I presupposti dell'amministrazione straordinaria delle banche
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I presupposti dell'amministrazione straordinaria delle banche - Piero Carletti
1994/1995
CAPITOLO PRIMO
CARATTERI DELLA CRISI BANCARIA
La disciplina della crisi di una banca è certamente diversa da quella di qualsiasi altra impresa. E ciò non solo per la presenza di disposizioni che prevedono un costante controllo sulla sua attività. Ma anche per il trattamento riservato ad essa durante la crisi, sia attraverso un istituto che può, eventualmente, evitare la dissoluzione del soggetto, sia attraverso una disciplina della liquidazione diversa dal fallimento.
Ora, occorre capire quali sono le ragioni di questo speciale regolamento. In particolare, occorre capire perché si fa luogo all'amministrazione straordinaria di cui agli artt. 70 ss. del Testo Unico in materia bancaria (d.lgs. n. 385/1993).
Da una veloce lettura delle disposizioni richiamate, sembra che il legislatore voglia scongiurare la liquidazione del soggetto. Cioè, mentre per le imprese, normalmente, si interviene nel momento in cui si manifesta l'insolvenza dell'imprenditore, e se ne agevola l'uscita dal mercato - affinché si liberino risorse altrimenti ingabbiate da una organizzazione rivelatasi inefficiente - qui addirittura si opera in via preventiva, con una procedura che può condurre anche al risanamento aziendale. E se ciò non fosse possibile, si realizzerà una liquidazione tendente, a differenza del fallimento, a salvare il complesso dei beni aziendali.¹
Ora, tutte queste preoccupazioni sono giustificate dall’attività esercitata dalla banca, che le conferisce un ruolo chiave nel circuito economico.
In effetti, il sistema bancario è il canale di collegamento tra chi offre moneta e chi la richiede, raccoglie denaro e finanzia le molteplici imprese che muovono un Paese. La banca è dunque il perno su cui ruota ogni attività.²
Da queste pur generiche osservazioni emerge la necessità di una sua tutela particolare. Ma una disciplina speciale non si giustificherebbe se non vi fosse una raccolta imponente di risparmio, e che comporterebbe, in caso di crisi, delle conseguenze drammatiche sulla collettività.
Ciò, in particolare, per la elevata propensione al risparmio degli italiani,³ che trova riscontro solo in Giappone, ma anche perché questo era diretto, fino a poco tempo fa, in maniera pressoché esclusiva alle banche, e solo attraverso queste alimentava il fabbisogno delle imprese.⁴
Ma qual è l'oggetto di questa speciale tutela?
A prima vista è chiaro che, se le banche alimentano l'economia, potranno assolvere al loro compito solo se riescono a raccogliere il risparmio. E questo è stato tenuto certamente presente dal legislatore, e della tutela del risparmio si è interessato anche il Costituente.⁵
Tuttavia, occorre enucleare tre elementi fondamentali per capire la peculiarità della disciplina dell'impresa bancaria e del trattamento della sua crisi.
Anzitutto la banca crea moneta. Inoltre il sistema bancario cammina, per così dire, sull'orlo di un precipizio, cosicché non è necessaria una situazione di insolvenza, ma basta semplicemente una perdita di fiducia per provocare un dissesto.⁶ Infine, per i complessi rapporti tra le banche, e tra queste e il sistema produttivo, le difficoltà di una di esse possono avere ripercussioni gravi e imprevedibili.⁷
Né sono preoccupazioni solo teoriche, giacché la differenziazione della disciplina bancaria dallo statuto dell'impresa si è andata formando sempre sull'onda dei grandi dissesti.⁸
Naturalmente, per tutto ciò l'attività creditizia è considerata di pubblico interesse, e giustifica interventi e controlli delle autorità anche in via preventiva, nonché la tutela dei depositanti. Occorre esaminare questi punti separatamente.
LA FUNZIONE DELLA BANCA
Si è già detto che la banca è impresa affatto particolare. Ciò è dovuto all'attività che essa svolge, cioè alla intermediazione nel credito.
Per dirla con il legislatore, la banca raccoglie risparmio tra il pubblico ed esercita il credito (art. 10
T.U.), e lo fa in maniera esclusiva (comma 2 stesso art.).
E' una funzione fondamentale per la collettività, tanto più in quei Paesi, come l'Italia, in cui il rapporto diretto risparmiatore-impresa è ancora marginale.
La banca in tal modo crea liquidità, trasformando un potere d'acquisto futuro del cliente (la promessa della restituzione del prestito) in un potere di acquisto presente, corrispondente alla somma data a prestito.⁹
Questo è certamente un bene, ed è possibile perché la banca si serve di denaro non impiegato, che il risparmiatore deposita in attesa di essere investito o consumato.¹⁰
Ma la banca fa di più. Essa crea moneta.¹¹ Se questo denaro è in attesa di essere utilizzato, il depositante deve vedersi garantita la possibilità di ritirarlo a richiesta (raccolta a vista
).
D'altro canto, l'ente creditizio non può darlo a prestito a vista
, altrimenti l'affidato non saprebbe che farsene. A rigore, proprio così dovrebbe avvenire perché, dato che la banca non impiega denaro proprio, nel momento in cui le venisse richiesto indietro tutto, non saprebbe cosa restituire.¹²
Tuttavia, Ia esperienza (che si traduce in più o meno raffinati calcoli statistici) consente di stabilire un livello medio di depositi.
Cioè, date le abitudini dei depositanti, la banca può ritenere che ci sia un ammontare di risparmio che non viene ritirato, e che quindi essa può utilizzare.
Ora, si può verificare che colui che ottiene un credito, depositi la somma in altra banca,