Le donne filosofe: Riscoprire il loro pensiero e non dimenticarle
By Elisa Dipré
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Gli stessi filosofi uomini, da Platone a Rousseau, da Aristotele a Schopenhauer (ma la lista sarebbe lunghissima) non hanno mancato di manifestare apertamente le loro attitudini misogine, finendo per fomentare l'idea della donna come essere umano poco incline all'attività razionale e all'attività filosofica e perennemente incline e sopraffatto dalla sensibilità e dall'emotività.
Come rappresentazione non fa una piega: riesce a spiegare bene perché, nel corso della storia, alle donne è stata tolta la parola, perché è stato negato loro l'accesso all'istruzione e alla cultura, perché è stato negato loro diritto alla proprietà, al diritto di voto ecc...
Chiaramente, c'è qualcosa che non va in questa rappresentazione. Non si tratta solo d'ingiustizia, si tratta di superficialità. E' una rappresentazione a senso unico. E' come un monologo tra stesse voci. E le altre voci dove sono?
Le donne hanno sempre filosofato, hanno sempre esercitato attività razionale e, se hanno avuto la fortunata possibilità di studiare, hanno studiato con dedizione tutte le scienze pure e applicate.
Le filosofe sono sempre esistite ma la loro voce nella storia della filosofia è molto flebile per non dire inesistente.
Il loro nome verrebbe ricordato se non fossero donne?
La risposta è ovvia, certo che sì!
Noi donne non siamo solo donne e basta ma siamo delicatezza, forza che muove il mondo e genera la vita di un altro essere, mamme, mogli, compagne di vita, figlie, amiche, sorelle, nonne, creature semplicemente straordinarie in una sola persona.
Siamo un mondo nel mondo, un “macro mondo”, sempre pronte a farci forza e a rialzarci nonostante tutto. Ricordiamoci che rispettare la donna e il suo pensiero equivale al rispetto per la vita!
Come disse il filosofo Schopenhauer “le donne non vogliono essere capite, vogliono solo essere amate”.
L'obiettivo di questo libro è quello di accompagnare il lettore in un sorta di viaggio alla scoperta delle donne filosofe più importanti e del loro pensiero.
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Le donne filosofe - Elisa Dipré
A tutte le donne del mondo, a mia mamma e a mia nonna, fonti di amore e ispirazione
Indice
Introduzione
Cap.1 La presenza della donna nei miti
Cap.2 Saffo la bella
e il mondo greco
Cap.3 La scuola pitagorica e le donne
Cap.4 Damo
Cap.5 Teano
Cap.6 Timica
Cap.7 Myia
Cap.8 Ptolomais di Cirene
Cap.9 Phintys, Melissa e Perictione
Cap.10 Arignota di Crotone
Cap.11 Fintis
Cap.12 Esara
Cap.13 Timycha di Sparta
Cap.14 Arete di Cirene
Cap.15 Sosipatra di Efeso
Cap.16 Ipparchia
Cap.17 Aspasia di Mileto
Cap.18 Leonzia
Cap.19 Temista di Lampsaco
Cap.20 Batis di Lampsaco
Cap.21 Diotima di Mantinea
Cap.22 Ipazia
Cap.23 Plotina
Cap.24 Le filosofe in epoca medievale
Cap.25 Eloisa
Cap.26 Ildegarda di Bingen
Cap.27 Caterina da Siena
Cap.28 Tullia d’Aragona
Cap.29 Moderata Fonte
Cap.30 Lucrezia Marinelli
Cap.31 Le donne filosofe in epoca moderna
Cap.32 Elisabetta di Boemia
Cap.33 Laura Bassi
Cap.34 Marie de Gournay
Cap.35 Anna Maria Van Schurman
Cap.36 Margaret Cavendish
Cap.37 Anne Conway
Cap.38 Juana Inés de la Cruz
Cap.39 Mary Astell
Cap.40 Catherine Trotter Cockburn
Cap.41 Émilie du Châtelet
Cap.42 Mary Wollstonecraft
Cap.43 Harriet Taylor Mill
Cap.44 Cristina Trivulzio di Belgioioso
Cap.45 Margaret Fuller
Cap.46 Helena Blavatsky
Cap.47 Victoria Welby
Cap.48 Mary Calkins Whiton
Cap.49 Rosa Luxemburg
Cap.50 Le donne filosofe nel XX secolo
Cap.51 Edith Stein
Cap.52 Hannah Arendt
Cap.53 Simone de Beauvoir
Cap.54 Simone Weil
Cap.55 Ágnes Heller
Cap.56 Martha Nussbaum
Cap.57 Conclusioni
Bibliografia
Sitografia
Introduzione
Quando la scienza, l'arte, la letteratura e la filosofia sono semplici manifestazioni della personalità e sono ad un livello tale da raggiungere gloriosi e bizzarri obiettivi, rendono il nome di un uomo vivo per centinaia di anni
.
(Simone Weil)
In tutte le epoche sono esistite donne filosofe, eppure il loro pensiero è passato sotto silenzio o è stato trasmesso solo in maniera frammentaria.
Gli stessi filosofi uomini, da Platone a Rousseau, da Aristotele a Schopenhauer (ma la lista sarebbe lunghissima) non hanno mancato di manifestare apertamente le loro attitudini misogine, finendo per fomentare l'idea della donna come essere umano poco incline all'attività razionale e all'attività filosofica e perennemente incline e sopraffatto dalla sensibilità e dall'emotività.
Come rappresentazione non fa una piega: riesce a spiegare bene perché, nel corso della storia, alle donne è stata tolta la parola, perché è stato negato loro l'accesso all'istruzione e alla cultura, perché è stato negato loro diritto alla proprietà, al diritto di voto ecc...
Chiaramente, c'è qualcosa che non va in questa rappresentazione. Non si tratta solo d'ingiustizia, si tratta di superficialità. E' una rappresentazione a senso unico. E' come un monologo tra stesse voci. E le altre voci dove sono?
Le donne hanno sempre filosofato, hanno sempre esercitato attività razionale e, se hanno avuto la fortunata possibilità di studiare, hanno studiato con dedizione tutte le scienze pure e applicate.
Le filosofe sono sempre esistite ma la loro voce nella storia della filosofia è molto flebile per non dire inesistente.
Il loro nome verrebbe ricordato se non fossero donne?
La risposta è ovvia, certo che sì!
Noi donne non siamo solo donne e basta ma siamo delicatezza, forza che muove il mondo e genera la vita di un altro essere, mamme, mogli, compagne di vita, figlie, amiche, sorelle, nonne, creature semplicemente straordinarie in una sola persona.
Siamo un mondo nel mondo, un macro mondo
, sempre pronte a farci forza e a rialzarci nonostante tutto. Ricordiamoci che rispettare la donna e il suo pensiero equivale al rispetto per la vita!
Come disse il filosofo Schopenhauer le donne non vogliono essere capite, vogliono solo essere amate
.
L'obiettivo di questo libro è quello di accompagnare il lettore in un sorta di viaggio alla scoperta delle donne filosofe più importanti e del loro pensiero.
Elisa Dipré
Capitolo 1
La presenza della donna nei miti
La presenza della donna nel mito è ovunque, dee eroine e ninfe generatrici, portatrici di tecniche
, maghe e guaritrici, più di un migliaio. Una femminilità polimorfa, molteplice, con attributi che secondo la logica attuale possono anche apparire contraddittori. Un cosmo sessualizzato in grado di generare se stesso e i viventi, dove il femminile compare nelle prime tracce della vita umana. Le statuette del paleolitico ne raffigurano a iosa, importanti testimonianze di un femminile polisignificante legato al tema della vita e del rapporto fra i sessi in vista di fini diversi, in una sostanziale intercambiabilità di ruoli.
Le comunità umane preistoriche erano onnivore, si assicuravano la sopravvivenza essenzialmente con la raccolta di frutti bacche ed erbe, pochissima caccia e pesca inizialmente, prevalentemente al nord, con mezzi semplici e molte difficoltà. Praticavano una vita nomade, gli umani, in piccoli o piccolissimi gruppi, in un rapporto di sostanziale parità tra i sessi, dove le femmine umane rivestivano oltre al ruolo di raccoglitrici
, quello di riproduttori della specie. Ci siamo evoluti così, come erbivori, le cui caratteristiche anatomiche ci accomunano: bocca piccola, colon a sacche, dentizione che non trancia/ tritura e noi come loro mastichiamo.
A partire dal VII millennio a.C., con la stanzialità, l’inizio dell’agricoltura e l’allevamento del bestiame, e quindi con le prime tracce di quella che viene comunemente chiamata evoluzione
, aumentò il numero dei figli e mutò la divisione del lavoro, e anche se come pare probabile l’agricoltura venne ideata e introdotta dalle donne che avevano dimestichezza con il mondo vegetale, furono gli uomini ad assumerne il controllo, come anche sulla proprietà dei suoli, e degli animali, dalla cui osservazione in cattività il maschio umano capì il proprio ruolo nella riproduzione, interpretandolo come dominante.
Anche la magia pian piano sembra sfuggire al loro controllo e in circa 3.000 anni i ruoli si differenziarono sempre più marcatamente fino a che la donna non si trovò gradualmente emarginata dalle attività economiche principali e si dedicò quasi esclusivamente alla procreazione e all’artigianato. Nell’età del ferro il processo di una società patriarcale fu compiuto e radicato, e le donne si avviarono a una lenta e grave emarginazione.
Escludendo le epoche preistoriche quindi, nella quasi totalità delle formazioni economico-sociali, il ruolo della donna è stato di netta subordinazione alle varie forme di autorità, quasi mai protagonista. In particolare l’esclusione delle donne dalla vita politica, dall’istruzione, e dalla creazione artistica, ha determinato una contrapposizione tra ruoli femminili e poteri, saperi e tecniche, riservate agli uomini.
Confinate negli ambiti della civiltà materiale in cui si adoperavano tecniche povere, dove non c’erano particolari ricchezze, né ruoli di prestigio, le donne a fronte di un contributo determinante alla vita economica e familiare quotidiana della comunità, erano indotte e costrette alla mera sottomissione all’autorità in tutte le sue forme: dal Re al Sacerdote, dal Padre allo Sposo.
La storia delle donne in occidente – ma anche altrove, dove il cammino si è più volte interrotto o prosegue a stento – è interpretabile quindi come la storia della graduale, lenta ma incessante, scomparsa delle barriere frapposte tra le donne e le forme di autorità (religiosa, pedagogica, economica, artistica, politica, scientifica). Questo processo parificante, in cui le donne hanno potuto ricoprire ruoli sempre più incisivi sulla vita associativa e che ha portato le donne a interiorizzare e mutuare ruoli e competenze pensate in origine per il genere maschile, si è unito ad un processo di differenziazione di genere , che ha condotto le donne a mettere in gioco concezioni dell’autorità diverse da quelle tradizionali. La visione dell’autorità a cui ci hanno abituato è modellata sul Padre, il capo della tribù, della famiglia, della milizia, del culto. Ad osservare i contributi teorici del pensiero femminile nella sua storia, invece, sembra di poter individuare, in modo latente ma costante, l’emersione di un altro concetto di autorità, a cui forse sarà necessario trovare un nome: un concetto concreto e terreno, non neutrale o formale, un’autorità vincolata a valori, ovvero differenziata
. Il rapporto tra donne e sapere, un sapere in cui nelle varie epoche il predominio maschile è stato pressoché totale, è perciò uno dei fili da seguire per rintracciare il percorso di una rivoluzione ancora oggi, a livello planetario, solo parzialmente compiuta.
In tutte le epoche sono esistite donne filosofe, eppure il loro pensiero è passato sotto silenzio o è stato trasmesso solo in maniera frammentaria.
Gli stessi filosofi uomini, da Platone a Rousseau, da Aristotele a Schopenhauer (ma la lista sarebbe lunghissima) non hanno mancato di manifestare apertamente le loro attitudini misogine, finendo per fomentare l’idea della donna come essere umano poco incline all’attività razionale e all’attività filosofica e perennemente incline e sopraffatto dalla sensibilità e dall’emotività. Come rappresentazione non fa una piega: riesce a spiegare bene perché, nel corso della storia, alle donne è stata tolta la parola, perché è stato negato loro l’accesso all’istruzione e alla cultura, perché è stato negato loro diritto alla proprietà, diritto al voto ecc...
Chiaramente, a mio avviso c’è qualcosa che non va in questa rappresentazione. Non si tratta solo d’ingiustizia, si tratta di superficialità. E’ una rappresentazione a senso unico. E’ come un monologo tra stesse voci. E le altre voci dove sono? Le donne hanno sempre filosofato, hanno sempre esercitato attività razionale e, se hanno avuto la fortunata possibilità di studiare, hanno studiato con dedizione tutte le scienze pure e applicate. Le filosofe sono sempre esistite ma la loro voce nella storia della filosofia è molto flebile per non dire inesistente.
Capitolo 2
Saffo la bella e il mondo greco
Tra le prime donne che hanno avuto un valore letterario, spicca l’insuperata Saffo; Saffo la bella
come la chiama Platone nel Fedro, la leopardiana misera Saffo
, insomma, Saffo di Lesbo. Nata in un isoletta paradisiaca prossima alla costa anatolica e resa famosa proprio per averle dato i natali (e al cui nome in seguito Catullo si ispirerà per la sua amata/odiata Lesbia), visse a cavallo tra il VII e il VI secolo a.C., in una famiglia nobile e, tranne un breve periodo di esilio in Sicilia voluto dall’allora tiranno Pittaco la famosa poetessa e maestra visse la sua lunga vita a Mitilene, dove si ha notizia del suo matrimonio con Cercila di Andro, da cui ebbe una figlia, Cleide, come la nonna. Conobbe il poeta Alceo che la definì dolcebruna, pura, dolceridente Saffo
e morì piuttosto anziana per i tempi. Leggende di origine popolare le attribuiscono un amore infelice e un conseguente suicidio, che ispirò al Leopardi, in un evidente proiezione psicologica, il sopra citato ultimo canto di Saffo
; altrettanto leggendarie sono le notizie relative alla sua bruttezza e depravazione diffuse dalla commedia attica e smentite da autorevoli fonti storiche.
A proposito di Saffo di Lesbo è bene specificare che la pratica dell’omosessualità della Grecia antica, pratica diversa da quella attuale, prevedeva rapporti di cura tra uomini e fanciulli delle classi alte come parte integrante dell’educazione, con eventuali risvolti sessuali del rapporto intellettuale ed affettivo che si veniva a creare ancora dibattuti, che non escludono l’amore idealizzato ma neanche forme meno sublimate di vicinanza.
Parliamo comunque di omosessualità maschile, non vi è traccia di rapporti del genere tra donne, nella Grecia antica. Da qui l’immagine scandalosa prodotta dai versi di Saffo per le sue alunne e amiche Dika, Attide, Ermione, Anattoria, e da qui l’immagine, già della classicità, di una donna licenziosa. Questo per esclusione e ignoranza del contesto in cui si inquadra la straordinaria esperienza umana di Saffo come donna e come poetessa e cioè il Tiaso.
Il Tiaso era una sorta di collegio, un coro di giovani fanciulle nobili, che Saffo dirigeva a Mitilene secondo la consuetudine pedagogica di allora, accompagnandole verso la maturità, in un arco di tempo sospeso della vita, ritagliato dal mondo circostante, con sua sollecita partecipazione e in una dimensione psicologica e sentimentale prettamente femminile che ha fatto e fa tuttora scorrere fiumi di inchiostro e di immagini: un mondo di sole donne. Un’associazione di carattere religioso dove le giovani venivano iniziate al culto di Afrodite, un ambiente esclusivo, un microcosmo autonomo in cui lo stile di vita ruotava attorno alla giovinezza e ai sentimenti, nel quale soggiornavano temporaneamente le ragazze che intanto venivano preparate al matrimonio, che rappresentava l’ingresso nella vita sociale. I legami tra le sue componenti erano talmente forti e indissolubili da rendere partecipe l’intero Tiaso di ogni vicenda del gruppo, similmente ai maschili simposi. Si studiava il canto, la danza e la musica, si partecipava a cerimonie e una volta pronte le ragazze abbandonavano quel luogo ovattato e questo spiega la pena e la lacerazione del distacco dalle fanciulle del Tiaso cantate dalla Maestra, che teneva viva nel ricordo e nella poesia la storia di ognuna di loro, in attesa della prossima arrivata, dono e tormento di Afrodite.
Io dico che qualcuno di me si ricorderà
(fr. 146 LP)
Alcuni lunghi componimenti e numerosi preziosi frammenti arrivati fino a noi, molti attraverso citazioni di eruditi e studiosi, ci mostrano un’opera divisa in nove libri, come le muse: canti lirici, epigrammi, versi elegiaci, giambi imenei ed epitalami, accompagnati dalla musica.
Come i secoli hanno cancellato i colori vivaci e caldi dalle statue e dai templi consegnandoci un’imitazione di arte candida e di purezza di forme, così le difficoltà di traduzione, la mancanza degli strumenti dell’epoca, la differenza di sensibilità e le deformazioni di giudizio rendono difficile l’interpretazione dei frammenti, ma questo non basta a rendere meno potenti le sue celebrazioni dell’amore e dell’eros, presentati come le più intense espressioni della vita, forze che quasi trascendono gli umani sentimenti per diventare impulsi metafisici. La decima musa
, fu chiamata dai contemporanei, a rendere cristallino il suo valore poetico, come se Saffo avesse inventato la poesia stessa.
Capitolo 3