Poesie di strada Vol.1
By Aa. Vv.
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Poesie che guasconamente attraversano le piazze dei mille borghi d’Italia, dalle quali ci sono giunte insieme con una petizione di umanità e forza
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Poesie di strada Vol.1 - Aa. Vv.
AA.VV.
Poesie di strada Vol.1
A cura di Furio Detti
Poesie di strada Vol.1
AA.VV.
© Idrovolante Edizioni
All rights reserved
Director: Roberto Alfatti Appetiti
Editor-in-chief: Daniele Dell’Orco
1A edizione – ottobre 2020
www.idrovolanteedizioni.it
idrovolante.edizioni@gmail.com
introduzione
di Furio Detti
«… sono come un gatto bruciato vivo,
pestato dal copertone di un autotreno,
impiccato da ragazzi a un fico,
ma ancora almeno con sei
delle sue sette vite,
come un serpe ridotto a poltiglia di sangue
un’anguilla mezza mangiata
le guance cave sotto gli occhi abbattuti,
i capelli orrendamente diradati sul cranio
le braccia dimagrite come quelle di un bambino
un gatto che non crepa…» (cit.)
Più di settecento componimenti, più di trecento poeti selezionati, un’antologia dedicata alle Poesie di Strada
; la prima che ho avuto la gioia, l’onore di curare per Idrovolante Edizioni.
È sempre un mestiere duro dover dire di sì o di no a un poeta, anche a quelli che non sono ancora cresciuti tanto da superare un concorso, ma che hanno in sé - sempre o quasi - un moto, una pulsione onesta, di carne, di sangue e di pensiero, che li conduca un po’ spaesati, vulnerabili e soli lungo le strade di città immaginarie, o reali.
È quindi con il più profondo rispetto e umanissima riconoscenza che mi assumo ogni responsabilità per questa selezione e per ogni mancanza di essa. Perché come nelle strade intricate e nei percorsi immaginari e immaginifici su cui piove la poesia, con variabili da meteorologia, nel metropolitano o nel periferico di campagne trasformate, è facile perdere e perdersi.
Oltretutto è necessario confrontarsi con le facciate monumentali della grande letteratura scolastica di cui tutti, bene o male, siamo imbevuti. Il lettore colto coglierà centinaia di sopravvivenze dei grandi Poeti della tradizione nazionale e internazionale in questi versi. Si aggiunga che nell’urbanistica incoerente della nostra esperienza umana - perché è di questo che parla la Poesia - siamo costretti a misurarci con deviazioni, ostacoli, recinti e clausure, ma anche improvvise spalancate vastità, che sorprendono l’anima e la mente. Ecco che mi piace pensare a questi nostri poeti come dei passeggeri, diurni, notturni, o che amino vagabondare nel cono d’ombra di un giorno che sorge o che muore sopra i tetti, i parcheggi e le case. Godendo dell’ambiguità delle ombre come dello spendore del cielo.
Non manca la natura, come in una vera città, intrusiva, maltrattata, delusa, o onorata e coltivata come in un parterre di città d’arte.
Così come non manca la luce solitaria e gialla dell’appartamento che ci capita di scorgere e distinguere nello sciame di luci artificiali dei nostri abitati. È in quella stanza che si lotta, si ama, si fa l’amore, si piange e si ride. È in quella stanza piccola e illuminata, come un segnale spia, che siamo stati tutti prima o poi. Questa isola di intimità urbana che diventa montagna solitaria o giardino d’estate, diventa marina estiva o chilometro d’autostrada mareggiato di nebbia, con gli stop degli autotreni dritti in faccia, o ancora discarica e sparpagliato.
In queste strade, fuori dai palazzi e delle case che amiamo immaginare dentro queste pagine, con il canto meccanico e sonoro dei chiavistelli, si aprono finalmente i portoni, e dalle scale, dai vani, dagli androni, i nostri poeti escono coraggiosamente da soli come un gatto del Colosseo
(per citare un Maestro a me caro e immortale il quale ha sempre fatto capolino da dietro il mio monitor del PC e che apre questa mia prefazione) e esulano fino ai deserti dell’Iraq o alla terra nera e silenziosa degli eccidi e delle stragi di guerra.
Poi l’erotismo ritorna con immagini vivide, cartelloni o prospettive rubate e seducenti, il panorama cambia, repentino e non c’è offesa.
Non c’è offesa nella piccola Babele delle ispirazioni e delle metafore, delle vicende, dei simboli che ci fanno da segnaletica, semaforo o segnaletica, ogni poesia attende il suo lettore come un’auto in un mite parcheggio. Come una persona che si addormenti sopra un tram, come il nostro piccolo destino che diviene qualcosa di più grande, per aggregazione. Ancora incontriamo dei solitari, bukowskiani, dei futuristi postmoderni, o dei romantici nostalgici di luoghi che furono e non sono più. Ma non voglio qui esagerare con le etichette. Spero di essere riuscito invece a ascoltare, e non è affatto facile, il primo vibrare dell’onda poetica, il segnale radio emergente dal rumore di fondo, senza farmi guidare troppo da categorie letterarie.
Non perché esse non siano importanti, tutt’altro: lo sono; ma perché ho cercato di privilegiare la ricezione più che la catalogazione.
Lasciamo che sia il lettore a dare un senso a queste prospettive e un volto, personale, ai nostri ispirati autori: così ho dismesso, almeno di primo acchito, la veste del critico letterario e ho vestito i panni dell’osservatore, mi sono fatto antenna, parabola appesa ciondoloni a un balcone sconosciuto, o se vogliamo fotografo di strada, mestiere che è tornato proprio utile alla scrivania di curatore. Ho cercato di raccogliere e accogliere, e se una scelta è stata inevitabile alla fine, essa è avvenuta, mi auguro, nello spirito di conservare una polifonia e una polisemia anche disomogenea e sia pur disorganica - me ne assumo anche qui la piena responsabilità - poiché poliforme era, mi pare, la consegna e forse jazzistico il risultato.
Ci terrei per onestà a invitare tutti i poeti a riscoprire la metrica, alcuni ne hanno dato significativa prova di vitalità, oltre alla freschezza dell’ispirazione e delle immagini. Come si vedrà comunque domina il verso libero, con poca sorpresa, e personalmente un po’ di rammarico (mi sia concesso). Tuttavia, privilegiando la chiarezza del moto poetico iniziale, non posso che dirmi modestamente soddisfatto del drappello di poeti di strada
qui raccolti. Con la speranza che l’avventura prosegua e continui, come vive e si espande un tessuto viario, una rete di vene percorse dagli uomini.
Proprio così, ecco, proprio come inizia e prosegue il viaggio di Odisseo, cantato da un altro Immortale a me caro:
«And then went down to the ship,
Set keel to breakers, forth on the godly sea, and...»
...perché la strada poi, e questo è il bello, abbandona le metropoli, attraversa i deserti, scavalca le montagne, si stiracchia sopra fiumi e voragini, serpeggia fra i canyon e si fa sentiero, pista, sterro, Via della Seta, rotta sul Mare Oceano o landa desolata
e porta con se le voci, le vite, il corpo e il nostro spirito in luoghi che neanche sappiamo esistere.
L’imprevisto glorioso della nostra limitata mortalità. Questo vorrei che rimanesse, e piano sbiadisse...
come un lampione intermittente, all’alba, lungo strada.
P.S. - Ringraziamenti
A Daniele Dell’Orco di Idrovolante Edizioni per la fiducia accordatami e la pazienza elargita. Al mio Jormungandr, ai miei gatti, piccoli déi di gioia, fra cui Seska, in prima fila. Agli autori, a chi ha partecipato, ai grandi Poeti che respirano con noi e soprattutto ai lettori che sentono
le Muse. Grazie dal profondo del cuore.
agosto
di Sonia Agnesi
Rosso geranio colore dell’allegria
Risata del crepuscolo
Tappeto di casa mia.
È dolce sentirsi cullati
Nell’oceano di verde tra prati blu
Della terrazza sul Mondo che si vede da quassù!
Le margherite e la casetta se ne stanno da sole
Il basilico profuma di sale e di mare
Tra i rovi di sotto spuntano già