République Boréale
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About this ebook
Fantascienza - romanzo (124 pagine) - Le Repubblica Boreale. Un paese di ghiacci all'estremo nord, popolato da personaggi non comuni: gli Ingeniør. Uomini e donne che fondono in sé scienza, magia, alchimia e ruolo di guida filosofica. Misteriose figure che non hanno uguale nel resto mondo.
Iniziano in epoca vichinga e arrivano fin quasi ai giorni nostri gli aneddoti, le leggende, i miti nati in questa straordinaria e quasi sconosciuta isola subpolare: la Repubblica Boreale.
Alcuni abitanti, gli Ingeniør, a partire dal capostipite tardo quattrocentesco Sylvianus Hyperboreus, sono attori di vicende che sfiorano il soprannaturale. E includono la capacità di viaggiare nello spazio e nel tempo col solo pensiero.
William Nessuno ha creato un mondo plurisecolare a partire da un paio di brevi note e alcuni schizzi del grande, originalissimo compositore francese Erik Satie (1866-1925).
“Il Buon Maestro di Arcueil” stesso sarà personaggio di una storia nella quale l'intero mondo Boreale rischierà di scomparire nel nulla all'improvviso.
William Nessuno è dal 2001 lo pseudonimo di Giuseppe Iannicelli (Alessandria, 1960) nato su Rai Radio3, quando ha scritto alcuni radiodrammi: in particolare What If – La storia Impossibile, itinerario controfattuale dall'Impero Romano a oggi.
Con questo pseudonimo firma Magnethic Metablog e vari testi teorici a proposito della Rete.
Partecipa al progetto narrativo Le Aziende In-Visibili di Marco Minghetti, illustrato da Luigi Serafini (Libri Scheiwiller, 2008).
Nel 2010 è parte de La Torre di Asian, volume nato da autori e studiosi nel mondo virtuale Second Life.
Nel 2013 Avanguardia21 Edizioni pubblica il romanzo breve Turris Asian: protagonista Lorenzo MacEwan, docente di Sociologia del Network specialista di indagini in Rete.
Con lo stesso personaggio Delos Digital pubblica nel 2018 la raccolta di racconti Lorenzo MacEwan, Netective.
Lavora nel mondo delle televisioni nazionali dal 1988 come autore e regista.
Attualmente è regista di servizi esterni per RaiUno Unomattina.
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Book preview
République Boréale - William Nessuno
9788825407020
A mio padre Francesco e mia madre Giovanna,
il punto di partenza.
A Ilaria e Guglielmo,
il futuro.
Introduzione
È difficile raccontare la genesi di questo volume, per il quale non mi sono posto obiettivi scientifici di alcun genere.
Non vedo la necessità di tentare interpretazioni psico-sociologiche delle storie che riporterò, né l’esigenza di ricostruirne la possibile provenienza o di cercarne la radice in qualche altra lontana parte del mondo. Che sicuramente ci sarà.
La République Boréale, ovvero la Repubblica Boreale, è tuttora poco conosciuta, poco esplorata e poco visitata.
Questo dovrebbe bastare a fare della sua cultura un terreno di indagine piuttosto interessante.
In questa raccolta trovano posto solo testimonianze e narrazioni alle quali ho cercato di dare maggiore chiarezza attraverso note a piè pagina, commenti in corsivo a volte introduttivi, a volte conclusivi alle singole storie: agli studiosi di etnologia, sociologia, linguistica i prossimi passi.
Questi testi sono stati raccolti nel corso dei miei tre viaggi nella Repubblica Boreale: alcuni di essi – pochi, in verità – erano già stati pubblicati in diverse versioni, a mio giudizio comunque più povere. Altri li ho elaborati dal racconto diretto di boreali che ho conosciuto.
La quantità di leggende, miti e storie che mi è capitato di ascoltare sull’isola è talmente vasta da lasciare a bocca aperta, e a mio modesto parere, per quanto ne so, non trova uguale in nessun’altra parte del mondo, specie in considerazione del piccolo lembo di terra nel quale hanno preso vita.
Ho raccolto tutto senza tentare di dare un approssimativo ordine cronologico, perché in alcuni casi sarebbe stato impossibile. Ho fatto come mi è sembrato meglio, non senza alcune decisioni consapevolmente arbitrarie.
Ho pensato di aprire questa mia raccolta con alcuni brani dal celebre articolo di Pierre Étoile: per quanto ormai datato, rimane uno dei primi testi e dei più coinvolgenti nella descrizione dell’ambiente Boreale. Ho ritenuto indispensabile, con gli estratti che seguono, creare un iniziale terreno di familiarità con l’atmosfera che permea quel lontano mondo, confuso e sfumato nella nostra immaginazione. Per favorire la comprensione di storie che, altrimenti, potrebbero apparire soltanto esageratamente bizzarre.
William Nessuno
Voyage au Nord
Come scrivevo nell’introduzione, questi sono alcuni estratti, secondo me tra i più significativi, dall’articolo intitolato appunto Voyage au Nord del giornalista francese Pierre Étoile, pubblicato nel 1959 sulla rivista già al tempo esclusiva ma ormai introvabile Magazine des Tours
.
Da Voyage au Nord
Più a nord dell'Islanda, a est della vasta Groenlandia, a ovest delle isole Spitzbergen, la Repubblica Boreale emerge dalle acque gelide dell'oceano artico come una fortezza mimetizzata in bianco sotto un cielo che spesso si spegne del tutto nell'oscurità polare, annullando il significato delle parole giorno
e notte
.
Un cielo nero nel quale le stelle spiccano come diamanti scagliati da un gigante folle nel vuoto siderale, pronti a precipitare sul capo degli uomini. Un cielo in cui la sorpresa degli sciabolii dell’aurora boreale non si fa mai troppo attendere, in equilibrio sul filo temporale che separa il fenomeno ricorrente dall’evento straordinario (…)
Frigorenhavn è una città particolare.
Ed è ovvio che lo sia, se si pensa che si tratta della capitale più a nord dell’intero pianeta.
Benché alcuni testi riportino che la prima rete di illuminazione elettrica stradale nell’estremo nord sia stata nel 1891 quella di Hammerfest (Norvegia), è in realtà Frigorenhavn a vantare con alcuni anni di anticipo questo primato; ed è probabile che l’errore dei cronisti sia dovuto semplicemente alla scarsità di notizie che da sempre si è avuta a proposito della Repubblica Boreale.
Se le ore di luce durante l’inverno sono poche a Hammerfest, ancor meno sono a Frigorenhavn.
La capitale Boreale è cresciuta in modo diverso dalle grandi capitali nordiche che siamo abituati a conoscere: Oslo, Helsinki, Stoccolma, e perfino Reykjavík. Queste città si sono espanse beneficiando del particolare rapporto spazio/popolazione tipico di quelle aree dell’Europa: si tratta cioè di città poco concentrate, costituite soprattutto da quartieri basati sulla cellula abitativa monofamiliare a un piano o due, ampiamente distanziata da quella limitrofa e opportunamente fornita di spazio circostante, che in estate si tinge di verde e si arricchisce di fiori colorati.
A Frigorenhavn le cose sono andate diversamente.
La popolazione ha sempre dovuto fare i conti con il territorio.
Non è mai stato possibile strappare troppo spazio ai ghiacciai: per questo la città ha sviluppato da molto presto, grazie al lavoro dei celeberrimi Ingeniør, le tipiche torri slanciate, a poco a poco sempre più complesse ed elevate. Quelle più recenti in molti casi sono collegate da tubi
di passaggio da una all’altra: condotti trasparenti che tanto hanno colpito la fantasia dei rari viaggiatori e descritti nei loro stupefatti resoconti. (…)
Quindi i ghiacciai incombenti hanno inevitabilmente condizionato lo sviluppo architettonico delle città Boreali e della capitale in special modo: questo nonostante l’opera continua degli Ingeniør, che con le loro colonne-resistenza proseguono costantemente a molare
il ghiaccio per mantenere a disposizione di Frigorenhavn un territorio sempre uguale (…)
Altro elemento di stupefacente genio ingegneresco è il tunnel sotto il colossale ghiacciaio Stórjökull, che collega la capitale Frigorenhavn al sud ovest del paese, e in particolare a Håkonby.
Un'opera ciclopica, lunga decine di chilometri, ottenuta con anni di lavoro e macchinari imponenti: trivelle, scavatrici e ancora resistenze elettriche.
Prima della sua realizzazione era possibile comunicare solo con le slitte trainate da cani, o altrimenti azzardare il giro in nave attorno all'isola, che in alcuni tratti era reso estremamente difficile dalle propaggini degli alti ghiacciai che si allungano verso il mare. Nella stagione più fredda il giro veniva effettuato scivolando sui ghiacci che attanagliano l’isola sulle tipiche Drak oppure appunto con slitte trainate dai cani delle quali si diceva.
Anche l’opera immane del tunnel viene praticamente ricostruita in continuazione. Enormi macchine dalla forma di archi semicircolari che si spostano su colossali cingoli lavorano ininterrottamente, levigando l’interno del tunnel, contrastando la forza disgregatrice del movimento del ghiacciaio che tenderebbe altrimenti a spezzettare il tunnel in periodi piuttosto brevi, e nel tempo lo annienterebbe del tutto. (…)
Tutto ciò non sarebbe possibile senza l’instancabile lavoro degli Ingegneri
Boreali. E forse è giunto il momento di approfondire definizione e ruolo degli Ingeniør. Che qui, proprio come Boreale, si scrive con l’iniziale maiuscola.
Quassù, essere Ingegnere assume un senso particolare e unico: la traduzione della parola Ingeniør
(identica al norvegese nella forma ma non nel significato e scritta come abbiamo detto sempre con l’iniziale maiuscola) dovrebbe essere fatta con grande attenzione per rendere appieno questa differenza. Certo è che nella Repubblica Boreale, la parola francese ingénieur
o quella inglese engineer
vengono abitualmente tradotte in una formula che diventa tecnico-ingegnere
.
L’Ingeniør Boreale infatti è qualcosa di molto diverso da un tecnico.
Lo straordinario mondo Boreale che stiamo descrivendo, come già accennato, si è animato nel corso dei secoli proprio grazie al lavoro costante degli Ingeniør, identificati con questo nome fin dal XV secolo, ma sicuramente presenti e attivi da prima ancora.
Gli Igeniør nella Repubblica Boreale costituiscono una vera e propria casta. Storicamente questa figura, che possiamo collocare in qualche punto indefinibile tra il mito e la storicità, si fa risalire al primo Ingegnere celebre di cui si abbia notizia. Un vero padre fondatore della moderna Ingegneria Boreale, una figura nella quale mito e storia si compenetrano: Sylvianus Hyperboreus.
L’Ingeniør rappresenta senza ombra di dubbio il capo carismatico delle comunità Boreali, ma dà anche corpo alla continuità storico-culturale dell’identità insulare fin dai tempi dei primi insediamenti.
E se tutti possono diventare Ingeniør -non vi sono preclusioni di sorta– è chiaro che non può diventare Ingeniør chiunque.
Innanzitutto, attualmente per diventarlo bisogna frequentare quattro anni di studi umanistici.
Tra i corsi maggiormente scelti dagli studenti: storia delle culture subpolari
, antientropia creativa
, vita e opere di Snorri Sturluson
, Gesta e Opinioni di Väinämöinen
, Pensiero di Sylvianus Hyperboreus quale ci è tramandato attraverso le sue opere scomparse
.
In seguito si apprendono i princìpi della creazione Ingegneresca, ma solo se i precedenti quattro anni sono trascorsi fruttuosamente.
La valutazione sulla validità dei quattro anni è effettuata dallo stesso studente. È lui che, dopo essersi esaminato, deve decidere se si ritenga in grado di passare allo stadio successivo degli studi oppure no.
Durante periodi di un mese trascorsi in isolamento nella zona di Kandinskyhorn a ridosso del Sylvianìs, oppure sull’isola Väinösaari (la prima volta in compagnia di un Ingeniør anziano, in un secondo tempo in completa solitudine) i giovani scoprono gli equilibri instabili tra la propria psiche e il paesaggio apparentemente ostile che li circonda, e poco alla volta imparano a espandere e contrarre la propria interiorità per mantenere quegli stessi equilibri stabili e costanti. (…)
I ghiacciai del nord scandiscono un’area poco abitata del paese e per questo ancor più avvolta nella leggenda: talvolta nel mistero.
I movimenti del Sylvianìs hanno dato al ghiacciaio stesso una vita anche formale, geometrica, matematica. Nell’irregolarità dei movimenti derivanti dalle nevicate, dalle alterne temperature, dal cadere in mare di enormi iceberg, talvolta scaturiscono delle imprevedibili, inimmaginabili regolarità.
Ecco a ovest del Sylvianis la zona delle onde, dove gli accumuli di ghiaccio possono essere sempre disegnati con l’ausilio di funzioni seno e coseno; dove le frequenze dei colori del ghiaccio vanno dal verde bottiglia al bianco passando per l’azzurro, dando corpo alla rappresentazione di tutte le sfumature del più celebre catalogo universale dei colori. (…)
La lingua parlata nella Repubblica Boreale è detta Nørrkiel
: è una singolare combinazione nata dall’evoluzione del Norreno e del Finnico, con qualche raro prestito dall’esquimese e con influenze abbastanza sensibili dal latino: queste ultime dovute comprensibilmente all’importanza dei dotti medievali nello sviluppo della civiltà Boreale.¹
Naturalmente una simile lingua, del tutto ignota agli stranieri, parlata da poche migliaia di persone, resta materia di studio solo per pochissimi specialisti nel mondo.
C’è un solo modo per impossessarsene: trasferirsi per qualche tempo in terra Boreale.
Un Ingeniør Boreale
¹. La Nørrkiel è ricca di passaggi dallo Scandinavo al Finnico e poi al Boreale.
Una passeggiata imprevista
A questa leggenda sono particolarmente affezionato, perché fu la primissima che raccolsi e non è ancora stata riportata, che io sappia, da nessun altro, finora.
L’Ingeniør Erik-Väinö Thórsson durante il suo periodo di meditazione nella zona isolata del Nordhurfonn, nella parte settentrionale della Repubblica Boreale, un mattino si svegliò come ogni giorno: assonnato ma sereno e pronto a mettere sul fornello il caffè in vista di una nuova giornata di autoapprendimento.
Però, quel giorno, aprendo la porta della sua baracca si accorse che uno strato di ghiaccio spesso almeno un metro la ostruiva.
Cercò allora di aprire le ante della finestra: ma si accorse che erano bloccate dal ghiaccio spessissimo nello stesso identico modo.
Si mise a meditare, e si rese allora conto, grazie a una visioimmaginazione che gliela mostrò proprio dall’esterno e dall’alto, di come l’intera piccola costruzione che l’ospitava fosse ormai racchiusa in un vero e proprio cubo di ghiaccio.
Nella notte appena trascorsa si era levato il Vento-Che-Gela-L’Onda, il più freddo che si conosca sulla faccia della terra e soffia in quei territori una volta ogni cinque anni. Ma non si riesce a prevedere esattamente in quali giorni. Lui lo aveva anche udito, ripensandoci, ma gli pareva potesse essere un vento qualunque: un banale ringhiante vento polare come quasi ogni notte, come quasi ogni giorno.
Invece.
Le provviste nella baracca erano poche, l’acqua liquida poteva bastare per una decina di giorni: ma il ghiaccio che racchiudeva la precaria baracca in legno non avrebbe mai potuto sciogliersi prima di quattro mesi, con l’arrivo dell’altra stagione.
Questo fatto non mi distrarrà