Il regalo perfetto: Harmony Jolly
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Il regalo perfetto - Kandy Shepherd
978-88-3052-108-7
1
Aveva i media contro.
Di nuovo.
Le sue parole, ovviamente rimaneggiate, erano su tutti i giornali, canali televisivi e social.
Dominic Hunt, il milionario uomo d'affari, si rifiuta di dormire all'aperto con altri amministratori delegati e di fare beneficenza ai senzatetto.
Dominic sbatté il pugno sulla scrivania così forte che il dolore gli risalì lungo il braccio. Non si era rifiutato di fare beneficenza, aveva solo declinato l'invito di passare pubblicamente la notte di Natale in una scatola di cartone nel piazzale della Sydney Opera House. Aveva fatto comunque una cospicua donazione, sebbene in forma anonima. Non bastava?
Si prese la testa tra le mani. Per uno straziante periodo della sua vita non aveva avuto altra scelta che dormire per strada. Sul serio. Non poteva tornarci, neppure per partecipare a un'iniziativa di beneficenza. Poco importava quanto fosse importante. Ma non poteva certo raccontarlo ai giornalisti. Non avrebbe rivelato i suoi segreti.
Mai.
Disgustato, continuò a leggere sullo schermo le ultime notizie uscite contro di lui e la società che il suo ufficio stampa aveva meticolosamente selezionato e raccolto.
Com'era prevedibile, i giornalisti lo avevano di nuovo frainteso e avevano tirato fuori la storia dello Scrooge avverso al Natale.
Era vero.
Odiava festeggiare il Natale, ma non per i motivi che i media avevano fantasiosamente inventato. Di certo non perché era uno Scrooge. E neppure perché non desiderava aiutare il prossimo, come certi calunniatori sostenevano. Non poteva credere che lo avessero inserito tra i milionari d'Australia più taccagni. Era una clamorosa menzogna!
Era profondamente convinto che la beneficenza fosse qualcosa da fare con discrezione, non pubblicamente. Questa volta, però, non avrebbe ignorato quegli insulti e quelle insinuazioni. Stava per chiudere un affare importante, una joint venture con una società americana a gestione familiare, amministrata da un uomo con un rigido codice morale che prevedeva delle pubbliche dimostrazioni di filantropia.
Dominic non poteva permettersi di essere considerato uno Scrooge, un taccagno, ma non poteva neppure rivelare quanto devolveva ogni anno in beneficenza e per cosa, perché avrebbe corso il rischio di rivelare il suo passato che finora era stato così abile a nascondere.
Non sapeva cosa fare. Poi, però, il suo direttore marketing gli aveva suggerito di organizzare una serata di raccolta fondi nella sua villa.
«Lascia che il tuo nome finisca sui giornali per delle buone ragioni» gli aveva consigliato.
Dominic detestava l'idea di aprire le porte della sua casa a degli estranei, ma aveva accettato. Voleva chiudere quell'importante affare e, se per farlo doveva dare una festa, era pronto mettere da parte i suoi scrupoli.
Un evento del genere era troppo impegnativo e importante per organizzarlo autonomamente, così il suo ufficio marketing aveva proposto di rivolgersi a delle società specializzate.
Il problema era che Dominic aveva già incontrato tre possibili candidati per quel lavoro ed erano risultati degli incompetenti, così li aveva messi alla porta quasi subito. Ora toccava al quarto. Gettò un'occhiata al biglietto da visita sulla sua scrivania.
La prossima organizzatrice di eventi si chiamava Andrea Newman, di una società chiamata Party Queens. Nessuna festa è troppo grossa o troppo piccola, diceva il biglietto.
Party Queens. Un nome interessante per un'impresa del genere. Ma erano seri? Dopotutto, da quell'evento poteva dipendere il contratto che avrebbe internazionalizzato il suo business...
Guardò l'orologio. Quel giorno lavorava nel suo studio di casa. La signora Newman lo avrebbe raggiunto lì, nella villa dove avrebbe avuto luogo la festa. Nonostante il nome azzeccato della ditta, Dominic non aveva motivo di aspettarsi che il candidato numero quattro gli avrebbe fatto un'impressione migliore dei tre precedenti che aveva congedato. Le avrebbe concesso venti minuti, il giusto. E lui ci teneva a essere sempre giusto con tutti.
In quello stesso momento il campanello suonò. Puntuale. Un punto a favore di Andrea Newman.
Dominic scese la scala di marmo che portava all'ingresso.
La prima cosa che notò della donna sulla porta fu che era attraente. Non era bella in modo convenzionale, però aveva un aspetto interessante. Aveva un viso spigoloso circondato da capelli biondi con riflessi oro scuro, una bocca grande e carnosa e dei sorprendenti occhi verdi.
Era così attraente che si ritrovò a guardarla più a lungo di quanto avrebbe dovuto fare con una sua possibile collaboratrice. E l'impercettibile sorrisino della sua bocca gli disse che lei lo aveva notato.
«Buongiorno, signor Hunt. Andie Newman della Party Queens» si presentò. «Grazie per avermi dato il codice per aprire il cancello. Il suo sistema di sicurezza è formidabile, meglio di una fortezza...»
Era ironia quella che colse nella sua calda voce rauca?, si chiese lui divertito.
«Il codice scade dopo averlo usato, signora Newman» le disse senza sforzarsi di nascondere una nota di ammonimento. I tre organizzatori che erano stati lì prima di lei non avrebbero mai ricevuto un nuovo codice. Ma nessuno di loro era lontanamente simile a quella donna, né nell'aspetto né nell'atteggiamento.
Era alta e indossava una gonna di seta in stile anni Cinquanta che le arrivava fin sotto le ginocchia abbinata a una giacca color ruggine aderente e delle scarpe col tacco con dei lacci che le avvolgevano le caviglie. Da una spalla le pendeva una comoda cartella di cuoio. Era professionale ma il suo aspetto era più anticonvenzionale rispetto ai formali abiti scuri e i rigidi portadocumenti sfoggiati dagli altri tre candidati... le cui idee erano scontate quanto la loro apparenza.
«Andie» lo corresse lei. Stava per aggiungere qualcosa sul suo sistema di sicurezza quando un'improvvisa folata di vento primaverile le sollevò la gonna, rivelando delle gambe lunghe e magre e uno stuzzicante accenno di biancheria intima rossa.
Dominic provò a reagire da gentiluomo e guardare in un'altra direzione... ma era difficile, visto che era vicinissima a lui e le sue gambe erano oltremodo attraenti.
«Oh!» esclamò lei, sforzandosi di tenere la gonna a posto. Ma, non appena tenne fermo l'orlo davanti, si alzò quello dietro e lei fu costretta a girarsi per abbassarlo. La vista del retro delle sue gambe era impressionante quanto quella di fronte.
Dominic dovette chiudere le mani a pugno lungo i fianchi per trattenersi dall'aiutarla.
Andie emise una rauca risata spontanea e arrossì, i capelli biondi che le ricadevano in avanti a incorniciarle il viso mentre lottava per mantenere un minimo di decoro. La brezza cessò con la stessa velocità con la quale era arrivata e la gonna scese di nuovo. Lei però, notò Dominic, continuò a tenere una mano sulla coscia per sicurezza.
«Un'ottima prima impressione, vero?» gli domandò rivolgendogli un mesto sorriso.
Per un lungo momento i loro occhi si incatenarono gli uni agli altri e lui fu il primo a distogliere lo sguardo.
Era bella.
Mentre parlava, la brezza soffiò un'ultima volta, gettandole i capelli sul viso. Dominic non era un tipo fantasioso, ma ebbe l'impressione che il vento la stesse quasi spingendo a entrare.
«Ci sono modi peggiori per fare buona impressione» replicò lui arcigno. «A me interessa solo quello che è venuta a propormi.»
Andie non sapeva come rispondere. Era sulla soglia della casa multimilionaria di Dominic Hunt e, per la prima volta nella sua carriera, stava rischiando di perdere la professionale freddezza di cui era sempre andata fiera.
E non a causa del vento e della gonna. O perché era colpita dalla magnificenza della casa o del panorama mozzafiato del Sydney Harbour che si godeva da lì. No, era tutta colpa dell'uomo che torreggiava su di lei. Dominic Hunt la metteva stranamente in agitazione, tanto da lasciarla senza parole.
«Gr... grazie» riuscì a balbettare, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
Sia prima, come stylist per riviste e agenzie di pubblicità, sia ora come organizzatrice di eventi, Andie era sempre stata famosa per la sua capacità di gestire le persone difficili. Che era il motivo per cui le sue due socie avevano mandato lei a incontrare Dominic Hunt. La Party Queens aveva disperatamente bisogno di un cliente di alto profilo per affermarsi. Raggiungere quell'obiettivo dipendeva unicamente da lei.
Prima di accettare l'incarico, Andie aveva raccolto informazioni sul suo possibile cliente. Sapeva essere molto esigente. Inoltre, tutti erano a conoscenza del fatto che era una specie di Scrooge, un uomo restio a condividere la sua montagna di soldi con chi era meno fortunato. Certo non una persona ammirevole.
Ciononostante, era stata più che convinta di poter gestire Dominic Hunt. Finché non le aveva aperto la porta.
La sua reazione a quell'uomo l'aveva meravigliata.
Aveva visto le sue foto, guardato le sue interviste, sapeva che era affascinante in modo conturbante, ma nessuna ricerca avrebbe mai potuto prepararla al vero aspetto del milionario: alto, con le spalle larghe e i muscoli gonfi sotto la giacca aderente grigia. Non era bello nel senso classico. Non con quella mascella volitiva, il naso storto, forse rotto dopo un pugno bene assestato, le labbra piene e sensuali con una cicatrice bianca a un angolo della bocca e i capelli neri scompigliati.
Emanava potere.
Dovette fare appello a tutta la sua professionalità per ignorare il caldo rossore che le aveva imporporato il collo e le guance, per non pensare al battito accelerato del suo cuore. Si sentiva oltremodo conscia di Dominic Hunt. E non come cliente ma come uomo.
Non poteva permettere che accadesse. Quel lavoro era troppo importante per lei, le sue amiche e la loro nuova attività.
Comunque, Dominic era troppo cupo e misterioso: non certo il suo tipo. Il suo uomo ideale era sensibile e solare come il suo primo amore che aveva perso e per cui soffriva ancora.
Tese la mano desiderando che non tremasse e si costrinse a sorridere. «Signor Hunt, ricominciamo. Andie Newman della Party Queens.»
Lui le strinse la mano con una presa ferma e calda.
Quella semplice stretta, però, la fece rabbrividire.
Andie, sei nei guai...
Prese un profondo respiro e alzò il mento per sostenere il suo sguardo. Sii professionale!
«Mi risulta che sono il quarto organizzatore di eventi che incontra e non voglio che ce ne sia un quinto. Sono certa che dovrebbe scegliere me per organizzare la serata.»
Se lui restò sorpreso da quello sfoggio di sfacciataggine, non lo diede a vedere. I suoi occhi grigi restarono freddi e indifferenti.
«Meglio che venga dentro e mi convinca sul perché dovrei scegliere proprio lei» le rispose mesto.
Persino la sua voce era attraente, profonda, bassa e assolutamente virile.
«Approfitterò della possibilità» gli disse con il tono più sicuro che le riuscì.
Lo seguì nel corridoio della casa anni Venti ristrutturata tutta legno scuro e marmi color crema. Un'enorme scala con la balaustra di ferro battuto che si divideva in due rampe portava al piano superiore. Non era la prima villa lussuosa che vedeva, le era capitato spesso col suo lavoro, ma quella casa era così impressionante che dovette trattenersi per non sgranare gli occhi.
«Wow!» esclamò, guardandosi intorno, dimenticando per un attimo quanto la turbasse Dominic Hunt. «La scala... È magnifica. Mi immagino un coro lì sopra, con un bambino su ogni scalino che dà il benvenuto ai suoi ospiti con un allegro canto di Natale.» La sua mente galoppò. Gli abiti dei coristi rossi e bianchi? Tutti con una pergamena arrotolata in mano con sopra scritto il testo del canto? E per la musica? Un quartetto d'archi? Un clavicembalo?
«Cosa?» le chiese lui, interrompendo le sue fantasie.
Andie batté le palpebre tornando sulla terra e si voltò a guardarlo. Sorrise. «Scusi. Stavo precedendo i tempi, so che prima devo convincerla che sono la persona giusta per questo lavoro.»
«Intendevo dire: quale canto di Natale?»
Era quel genere di cliente? Esigente, che le chiedeva i dettagli ancora prima di decidere il quadro generale?
«Era solo un'idea. Ma sarebbe fantastico usare la scala per un coro. È un modo per fare entrare nello spirito del Natale gli ospiti senza essere troppo volgari.»
«Non sarà una festa di Natale» replicò lui in pratica sputando la parola Natale.
«Ma una festa a dicembre... Pensavo...»
Dominic si