La fuga di Elia
By Paolo Cugini
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About this ebook
L’altro tipo di fuga è invece il percorso interiore che una persona decide di fare per capire se stessa. Fuga da un modo ripetitivo di vivere le proprie scelte per rimotivarle. Fuga non tanto per prendere le distanze dalle scelte fatte, ma per viverle meglio. Fuga quindi per riuscire a rimanere con maggior autenticità dentro il proprio vissuto liberamente scelto.
Paolo Cugini (Reggio Emilia, 1962). Laureato in pedagogia, filosofia e dottore in teologia. Dal 1998 al 2013 è stato missionario fidei donum in Brasile nello Stato della Bahia, come parroco e come professore di filosofia nella Facoltà Cattolica di Feira di Santana. È cofondatore dell’Associazione Culturale Moringa (ACMOR) che dal 2005 attua in Bahia (Brasile) per la promozione culturale e politica. Ha accompagnato la formazione del Movimento Fede e Politica nelle città di Miguel Calmon e Tapiramutà (Bahia) e del Movimento Moringa nella città di Pintadas. Si è occupato di temi legati alla filosofia francese del ‘900 e della cultura postmoderna in relazione, soprattutto, al problema della Nuova Evangelizzazione. Su questi temi ha pubblicato vari articoli in riviste italiane e brasiliane. Di recente ha pubblicato: Il futuro del Vangelo. Dal Brasile domande e proposte per la Chiesa, EMI. Bologna (2010); O futuro do cristianismo. Dialogo com a post modernidade, CRV, Curitiba 2012; Rivoluzione. Quando il Vangelo smuove le montagne. Diario di una trasformazione politica nel Nordest brasiliano, EMI Bologna 2014; Pensare cristianamente la storia. Emmanuel Mounier e la rivista Esprit, Publiship, Milano 2018; Debaixo da figueira. Na busca de um sentido, Publiship, Milano 2018; Visioni postcristiane. Dire Dio e la religione nell’epoca del cambiamento, Dehoniane, Bologna 2019.
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Book preview
La fuga di Elia - Paolo Cugini
Sussidi Biblici
127
PAOLO CUGINI
LA FUGA DI ELIA
riflessioni postmoderne sulla religione e il senso della vita
© Edizioni San Lorenzo
Proprietà letteraria riservata
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Direttore Responsabile:
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Autorizzazione Tribunale di Reggio Emilia n°565 del 12 marzo 1984
Abbonamento annuo: 28,00 euro
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SECONDA EDIZIONE
A Fabrizia e Maura,
amiche di Dio e anche mie
Non desidero una vita felice che rechi dolore,
né una prosperità che mi punga l’animo.
(Euripide, Medea)
Falsi valori e parole illusorie: sono i mostri peggiori per i mortali – a lungo dorme e attende dentro di loro la sciagura.
(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra)
INTRODUZIONE
Chi aprisse questo libro pensando di trovare studi di esegesi sulla figura di Elia, lo può chiudere subito. Queste pagine, infatti, sono un’altra cosa. Ho scelto Elia e la sua fuga, così com’è narrata in 1 Re 19, come un pretesto, un’immagine per racchiudere una serie di riflessioni che in questi anni ho realizzato sul modo di vivere la fede e di stare al mondo. Sono un battezzato cattolico che partecipa a liturgie, riti, che condivide la Parola, che vive all’interno di un’istituzione religiosa e che spesso e volentieri ha vissuto la sindrome di Elia, il desiderio della fuga, di buttare tutto all’aria, di cambiare aria dentro e fuori di sé.
La fuga mi sembra una di quelle immagini che più di ogni altra sono un paradigma della cultura del nostro tempo. C’è una tendenza nell’uomo e nella donna a fuggire da se stessi, dai propri impegni, per cercare altro. Si fugge perché si vive male nel proprio stato di vita e si cerca qualcosa di migliore altrove. La fuga è movimento e, allo stesso tempo, genera il mito dell’altrove, dell’isola felice, della possibilità che esista un luogo immaginario nel quale la vita sia felice.
Se sino a qualche decennio fa il contesto religioso e morale nel quale si viveva impediva o fungeva da forte deterrente ad ogni tentativo di fuga, soprattutto rispetto alle scelte così dette definitive, oggi non è più così. La crisi dei valori tradizionali, venutasi a creare all’interno della cultura Occidentale, rende sempre più possibile la fuga dalla propria situazione esistenziale percepita come negativa. Oggi esistono sempre meno punti d’appoggio esterni per prendere forza nei momenti di difficoltà o di messa in discussione del proprio vissuto. È difficile trovare qualcosa d’esterno che ci motivi nelle scelte fatte.
È cambiata anche la stessa idea di scelta. La cultura postmoderna non attribuisce un grande valore alle scelte così dette durature. Diviene, invece importante la capacità di variare, di cogliere l’occasione del momento. La velocità dei cambiamenti culturali nei quali siamo immersi sembra richiedere la disponibilità a cambiare in modo rapido, accompagnando la novità più che la fedeltà a scelte fatte. E così, ciò che era considerato virtuoso e carico di valore, non sembra più aver un grande peso nel nuovo contesto culturale.
Il desiderio di credere nei sogni, di credere che tutto sia realizzabile, che ciò che noi pensiamo si possa realizzare nella vita, lo incontriamo nella nostra anima, nella nostra coscienza. Ciò vale anche per un discorso di fede, soprattutto nelle prime fasi del cammino, quando gli occhi si aprono e si vede la realtà in un modo nuovo. Si vorrebbe che tutti vedessero quello che noi vediamo, o meglio, che vedessero la realtà così come la stiamo vedendo. È come sfogliare le pagine del Vangelo o degli Atti degli Apostoli: in essi viene descritta la vita armoniosa delle prime comunità. C’è il rischio di passare la vita a credere che sia possibile rimanere sempre in una situazione così paradisiaca. E invece non è così, anzi, lentamente ci accorgiamo che tutto gira al contrario di ciò che noi vediamo, che tutto sembra andare all’opposto di ciò che noi pensiamo.
Le lotte che Elia ha portato avanti durante la sua vita contro i falsi profeti e contro le ingiustizie del Re Acab e di sua moglie Getzabele sono nell’ordine della fiducia che un mondo migliore sia possibile. In fin dei conti, senza questa speranza, la vita diventa un inferno o, peggio ancora, si arena nelle sabbie della routine quotidiana, che sfocia lentamente nell’apatia o nella monotonia di un percorso senza slanci.
Ed Elia ad un certo punto non ce la fa più, scoppia, getta la spugna. Reazione umana e normale di una persona che, dopo averne passate tante, ad un certo punto non riesce più a vedere la cima della montagna, non riesce più a cogliere l’obiettivo della lotta. A questo punto le fatiche diventano senza senso e, il peso della vita, insopportabile. Fuga dentro il deserto alla ricerca di se stessi, per capire dove si è rotto l’incantesimo, in quale istante si è smarrita la strada.
Accade proprio così nella vita. Può, infatti, capitare che, ad un certo punto del cammino, ci si trovi fuori strada, così per caso, senza averlo calcolato, né senza averci troppo pensato. A quel punto, non si sa più che cosa fare e da dove cominciare per raggomitolare il filo della vita e cercare il punto d’inizio, o il punto spezzato. Alcuni continuano come se niente fosse, schiacciando il più possibile dentro di sé il proprio dolore. Altri fuggono per scaricare il proprio ingiusto dolore su qualcos’altro, che spesso e volentieri coincide con qualcun altro. Altri ancora, prendono la situazione conflittuale per fermarsi e cercare di riprendersi, di valorizzare le scelte passate.
La fuga di Elia nel deserto, in queste pagine è presa come modello di una duplice fuga. La prima è la fuga esistenziale dalle proprie scelte definitive. È il tipo di fuga che la cultura postmoderna sta agevolando. È il sogno della possibilità di ripartire da zero, di ricominciare di nuovo, di scartare il passato, con tutto quello che c’è dentro, comprese le persone.
L’altro tipo di fuga è invece il percorso interiore che una persona decide di fare per capire se stessa. Fuga da un modo ripetitivo di vivere le proprie scelte per rimotivarle. Fuga non tanto per prendere le distanze dalle scelte fatte, ma per viverle meglio. Fuga quindi per riuscire a rimanere con maggior autenticità dentro il proprio vissuto liberamente scelto.
Nelle pagine che seguono vengono condivise alcune riflessioni che tengono la fuga di Elia come punto di riferimento, ad un duplice livello. Nel primo, la riflessione si concentra su alcune tematiche religiose ed esistenziali nella ricerca di significati nuovi per il nuovo contesto culturale. Sono, dunque, riflessioni critiche che hanno l’obiettivo di cercare cammini nuovi, mettendo in discussione le modalità tradizionali di pensare e vivere la fede.
Nel secondo vengono descritte le riflessioni che Elia produce durante la sua crisi esistenziale che lo spingono nel deserto. È una fuga non tanto per fuggire da se stesso, ma per riprendersi in mano, per rimotivare la propria esistenza. È una fuga per rimanere in un modo nuovo nelle scelte realizzate nel passato.
In alcuni capitoli del testo ho utilizzato il metodo narrativo intuitivo di un autore a me molto caro: Charles Péguy. Questo metodo è fatto di continue ripetizioni con l’obiettivo di far emergere le intuizioni come conseguenza della narrazione e non come imposizione espositiva.
Infine, un ringraziamento particolare all’amica Filomena che, con tanta dedizione, ha riguardato e corretto le bozze di questa seconda edizione.
PRIMA PARTE
FUGA DALLA RELIGIONE
FUGA DALLA RELIGIONE DEL’IMPERO
PERCHE’ SIAMO MESSI COSI’?
DISCENDENDO DAL SACRO ROMANO IMPERO
Ce lo dimentichiamo troppo spesso, o forse non ci pensiamo più. Eppure ci sono stati quindici (o forse di più) lunghissimi e pesantissimi secoli di Sacro Romano Impero. Centinaia di anni che hanno formato, plasmato, modellato le nostre anime, i nostri atomi, i nostri neuroni. Centinaia, che poi sono diventati migliaia di anni durante i quali il Sacro Romano Impero ha sformato, sgangherato, ingannato, spudoratamente svilito le nostre già fragili anime, i nostri debolissimi neuroni, le nostre piccolissime molecole. E, così lentamente, ma inesorabilmente, siamo diventati l’Occidente e, come se non bastasse, come se la dose non fosse sufficiente, come se la pesantezza non raggiungesse già dei livelli insopportabili, abbiamo aggiunto: Cristiano. Come se non bastasse la pesantezza dell’Occidente, l’arroganza dell’Occidente Europeo sformato, sfiancato, deturpato