Il mormorio del Piave
By Irene Milani
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About this ebook
Ad accomunarli Palazzo Durini, Milano, che lui frequenta perché amico del nipote della prestigiosa famiglia;
lei perché da sempre al servizio come cameriera.
Un amore, il loro, che la società di allora non è pronta ad accettare.
Attraverso la loro voce il lettore ripercorre gli anni che vanno dal 1913, quando il conflitto non è ancora immaginabile, alla battaglia di Vittorio Veneto.
Una narrazione che alterna il punto di vista privilegiato di lui a quello di lei, che incarna la voce della gente comune.
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Book preview
Il mormorio del Piave - Irene Milani
Note
Il mormorio del Piave
Irene Milani
Nota iniziale
Novembre 1917
Non so nemmeno io perché stia scrivendo, non so spiegarmi quale impulso mi abbia spinto ad infilarmi nella tasca della giubba questo taccuino spiegazzato rinvenuto tra i pochi effetti personali di uno dei tanti, troppi ragazzi morti durante gli ultimi attacchi austriaci.
La solitudine, sì, sicuramente è questo il motivo. Pur essendo sempre circondato da persone credo di non essermi mai sentito così solo. Così oggi, in uno dei rari momenti di calma in trincea, mi sono seduto in disparte e ho deciso di iniziare a raccontare la mia storia. Cerco di isolarmi dal dolore che ho intorno, di non ascoltare nulla se non il mormorio del Piave che scorre poco lontano da qui: pochi rimarrebbero insensibili se questo placido fiume potesse raccontare quello di cui è stato testimone nell’ultimo periodo. Ma lui non può né parlare né scrivere, così lo farò io per lui.
Se un cecchino non farà saltare il mio cervello con un colpo, se l'esplosione di una granata non mi smembrerà, se il destino mi sarà favorevole e potrò tornare a casa vorrei che queste poche righe, buttate giù di fretta, possano ricordarmi questi momenti, le emozioni e le paure provate al fronte. Quello che ho vissuto nell'ultimo anno qui, in condizioni inumane, a contatto quotidiano con la morte, mi ha fatto capire quali sono le priorità per me.
Forse per qualcosa sarà troppo tardi, ma so che posso rimediare a tante scelte sbagliate che ho fatto. Lei no. Lei ormai appartiene ad un capitolo chiuso… anche se mi addormento ogni notte rivedendo il suo sorriso e tormentandomi con la domanda Perché non ho scelto lei? Perché l'ho lasciata andare?
In guerra ti accorgi quanto ciò che ritenevi fondamentale sia in realtà molto più che superfluo e ti rendi conto di quello per cui vale davvero la pena di lottare, per cui continuare a vivere, che ti spinge ad andare avanti, a stringere i denti, a sopprimere la voglia di farla finita.
Non so quanto durerà ancora questa maledetta guerra, quanti soldati dovranno ancora perire sotto il fuoco dell'artiglieria nemica mentre si lanciano a testa bassa fuori dalla trincea, consapevoli di non avere alcuna speranza di sopravvivere. Non so quando gli alti comandi si accorgeranno dell'inutilità di questa continua strage. Spero che lo facciano presto, che mettano fine a questa mattanza di giovani.
Ognuno di essi ha una storia, una famiglia, magari un amore che lo aspetta lontano. Non siamo solo numeri, esseri intercambiabili da sacrificare al fuoco nemico per guadagnare pochi metri di terreno nelle situazioni favorevoli o, come nell'ultima grande offensiva a Caporetto, addirittura per ripiegare, soccombendo all'urto inarrestabile delle truppe nemiche.
Quanti dei miei compagni sono morti in questi due anni! Quanti solo nelle ultime settimane. Anche Dante probabilmente non ce l'ha fatta e io mi sento dannatamente in colpa: avevo promesso a lei di riportarlo a casa, glielo avevo giurato nonostante dentro di me lo odiassi con tutte le mie forze per avermela portata via. Poi, però, in trincea avevo imparato ad apprezzarlo: era un bravo ragazzo e l'avrebbe fatta felice. D'altro canto ero stato io a tirarmi indietro. Così tra me e Dante era nato un legame, non proprio di amicizia vista la differenza di grado; nonostante talvolta sfogassi il rancore residuo facendogli svolgere mansioni umili o degradanti non si era mai lamentato, rendendosi conto che quello era anche un modo per tenerlo lontano dalle prime linee.
Per tutto questo tempo ero riuscito a mantenere il mio impegno: non era stato ferito nemmeno una volta, a differenza mia che ero finito due volte all'ospedale militare per lo scoppio di una granata. Dante aveva goduto le sue licenze, che io invece avevo rifiutato, limitandomi a qualche giorno di riposo lontano dal fronte, ed era tornato carico di ricordi e di racconti che mi avevano fatto più male che le schegge di granata.
Ora non c'è più, non so più nulla di lui. Forse giace da qualche parte, sul ciglio della lunga strada che abbiamo fatto dopo la ritirata, quando gli Austriaci hanno sfondato le nostre linee. Magari è ferito o prigioniero.
Quel che è peggio è che una parte di me si è sentita quasi sollevata per non doverselo più trovare a fianco, giorno dopo giorno. Non ero felice per la sua morte, in fondo avevamo legato e non volevo che soffrisse, ma la sua presenza quotidiana non faceva altro che ricordarmi il mio più grande fallimento, il mio più grande dolore.
Ieri notte mi sono addormentato stringendo ancora in mano la matita con cui avevo vergato queste poche righe. Non so come sia stato possibile, ma per la prima volta da quando mi ritrovo al fronte ho sognato. Ho rivisto il mio passato e al risveglio per un attimo ho pensato di essere a casa, a Milano… poi la stanchezza, il dolore alle gambe per il lungo cammino, la puzza e la fame mi hanno subito riportato alla triste realtà.
Non so se riuscirò mai a tornare alla vita di prima, se sopravviverò a tutto questo: per questo ho deciso di utilizzare al meglio il mio taccuino. Racconterò quello che vedo, quello che vivo ogni giorno, ma scriverò anche del mio passato. Ho bisogno di ricordare, di parlare delle persone che ho conosciuto, dell'uomo che ero prima che la guerra travolgesse tutto. Spero che qualcuno, se non dovessi farcela, si prenda cura delle mie parole, che consegni questi pochi fogli alla mia famiglia così che abbiano qualcosa di mio.
Mi sento così diverso da quando sono partito che sento la necessità di recuperare la mia umanità, i miei sentimenti, i miei valori.
Se invece, nonostante la situazione al momento mi sembri disperata, dovessi sopravvivere a tutto questo avrò bisogno di queste pagine per non dimenticare gli orrori che ho visto, il dolore, i patimenti. Nessuno mai dovrà scordare quanto è successo nelle trincee, l'inutile strage come l'ha definita qualche mese fa il Papa, qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di aver cancellato dalla faccia della terra una generazione!
Se voglio che queste mie riflessioni mi sopravvivano dovrò custodirle con attenzione, non farne parola con nessuno: non è mai ben visto chi osa criticare la guerra. Allo stesso modo devo trovare un modo per far sì che qualcuno