La Cina guida la corsa alle monete digitali
Kublai Khan, imperatore mongolo che ha fondato la dinastia Yuan cinese, capovolse le convenzioni monetarie con un editto geniale: “Accetta il mio denaro, o muori”. La minaccia di un’esecuzione non era una novità allora, naturalmente. La vera innovazione di Khan risiede nel suo voler rinnovare il concetto stesso di denaro. Il nipote del leggendario Genghis aveva capito che poteva finanziare il suo reame libero da legami con risorse finite e metalli preziosi. Il suo raggio d’azione geopolitico non sarebbe stato più limitato da rocce estratte e fuse con immensa fatica lungo la Via della Seta. Così, invece, aveva a disposizione una fonte infinita di risorse: per lui il denaro cresceva sugli alberi. Alberi di gelso, per la precisione. In un resoconto dell’epoca, Marco Polo si meraviglia del fatto che “il grande Khan usa la corteccia degli alberi, trasformata in qualcosa di simile alla carta, per creare le banconote di tutto il Paese”. Le banconote venivano rilasciate, scrive ancora, “con la stessa solennità e autorità di monete in argento o oro”. Gli europei del Medioevo rimasero sbalorditi dal racconto di Polo. Ma l’imperatore era un precursore. Le monete odierne, discendenti del chao di Kublai Khan, sostenute dai governi piuttosto che da asset reali, sono diventate lo standard. Avanti veloce a questo secolo e la Cina sta, nuovamente, reinventando il denaro. Questa volta però sono proprio le banconote di carta ad essere rimpiazzate: la Cina va verso il digitale. E mentre le cose per i Mongoli non finirono bene (stamparono fino all’iper-inflazione, perdendo il trono), i leader attuali di Pechino hanno in mente qualcosa di molto più stabile e durevole. La Cina è avanti a qualunque altro grande Paese nello sviluppo di una moneta digitale nazionale. Per la precisione uno
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