Ci accomunavano le reti e le stelle Pensieri e parole di una comunità scolastica nel tempo del distanziamento sociale
By aa. vv.
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Ci accomunavano le reti e le stelle Pensieri e parole di una comunità scolastica nel tempo del distanziamento sociale - aa. vv.
Ci accomunavano
le reti e le stelle
Pensieri e parole di una comunità scolastica
nel tempo del distanziamento sociale
a cura di
Rosita Paradiso
Alessandro Sebastiano Citro
I disegni sono di Assunta Mollo, la cui arte è espressione di sé stessa, di una lotta che compie, quotidianamente, contro la malattia, un modo per trasmettere e raccontare attraverso le sue opere la sua visione della realtà.
Proprietà letteraria riservata
© by Pellegrini Editore – Cosenza – Italy
Edizione eBook 2020
Via Camposano, 41 – 87100 Cosenza
Tel. (0984) 795065 – Fax (0984) 792672
Sito internet: www.pellegrinieditore.com - www.pellegrinieditore.it
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
Capisce quello che voglio dire,
capisce cosa deve essere la scuola?
Un tempio sfasciato ma sacro dove avvicinarsi
al mistero della vita, giorno dopo giorno,
prima che la maturità sgretoli definitivamente le sue colonne
e cancelli ogni verità
Marco Lodoli, "
Il preside"
Premessa
Perché l’idea di questo libro?
Per lasciare una traccia, una testimonianza, la memoria di un evento significativo come quello della pandemia che la nostra comunità scolastica, in ogni sua componente, ha subìto
e vissuto
sperimentando una nuova esperienza didattica, reinventando il proprio ruolo educativo e culturale, cogliendo significati e ragioni da quegli avvenimenti forti e situazioni intense che hanno trasformato la vita di tutti noi.
L’idea è maturata allorquando ci siamo resi conto che il periodo del distanziamento sociale sarebbe durato più a lungo di quanto pensassimo, quando la nostra organizzazione scolastica si è dovuta, giocoforza, perfezionare, quando le comunicazioni ministeriali ci hanno spinto a sostituire l’idea di periodo breve e momentaneo con quella di… fino alla fine dell’anno scolastico!
E allora… un momento così inedito, che ci ha visti tutti coinvolti emotivamente, non poteva non essere fotografato, raccontato e ricordato.
Pertanto abbiamo deciso di documentare questo tempo sospeso
, raccogliendo in questo libro gli interventi dei ragazzi che man mano sono stati pubblicati sul sito Internet della scuola, gli articoli dei docenti pubblicati su testate giornalistiche on-line, le mie lettere scritte per tenere legata e salda la nostra comunità e le libere espressioni artistiche che ciascuno, secondo il proprio vissuto, ha voluto condividere con gli altri.
In un mondo giovanile in cui è tangibile la crisi della lettura di libri che oggi deve vedersela con la concorrenza del web, delle serie tv, del cinema, dei social, dei videogiochi, delle news on-line… la scuola ha il dovere di difendere il ruolo della scrittura, che non va smarrito, anzi va incoraggiato e consigliato quale strumento terapeutico
per i propri percorsi di crescita personale.
Scrivere i propri sentimenti, pensieri e desideri è stato uno dei modi migliori di fare ordine nella propria testa; la scrittura, infatti, è stata per molti malattia
e cura
… si è scritto perché si stava male e ci si è curati esternando i propri timori, speranze, sogni.
E non è importante se davanti ai propri occhi c’era il video del proprio pc, tablet o smartphone o un semplice foglio di carta, ciò che si è voluto pensare e realizzare ha permesso di concentrarci al meglio sul nostro obiettivo che è stato quello di comunicare, di sentirci più vicini, di stringerci tutti e farci forza per superare questo momento così inconsueto della nostra vita sociale oscillando tra le reti e le stelle.
Rosita Paradiso
Introduzione
A cosa serve la scuola?
Il contributo riflessivo che è raccolto in queste pagine forse potrebbe tentare di dare una (non la sola, grazie al cielo) risposta a questa domanda che chiunque di noi, nel corso della propria vita, ha visto balenare nella propria mente e, forse, la risposta che si potrebbe ricavare dalla lettura di queste pagine sarebbe questa: la scuola serve a trasformare il tempo!
Probabilmente bizzarra e presuntuosa come affermazione e totalmente in antitesi con la unidirezionale locuzione virgiliana fugit irreparabile tempus, ma la scuola non è lontana da questa impossibile capacità. Già nella pratica quotidiana dello studio a scuola il tempo, inesorabilmente, si mescola e si intreccia su sé stesso poiché il passato, prepotentemente, scolpisce il presente e quest’ultimo spesso si sbraccia verso il tempo veniente, in un processo osmotico che annulla ordini di distanze e riferimenti temporali. Se poi, così come accade nel libro, tutti i protagonisti di una comunità scolastica affidano alla penna e alla memoria le proprie riflessioni riguardo a una torsione della Storia e della propria vita collettiva e singola, ci si accorge che il concetto di fluidità temporale si trasmuta in un percorso acronologico che cristallizza i naturali paletti cronometrici e dà vita a un luogo (o uno stato) alternativo rispetto a quello reale in cui trovano dimora pensieri, suggestioni, riflessioni, approfondimenti, emozioni che spezzano la cappa mortifera di quel mondo esterno e neutralizzano la solitudine angosciante che ne deriva.
Raccontare, raccontare finché non muore più nessuno scrive Elias Canetti nel suo Il libro contro la morte
e, in definitiva, è quello che opera Shahrazad la protagonista de Le mille e una notte che narrando storie nella notte allontana la morte da sé stessa. Ma il riferimento letterario più immediato alla capacità medicale e riparatoria della parola e della narrazione nei confronti del tempo pestilenziale e cataclismatico in cui si vive è sicuramente il Decameron
di Boccaccio in cui i protagonisti, raccontando novelle, esorcizzano la paura della morte, respingendo con l’uso della ragione e della cultura la spiazzante ed esiziale impronta del tempo.
In questo corposo libro raccontano tutti, tutti i protagonisti di una comunità scolastica che all’improvviso perde ogni riferimento topologico concreto, viene sfrattata dall’abituale impianto organizzativo liquefacendosi in un nuovo assetto esistenziale che è quello del mondo virtuale. Raccontano il dirigente scolastico, raccontano i docenti, raccontano gli studenti dei corsi mattutini e dei corsi serali, raccontano gli educatori, raccontano gli amministrativi, raccontano i genitori. Tutti. E tutti raccontano con parole concernenti la scuola, – Parole di scuola
, come direbbe la preside-scrittrice M. Veladiano – quelle parole costitutive e irrinunciabili che definiscono ogni comunità scolastica.
Raccontano tutti coloro che stanno (ahimè, stavano) nella scuola e da un giorno all’altro non hanno più potuto viverci ma con le parole e i loro racconti ci sono ritornati, in una dimensione immateriale e scontornata ma forse, proprio per questo, più densa di significato e carica simbolica. Si racconta per trovare un ristoro vitale e spesso nei racconti è la natura stessa che offre uno sbocco emotivo, offrendo uno scenario compensativo alla distorsione privativa del momento presente sebbene, consapevolmente, si riconoscano le grandi ferite infertele dall’essere umano. In questa bolla esistenziale si acuisce lo spettro sensoriale percettivo, apprezzando ciò che cade sotto gli occhi, ascoltando il silenzio avvolgente, annusando con gioia gli iniziali profumi della primavera.
Tutti raccontano potentemente, smaniosamente, con una voglia passionale di recuperare quel vissuto esistenziale e lavorativo che dava sostanza alla propria esistenza.
Racconti emotivi, struggenti, laceranti, retrospettivi ma anche racconti di speranza, di fiducia, di auspicio, propulsivi.
Racconti che hanno trasformato il tempo.
Il libro è diviso in sezioni concettuali e tematiche che potremmo, più o meno, ricondurre ai tre mesi successivi alla chiusura delle scuole avvenuta nei primi giorni di marzo, più altre sezioni testuali che raccolgono le espressioni poetiche e quelle in prosa.
La prima parte si riferisce al momento della novità/assurdità, della quotidianità che implode, dello smarrimento di ogni certezza pregressa e queste prime testimonianze sottolineano, naturalmente, la scioccante iniziale chiusura fisica della scuola e, oltre allo spaesamento dovuto alla lontananza, ciò che affiora dagli scritti è il rimpianto per i valori della quotidianità, i giorni di una volta, il rimorso per il non fatto, i baci non schioccati, gli abbracci non dati, le parole non pronunciate, ciò che poteva essere compiuto nel momento della normalità e proprio per questo magari rimandato o annullato del tutto. È il momento ansiogeno dei bollettini della morte, un diario dell’assenza, di quel senso claustrofobico di chiusura del tempo e della Storia e di perdita imminente ormai della vita stessa a cui si cerca di resistere occupando gli spazi esterni delle case tappezzandoli di frasi e hashtag in cui si concretizza l’intensificazione emotiva collettiva, cantando, ballando, strillando, esercizi vitalistici per esorcizzare il velo plumbeo della minaccia virale.
La seconda sezione è quella del tempo sospeso, della cognizione evaporata del momento, della sua riduzione a frammento bloccato, paragonabile a quello dell’attesa del sottotenente Giovanni Drogo ne Il deserto dei tartari
. Una dilatazione immemore del tempo che sembra bruciare ogni desiderio di speranza futura disegnando uno scenario immobile nel quale naufragano aspettative, sogni, aspirazioni. È il momento interlocutorio della stasi imbalsamata del movimento, una sorta di resistenza protettiva e conservativa che lancia vie di fuga a volte nel passato a volte in una prospettiva futura. È il periodo del tributo alle sentinelle delle vita sociale che pagano con la vita il loro impegno ed è anche una traversata nel deserto, interiore e collettivo, in cui si alimenta la tensione tra il bisogno conservativo della clausura presente e la speranza insopprimibile del volo liberatorio nel futuro. I vetri delle finestre e dei balconi diventano specchi meditativi, metafore della condizione agita, generano spazi riflessivi introspettivi per un nuovo orizzonte di senso dal quale ripartire nel momento opportuno.
Il terzo blocco, quello conclusivo, smentisce il precedente, delinea un nuovo affaccio sulla realtà, rilancia prospettive di rinascita e compiti rigenerativi, vista ormai la imminente fine della reclusione sociale in cui ogni tentativo di incidere nel futuro era stato silenziato. È il momento della consapevolezza e della responsabilità individuale e sociale tra ansia e speranza, la prova della ricomposizione dei tessuti relazionali precedenti che fremono per essere ricostituiti. Forse è il passaggio più difficile da sostenere per evitare che la memoria di quello che è stato venga sbiadita dallo scivolamento liberante della rimozione collettiva.
Le singole composizioni testuali che scandiscono il testo generale sono variegate e originali e spaziano dai semplici pensieri senza schema a poesie più strutturate, fino a riflessioni libere oppure innescate da una parola-chiave (a volte un sostantivo, o un aggettivo o anche il proprio nome) raffrontabile con la situazione che si sta vivendo.
Alessandro Sebastiano Citro
Lettera aperta a tutta la comunità scolastica
7 marzo 2020
Buongiorno di cuore alla comunità scolastica dell’IIS Pezzullo-Quasimodo-Serra
di Cosenza, in ogni sua componente che, in una comunione di intenti, ci vede impegnati ad affrontare questa situazione nuova e alquanto paradossale
, a causa dell’epidemia del covid-19, per una scuola che, dal 5 marzo scorso è vuota, muta, derubata del suo bene più grande, ossia la voce e l’entusiasmo della nostra meglio gioventù
!
Questo è un momento necessario per riflettere sui nostri punti di forza e trovare le soluzioni per le nostre fragilità e in questa mia giornata di smart working
ho pensato di rivolgermi a voi per esprimervi la mia vicinanza, in qualità di capo di Istituto nonché responsabile dell’organizzazione e del buon andamento dell’istituzione che ho l’onore di dirigere.
Siete tutti nei nostri pensieri e ci siamo subito adoperati per adempiere a quanto richiesto dal Ministro dell’Istruzione e dal Presidente del Consiglio dei Ministri affinché la scuola e i docenti continuino a essere un costante punto di riferimento, elemento di normalità e quotidianità
in questo momento particolarmente delicato per l’Italia intera.
Vi chiedo di sfoderare tutta la vostra maturità e di saper cogliere le opportunità di crescita che vi verranno offerte, non trasformando questa sospensione delle attività in presenza
come una vacanza o come un periodo per staccare la spina
quanto piuttosto come un modo nuovo di fare lezione, apprezzandone le modalità, fra l’altro a voi molto care, con un utilizzo sensato e utile delle nuove tecnologie e, nel contempo, cogliendo l’occasione di un maggior tempo a disposizione per recuperare qualche vostra lacuna o insufficienza con serietà e diligenza, magari leggendo anche un buon libro.
Siete stati già informati, così come i vostri genitori, che i vari docenti stanno inserendo materiale didattico utile, di tutte le discipline, nel vostro registro elettronico così che da lunedì 9 possiamo essere tutti operativi.
Chiedo ai Sigg. genitori di accompagnare i propri figli nell’affrontare questa prova inaspettata con serenità e giudizio, ricordando, di sovente, le regole igieniche da seguire come prevenzione dal contagio, oltre a dire loro di evitare gli ammassamenti in piazza, nei pub, nei luoghi pubblici, subordinando ad ogni costo il loro bisogno di socialità e di fare gruppo
alla tutela della loro salute, lo faccio anch’io, fino alla noia, con i miei figli… ormai grandi...che vivono fuori, pur senza sfociare nel panico ma spiegando loro la gravità della situazione in modo che non sostituiscano lo stare assieme a scuola