andare in prigione
.
No, no, non voglio andare in prigione!
Finalmente Despina si decise. Si buttò dalla scogliera, facendo capriole in aria. Le sue ali giovani e inesperte battevano freneticamente, mentre lei si fiondava, come una palla di cannone, dentro ai flutti freddi e grigi.
CAPITOLO DUE
Un sogno o un incubo?
Despina atterrò duramente sul suo stomaco. Sbatteva freneticamente le ali svolazzando sulla superficie dell’acqua. Rimbalzò vertiginosamente sulle onde e ricadde a capofitto nell’oceano.
Improvvisamente, miracolosamente, Despina cominciò a nuotare. Quelle stesse ali tozze che l’avevano portata maldestramente in volo erano ora onnipotenti, battevano contro l’acqua come le pinne di un pesce. E i suoi grossi piedi palmati, che a terra si erano rivelati tanto goffi, si muovevano sott’acqua con grande facilità, portandola in una direzione e poi in un’altra.
Presto Despina iniziò a immergersi, prima a un metro di profondità, poi a tre, poi a cinque. Ogni volta rimaneva sott’acqua per mezzo minuto, poi tornava a nuotare in superficie per prendere aria. Con tutto quell’esercizio fisico le stava venendo fame. Dopotutto, non aveva mangiato da un giorno. Era ora di andare a pescare. Ma la pesca non era così semplice come pensava, anche per i suoi occhi fini come un binocolo.
Dapprima, Despina cercò di avvicinarsi a un enorme banco di aringhe dall’alto, poi dal basso. Ma percependo la sua presenza, si disperdevano. Ci girò intorno. Ma quelle andavano più in profondità sotto di lei. Frustrata, individuò un banco di piccoli capelani e tentò un approccio diverso. Puntò le gambe a poppa, formò un timone con la coda, e si lanciò dritta fedendo l’acqua, spinta dalle ali semiaperte. Rapidamente, raggiunse quei pesci color verde oliva traslucido e ne infilzò uno con la punta ad uncino del