L'invisibile pesantezza del virus: Otto racconti in quarantena (più due)
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Book preview
L'invisibile pesantezza del virus - Gerardo Baldassarre
Narrativa
Gerardo Baldassarre
Edoardo Traverso
L’invisibile pesantezza del virus
Otto racconti in quarantena (più due)
La Torretta
ISBN (cartaceo) 978-88-98452-87-3
©2020 Edizioni Epoké - La Torretta
Edizioni Epoké. Via N. Bixio, 5
15067, Novi Ligure (AL)
www.edizioniepoke.it
epoke@edizioniepoke.it
Editing e progetto grafico: Edoardo Traverso
I edizione
Il seguente romanzo è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata, riprodotta o archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo – elettronico, meccanico, reprografico, digitale – se non nei termini previsti dalla legge che tutela il diritto d’autore.
Indice
Ancora un piccolo passo
24 dicembre 2021
Il ratto di Huli
Papà complotto
Il curioso caso di Mino Fermi
La Corona, la Cina e Valvecchia
Fuori da qui
L’innesto
Congiunti e mazziati
Una battaglia impervia
Nota degli autori
Gerardo Baldassarre, Edoardo Traverso
Ancora un piccolo passo
Dalle finestre opache filtrava la debole luce del sole del meriggio, scontrandosi contro masse di libri e fogli sparsi per il pavimento della claustrofobica stanza. Il fumo denso, padrone dello spazio aereo, si schiariva lungo il fascio di luce e faceva piroette di fronte al volto teso e imperlato di sudore di un giovane uomo, rannicchiato in posa fetale sul pavimento polveroso, con decine di sigarette spente intorno alla sua sagoma. Nella camera regnava un silenzio tombale, e nemmeno da fuori si poteva udire alcun suono; ma nella testa del ragazzo impazzavano i pensieri, correvano a destra e sinistra scomponendosi in miliardi di piccole e chiassose ipotesi che ormai occupavano tutta la scatola cranica.
Pur essendo molto giovane, trentaquattro anni compiuti il 29 febbraio di quell’anno, il signor Macaone era già professore di microbiologia e virologia all’Università di Roma, aveva pubblicato ventuno saggi sul comportamento di vari tipi di virus, dieci trattati economico-sociali sulla gestione della sanità pubblica e quattro romanzi, che però, a differenza dei suoi scritti scientifici, non avevano mai ottenuto interesse da parte del mondo letterario. Insomma, un personaggio brillante, ma che in quel momento, come la maggior parte della popolazione mondiale, accusava gli effetti dei sette mesi di quarantena forzata imposta dai governi per bloccare la pandemia. Da settimane ormai egli conviveva esclusivamente con il cupo silenzio esterno e con le voci dei suoi pensieri.
Quel giorno, d’un tratto, uno squillo elettronico ruppe il suo trambusto mentale, così come ruppe la quiete tutt’intorno, pretendendo attenzione assoluta da parte dell’uomo; il suono proveniva dal suo vecchio PC, che aveva cominciato a emettere una luce intermittente dallo schermo. Egli si mise faticosamente seduto a gambe incrociate, poi portò le mani nei capelli e iniziò a scuotere la testa come per scrollarsi sabbia dalle spalle, dunque si alzò adagio e si avvicinò alla scrivania. Sullo schermo del PC si poteva riconoscere la foto di una giovane donna e la scritta chiamata da Donatella Santa Maria
, che il professore pigiò con il cursore del mouse, aprendo la comunicazione.
– Buongiorno professore, mi scusi se la chiamo solo adesso ma in questo periodo hanno ridotto nuovamente le comunicazioni, qui in laboratorio siamo riusciti a connetterci solo oggi, – disse la donna, dal volto stanco e velatamente nervoso.
– La chiamo per darle cattive notizie, purtroppo: per ora nessun miglioramento, i test non vanno da nessuna parte.
Il professore si stropicciò gli occhi con uno straccio umido, poi rispose con voce rotta: – Ciao Donatella… Non importa, non avevo dubbi, ormai anche lì siete rimasti con pochissimi strumenti, dubito che scopriremo qualcosa di efficace in queste condizioni…
Deglutì con fatica, come per inghiottire una mela intera, poi continuò con voce ancor più flebile: – Io da qui posso fare poco, il mio piccolo laboratorio ha bisogno di una sistemata altrimenti non posso continuare le mie ricerche… ma credo che lascerò perdere…
Il volto della donna, già turbato da fatica e sconforto, si contorse in una smorfia.
– Ma cosa dice professore? – Tuonò con voce allarmata, – Non può mollarci ora! Stiamo lavorando ininterrottamente da mesi, non vede come siamo ridotti?
Si passò una mano tra i capelli, ricavandone una ciocca da mostrare alla camera.
– Vede? Anche qui la situazione è tragica, non possiamo arrenderci… – sospirò. Poi, con voce tramutata in preghiera e gli occhi lucidi, continuò.
– Qui anche noi conviviamo con i cadaveri degli infetti, come fa lei. Dobbiamo uscire da questo incubo. Non può arrendersi ora.
Il professore rimase a fissare il volto consumato della ricercatrice, ricordando quanto fosse bella prima che la pandemia entrasse a far parte della quotidianità. Ora la sua pelle giaceva grigia e spaventata sulla sua carne.
– Non preoccuparti Donatella, vedrai che passerà, – disse, riguadagnando vitalità nel tono di voce. – Voi del Laboratorio Santa Maria però continuate da soli, non avete bisogno di me, vi ho insegnato abbastanza. Io ho altro a cui pensare.
La donna continuava a implorare l’uomo, ma lui, che ormai sembrava sicuro e fermo nella sua decisione, pur mostrando un evidente esaurimento nervoso, respingeva le richieste con secchi movimenti della testa in segno di dissenso.
– Ascoltami, Donatella: da qualche giorno ormai, forse da più di un paio di settimane, ho abbandonato il nostro progetto. Ma non temere! Ho trovato nuove soluzioni…
Il suo sguardo sembrava perdersi verso un punto molto lontano, e le sue pupille vibravano elettriche.
– Fidati di me, Donatella, e ascoltami.
E detto ciò, cominciò a esporre la sua tesi. Le parole del professore, man mano che avanzava nel discorso, perdevano un senso logico e apparivano sempre più come le certezze di un folle.
– Siamo quasi giunti alla fine, ancora un piccolo passo… ancora un piccolo passo… – continuava a ripetere. Nulla di quel che diceva era chiaro, perché anche la dialettica sembrava ormai quella di un mentecatto, e le poche parole comprensibili formavano un puzzle incoerente di superstizioni e formule matematiche, avvenimenti storici e mitologia, scienza e religione. Donatella fissava preoccupata il professore, mai lo aveva visto in quelle condizioni. Nemmeno dopo mesi di quarantena forzata. Aveva sempre mantenuto la sua famigerata compostezza, una forma di saggezza che non gli si addiceva per la sua età ma che ben si sposava con il suo immenso intelletto. Ora stava lì, blaterante e trasandato, prigioniero del malessere.
– Professore, ma che le succede? – Disse lei, scura in volto. Macaone guardava assente la camera, ma in realtà il suo sguardo vagava oltre.
– Cara Donatella, so quello che faccio… Hai letto il mio ultimo romanzo? – Disse focalizzandosi sugli occhi della ricercatrice, la quale fece cenno di sì con la testa; Macaone dunque continuò: – Allora saprai che per sconfiggere un grande demone c’è bisogno di uno sforzo da parte di un uomo, un unico uomo, capace di dominare sul male. Cosa dice il protagonista, prima di salvare l’umanità?
La donna lo guardava con occhi compassionevoli, ma al tempo stesso era curiosa di capire dove volesse arrivare.
– Dice: ancora un piccolo passo… – recitò Donatella, cercando tra i suoi ricordi.
– E poi cosa succede, Donatella? – Rispose lui, sempre più sicuro delle sue parole.
– L’eroe fa un passo oltre il burrone, ma invece che cadere tra le fiamme degli inferi, queste lo sorreggono e gli danno la forza per distruggere il nemico, riportando la pace. – Disse lei, cercando di trovare un senso ai vaneggiamenti dell’uomo.
– Ma signore, questa è la realtà, non ci sono demoni da sconfiggere e lei non ha nessun potere, tranne quello della sua scienza.
Il professore sfoderò un sorriso dolce, paterno. Rimase a fissarla per qualche secondo, poi intervenne: – E non è proprio quello che pensò la popolazione quando vide l’eroe gettarsi nel profondo burrone?
Fece appena in tempo a finire la frase. La chiamata venne interrotta: avevano raggiunto il limite massimo di comunicazione, la connessione era caduta. L’uomo si alzò dalla sedia e si avvicinò al suo piccolo laboratorio domestico, dove ormai fogli di giornali e vecchi manoscritti avevano preso il posto di burette, bunsen e microscopi. Si gettò a capofitto sulle sue folli ricerche, trascrivendo numeri e codici su una lavagna ormai consumata da settimane di lavoro.
****
I computer di migliaia di studenti si connetterono per assistere alla videoconferenza straordinaria del professor Macaone. Erano passati otto mesi dall’inizio della quarantena forzata. Le connessioni erano ormai limitate a qualche ora alla settimana, infatti le lezioni non avvenivano più da almeno un paio di mesi. Il professore continuava comunque ad avere un grande seguito, tra i suoi studenti e non solo: nel marasma di dati, idee, scelte politiche che il mondo aveva adottato per contrastare il virus, la sua voce spiccava tra tutte come una tra le più rispettabili. Ma il mondo era troppo preso dall’emergenza per dar ascolto a qualsiasi persona, per quanto questa fosse saggia, e ormai la gestione del