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Di chi la colpa dell'arretratezza del Mezzogiorno III Parte: Volume III
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Di chi la colpa dell'arretratezza del Mezzogiorno III Parte: Volume III

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Volume III Dalla pace di Amiens ai prodromi della I Guerra Mondiale
LanguageItaliano
Release dateOct 27, 2020
ISBN9791220213257
Di chi la colpa dell'arretratezza del Mezzogiorno III Parte: Volume III

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    Di chi la colpa dell'arretratezza del Mezzogiorno III Parte - Concetta M.A. Malcangi

    CONCETTA  MARIA  ALDA  MALCANGI

    DI CHI LA COLPA

    DELL’ARRETRATEZZA DEL MEZZOGIORNO?

    PARTE III

    gloriam qui spreverit, veram habebit

    Tito Livio, Storia di Roma, XXII, 39,19

    L’ITALIA

    DALLA PACE DI AMIENS

    AI PRODROMI DELLA PRIMA GUERRA

    MONDIALE

    25 MARZO 1802 – 28 GIUGNO 1914

    ESEGESI STORIOGRAFICA

    Un peuple opprimé a toujours mérité sa peine:

    la tyrannie est l’oeuvre des nations,

    ce n’est pas le chef-d’oeuvre d’un homme

    Marquis de Custine, Lettres de Russie, pag. 114

    CAPITOLO I: DALLA PACE DI AMIENS A NAPOLEONE IMPERATORE E RE D’ITALIA

    1. dalla pace di Amiens alla ripresa delle ostilità con l’Inghilterra: 25 marzo 1802- 18 maggio 1803

    La pace di comodo appena conclusa ad Amiens permette al Bonaparte di pensare al futuro; un futuro da tempo, in famiglia, programmato. Quando, nell’ormai lontano 1799, da primo Console era entrato alla Tuileries, rivolto al vecchio compagno di collegio aveva esclamato: "…Bourrienne; ce n’est pas tout que d’ètre aux Tuileries; il faut y rester (1). E, alle Tuileries già dimora dei Re, le antiche abitudini, i vecchi riti, lentamente tornavano di moda; e se, per esempio, l’accreditamento degli ambasciatori si svolgeva alla presenza dei tre Consoli …ce qui distinguait le premier consul de ses collègues, c’est qu’en sortant des audiences officielles, on allait chez madame Bonaparte, comme autrefois chez la reine, aprés avoir été présenté au roi. Ainsi, les anciens usages de la royauté s’infiltraient peu à peu dans la demeure royale …" (2).

    Se, entrati alle Tuileries, alle Tuileries si doveva restare, era importante eliminare subito opposizione ed oppositori. E così, avendo …scoperto che il Tribuno Beniamino Constant si adoprava presso alcuni suoi Colleghi inreligiosi o turbolenti, per opporsi al Concordato allorquando fosse stato proposto alla discussione del Tribunato… (3), il Primo Console approfitta del rinnovo dell’organo - che per un quinto e senza precisa regola, doveva avvenire nell’anno in corso - per far decidere …dal Senato, ormai a se divoto, coloro che dovevano rimanere tanto nel Tribunato che nel Corpo legislativo… (4). Eliminata sbrigativamente la concorrenza, il Concordato viene promulgato il 5 aprile del 1802 ed il 18 dello stesso mese, giorno di Pasqua, il Primo Console si reca …pomposamente alla Cattedrale di Parigi a rendere grazie all’Altissimo pel ristabilimento del Culto Cattolico in Francia… (5); rimanendo comunque gli atti della Corte di Roma, sottoposti all’autorizzazione governativa; in altri termini, all’exequatur regio.

    All’inizio di questo 1802, pace è fatta con la Chiesa e pace è fatta pure con l’Inghilterra anche se, firmando il trattato d’Amiens, Albione e Bonaparte sapevano che non sarebbe durato perché la prima non avrebbe mai rinunciato a combattere l’ambizione sfrenata del secondo (6) il quale, da parte sua, sapeva che il 25 marzo di questo 1802, firmando una supposta pace, l’Inghilterra solo firmava una tregua. Le clausole del trattato erano infatti tali che alla guerra si sarebbe giunti comunque e molto presto. Era evidente a tutti che l’Inghilterra non avrebbe evacuato Malta, …parce qu’une puissance maritime ne se dessaisit pas d’une île qui commande la Méditerranée… (7); e neppure la preoccupava la clausola alla quale aveva acconsentito; la restituzione ad un ordine religioso che il Bonaparte aveva distrutto. Doveva, quest’isola, essere il motivo, essere la causa, della rottura del trattato di Amiens; e questo, il Bonaparte, l’aveva messo in conto. Quel che, al momento, gli interessava era consolidare immagine e potere di un Bonaparte Primo Console, in Francia ed in Europa. Ed a questo, la pace, era pur servita e ben servita, visto che "…cette fière Angleterre, si hautaine jusque là envers le premier consul, traitait avec lui comme chef de la France…" (8).

    Acquistate, grazie a pace e concordato, autorità in Europa e benevolenza da parte di Pontefice e Clero, alla ricerca di novelli fans, il Primo Console immagina "…di mescolare insieme uomini di diverse opinioni per ridurli più facilmente a servire alle sue proprie… (9). Concede quindi a tutti i fuoriusciti che tornati in Francia entro il 23 settembre 1802, giurassero fedeltà al nuovo Governo, perdono e restituzione dei beni; quelli invenduti, e quelli non esplicitamente esclusi (10). La lista degli emigrati, all’origine di circa 150.000 persone, fra morti e già rimpatriati, al momento ne comprendeva 80.000; di costoro 30.000 accettano il provvedimento (11); in massima parte, realisti e clero; i primi, perché …credevano essere intendimento del primo console il rimettere in trono la famiglia borbonica; i secondi, perché si mostrava protettore della religione, e tutti poi, perché erano stanchi e travagliati da lungo e misero esilio..." (12). Quanto alla restituzione dei beni, in parte già alienati - abbandonata l’idea di farne un monte da ripartire in proporzione - viene adottato il criterio, senza dubbio più semplice, ma sicuramente ingiusto, di rendere all’avente diritto, quel che rendere si poteva; in tal modo i Fortunae filii, tornano ricchi e gli altri rimangono poveri in canna (13).

    All’inizio del maggio di questo 1802 mentre, con il ritiro delle …sue truppe dai posti che lungo l’Adriatico occupavano nel Regno di Napoli, e nello Stato Pontificio… (14), fa esibizione di una sua concreta volontà di pace, il Bonaparte manovra, all’interno, per rafforzare il proprio potere. Provvede alla formazione di …un Consiglio privato, da consultare riguardo ai trattati colle Potenze, affine di non incontrare qui pure nessun’opposizione. Già ogni forma di antagonismo e d’equilibrio lo disgusta, né intende se non il comando e l’obbedienza; moltiplica istituzioni buone, ma senza libertà; rimove quei che gli furono scala a salire; una severa polizia tormenta chi non vuole lasciarsi guadagnare dagli onori… (15). Ottenuto il raddoppio della carica il Bonaparte si atteggia a restio; finge umiltà e si dichiara disposto ad accettare il nuovo sacrificio a condizione che, ad imporglielo, sia il voto popolare. Convocato il Senato, e malgrado l’opposizione di autorevoli membri, fra cui Lanjuinais e Carnot (16), i Consoli a latere propongono che sia il popolo a decidere "…se Napoleone Bonaparte doveva essere Console a vita (17). Il voto popolare conferma le aspettative; su …tre milioni cinquecento settantasettemila dugento cinquantanove cittadini che aveano dato il loro suffragio, tre milioni cinquecento sessantottomila cento ottantacinque desideravano che Napoleone Buonaparte fosse console a vita… (18); …soltanto otto mila trecento sessantacinque…" (19) sono i contrari. E non vi è dubbio alcuno sull’autenticità del risultato, perché il favore di cui al momento, in Francia, godeva il Bonaparte era veramente generale. E, va riconosciuto che molto aveva fatto per meritarlo, il favore dei Francesi.

    Non attende, il tuttavia Primo Console se pur a vita, per maggiormente assicurare il proprio potere ed il 12 maggio - dall’esito del plebiscito sono trascorsi solo due giorni - un Senatus Consulto decreta: "…Il Senato sulla proposizione del Governo regolasse tutto ciò che non era stato prevveduto dalla Costituzione, annullasse le sentenze de’ tribunali attentanti alla sicurezza dello Stato e disciogliesse il Corpo Legislativo ed il Tribunato. Quest’ultimo dal principio dell’anno decimoterzo (ventitrè settembre mille ottocento quattro) fosse ridotto a cinquanta Membri. Ambedue i Collegj poi fossero rinnovati intieramente, se il Senato ne pronunziasse il loro scioglimento…" (20).

    Ma, nella tarda primavera di questo 1802, quale la situazione dell’Italia? Nel corso della trattativa della pace di Amiens la Francia avrebbe desiderato il riconoscimento da parte Inglese del Regno di Etruria e delle nuove Repubbliche (21). Opponendo però l’Inghilterra a tale riconoscimento la restituzione del distretto di Olivenza al Portogallo, dello Stato dei Presidi al Re di Napoli e del Piemonte al suo legittimo Re (22), dal Ministro francese la questione viene abbandonata …non essendo di alcun vantaggio per la sua repubblica la ricognizione di quelle Potenze… (23). Date tali premesse, nella Penisola questa è la situazione: Piemonte e Ducato di Parma, sono zone militarmente occupate dalla Francia; se non annesse, di fatto sottoposte al giogo gallico. Morto, o fatto morire, Ferdinando I (24); tra Firenze, Napoli, Caserta e Roma, ramingo il buon Carlo Emanuele IV. Il 4 giugno di questo 1802 - poco tempo è trascorso dalla morte dell’amatissima moglie Maria Clotilde (25) - abdica in favore del fratello Vittorio Emanuele che prende subito possesso della Sardegna, quel che, del Regno, rimaneva (26). Re Ludovico I, ben protetto da Gioachino Murat, al momento regna in Etruria. La Repubblica Cisalpina - in attesa di divenir Regno - già divenuta Repubblica Italiana, si estendeva ormai oltre l’Emilia e Romagna giungendo ai confini della Marca. Una Repubblica Italiana (27) il cui primo Presidente, eletto nel gennaio di questo 1802 a Lione, in Francia, è un certo Bonaparte al momento solo Primo Console e non ancora a vita. Di fatto in Francia il Presidente, e in ben altre faccende affaccendato, il Governo di questa provvisoria repubblica è, per sua fortuna, in mano ad una persona onesta: Francesco Melzi d’Eril, a Lione eletto Vice Presidente (28). Uomo …incorruttibile, nemico dell’orgoglio dei grandi, e perché abborrendo i frutti della francese rivoluzione vi scorgeva peraltro i semi di un governo felice. Sapevano gl’Italiani come in ogni incumbenza fosse stato sempre tutore della giustizia, e come avesse alzata franca la voce contro la violenza militare dei Francesi e dello stesso Bonaparte… (29). Inizia così, …uno de’ più floridi e quieti tempi per questo paese; lontano il presidente, buono e amato Melzi che ne sosteneva le veci, distrutto ogni privilegio aristocratico, favorito il sapere, facili i pagamenti, vivo il commercio, crescente l’esercito, calde le speranze. Ma fin d’allora gli accorti dicevano, che la Repubblica Italiana era un regno predisposto… (30).

    In pace, perché appartenente all’Austria la Serenissima, la Repubblica di Genova vive i propri ultimi travagliatissimi giorni di pseudo-libertà. …Secondo le istruzioni avute dagli Agenti di Bonaparte, sin dal precedente anno essi avevano compilata una Costituzione… (31) che, salvo gli specifici e non ovviabili requisiti di una Repubblica marinara, dalle altre Costituzioni repubblicane non si differenziava. Eseguito il compito assegnato, il Presidente della Commissione di Governo si premura di informare il Bonaparte e di chiedergli "…vasto Impero, ndr) i di cui interessi gli erano affidati, d’impiegare pochi momenti a prò di un popolo amico costante de’ Francesi, ed elegesse i suoi primi Magistrati. Tale essere il voto della Commessione di Governo, e della Consulta legislativa…>…" (32). Il Bonaparte approva e, come ovvio, nomina Senatori e Doge eletto in persona di Girolamo Durazzo (33). Evviva la libertà! In attesa di formare, unita a Piombino, un Principato di cui il nostro farà dono alla sorella Elisa, di fatto territorio militarmente occupato la Repubblica di Lucca. In carenza di preda appetibile, indipendente, continua ad esistere la libera Repubblica di San Marino. Migliore la situazione nello Stato Pontificio e nel Regno di Napoli ove i Sovrani, possono iniziare …a sollevarsi alquanto dai sofferti disastri… (34).

    Interessante, a proposito della situazione dell’Italia alla fine di questo 1802 e all’inizio dell’anno seguente, questo passo del Botta: …Continuossi a vivere qualche tempo in Italia, eccettuata la parte veneta, dal Piemonte fino a Napoli con due governi, l’uno di nome, l’altro di fatto. In Piemonte piuttosto Menou che Bonaparte regnava; in Parma piuttosto Bonaparte che San Mery (35); a Genova piuttosto il Consolo che il Senato; in Roma piuttosto il Consolo che il Papa; in Toscana piuttosto Murat che Lodovico; in Napoli piuttosto Napoleone che Ferdinando… (36).

    Il problema degli indennizzi al Duca di Modena e al Granduca di Toscana, indennizzi rimasti a carico dei Principi dell’Impero, trova soluzione con l’accordo firmato il 25 febbraio del nuovo anno, sulla base di una mediazione che il Primo Console desideroso di danneggiare l’Austria (37), si affretta ad offrire e lo Zar Alessandro I, interpellato, accetta di condividere. Una soluzione che non solo lascia l’amaro in bocca a Duca e Granduca entrambi danneggiati (38) ma, pensionato l’Elettore di Treviri, morto nel 1801 quello di Colonia (39), e designati nuovi Elettori il Margravio del Baden, il Duca di Würtemberg ed il Langravio di Assia-Kassel (40), l’equilibrio degli Elettori, cambia a danno dell’Austria, Cattolica; d’ora innanzi gli Elettori saranno, …quattro Cattolici, ed altri e tanti Protestanti, mentre dianzi erano cinque i Cattolici, e soltanto tre i Protestanti… (41). Poco comunque servirà la manovra; men di quattro anni saran trascorsi e, Napoléone Imperante, il Sacro Romano Impero solo apparterrà alla Storia.

    Mentre preparava la mediazione fra i Principi dell’Impero, il nostro non trascurava la Svizzera. "…Secondo un articolo del trattato di Luneville, le potenze contraenti guarentivano la indipendenza delle repubbliche batava, elvetica, cisalpina e Ligure e il loro diritto di scegliersi quella forma di governo che più stimassero a sé conveniente, ma il primo console aveva già deluso quell’articolo operando con segrete pratiche nella Olanda, nella repubblica cisalpina e nella ligure que’ cambiamenti che più erano acconci a’ suoi disegni, e colla forza si apparecchiava sul principio di quest’anno a far lo stesso nell’Elvezia… (42). Deciso, in una Dieta tenuta a Berna all’inizio del 1802, il ritorno all’antico ordine federativo, sulla sua base viene predisposta una Costituzione, che si ritiene opportuno sottoporre al Bonaparte; il Primo Console l’approva a condizione …che sei membri dell’opposta parte fossero ammessi dal governo svizzero alle deliberazioni… (43). Ai primi d’aprile, la minoranza pro-francese, approfitta della sospensione della Dieta in occasione della Pasqua (44) per, esclusi i membri contrari, approvare una nuova costituzione di tipo francese; nuova costituzione che il Primo Console approva sconfessando, di fatto, la decisione precedente. …Quindi per mostrare di lasciar quel paese in piena libertà…" (45), ben sapendo quel che, per merito suo, sarebbe inevitabilmente successo, ritira le sue truppe. La guerra civile che si scatena ed il conseguente, all’inizio del nuovo anno, ritorno in forze dell’esercito Francese per riportare l’ordine (46), induce gli Svizzeri a non opporsi al volere di colui che il potere di fatto esercitava. Accettano quindi i dictat del Bonaparte che divide la Svizzera in diciannove Cantoni fornendo ad ogni Cantone, una propria Costituzione; ad hoc, ça va sans dire. Decisa la sorte della Svizzera, come se della Svizzera fosse il Sovrano, con la Svizzera il Bonaparte conclude pure un’alleanza in base alla quale …sedicimila Svizzeri sarebbero sempre al soldo della Francia e in tempo di guerra ottomila di più; che i cantoni negherebbero ogni passaggio pel loro territorio ai nemici della Francia e manterrebbero in piede cinquemila uomini ad un tal fine… (47). Né si dimentica, effettuati alcuni arresti, di spillar denaro imponendo una contribuzione straordinaria di seicentomila franchi per il mantenimento delle truppe Francesi (48). Stacca inoltre dalla Confederazione il Vallese …(occupato similmente dalle sue truppe) facendolo dichiarare indipendente, e ciò per facilitare la costruzione della strada del Sempione, e le communicazioni tra la Francia e l’Italia… (49). …Frattanto i suoi soldati stanziavano in tutti gli elvetici cantoni, e se si eccettui la militare coscrizione… (50), alla quale gli Svizzeri si erano gagliardamente opposti, l’occupazione continuava tranquilla. Ma se, all’inizio del 1803 - contenti i Francesi - il tuttavia Primo Console dominava in Francia, dominava pure, non tutti felici, nell’Italia settentrionale ed in Svizzera. Appare chiaro che l’occupazione di fatto della Svizzera; l’aver fagocitato il Piemonte e l’inglobazione del Ducato di Parma e Piacenza in una, di nome Repubblica Italiana, ma di fatto già dominio del Bonaparte più che della Francia, non possa piacere all’Inghilterra. Purtroppo alle lagnanze Inglesi i Ministri Francesi opponevano giustamente che "…. Né dicevano il falso, poiché all’epoca di quell’accordo tanto il Piemonte che la Svizzera erano già di fatto dipendenti dalla Francia. All’opposto il Primo Console chiedeva che Si raccomandasse poi ai Principi Borboni che allora dimoravano in Inghilterra, di recarsi a Varsavia dove risiedeva il Capo della loro famiglia> (52). A tali richieste si aggiungevano amare lagnanze pel ritardo frapposto dagl’Inglesi nello sgombrare il Capo di Buona Speranza, Alessandria nell’Egitto e Malta…" (53). Ma nel febbraio di questo 1803, già rimesso il Capo di Buona Speranza alla Repubblica Batava ed Alessandria agli Ottomani, in mano Inglese solo rimaneva Malta. Senza esito la missione diplomatica del Gran Maestro Giovanni Battista Tomasi di Lampedusa (54) l’Isola rimaneva in mano Inglese malgrado fosse pronta in Messina la guarnigione Napoletana prevista dal trattato d’Amiens (55). Che gli Inglesi non avrebbero evacuato Malta il Bonaparte non solo non poteva non immaginarselo, ma lo aveva messo in conto come motivo per rompere la pace (56). D’altra parte il Primo Console aveva avuto sia tempo che chance per rifornire, Malta ed impedirne la resa per fame. Il Doublet (57), Commissario Francese a Malta all’epoca del colpo di Stato del 18 brumaio, il 20 ventôse del 1800 - l’11 marzo - aveva inviato al novello Primo Console una lettera nella quale - espresse le felicitazioni per la nuova carica sicura salvezza della Repubblica - chiedeva aiuti. "…La république est sauvée! […] Hâtez-vous aussi de sauver Malte: des hommes et des vivres; il n’y a pas de temps à perdre *. Son acquisition à la république a été votre ouvrage: votre gloire est intéressée à ce qu’elle nous reste […] Doublet…" (58). Ma gli aiuti non erano giunti. Perché in altre faccende affaccendato il Primo Console - il consolidamento della sua nuova posizione - o perché un’eventuale caduta di Malta in mano Inglese (59) tutto sommato gli tornava in conto? Malgrado la palese tensione internazionale, i negoziati seguono comunque anche grazie all’intervento del Re di Prussia (60) e dello Zar Alessandro che propone: (62). Condizioni, queste, che non tornano gradite al Bonaparte il quale avrebbe forse desiderato ritardare la rottura della pace (63); stava infatti operando per incutere timore all’Inghilterra ed aveva, a tal fine, tentato di rinnovare quella lega marittima del Nord che la morte dello Zar Paolo aveva rotto. Una prospettiva che abortisce sul nascere in seguito all’incontro avvenuto a Memel (64) tra Alessandro I e Federico Guglielmo III (65). Quanto alle trattative che, inconcludenti, si protraggono a Parigi tra il Talleyrand ed il Withvorth, vengono bruscamente interrotte dal Bonaparte. Nell’intervento diretto con l’ambasciatore Inglese - dimentico di colpe ed usurpazioni proprie (66) - opposto con veemenza un mancato rispetto delle clausole, il Primo Console si allontana senza conceder possibilità di replica. Così si chiude la trattativa (67). Il 10 maggio il Withvorth lascia la Francia, l’omologo francese Andreossi l’Inghilterra e, caduta nel vuoto l’offerta di mediazione di Federico Guglielmo e di Alessandro, il 18 maggio Albione dichiara guerra alla Francia.

    2. dalla rottura della pace a Napoleone Imperatore e Re d’Italia. 18 maggio 1803/26 maggio 1805

    Anche se è probabile, la sfuriata del Bonaparte avesse solo un fine intimidatorio (67bis), deflagrata ormai la guerra, il Primo Console non attende per inviare il Generale Mortier ad occupare il dominio personale del Re d’Inghilterra: l’Elettorato di Hannover (68). Paghi, i Principi dell’Impero, Austria e Prussia compresi (69), …della dichiarazione del Buonaparte ch’egli, mentre occupava l’Annover, non intendeva già appropriarselo, ma solamente avere in sua mano un pegno per l’isola di Malta che gl’Inglesi contro i patti si ritenevano… (70). Però il Mortier non si limita all’occupazione dell’Elettorato; seguendo gli ordini del Bonaparte, occupa il porto di Cuxhawen sottoponendo …all’arbitrio delle dogane francesi la libertà del navigare, e le franchigie de’ traffichi per le riviere e sulle terre franche dell’Imperio tedesco… (71). E non è tutto perché i comandanti francesi impongono ai Magistrati di Amburgo e Brema rilevanti imposizioni pecuniarie; e le impongono "…in termini tanto positivi e minaccevoli, che a’ mezzani […] altra facoltà non rimane, che di moderare alquanto le pretensioni, e ridurle a segno che paresse men grave il concedere, che pericoloso il negare…" (72).

    Rotta la pace, l’Inghilterra dispone il sequestro delle navi francesi ed olandesi presenti nei suoi porti; ordina che nulla si ceda di quanto non ancora ceduto e possibilmente si recuperi quanto già reso. Ben diverso il comportamento della Francia; il Bonaparte impone l’arresto di tutti gli Inglesi presenti al momento in Francia …affinchè, diceva egli, servissero di ostaggio per que’ Francesi che gl’Inglesi farebbero prigionieri sopra i bastimenti che navigavano ignorando la rottura della pace… (73). Costretta la Repubblica Batava (74) a scendere in campo con la Francia, il Primo Console tenta trascinar nell’agone Spagna e Portogallo, obbligate entrambi a comprar a caro prezzo la neutralità. A dir del Coppi, nel 1805 l’ormai Napoléone userà il denaro spillato per finanziare una spedizione contro l’Inghilterra (75).

    Ma intanto, mentre - in seguito all’invasione dell’Hannover, bloccate dagli Inglesi le foci dell’Elba e del Weser - gravi danni subisce il commercio della Germania occidentale (76) vana risultando la mediazione Prussiana (77), che avviene in Italia? Occupate le fortezze in quel di Genova, i Francesi tornano ad invadere i lidi Adriatici del Regno di Napoli. Se pur obtorto collo - le circostanze sono tali che non consentono opposizione - Ferdinando dichiara …di voler osservare una stretta neutralità… (78). Neutralità che, rispettata, gli consente di continuare l’opera di riequilibrio dei conti pubblici. Una commissione appositamente designata, riceve l’incarico "…. Per tale effetto fossero a disposizione della Deputazione non solo i beni dei banchi ascendenti al valore di tredici millioni di ducati, ma altresì altri beni pubblici sino alla somma sufficiente>…" (79).

    Quanto alla Repubblica Italiana, suo primo Presidente il Primo Console, può forse esimersi dal prender parte alla guerra? Evidentemente no. Attuata infatti la coscrizione (80), una divisione parte per Napoli ed una seconda, nel mese di novembre di questo 1803, per la Francia; destinata, quest’ultima, …a far parte della Spedizione contro l’Inghilterra… (81). Un grande merito va però riconosciuto al Bonaparte, e di questo dobbiamo essergli infinitamente grati. In qualità di Primo Presidente della Repubblica Italiana stabilisce, in questo anno, che …vi fosse in tutta la repubblica uniformità di pesi e di misure. La diecimillionesima parte del quarto del meridiano terrestre costituisse la nuova unità di misura lineale, e fosse denominata metro. Tutto poi si dividesse e progredisse col sistema decimale. Il metro fosse diviso in dieci palmi. Mille metri determinassero la lunghezza di un miglio. Un quadrato di cento metri costituisse la nuova misura de’ terreni […] Il metro cubico fosse l’unità di misura dei solidi. La decima parte del medesimo servisse di unità alla misura di capacità… (82)

    Nell’ottobre di questo anno, si spengono: il giorno 8 l’Alfieri ed il 14 Ercole III d’Este. Con Vittorio scompare un grande Italiano; scompare un uomo che ha fatto della libertà la propria bandiera; con lui scompare …l’uomo nuovo che si pone in atto di sfida in mezzo a’ contemporanei, statua gigantesca e solitaria… (83). Con Ercole d’Este si estingue …la linea agnatizia della Casa d’Este. Traeva essa l’origine certa da Alberto Azzo Signore d’Este nel secolo undecimo e padre di Guelfo e di Folco… (84).

    All’inizio del nuovo anno, il 1804, ultimata la stesura del nuovo Codice Civile, il 20 marzo entra in vigore; per la Francia ed i Paesi ad essa soggetti (85). Quel che appare quantomeno strano è che il nuovo codice civile entra in vigore anche nella Repubblica Italiana; una Republica che, pur con Presidente Francese veniva dichiarata Indipendente e per la quale, nell’ormai lontano marzo del 1802 (86), il Legato francese Giuseppe Bonaparte, durante le trattative della pace di Amiens, aveva richiesto il riconoscimento;

    una richiesta poi abbandonata in quanto subordinata, da parte Inglese, a condizioni non accettabili per la controparte. Ma allora, mi domando, nel 1804 la Repubblica Italiana era Stato indipendente, o territorio sottoposto alla Francia? Era, per certo, una Res Publica destinata a divenir presto dominio personale di un tale al momento solo Console a Vita; un tale che di sé aveva una tale e non del tutto immeritata stima che, parafrasando il Cellini - se ne avesse letto la Vita - di sé sicuramente avrebbe detto: delli pari mia ne va forse un per mondo (87).

    Mentre il Bonaparte preparava …gli apparecchi militari per la stabilita Spedizione contro l’Inghilterra … (88), in Inghilterra, contro di lui si ordiva una congiura. Una congiura, senza dubbio, manovrata dal Fouché; quel che invece in dubbio resta è se siano proprio i suoi agenti a farla nascere, la congiura, o se invece, in una congiura sul far del nascere, metta lo zampino. Quel che il Papi, contemporaneo dei fatti scrive, indurrebbe a ritenere che la congiura vagamente ipotizzata e tuttavia in fieri, dagli agenti del Fouché sia stata organizzata e spinta (89). Su di un bastimento inglese comandato dal capitano Wright, sbarcano in Francia i congiurati: …Giorgio Cadoudal, il Generale Pichegru che da Cajenna in cui era stato relegato era fuggito in Inghilterra, ed altri Fuorusciti Francesi, fra i quali il Marchese di Riviere, e due fratelli Polignac… (90). Sembra che il piano prevedesse che il Cadoudal, con una pattuglia di uomini travestiti da …Guardie consolari dovesse arrestare il Bonaparte per indurlo a deporre il potere, e occorrendo lo trucidasse… (91). Quale fosse realmente il piano e cosa poi sia in effetti accaduto, non sono riuscita, con certezza, ad appurare; ritengo però che, al di là delle pianificazioni, nulla si sia concretizzato perché progetti e mosse dei congiurati erano, se non diretti, quantomeno monitorati dagli agenti di un giubilato Fouché (92) il quale, sventata la congiura, riottiene l’ambito incarico. Quale la fine dei congiurati? Condanna a morte per Cadoudal ed altri undici congiurati; forse suicidi in carcere il Generale Pichegru ed il Capitano Wright (93); due anni di carcere per Moreau (94) commutati in esilio. Il Fouché, all’epoca Ministro di Polizia aveva avvertito il Bonaparte …del pericolo ch’egli correva, se quel generale (il Moreau, ndr) fosse condannato a morte… (95). Dietro la congiura appena scoperta si intravvedono nomi importanti; secondo il Coppi il Pichegru, spesso ospite del Cadoudal, viene scambiato per il Duca d’Enghien (96) …che da qualche tempo dimorava in Ettenheim nel territorio del Duca di Baden. Un Agente di polizia inviato colà per esplorare… (97) accresce i sospetti ed il rapimento del Duca viene presto organizzato. Un distaccamento militare Francese nella notte tra il 14 ed il 15 marzo di questo 1804 entra nel territorio del Duca di Baden, rapisce il Duca d’Enghien e lo trasferisce a Vincennes ove giunge il giorno 20. La sera stessa il Bonaparte decreta che (98). Alla tempestiva nomina dei Giudici provvede il Murat; il processo, che inizia all’istante, senza neppur la parvenza di un difensore, si conclude in due ore con la condanna a morte. Rigettata la richiesta del Duca di parlare al Primo Console, la condanna viene eseguita immediatamente senza neppur concedere al condannato il soccorso della Religione (99). Pierre-Auguste Hulin, chiamato dalla sorte a presiedere la Commissione giudicante così giustifica il proprio operato. Il 20 marzo 1804, convocato alle sette della sera dal Generale Murat, riceve l’ordine di recarsi a Vincennes in qualità di Presidente di una commissione che colà si sarebbe riunita. Qui di seguito quanto riferisce: …sur l’observation que j’avais besoin d’un ordre de sa main, il ajouta: J’ignorais entièrement le but de cette commission. Long-temps après mon arrivée à Vincennes, je l’ignorais encore… (100). Nessuno dei membri della Commissione, giunti alla spicciolata, conosceva il motivo della convocazione. Lo stesso comandante del Castello, era totalmente all’oscuro di quel che stava accadendo e, vedendo la sorpresa del Generale aggiunge: "…<Que voulez-vous? Je ne suis plus rien ici […] C’est un autre qui commande ici>. En effet la gendarmerie d’élite remplissait le château… (101). Uno dei convocati, …ayant reçu l’ordre de se rendre de suite à Vincennes, sans autre explication, s’imagina qu’on l’y envoyait pour tenir prison… (102). Alle dieci della sera del giorno 20, una Commissione di Colonnelli - i gradi guadagnati solo in battaglia – priva quindi di una se pur minima conoscenza giuridica, apprende di esser convocata in veste di Tribunale Militare per un giudizio immediato; la Presidenza al più anziano in grado, l’Hulin, appunto. Il processo inizia subito; terminato l’interrogatorio, la Commissione visto che …le prince, avant de signer (il verbale, ndr), avait tracé, de sa propre main, quelques lignes où exprimait le désir d’avoir une explication avec le premier consul …" (103), propone venga sospesa la seduta e la domanda inviata al Governo. Ma il Generale che, alle spalle dell’Hulin (104), sovraintendeva agli eventi rigetta la domanda come inopportuna; ai Colonnelli, in una commissione militare, non resta che l’obbedienza.

    Durante l’interrogatorio il Duca, respinta l’accusa di aver partecipato direttamente o indirettamente al complotto contro il Primo Console, riconosce, con una fierezza che nell’interesse dell’imputato, la commissione non riesce a far variare, di aver portato le armi contro la Francia per sostenere i diritti della propria famiglia; chiede solo di poter parlare con il Primo Console (105). Già respinta - dal Generale che sovraintendeva alla Corte di Colonnelli - la richiesta di colloquio con il Bonaparte la Commissione avrebbe potuto, e dovuto, dichiararsi incompente. Per dichiararsi incompetente, avrebbe però dovuto possedere quantomeno un’infarinatura giuridica che nessuno dei componenti - guadagnati i gradi in battaglia - possedeva. Il quesito non viene quindi sollevato e in assenza di un difensore, che nessuno dei Commissari pensa di nominare ed il Principe non chiede, si arriva alla condanna. Il processo viene verbalizzato in una serie di bozze incomplete e non firmate dal cancelliere; semplici bozze, quindi, che non potevano comportare l’immediata esecuzione di una sentenza formalmente tuttavia non rata (106).

    Non solo condanna senz’appello ed esecuzione immediata, per il Duca erano già decise prima del suo arrivo a Vincennes - il 20 marzo a las cinco de la tarde - ma a quell’ora, a Vincennes, del condannato tuttavia in fieri, era già predisposta la sepoltura. Questo, infatti, è ciò che leggiamo nei verbali della Commissione d’inchiesta - nominata da Luigi XVIII il 20 marzo 1816 - su processo, condanna ed esecuzione del Duca d’Enghien. Interrogato dalla Commissione, Louis-François Bonnelet, operaio, dichiara: 1) che alle tre del pomeriggio del giorno stesso in cui il Duca d’Enghien veniva condotto a Vincennes - vi arriverà alle cinque (107) - il Governatore del Castello gli aveva ordinato di scavare, ai piedi del padiglione della Regina una fossa per le immondizie; 2) che la fossa scavata, era profonda due piedi e mezzo, larga tre e lunga circa sei (108); 3) che l’indomani l’accesso al luogo era impedito, ma il giorno successivo la fossa era chiusa con la terra sistemata alla maniera di sepultura; 4) che per un certo tempo, di cui però non ricordava la durata, una sentinella aveva impedito a chiunque di avvicinarsi al fossato; 5) che a Vincennes correva voce che il Duca d’Enghien fosse stato fucilato e sepolto nei fossati del Castello. Una deposizione, questa, confermata dal Signor Guillaume-Auguste Godard all’epoca impiegato come artificiere al Castello. Riferisce che il 20 marzo del 1804 - l’esecuzione del Duca d’Enghien avviene nella notte fra il 20 ed il 21 - gli era stato ordinato di consegnare, ed aveva consegnato alle guardie che si erano presentate in magazzino, tre badili e tre vanghe; aggiunge che il giorno seguente, andando a recuperare badili e vanghe nel fossato del Castello, recupera …ses pelles et ses pioches qui étaient jetées çà et là sur une fosse nouvellement faite, et présentant une élévation d’un pied au-dessus de terre, dans la forme d’une sépulture… (109). Fatti, questi, confermati da Madame Bon, insegnante delle figlie del Governatore di Vincennes. Il 20 marzo del 1804, verso le cinque del pomeriggio riportando le ragazze a casa, aveva visto arrivare nella corte del Castello una vettura a sei cavalli dalla quale era sceso un distinto Signore, accolto, dal Comandante Harel. La teste dichiara che, dalla stessa Signora Harel aveva appreso che il personaggio era presumibilmente un Principe la cui identità sembrava non conoscere lo stesso Comandante. Il giorno successivo …on lui dit que le personnage, qu’elle avait vu la veille, était Mgr. Le duc d’Enghien, lequel avait été fusillé dans la nuit, et enterré sur-le-champ dans les fossés; qu’on lui en montra même la place, dans une enceinte au pied du pavillon de la Reine, formée par le petit mur de quatre à cinq pieds de hauteur… (110). Ascoltate le testimonianze, i Commissari, accompagnati dal Prefetto di Polizia, dai Signori Bonnelet e Godard e dalla Signora Bon si recano al luogo indicato. Ai piedi del padiglione della Regina, cominciano gli scavi cui partecipa lo stesso Bonnelet che a suo tempo, la fossa aveva scavato. La punta di uno stivale che ben presto appare, assicura il successo dell’impresa. L’anello con diamante, la catena d’oro e les Soixante-dix pièces d’or, ducats, florins et autre, che assieme a quel che di corpo e abbigliamento rimaneva viene rinvenuto, ci dicono che, se non altro, alla salma del Duca era stato risparmiato lo spoglio (111). Al Duca d’Enghien erano arrivati numerosi, e non solo da amici, avvisi di pericolo uniti a consigli di abbandonare al più presto Ettenheim; lo stesso Talleyrand conoscendo …l’irritation du premier consul contre ces émigrés, et en redoutant les effets pour le duc d’Enghien, il fit prévenir ce prince, par une femme qui était près de lui et dont il était amoureux, de se tenir sur ses gardes et même de s’eloigner… (112).

    Esaminati gli avvenimenti, torniamo ai prodromi. Nelle memorie del Fouché leggiamo che il Governo Inglese, capta le aspirazioni Imperiali del Bonaparte nel momento in cui viene a conoscenza de "…la proposition qu’on fit aux princes de la maison de Bourbon de transférer au premier consul leurs droits à la couronne de France (113). N’osant en faire directement la proposition lui-même, il se servit, pour cette négociation délicate, du cabinet prussien dont il disposait à son gré (114). È proprio questa mossa del Bonaparte, unita ai preparativi che si stavano facendo per lo sbarco in Inghilterra (115) che, secondo il Fouché fa nascere la sfortunata congiura del 1804; sfortunata anche perché al di sopra delle capacità dei protagonisti (116). Appresa la notizia dell’ordine di trasferimento del Duca d’Enghien da Strasburgo a Parigi (117), alle nove della mattina del 20 marzo, il Fouché si precipita alla Malmaison ove incontra un Primo Console che, nervosamente e solo, passeggiava nel parco; dopo aver inutilmente tentato di evitare la catastrofe (118), il giorno successivo apprende che nella notte …Savary avait procédé à l’exécution du malheureux prince… (119). Questo delitto, che il Fouché qualifica errore (120), il …Buonaparte l’avea commesso, come la più parte dei delitti, per paura; paura di parer debole; e mentre si eseguiva, giocava agli scacchi, e ripeteva i versi che in lode della clemenza dicono l’Augusto di Racine e l’Alzira di Voltaire; poi nel suo testamento scrive: . Avea dunque posto il patibolo fra sé e la repubblica, fra sé e l’antica dinastia; non sarebbe più un Robespierre né un Monk; non restavagli che d’essere un re: e dopo colpi siffatti, chi s’arresta si perde…. (121). …Au moment où Bonaparte voulut se faire nommer empereur, il crut à la nécessité de rassurer, d’une part, les révolutionnaires sur la possibilité du retour des Bourbons; et de prouver, de l’autre, aux royalistes, qu’en s’attachant à lui ils rompaient sans retour avec l’ancienne dynastie. C’est pour remplir ce double but qu’il commet le meurtre d’un prince du sang, le duc d’Enghien. Il passa le Rubicon du crime… (122). È un delitto, questo, che lascia ammutoliti …per lo spavento e per la propria debolezza l’Elettore di Baden e gli altri Principi tedeschi, che la prossimità dello Stato alla Francia e l’impotenza di farle fronte avrebbero esposto alla vendetta del primo Console… (123). Quanto a Francesco II e Federico Guglielmo III, rimangono entrambi …nella concorde determinazione d’evitare sopra ogni cosa d’accendere nuova guerra, alla quale gli Austriaci non erano apparecchiati, e i Prussiani da più d’un anno s’ingegnavano di non vi essere necessitati… (124). Questa la situazione in cui il Bonaparte, …allettati gli amatori del nome reale con la patria, i soldati coi donativi, i preti col Concordato, i magistrati con gli onori, il popolo coi comodi… (125), si accinge a divenir di nome quel che da tempo era ormai di fatto. Da soli sei giorni il duca d’Enghien riposa nel fossato di Vincennes ed il 27 marzo di questo 1804 una deputazione del Senato presenta al Bonaparte un vero e proprio invito a rendere ereditario il suo potere. Francesco di Neufchâteau così perora: Grand’uomo, compite l’opera rendendola immortale come la vostra gloria. Voi ci traeste dal caos del passato, voi ci fate benedire i benefizj del presente, voi garantiteci l’avvenire (126). …Già una parte di coloro che avevano voluto e propugnato un governo repubblicano, erano stati uccisi o dispersi, e tutti gli altri si trovavano costretti a tacere e dissimulare lo sdegno e le opinioni loro. Gli adulatori non trovavano parole bastevoli a encomiare

    meritatamente Napoleone il pacificatore del mondo, quello che incatenava la fortuna e comandava alla vittoria, un eroe nato per la felicità della Francia, mandato dalla Provvidenza a riparare tanti mali, gloria del secolo, onore della umanità, maggiore di quanti grandi uomini già furono o saranno. Dappertutto si celebravano le sue gesta, dappertutto si stampavano prose e versi in sua lode. Con tale e tanta autorità ristretta nelle sue mani, egli in fatti già regnava, anzi regnava più assolutamente di qualunque re, e l’ambizione sua pareva dovere esser paga. Essendo però non solamente ambizioso, ma tutto pieno d’incredibile boria, voleva ancor la porpora e i titoli de’ monarchi (127). (128). Poco tempo trascorre ed il 30 aprile, in una seduta straordinaria del Tribunato, viene presentata …la proposta che il primo console Napoleone Buonaparte fosse dichiarato imperatore della repubblica francese, e l’imperio ereditario nella famiglia di lui… (129). Si oppongono alla proposta i soli Lanjuinais e Carnot che a suo tempo si erano opposti al conferimento del Consolato a vita. Approvata la mozione, il …nome di re mal sonava a quelli che ai re aveano giurato odio; onde dalle reminiscenze di Roma e di Carlo Magno si resuscita quello d’Imperatore. Il tribunato, qual rappresentante del popolo, propone; il senato decreta; e tutta Francia applaude Napoleone I imperatore de’ Francesi… (130), il 18 maggio di questo 1804. In questo giorno, …volendo contrassegnare il principio dell’imperio colla clemenza, perdona ad alcuni che involti nell’ultima cospirazione erano stati condannati…" (131).

    "…Benchè molti rimanessero attoniti e crucciosi al nuovo aspetto che pigliavano le cose […] fu di grande stupore a tutta Europa il vedere una nazione, cui poco prima il solo nome di libertà aveva spinto a tante stranezze e a tanti eccessi; una nazione, che tanto avea fatto e sofferto per giungere a esser libera e avea sì spesso ripetuto il giuramento d’odio alla monarchia, ora tutto a un tratto con tanta leggierezza accettare e applaudire un suo padrone ch’era testè un suo soldato, e, si può dire, uno straniero…" (132).

    Ormai Imperatore (133) Napoleone pensa alla cerimonia d’incoronazione e scrive al Pontefice (134). …Parevagli che la consecrazione del Papa gli desse nell’opinione degli uomini quello che per altre parti gli mancava… (135). Inizialmente perplesso il Pontefice, ritenendo "…potersi sperare dal condiscendere, tutto doversi temere dal rifiuto…" (136), accetta ed acompagnato da sette Porporati, il 2 novembre parte da Roma; il 19, lasciato a Lione il Cardinale Stefano Borgia (137), infermo, giunge il giorno 25 a Fontenbleau ove incontra Napoleone; con lui entra a Parigi tre giorni dopo (138). Il 2 dicembre la cerimonia d’incoronazione che il nostro vuole con gli ornamenti già di Carlo Magno (139) che recupera da Aquisgrana. Con tali arti il già Buonaparte poi Bonaparte, diventa Napoléon e giunge …a cingersi quella corona che alcuni adulatori suoi con dolci frasi dicono aver egli solamente accettata, o piuttosto raccolta dalla polvere in cui giaceva. Alcuni sottili ingegni, in vederlo ricostruire la monarchia, predissero che egli senz’accorgersene faticavasi pei Borboni, il cui ritorno non sarebbe molto lontano … (140). Contro elezione e cerimonia protesta Luigi XVIII; una protesta che il nuovo Imperatore fa divulgare …dalle stesse gazzette Francesi, giudicandola cosa atta ad inasprire il popolo, perché contraria a tutto ciò che si era fatto dal principio della rivoluzione… (141). Molti sono i rappresentanti della Nobiltà Europea ed i Principi dell’Impero che concorrono, …il secondo giorno di Dicembre di quell’anno 1804 a render più memorabile o con la propria presenza, o con ambasciate straordinarie la pompa della solenne incoronazione dell’Imperador de’ Francesi. Egli è però vero che lo splendore delle imperiali divise, che la rivoluzione vestite s’aveva, non potè talmente abbagliar gli occhi della moltitudine, che anche i meno accorti non s’avvedessero non aver quella, per variar di vesti e di linguaggio, cangiato d’indole e d’intenzioni: onde che non si ristarebbe essa certo dal continuare sotto le mutate forme a discorrere militarmente tutta l’Europa… (142). Da questo momento però i Signori d’Europa possono dormir sonni tranquilli: quantomeno relativamente a moti interni; poiché Napoléon si era dimostrato nemico delle popolari istituzioni abolendole pure in Francia "…non era più da temere che a sommossa di lui si levassero popoli forestieri dall’ubbidienza de’ loro Signori per ordinarsi a repubblica (143). Altri, semmai dovevan esser i timori. I più …de’ sovrani europei che tanto a lor disgrado avevano riconosciuto la francese repubblica, contenti che ancor quel nome odioso fosse tolto via, senza difficoltà… (144) riconoscono il nuovo Sovrano. Inizialmente perplesso, si adegua lo stesso Imperatore Francesco pur volendo …nel tempo stesso provvedere al decoro di sua Famiglia coll’aggiungere la dignità Imperiale ereditaria a quella elettiva, di cui era personalmente insignito… (145). Conferisce perciò …alla Casa d’Austria per rapporto a suoi Stati indipendenti il titolo d’Imperatore ereditario di Austria…" (146). Alle lodi non si adeguano lo Zar Alessandro I e il Re Gustavo Adolfo IV di Svevia; l’uno e l’altro, ricevuta notizia dell’assassinio del Duca d’Enghien avevan sporto reclamo per la violazione, in tempo di pace, del territorio dei Principi dell’Impero (147) e, dopo una serie di note diplomatiche, entrambi avevan richiamato gli Ambasciatori. Ma se scuse non giungono né in Russia, né in Svezia, tale è la boria del novello Cesare che in Svezia arriva, attraverso stampa, un’insultante reprimenda (148).

    Ma intanto, mentre a Parigi si celebra una cerimonia risibile nel suo fasto; una mascherata che i giornali inglesi ridicolizzano mettendola in …parallelo col negro Dessalines, che allora pure s’era fatto coronare imperatore… (149); mentre in riva alla Senna l’Elettore Arcicancelliere (150) invitato alla cerimonia - …per onorare con la presenza sua la venuta del Sommo Pontefice, o per contrapporgli la dignità del Primate del Clero germanico (?)… (151) - tenta approcci con Napoleone per conto dei Principi dell’Impero (152); mentre, considerato …che Napoleone occupava tutto ciò che poteva, e che per quanto grande fosse il poter di lui, egli mirava ad accrescerlo sempre più… (153), l’Inghilterra arraffa quanto può nelle Colonie di una Spagna della Francia alleata; mentre, vere o false che fossero, rigettate le proposte di pace avanzate da Albione, le nouvel Empereur continua, sulle coste Bretoni i preparativi per il programmato sbarco nella nemica Isola; mentre i Borboni protestano, e a Colmar pongono …le basi d’un sistema rappresentativo da darsi alla Francia quando Napoleone cadesse… (154), che avviene in Italia? In Italia si sogna. E se, la speranza di una Italia nuovamente unita dopo milleducentodue anni (155), accende gli spiriti (156), la realtà delle cose, spegne animi e speranze. Terra di Francia, il Piemonte; in capo ad un Infante di Spagna (157), il Regno di Etruria già Granducato di Toscana; Stato Pontificio al VII Pio che, andato a Canossa, almen per ora resta Sovrano (158); Repubblica di Genova, ormai divenuta Ligure e sulla via di divenir terra di Francia (159); Venezia territorio Austriaco e Regno di Napoli, l’altra metà della Penisola, sopravvivente grazie allo Zar Alessandro. Si poteva sognar l’Italia?

    Nel novembre del 1804, maturi ormai i suoi disegni, il tuttavia Primo Console aveva chiamato a sé il …Melzi perché si recasse a Parigi prima che vi giungesse il Pontefice […] Di che poi ragionassero in quelle quattro ore che precedettero la risurrezione dell’Impero non so; ma il Melzi, affralito dalle infermità e dalle fatiche… (160), si vedrà costretto, pur desiderando vivere tranquillo, ad accettare …l’ufficio di gran Cancelliere Guardasigilli del nuovo Regno… (161) un Regno, per altro, al momento

    tuttavia in fieri (162). D’altra parte …era nel corso naturale delle cose, che ristabilito in Francia, centro della rivoluzione l’ordine monarchico, subissero l’istessa sorte le repubbliche d’Italia che dalla Francese dipendevano… (163). Sin dal dicembre aveva, il nostro, ingiunto ai Deputati della Repubblica Italiana presenti con il d’Eril alla cerimonia d’incoronazione, "…di riunirsi sotto la Presidenza del Melzi, e formare colla maggior sollecitudine possibile un piano per la sorte futura della repubblica (164). Un ordine, questo, che il giorno seguente il Ministro degli Interni di Francia precisa: dover essere,amministrata e governata cogli stessi principj della Francia […] L’Imperatore unito a quella repubblica per i doveri che gli erano imposti come a Presidente, e come a fondatore di quello Stato, avrebbe corrisposto alla fiducia ch’essa gli dimostrava, e ne avrebbe assicurato i destini e l’indipendenza servendo agl’interessi del popolo Francese al quale essa doveva la sua esistenza…>…" (165). A buon intenditor, poche parole; compresa l’antifona, il 15 marzo 1805 i Deputati dichiarano Regno d’Italia la ci-devant Repubblica Italiana e Re del Regno d’Italia, l’Imperatore dei Francesi; un …re ereditario, a patto che sotto i discendenti formassero la Francia e l’Italia due distinti stati, retti per diversi prìncipi… (166). Accettato il Regno, ed ottenuto il giuramento di fedeltà dai rappresentanti dei novelli sudditi, il novello Imperatore-Re parte per Milano. Strada facendo …seduto sopra un trono che in mezzo all’aperta campagna aveva fatto innalzare, e circondato da tutti i cortigiani… (167) inscena, in quel di Marengo, la commedia della battaglia e pone la prima pietra di …una gran colonna alla memoria di que’ prodi ch’erano morti per riconquistare l’Italia… (168). Giunto poi a Milano, il 26 maggio di questo 1805 nel Duomo, officiata dal Cardinal Caprara Arcivescovo della Città, si celebra la ça va sans dire, solennissima cerimonia dell’incoronazione. Pure in questo caso, e sempre ça va sans dire, la corona ferrea di Re d’Italia il nostro se la pone in capo da solo; ma non solo se la pone in capo da solo, ma cingendola esclama: "…Iddio me l’ha data; guai a chi la toccherà…" (169). Non c’è male quanto a superbia da parvenu. Trascorreranno comunque meno di dieci anni e all’Elba prima, ed a Sant’Elena poi, non gli mancherà tempo per rimembrare e riflettere (170). Comunque, avendo …già fatto innalzare all’ospizio del gran s. Bernardo un monumento che ricordasse ai posteri la vittoria di Marengo… (171), predispone vi siano onorevolmente inumati i resti del Generale Desaix, della medesima vittoria l’eroico fautore (172). Felice, il novello Imperatore-Re non perde tempo per allungar le grinfie e mentre riceve, e ricambia, decorazioni - degli Ordini di Prussia, Baviera, Portogallo e Spagna - invita le repubbliche Ligure e Lucchese a far esplicita richiesta di essere, la prima unita alla Francia e la seconda di ricevere come sovrano un principe della imperiale famiglia (173). Sebbene in quel di Genova e di Lucca nessuno dubiti che da Impero o da Famiglia solo spoglio ci si debba attendere, pure si comprende che il negar è vano quando mancano i mezzi di difesa. Benignamente accolti a Canossa i messi delle due repubbliche, il 29 maggio di questo 1805, deposto Girolamo Luigi Durazzo - primo e ultimo Doge della Repubblica Ligure - il novello Imperatore-Re, con decreto del 4 giugno, unisce alla Francia la un tempo orgogliosa antagonista della Serenissima (174). Casca sicuramente meglio Lucca assegnata, di nome, al cognato Felice Baciocchi, ma di fatto alla sorella Elisa; arbitrio e soprusi a parte, anche se Elisa non sarà il miglior Signore possibile quantomeno, non sarà Signore malo; anzi, salvo dalle coscrizioni obbligatorie, lo Stato vedrà pure un notevole miglioramento delle disastrose condizioni …delle pubbliche strade ch’erano prima assai cattive e quasi impraticabili… (175).

    Preparandosi ad abbandonar Milano, nomina Vicerè Eugenio di Beauharnais lasciando delusi i Milanesi che si attendevano di veder in carica il Melzi; personalità, il Melzi, cui lo stesso Napoleone avrebbe desiderato affidare la carica ma che, già a Parigi, si era dichiarato assolutamente indisponibile (176). Lasciate disposizioni per una serie di importanti lavori pubblici (177); ordinata …la coscrizione di tre mila uomini di marcia nella classe del mille ottocento cinque, e di altri e tanti per la riserva… (178) ed infine visitato il Regno, torna in Francia. Passando per Genova ne studia attentamente arsenale e fortificazioni; poi si dirige a Parigi ove giunge il 14 di luglio.

    3. Osservazioni:

    In questo 1805 non torna nella Storia, come molti affermano, il Regno d’Italia; solo nasce un Regno d’Italia che nell’animo di molti Italiani accende vane speranze. Lascio il commento a Cesare Cantù.

    "…Gl’Italiani, con quell’entusiasmo che spesso non è se non l’espressione della speranza e che con quella svanisce, affaccendaronsi a preparare archi di trionfo con quelli che prima erano alberi della libertà. Napoleone fissò tutto, fin le divise teatrali […] e ponendosi nel duomo di Milano la corona di ferro […] Aprì in persona il Corpo legislativo, e destinò vicerè Eugenio Beauharnais, figlio suo adottivo, ch’egli era certo di trovare sommesso e mediocre, e che non ebbe l’arte di farsi amare. Impose il codice civile francese; ordinò se ne preparasse uno penale ed uno di commercio, poi recise le discussioni e le disamine col far tradurre i francesi; si ebbero giudizj pubblici ma senza i giurati; nessun uomo di libera sentenza era ascoltato […] Il senato accolse gli uomini insigni, a pompa, non a temperamento, né tampoco a consiglio […] Il Corpo legislativo di giuniori ed anziani dovea votare alla muta: ed una volta avendo arrischiato qualche appunto, Napoleone si stizzì, e disse che far recedere lui sarebbe come volere spinger indietro la luna, e levò l’adunanza legislativa; onde gl’italiani capirono che cosa valesse la costituzione. Ma quattro strade aperte traverso al Sempione, al Cenisio, al Monginevra, al Col di Tenda, congiungevano il nuovo Regno coll’Impero; una corte fastosa, ministri magnifici, ambasciadori […] circondarono Milano di un fasto che faceva dimenticare la libertà. Il punto che più rilevava a Napoleone nel nuovo Regno, era la coscrizione; e militare fu tutta l’intenzione del viaggio che vi fece, e mettea corpi di riserva su Po e sull’Adige, e flottiglie nel mare…" (179)

    CAPITOLO II: DA NAPOLEONE SUL DUPLICE TRONO ALLA PACE DI VIENNA

    1. dalla nascita della terza coalizione alla pace di Presburgo: maggio-dicembre 1805

    Malgrado i grandi preparativi che già dalla fine dell’anno precedente erano in corso nei porti della Bretagna per la progettata invasione della nemica Isola, all’inizio di questo 1805 il novello Imperatore dei Francesi aveva inoltrato, vere o fasulle che fossero, nuove proposte di pace all’Inghilterra. Essendo però tali trattative incentrate sul ristabilimento delle condizioni già siglate nella pace di Amiens, per la controparte risultavano inaccettabili. Avendo infatti Albione subodorato, nella missione del Generale Sebastiani in Egitto (1), rinnovate mire Francesi in Oriente era impensabile, per la Gran Bretagna, abbandonare l’isola di Malta comoda base d’appoggio, al novello Cesare, per un’eventuale nuova spedizione sull’altra sponda del Mediterraneo.

    Fallite ipotetiche prospettive di pace, l’Imperatore dà vita alla progettata invasione; fondamentale è il "… tirare lungi dalla Manica le flotte Inglesi, per farvi poi comparire improvvisamente le sue con forze superiori per qualche giorno a quelle dell’inimico, e così tragittare in Inghilterra cento sessanta mila uomini (2). Il piano prevede di inviare sulla rotta d’America due squadre con l’ordine di far subito ritorno per congiungersi nel canale della Manica; unite ad altre due già ivi presenti risulterebbero, almeno al momento, superiori di forze rispetto al nemico. Il piano si rivelerà un completo fallimento; partite in anticipo le une, o tornate tardi le altre, le flotte non si incontrano e nel frattempo …le circostanze del Continente non permettendo più la Spedizione contro l’Inghilterra, tutte queste squadre …" (3) riparano a Cadice dove la flotta Britannica le blocca. Il 23 ottobre di questo 1805, la flotta alleata vedendo allontanarsi il nemico ne approfitta per abbandonare il porto. Ma, volta rapidamente la prora, la flotta Inglese si ripresenta e lo scontro avviene nei pressi del Capo Trafalgar; malgrado la superiorità della flotta alleata - trentatrè vascelli contro i ventisette inglesi - la vittoria arride ad Albione (4); delle trentatrè navi alleate, si salvano le dieci che il Gravina riesce a riportar subito a Cadice. Nella battaglia di Trafalgar lasciano la vita due ammiragli; Orazio Nelson, che pur morente riesce a vivere la sua vittoria (5) e Federico Carlo Gravina che, mal curata la ferita ad un braccio, per i postumi morirà il 6 marzo dell’anno seguente. Accoglierà, le spoglie del Nelson, la bara che si era fatto scavare nell’albero maestro dell’Orient, l’ammiraglia della flotta francese distrutta nella battaglia di Abukir (6).

    Tornato il Pitt al Governo della Corte di San Giacomo, la sua avversione al Bonaparte lo porta ad abbandonar deprecabili congiure e ….siccome la sicurezza dell’Inghilterra era congiunta alla difesa de’ popoli del Continente, minacciati di straniera servitù, l’avveduto Ministro giudicava che per sottrarre l’Europa al comun pericolo, sarebbe indispensabile il gagliardo concorso delle forze e del volere de’ maggiori Potentati di quella. Non lo sgomentava l’infelice successo delle antecedenti confederazioni contro la Francia […] Né si potea persuadere che la dolorosa sperienza delle passate vicende, la violata fede a’ trattati, le promesse tradite, le speranze deluse, tanti sacrifizj di condiscendenze e umiliazioni alla sempre crescente prepotenza di Napoleone, non avessero sbandito da’ consigli de’ Principi i discordanti motivi d’invidia, di gelosia, e di privata utilità […] Non vi aver quasi più alcuna Signoria in Europa, la quale dal dominator della Francia o non avesse ricevuto un’ingiuria da vendicare, o non fosse da tali offese minacciata da non si poter più passare dell’armi per guarentirsene… (7). Che poi il novello Imperatore non fosse …uomo da non usare efficacemente la sua fresca potenza per solidarla, e che, se gli si desse tempo, sarebbe stato, non che difficile, impossibile il frenarlo… (8), nessuno lo metteva in dubbio. D’altra parte, sia la secca risposta ricevuta dal Talleyrand alla lettera che lo stesso Napoléon, aveva personalmente indirizzato al fratello Re d’Inghilterra (9); siano le trattative che già correvano fra Inghilterra e Russia e siano gli armamenti che l’Austria stava preparando, tutto indicava chiaramente …che si apparecchiasse sul continente una nuova guerra… (10).

    Questo l’insieme degli avvenimenti che porta alla nascita della terza coalizione; la Corte di Svezia (11) è la prima ad accogliere le proposte del Pitt e ad assicurare al commercio inglese …libero accesso, protezione, e favore negli stati alemanni del Re di Svezia… (12). Un accordo, questo che, il freddo dell’inverno e l’interruzione dei traffici nel Baltico avrebbe quantomeno dovuto contribuire a mantener segreto ma che, invece, giunge subito alle orecchie del novello Imperatore. …Infatti, quasi nell’atto che se ne concludevano le pratiche in Stockolm, le doglienze e le minacce del Sig. Laforet… (13) già si alzavano a Berlino (14). Questo è il momento in cui Federico Guglielmo III si vede costretto a scegliere se …perdere ad un tratto il frutto di tante sollecitudini, precauzioni, e sacrifizj (*) per la conservazion della pace nel proprio reame e negli Stati a’ suoi propinqui. Dall’altro canto le dissenzioni, i disordini, e i danni, che tutto dì partoriva il non aver impedito a tempo l’occupazione dell’Annoverese, gli dimostravano la necessità di romper più presto la guerra, anziché con mal consigliata condiscendenza lasciar incautamente piantare le aquile francesi sulle mura di Stralsunda… (15). In ogni caso tutti i suoi equilibrismi tesi a mantenersi amico di Napoleone ed Alessandro, fra loro nemici, lo porteranno quasi al punto di inimicarseli entrambi (16). Nel tempo in cui l’Amleto di Prussia, malamente si barcamenava fra amici-nemici (17) il Bonaparte chiedeva all’Asburgo spiegazioni sugli armamenti che in Austria si stavano predisponendo. Omesso un commento sull’ipotetica risposta del nostro, qualora la medesima domanda l’avesse a lui rivolta l’Austriaco, quest’ultimo risponde: …essere suo proponimento il mantenere la pace, ma voler eziandio che i patti, sopra i quali pel trattato di Luneville (18) ella era fondata, fossero mantenuti. Fra que’ patti esservene uno, il quale stabiliva e guarentiva la independenza delle repubbliche italiche, della elvetica e della batava, e loro assicurava la facoltà di eleggersi liberamente i propri governi… (19). E se è vero che, all’epoca di quell’accordo, Svizzera e Piemonte già dipendevano dalla Francia (20) è altrettanto vero che il Piemonte era solo territorio occupato e non terra di Francia; che Genova era una libera Repubblica non territorio francese; che la Repubblica Italiana non era il Regno di Napoleone Bonaparte Imperatore dei Francesi e che anche Lucca era una libera, se pur piccola, Repubblica e non già territorio militarmente occupato dai Francesi (21). Del resto Francesco II si dichiarava pronto a trattare condizioni ragionevoli per il mantenimento della pace, anche a nome di Alessandro (22) che già il 14 gennaio di questo 1805 aveva firmato con il Re di Svezia una lega contro la Francia (23). Solo attendeva, per muover le armi, che il novello Cesare iniziasse la spedizione preparata contro l’Inghilterra. Ingannato dal movimento della flotta francese (24) il Cobentzel avvisa …Vienna che fra pochi giorni Napoleone sarebbe stato in mare; per lo che gli Austriaci, senz’aspettare l’aiuto de’ Russi… (25) muovono contro la Baviera onde indurre quell’Elettore ad abbandonar il campo francese. In questo attacco l’Imperatore trova la maniera di uscire - salvando, bis in idem, la faccia ma abbandonando, bis in idem, uomini e navi al proprio destino - dall’impasse del disastroso tentativo di sbarco in Inghilterra. Levato subitamente il campo dalle coste ed inviate le truppe verso il Reno, torna a Parigi dove apprende, che l’Arciduca Ferdinando, aveva già occupato Monaco mentre l’Elettore, senza combattere per non sacrificar gli uomini in una lotta impari, si era ritirato. …Questo precipitoso affrettamento dell’Austria a muovere le armi sue prima di averle congiunte colle russe… (26) sarà la causa dell’insuccesso. Decretata una leva di ottantamila uomini, ritirate le truppe di stanza nel Regno di Napoli, in cambio della neutralità di Ferdinando (27), il 26 settembre di questo 1805 Napoleone è già a Strasburgo. Messe in moto le truppe che già stanziavano in Olanda; varcato il Reno in diversi punti, onde dividere il nemico ed impedire l’unione con i Russi in arrivo, ordina al Bernadotte di unirsi all’Elettore di Baviera, ritiratosi in Franconia, attraverso la neutrale Prussia (28). Con l’ottobre iniziano gli scontri. In questa brevissima campagna la genialità del Generale-Imperatore si manifesta forse come non mai; sorpreso dalla repentina ed inaspettata mossa Austriaca mentre seguiva il progettato da tempo sbarco in Inghilterra - abbandonati navi e marinai al loro destino (29) - accorre, organizza

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