Una sfida per lo sceicco: Harmony Collezione
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Una sfida per lo sceicco - Caitlin Crews
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
In Defiance of Duty
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Caitlin Crews
Traduzione di Carla Maria De Bello
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-056-1
1
«Vista incantevole.»
Kiara non si voltò verso quella profonda voce autorevole, nonostante le si fosse insinuata addosso fino a penetrarle nel sangue. E nelle ossa. Nonostante l’avesse quasi fatta rabbrividire.
Aveva percepito la sua presenza ancor prima che le si sedesse accanto, come se l’aria fosse improvvisamente diventata immobile, carica di una sorta di statica elettricità capace di zittire l’intera Sydney al suo cospetto. Aveva visualizzato quella camminata sicura, il modo in cui la sua potente mascolinità attirava l’attenzione dovunque andasse, e il modo in cui la stava certamente osservando con l’intensa e struggente attenzione di sempre.
«Affermazione scontata» puntualizzò in tono quasi troppo impertinente. Ma sembrava non riuscisse a farne a meno. Aveva deciso che non lo avrebbe guardato fino a quando non lo avesse meritato. Che si sarebbe finta incantata dall’acqua della darsena e dal tramonto, piuttosto che da lui. «Soprattutto in questo punto. Chiunque al mondo lo conosce e lo apprezza.»
«Il che lo rende ancor più piacevole» replicò con una nota di divertimento nella voce. E lei ne percepì il calore direttamente sulla pelle. «O fai parte di quelli che credono che uno spettacolo sia rovinato per sempre se lo guardano in troppi?»
Kiara sedeva a un tavolino all’aperto proprio sotto la magnifica Opera House, davanti a lei il famoso e splendido arco dell’Harbour Bridge.
Il sole era appena tramontato tra nubi dorate disperdendo la propria pastosa luce sull’acqua del porto a irridere gli alti grattacieli della città quasi sfidandoli a distogliere lo sguardo da quel meraviglioso spettacolo serale.
«Non provare a cambiare argomento» affermò per nulla condizionata dall’aura di potere e carisma che emanava dalla sua persona. Appariva letale. Talmente convincente che quasi faceva male costringere se stessa a non ubriacarsi di lui. «Sei tu che hai detto una banalità. Io te l’ho solo fatto notare.»
Istintivamente sapeva che quel particolare genere di bellezza virile, così fiera e mozzafiato, intrisa di vertiginoso potere mascolino, non aveva bisogno di essere guardata. Si sentiva. Lo sentiva nel modo in cui lo stomaco si contraeva e, più in basso, nel vibrare della sua femminilità. Nel modo in cui la peluria delle braccia e della nuca si elettrizzava, facendola rabbrividire. Nel modo in cui il mondo intero pareva indietreggiare davanti a quel tavolo, e a quella sedia.
Davanti a lui.
Eppure preferì giocherellare con la tazza di caffè o con la ciocca sfuggita alla coda con cui aveva raccolto i capelli, fingendo di non notare la straordinaria forza dell’uomo che le sedeva accanto o l’impressionante consapevolezza di lui... i capelli neri come l’inchiostro in contrapposizione agli occhi chiari, il marchio della stirpe araba nei lineamenti austeri e la sconvolgente bellezza di un corpo che non attirava solo l’attenzione di lei ma dell’intera Opera House.
«Dimmi tu come devo giocare» ribatté lui un attimo dopo. «Devo corteggiarti con l’umorismo? Con il mio apprezzamento della bellezza del posto? Forse potrei raccontarti una serie di interessanti bugie e convincerti a tornare in hotel con me. Soltanto per questa notte. Anonimi e furtivi. Credi che potrebbe funzionare?»
«Non lo saprai finché non ci avrai provato.» Soffocò un sorriso, mentre una serie di sensuali immagini le si rincorrevano nella mente, e certo nessuna di esse era anonima o furtiva. Le avrebbe piuttosto definite suggestive. Selvagge di passione. «Anche se dubito che esporre le tue intenzioni in modo così freddo e diretto possa giovarti. Dovresti pensare in termini di seduzione, non di calcolo.» Si scoprì a sorridere, ma continuò a evitare il suo sguardo. «Sempre che possa permettermi un consiglio.»
«Lo apprezzo, naturalmente.» La voce era fredda, ironica, e immancabilmente capace di procurarle un brivido lungo la schiena. E più in basso.
Accavallò le gambe, desiderando che non occupasse così tanto spazio. In realtà non si era mosso per niente, eppure, in qualche modo, era sempre più conscia di lui.
«Comunque sia» ammise Kiara, «devo confessare di non essere affatto impressionata.»
«Dal panorama?» Adesso il divertimento era tutt’altro che nascosto. Si muoveva nella voce esattamente come si muoveva in lei, stuzzicandola con qualcosa che andava ben oltre la dizione imparata nelle scuole britanniche, qualcosa che indicava che l’inglese era solo una delle tante lingue che conosceva. E che suggeriva che non fosse un uomo semplice da catalogare. «Spero tu non sia uno di quegli uomini di mondo terribilmente annoiati, superficiali e stanchi di tutto ciò che il mondo ha da offrire.»
«E se invece lo fossi?»
«In tal caso ne rimarrei davvero delusa.»
«In realtà sono incantato» si affrettò ad aggiungere con una dolcezza talmente insolente da indurla a sorridere pur non volendolo fare.
«Dal mio profilo? Perché è tutto ciò che hai visto di me.»
«Forse si tratta del tuo profilo sovrapposto a un panorama tanto famoso» suggerì. «Sono colpito come qualsiasi altro turista. Se non fosse che ho dimenticato la macchina fotografica.»
Kiara scordò la promessa che aveva fatto a se stessa e voltò la testa.
Fu come guardare dritto nel sole. Cocente. Abbagliante.
Era semplicemente bellissimo, non avrebbe potuto definirlo in altro modo, ma non c’era nulla di affettato in lui. Sembrava il ritratto della forza, tutto muscoli e linee severe... i capelli neri, la pelle scura, lo scintillio dei suoi occhi quasi blu, la durezza degli zigomi, la mascella aggressiva facevano di quell’uomo qualcosa di unico.
Era un concentrato di potenza, il corpo atletico fasciato alla perfezione da un abito scuro e da una candida camicia aperta sul collo. Fingeva un atteggiamento casuale quando tutta la sua persona parlava invece di una straordinaria forza innata.
Sembrava non ci fosse nulla che non potesse fare con quelle mani eleganti e nulla che non avesse già fatto con esse.
A qualsiasi opzione osasse pensare, Kiara si scoprì a deglutire con forza contro la sensazione di calore che ognuna di esse suscitava in lei, selvaggia e fuori controllo.
Ed era assolutamente certa che lui bruciasse della medesima fiamma.
«Ciao» riprovò quando i loro occhi si incontrarono, e curvò le labbra in un sorriso d’intesa. «Anch’io adoro questa vista.»
Kiara forzò un esausto sospiro. «Non sei troppo bravo in queste cose, o sbaglio?»
«A quanto pare no.» I suoi incredibili occhi scintillarono. «Ma puoi sempre insegnarmi. Sono qui per servirti.»
Lei non rise. Non ne aveva bisogno. La curva delle labbra, arroganti e virili, mostrava chiaramente che non era neppure in grado di immaginarsi al servizio di qualcuno.
«Per quanto ne sai, potrei anche essere in attesa di qualcun altro.» Dimenticò il panorama. Lui era ben più affascinante, specialmente quando il suo sguardo si fece cupo e tempestoso. Fu allora che gli sorrise. «Del mio gelosissimo amante, per esempio, che trovandoti qui potrebbe anche prenderti a pugni.»
«Sono pronto a correre il rischio.»
Non ci sarebbe stato modo di negare la minaccia nella sua espressione, e Kiara non poté non domandarsi perché lo trovasse tanto affascinante. Avrebbe dovuto esserne intimidita, non lo era affatto.
«È una minaccia?» chiese. E poi mentì. «Perché è incredibilmente sgradevole.»
«È esattamente ciò che sembri tu» asserì con occhi fin troppo sicuri. «Sgradevole.»
«O forse sono solo una donna single in cerca di un appuntamento» continuò con lo stesso tono incurante. «Sembra che tu voglia parlare soltanto del panorama. O indugiare in deprimenti osservazioni sulla clandestinità di una notte di passione selvaggia e incontrollabile. E confesso che nessuna delle due opzioni mi spingerebbe a darti un appuntamento.»
«Perché, è di un appuntamento che stiamo parlando?» La bocca tornò a curvarsi, quasi si stesse sforzando di non ridere, gli occhi blu convincenti quanto il mare in inverno. «Credevo che avessimo aperto una trattativa di sesso. Di sesso infinitamente fantasioso, credo. O almeno spero. Non di un noioso appuntamento basato su fiori, formalità e atteggiamenti da gentiluomo.»
Le ci volle qualche istante per realizzare come avesse pronunciato la parola sesso: come una sorta di incantesimo. Un po’ meno per materializzare le immagini che essa aveva suggerito, e l’immediato effetto sul proprio corpo. Come poteva un uomo essere tanto pericoloso? E perché lei sembrava assolutamente incapace di opporgli resistenza?
«L’unico modo perché tutto questo funzioni, è che tu finga di essere interessato a un semplice appuntamento» gli disse quasi esasperata. «Che tu finga di volermi conoscere come persona. Più lo farai, più sembrerà romantico. Almeno per me. E questa, ovviamente, è la strada più breve verso una notte di sesso sfrenato in hotel.»
«Non potrei semplicemente avere l’ultima parte?» domandò infastidito. Forse persino interdetto. Sebbene l’indolente scintillio del suo sguardo suggerisse altrimenti.
«Solo se sei disposto a pagare.» Lo guardò dritto negli occhi, e l’accenno di un sorriso sulle sue labbra immediatamente la indusse a desiderare ogni genere di indecenza. «Il che, qui, è perfettamente legale. E no, offrirmi da bere non è la stessa cosa.»
«Il tuo paese ha fin troppe regole» asserì mentre il divertimento sul suo viso cedeva il posto a qualcosa di ben più ardente. «Il mio è più... diretto.»
Kiara sentiva il modo in cui la guardava, sentiva il calore del suo sguardo scivolarle addosso simile a una carezza. E desiderò di potersi spogliare sotto di esso, di lasciarsi avvolgere soltanto dalla notte che calava intorno a loro.
La giacca nera che aveva indossato sopra il morbido maglione della stessa tinta e i jeans infilati negli stivali scamosciati la fecero sentire improvvisamente costretta, piuttosto che casual chic come aveva avuto in mente.
«Diretto?» echeggiò sopraffatta dai suoi occhi pazzeschi. Avrebbe voluto gettare tutto nell’acqua scura del porto e arrendersi a un impulso che pareva ormai incontrollabile. E avvicinarsi a quella bocca, più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Per un attimo dimenticò il gioco... e se stessa completamente.
«Se volessi qualcosa» le disse con una calma talmente snervante che le scivolò sotto la pelle più che se l’avesse urlato, «non dovrei far altro che prendermela.»
E Kiara, letteralmente intrappolata in quel suo sguardo d’intesa, non poté che rimanere a fissarlo.
«Allora suppongo di dovermi reputare fortunata, se non siamo nel tuo paese» affermò un attimo dopo. Fu sorpresa nel constatare che la sua voce fosse risuonata sicura. «Questa è l’Australia. Siamo tutti piuttosto civili.»
«Siete tutti uguali, in questi giovani stati. Così impertinenti, pronti a insistere sulla vostra cosiddetta civiltà. Ma siete ancora legati a un passato anche troppo malfamato, non trovi? Un passato che esiste sotto la superficie prendendosi gioco di facciate accuratamente costruite.»
Kiara realizzò due cose in un solo istante. La prima era