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(S)quaderno di vocianti memorie: Vecchi e nuovi almanacchi
(S)quaderno di vocianti memorie: Vecchi e nuovi almanacchi
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(S)quaderno di vocianti memorie: Vecchi e nuovi almanacchi

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About this ebook

La particolarità di questa narrazione, che ha impegnato i difficili mesi della quarantena, imposta dalla pandemia da Covid19, è data dal fatto che è nata, si è sviluppata e si è conclusa su un terreno ampio, orizzontale, democratico e virtuale come quello di facebook.
E’ stata, altresì, prefata, postfata e recensita da amici di facebook.
E’ stata, inoltre, scritta col solo ausilio di uno smartphone, avendo il pc in panne e non potendo, tra l’altro, fruire del servizio di un tecnico in osservanza dell’obbligo delle norme sul distanziamento sociale.
E si è trattato, infine, di una narrazione scritta in un lasso temporale di poche settimane.
Ne sono venute fuori pagine fluide, a volte leggere, a volte meditabonde, a volte sofferte, ma sempre balsamiche, medicamentose per affrontare la paura della pandemia e per sopportarne l’angoscia.

Angela Gatto, esperta di Comunicazione e Immagine. editor, poetessa, scrittrice, web writer, prefatrice, recensionista, critico letterario, direttore artistico di eventi e pièces culturali, relatrice e moderatrice in numerosi convegni, tavole rotonde e meeting culturali, è laureata in Economia ed è stata a lungo capo della Segreteria di Presidenza di Banca Carime.

Foto di copertina di Rita Orsini
LanguageItaliano
PublisherPasserino
Release dateAug 26, 2020
ISBN9788835884958
(S)quaderno di vocianti memorie: Vecchi e nuovi almanacchi

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    Book preview

    (S)quaderno di vocianti memorie - Angela Gatto

    Chateaubriand)

    Nota dell'autrice

    La particolarità di questa narrazione, che ha impegnato i difficili mesi della quarantena, imposta dalla pandemia da Covid19, è data dal fatto che è nata, si è sviluppata e si è conclusa su un terreno ampio, orizzontale, democratico e virtuale come quello di facebook.

    E’ stata, altresì, prefata, postfata e recensita da amici di facebook.

    E’ stata, inoltre, scritta col solo ausilio di uno smartphone, avendo il pc in panne e non potendo, tra l’altro, fruire del servizio di un tecnico in osservanza dell’obbligo delle norme sul distanziamento sociale.

    E si è trattato, infine, di una narrazione scritta in un lasso temporale di poche settimane.

    Ne sono venute fuori pagine fluide, a volte leggere, a volte meditabonde, a volte sofferte, ma sempre balsamiche, medicamentose per affrontare la paura della pandemia e per sopportarne l’angoscia.

    Pagine che hanno impegnato dei post molto lunghi per uno strumento come Facebook adatto ad una comunicazione veloce e meno impegnativa.

    Di questo mi scuso.

    Ho raccolto in un unico file di word i racconti ‘postati’, sempre accompagnati dal plauso e dalla tifoseria degli amici di Facebook (i quali, evidentemente, non fanno i critici letterari di professione, ma sono i fruitori più attenti ed anche i meno interessati dal punto di vista del protagonismo personale) e ne è venuta fuori una narrazione ampia che ho deciso di pubblicare.

    Ho iniziato a scrivere per gioco, sperando che un miracolo potesse elevarmi oltre la mia minuscola natura umana, che mi aiutasse ad andare ‘oltre’ l’esperienza coartante dei limiti imposti dalla situazione e che la ponesse al di là della mia dolorosa attesa. Un gioco che si è trasformato in desiderio e poi in urgenza quando ho cominciato a conoscere e a sperimentare la dimensione dolorosa della solitudine, lo struggimento dell’attesa e l’urgenza di qualche risposta sul senso di quanto stava accadendo; cose, queste, che facevano il paio con i martellanti interrogativi sulla ragione stessa del mio andare, del mio stesso esistere.

    Forse s’avess’io l’ale

    Da volar su le nubi,

    E noverar le stelle ad una ad una,

    O come il tuono errar di giogo in giogo,

    Più felice sarei, dolce mia greggia,

    Più felice sarei, candida luna’

    (Giacomo Leopardi)

    Man mano che passavano i giorni e aumentavano i rischi e le insicurezze legati agli effetti del virus, insieme alle riflessioni indotte dall’attualità delle problematiche che hanno investito il pianeta, cresceva il mio bisogno di ripercorrere le tracce ‘sicure’ di alcuni pezzi della mia vita che mi sono sembrati degni di essere tirati fuori dallo scrigno in cui li custodivo.

    Un viaggio attraverso giorni duri e difficili ma anche un viaggio dentro di me, un itinerario autentico di libertà interiore, dentro il mio ‘sottosuolo’ (mi impossesso di un termine caro a Dostoevskij),

    Qualcuno ha detto che la sofferenza, insieme alla libertà, sono le due strade privilegiate che conducono l’uomo alla scoperta di Dio…

    Un viaggio che ho sentito come urgente e irrimandabile. Un viaggio attraverso pezzi della mia vita che hanno lasciato segni importanti ma ai quali, per distrazione, disattenzione, negligenza o forse anche deliberatamente, avevo voltato le spalle.

    Un viaggio col quale era tempo che io facessi i conti… che avessi con esso un faccia a faccia.

    E’ iniziata così la mia traversata, a volte anche sofferta ma sempre feconda, dentro un tempo in cui tutto parlava d’amore e dal quale si sono sprigionate le mille voci mie.

    Ho iniziato a pormi domande inestirpabili. Una condizione straordinaria di ogni essere umano quella di domandarsi il perché e il senso del suo esistere.

    L’ho fatto andando a spasso lungo i tracciati segnati dalla letteratura, scandagliando la triste quotidianità dell’essere castigati ad una lunga permanenza in casa, facendo emergere le voci del mio passato, liberando ogni mia capacità evocativa e lucidità metafisica.

    Sono andata lungo i tornanti del tempo e l’ho raccontato ed ho usato parole senza tempo. Ho presentato microcosmi, parlato dell’autenticità della gente contadina, descritto cose minute, fatto rivivere feste, viaggi, ricorrenze e semplici esperienze. Fatto riapparire i miei incontri con la letteratura e con l’arte. Con gli scrittori e gli artisti che mi hanno cambiato la vita.

    Ho raccontato del mio paese, delle sue ‘rughe’ e dei suoi personaggi, della mia casa dai tetti color biscotto, dell’orto di Spani, dei ‘fiori religiosi’ di mia nonna, delle terre di mio nonno, della mia adolescenza, di mio padre e di mia madre, dei miei giochi, delle mie fantasie, di persone e cose che sono tornate dal passato in mio soccorso per animare questo presente fatto di paure e di rischi per fortuna scongiurati. I mondi di carta della piccola grande gente della mia fanciullezza, desideri segreti, amori adolescenti, favole belle, eroi sognanti, cuori bugiardi, pegni d’amore, parole di fine, grani di verità, beate ingenuità. storie di congedo, anime nascoste, innocenti complicità.

    E poi, i battiti dell’universo di un ‘piccolo tutto’: il rumore del silenzio, le lune, le aristocratiche stelle, i giardini delle rose, i crepuscoli, i campi d’estate, le vendemmie, le borgate, gli odori di un tempo.

    Nonostante l’espiato castigo della quarantena, grazie alla scrittura, ai pensieri, ai ricordi e alle riflessioni che la scrittura stessa mi ha solleticato e suggerito, si è trattato, dunque, di un magico andare di giorni...

    Insomma, un cammino per il quale mi è servito applicare il suggerimento di Pitagora di abbandonare le grandi strade per seguitare sui piccoli sentieri...

    Raccontare è un’arte ed io non sono Sharazade, sono per questo grata a tutti per aver compreso la mia necessità di esprimermi in totale libertà, nella scelta degli argomenti, nel metodo adottato, nella costruzione dei racconti, per le arbitrarie licenze di coniare parole nuove, per i salti veloci da un pensiero e il ritorno ad esso dopo innumerevoli giri.

    Sento che questa avventura senza limiti e senza regole sia, invece, partita da un limen, da una soglia - con un immodesto richiamo letterario mi viene in mente la siepe di Leopardi - per liberarsi dentro il passato e dentro questo presente.

    E’ stato come sfogliare vecchi calendari nei quali ho cerchiato di rosso i giorni da cui mi è servito estrarre pezzi di vita che si sono attualizzati nel ricordo e nel racconto.

    In tanti, anche meno conosciuti e ‘frequentati’, hanno apprezzato le mie scelte stilistiche e questo mio approccio. Una presa d’atto che mi ha dato conferma della giustezza di questo esperimento nel quale sono stata aiutata da un ‘gancio’, diventato il mio compagno di viaggio: il ‘balcone del caffè’ che mi ha facilitato il compito di descrivere le conseguenze che la pandemia ha causato tra la gente e all’interno delle abitudini osservate da sempre. Per tutte queste ragioni, mi sono convinta dell’opportunità di pubblicare questo mio scritto dai lunghi e larghi voli pindarici, grazie ai quali ho esplorato sensazioni, sogni, ricordi, silenzi, emozioni, pensieri, pause, speranze.

    Angela Gatto

    Prefazione

    C’è un giardino sommerso dentro il nostro cuore,

    c’è un profumo nascosto che questo giardino conserva,

    c’è una freschezza che solo la profondità può svelare,

    c’è una sorgente inesauribile, divina di bellezza

    che ognuno di noi possiede.

    (Laura Merico)

    Conosco Angela Gatto da tanti anni. Il nostro è stato un incontro casuale, un’amicizia virtuale nata curiosando sui nostri profili Facebook. Il feeling è stato immediato. Tante cose ci accomunano: passioni, interessi, visioni che hanno permesso, col tempo, di dare forma e profondità alla nostra conoscenza. Da subito ho apprezzato la sua vitalità artistica e intellettuale, il suo estro creativo e letterario, ma soprattutto le sue qualità umane.

    Il primo incontro con la sua vasta lirica poetica mi ha svelato una Angela con una cultura smisurata, una Angela che con saggezza, ma anche con acuta virilità creativa, posa sul mondo, sull’essere umano uno sguardo lungo e profondo che si accompagna a compassionevoli riflessioni.

    Se devo scegliere una ‘parola’ che descriva una sua passione cardine scelgo ‘parola’. Angela usa le parole come pietre per edificare un mondo letterario pieno di vitalità, per far sbocciare nuovi universi come fiori nel deserto.

    Con arcana maestria riesce a scegliere, alla maniera di un mago, le parole giuste, quelle dai significati precisi. La sua scrittura racconta mentre interroga, non lasciando mai indifferenti anzi, spesso, le sue riflessioni accompagnano il lettore anche a distanza di tempo, come in un incanto rivelatore dell’animo proprio. Questo libro è nato sotto i nostri occhi, sotto gli occhi degli amici conosciuti sul social, in un periodo difficile e sofferto, quello della quarantena dettata dalla pandemia. In un periodo così buio e sotto il segno dello smarrimento, Angela ogni giorno pubblicava le sue riflessioni, le sue memorie, i suoi pensieri, come in una specie di diario in vivida trasformazione, regalandoci ogni volta un nuovo universo, una nuova visione, una continua ricerca di senso, una bussola per orientarsi in un tempo sospeso, in cui la sua e le nostre vite facevano fatica a riconoscersi. Quei giorni che come palloncini volavano via portati dal vento impetuoso degli eventi, dalla paura, dall’ansia dell’ignoto diventando giorni di un’umanità sciupata che cerca sponda. Angela prova a fissarli con tenacia non comune, assegnando ad ogni giorno il suo perché, una nota musicale di una memoria che supera la nostra personale visione, creando una vera sinfonia in cui a vincere è l’amore. Cercando il senso di un presente difficile da definire, trasforma i gesti, le parole, i profumi, le immagini del presente, con un processo catartico, usando la tecnica del flash back, in vivide storie autobiografiche in cui, paradossalmente, ognuno di noi prima o poi si è riconosciuto. Angela ha dunque fissato, dato forma e valore, ancorato al tempo e allo spazio, non tanto in senso fisico quanto in senso morale ed etico, la realtà sospesa che tutti noi vivevamo e l’ha umanizzata. Qualcosa che ognuno di noi, consapevolmente o meno, ha provato a fare in quel periodo anche solo per istinto di sopravvivenza.

    Ed è così che leggendo i suoi racconti e soffermandosi sulle sue riflessioni si si sono aperti i cassetti della memoria (quelli della memoria del cuore più di quelli della mente). Ed è così che, mentre lei diventava lo specchio del suo lettore, la guida che, con garbo delicato, lo spingeva a guardarsi dentro, insieme ai suoi cassetti della memoria, si sono aperti anche i nostri, in una magia inspiegabile che ha investito anche me. Ho centellinato la lettura del libro, affascinata dalla sua scrittura sempre congegnata con singolare maestria. Le parole non vengono mai usate in maniera casuale, scuotono, aprono orizzonti lontani ma in fondo, poi, mai così lontani... E mentre Angela va avanti coi racconti dal suo ‘balcone del caffè’, il suo ‘salotto’ all’aria aperta, che è inesorabilmente il posto più all’aperto a cui tutti noi abbiamo avuto accesso, il suo racconto accompagna il nostro racconto, si srotola dentro il nostro, in quello più intimo e personale. Se è vero che la scrittura è anche un modo per superare il dolore e la morte, è vero anche che essa rappresenta un modo per affrontare la vita. Essa, infatti, accompagna il passare del tempo perché il tempo è una miscela in cui il passato, il presente e il futuro trovano linfa sempre nella memoria della PAROLA che è anche memoria dei luoghi, quella che ci fa riappropriare anche della memoria concettuale.

    Penso che, in ultima analisi, la parola abbia il potere di renderci liberi.

    Angela racconta il suo mondo, la sua evoluzione, il suo prendere coscienza di sé, descrivendo sensazioni dell’animo solo apparentemente indescrivibili e inafferrabili. Quello che Angela mette sulla carta non è una semplice storia ma un intero universo custodito nell’anima. Per tutte queste ragioni il suo libro non costituisce, a mio modo di vedere, un mero insieme organico di racconti, ma un modo filosofico di guardare il mondo, perché meditare è un’occupazione potente, piena, che dà valore e senso alla vita.

    Ricordare significa attingere ai dettami della mente e del cuore, rubare dalla nostra infanzia, dalla nostra adolescenza, dalla nostra giovinezza, entrare all’interno dei fatti accaduti e capire se e come abbiamo saputo trarre il meglio da ogni nostro incontro o tappa della vita. Ma la memoria è ricca di immagini, di profumi, di sapori… per cui, come magistralmente scrive Angela, una superficie che tocchiamo ci può riportare alla luce un vecchio stato d’animo, una passata intuizione, una sorpresa, una sofferenza, una gioia. Un cielo azzurro ci può prendere per mano e condurre nell’infanzia, alla stregua di come ha fatto la grande quercia del giardino della casa paterna che ha accompagnato tanti anni della vita di Angela dandole forza e sostegno spirituale, di come hanno fatto i fiori del suo balcone che le ricordano i ‘fiori religiosi’ della nonna, oppure un’opera trasmessa su un canale televisivo che le porta alla memoria la passione per la musica trasmessale dal nonno prima e dal padre poi.

    I ricordi sono inafferrabili, di fatto appesi al niente, eppure ci restituiscono in un attimo universi altrimenti inarrivabili.

    Angela ha una mente immaginifica, creativa, un carattere che - con sorpresa abbiamo scoperto attraverso la lettura di alcuni suoi racconti - possiede sin dall’ infanzia. Con una scrittura di raffinata bellezza, piena di vitalità, a tratti con una autoironia spumeggiante, Angela prende per mano il lettore e usando la sua penna potente ma dolce e vicina lo accompagna anche nei suoi viaggi reali attraverso un’Italia di altri tempi e attraverso Paesi visitati che hanno lasciato un segno sulla sua formazione. Sembra che, con una cinepresa a portata di mano, abbia ripreso posti, costumi, figure arcaiche ma iconiche, oggetti e arredi, comportamenti e atteggiamenti, dinamiche, posti immersi all’interno di una natura quasi ancestrale. I suoi ricordi sono così dettagliati e ricchi da dare l’impressione di essere stati in quei posti e in quei momenti. Anche noi presenti accanto a lei.

    Ho letto il libro d’un fiato. Ho riso, ho sospirato, sono stata allegra e incuriosita insieme a lei.

    Ho letto storie di resilienza, ma anche di leggerezza.

    Questo libro è una tavolozza di emozioni dinamiche in cui il lettore viene attratto e risucchiato con tutti i suoi sensi, per uscire alla fine cambiato interiormente, perché qualcosa di ogni racconto gli ha lasciato un seme nella voglia di esplorare il proprio animo, di evocare dall’intimo quelle parti più recondite e personali. È un libro che attrae, che scuote, che diverte, che fa riflettere, che si avvale di una scrittura raffinata e luminosa che, come una ventata di aria fresca, riempie i polmoni del lettore, innescando quel processo, non di rado urgente e necessario, che può essere la cura più efficace per la guarigione delle ferite dell’anima.

    Chiudo dicendo che se ricordare è un bisogno umano, quello di scrivere per Angela è una necessità. Ed è proprio a questo riguardo che Angela scrive:

    ‘Poiché sono convinta che dimenticare equivalga a morire, la scrittura rappresenta la mia maniera di fissare i ricordi, di salvaguardarne, la dignità, di non sacrificarne i segreti, di tesaurizzare il valore per quel momento in cui una coltre nera si distenderà sul passato, quel momento in cui tutto diventerà estraneo o irrilevante, in cui i pensieri si confonderanno e si smarriranno, in cui un istante e un’eternità equivarranno perché avrò perso la percezione del tempo, degli anniversari, delle ricorrenze, in cui non sarò più in grado di distinguere il vero dal verosimile, il verosimile dal falso’.

    Angela sente che è l’amore a chiederle di far rivivere le persone care che se ne sono andate perché ‘come piante rinverdiscano, come bocci rifioriscano, come germogli generino ogni giorno nuova vita.’

    Bari, luglio 2020 Laura Merico*

    *LAURA MERICO laureata in Ingegneria Elettrica presso l’Università degli Studi di Cagliari, abilitata nell’esercizio della professione di Ingegnere ed è iscritta all’Ordine Professionale degli Ingegneri di Bari. Appassionata da sempre dell’Arte in tutte le sue declinazioni con predilezione per la letteratura, la pittura e la musica. Ha tenuto per tanti anni un Atelier di Arte Iconografica Bizantina a Bari, punto di incontro e divulgazione per l’arte iconografica antica, ospitando vari eventi volti alla crescita e allo scambio culturale e spirituale della cittadinanza.

    Postfazione

    Cara Angela,

    ho voluto rileggere, ancora più attentamente, le preziose pagine del tuo ampio racconto della quarantena. Un testo in cui la parola è fine e incisiva, forbita ed efficace, testimone di una cultura classica di spessore, che possiede la consapevolezza della maturità. Un componimento introspettivo in cui indaghi con sapiente naturalezza descrittiva, analizzandole con sana ed equilibrata saggezza, le interiorizzate esperienze del passato, perché non scivolino nell’oblio, ma si possa guardare al futuro con luminosa e colorata speranza.

    Tu sai che ci accomuna la sensibilità, la curiosità, il desiderio di ‘virtute e canoscenza’, perciò grazie di avermi reso partecipe delle tue emozioni.

    Farò una breve analisi di quanto hai scritto.

    In questo particolare momento storico in cui lo stigma del Covid fa respirare un’aria strana, intrisa di inquietudine e paura, tu trovi pace nello scrivere, anzi, lo sconcerto di fronte alla difficile situazione e le sue conseguenze di isolamento coatto, restando affacciata alla finestra sul mondo ‘sospeso’, ti hanno permesso, attraverso la scrittura, quale sfogo di sopravvivenza nella ricerca di un equilibrio, di elaborare la ‘fatale’ novità della pandemia nell’ottica dell’osservazione e dell’analisi in un volo che parte dagli attuali accadimenti per volgere al passato la sua traiettoria.

    La tua acuta sensibilità ed una visione serena dello scorrere inesorabile del tempo, dello stesso senso dell’esistenza, trova armonia nella bellezza e nella natura attraverso la lettura, la scrittura, l'ascolto della musica. In sunto nel bello della vita medesima. Evochi le antiche, suggestive memorie, tra gli affetti, il borgo, la casa di via Duomo e gli scorci intrisi del panismo della natura; pietre miliari nel tuo percorso di donna, in perfetto equilibrio tra sfera emotiva e riflessioni ragionate.

    Nel tuo cammino autobiografico attraversi ‘vite’ e ‘paesaggi’, ne evidenzi le caratteristiche con icastiche ‘fotografie’ e lo scrivere diviene pace interiore e respiro per l'anima.

    Tutto ciò è spunto per far riemergere gli antichi valori che resistono alle panie della globalizzazione, dispieghi le tue considerazioni rassicuranti sul tuo smartphone ‘esorcizzando’ il virus e, al contempo, non disdegni di commentare le notizie quotidiane che ‘si avvicendano velocemente nel fermo ‘dintorno’, dagli ‘sgarbi’ di Vittorio Feltri ai provvedimenti per contrastare l’epidemia, col tuo invito appassionato ad un’Europa unita nell’agire.

    Ti rifugi nei ricordi e qui il desìo esortativo di trovare un altro «piatto dal fondo smaltato» (quale richiamo alla tua opera prima in versi sciolti).

    Raccolgo un po’ così le mie impressioni, che ho maturato man mano che scorrevano le pagine, e anzi, partendo già da prima, ovvero da quanto a suo tempo dichiarai in merito al tuo libro di ‘poesia’, esprimo il mio globale pensiero sui tuoi scritti. Sai quanto io ami le forme classiche della metrica tradizionale e non apprezzi particolarmente il verso libero, ma, ammetto, che è stata una piacevole sorpresa avventurarmi nella lettura del tuo volume dal titolo ‘Dal fondo di un piatto smaltato’ e riscontrare l'espressività arguta, curata e preziosa delle ‘poesie’ prosastiche in versi liberi, fini, colte ed efficaci, puntualmente chiuse con un epigrammatico ‘fulmen in clausula’ sempre in corsivo.

    Ancor molto di più non può che essere lusinghiero il mio parere sul tuo prosimetro ‘(S)quaderno di vocianti memorie - Vecchi e nuovi almanacchi’ ricco delle delicate descrizioni degli spontanei sereni stati d’animo d’infanzia e organizzato e modulato con sapienza, sempre seguendo una perfetta strutturazione semantica. Il racconto si ‘realizza’ in un viaggio sensoriale, laddove casa e pensieri rappresentano i tuoi rifugi sicuri, e gli affacci, così come la siepe dell’Infinito di Leopardi, ti permettono di ‘staccarti’ dal mondo esterno, e nell’attesa che il tempo, questo ‘tempo interrotto’ scorra ‘accerchiata dalle… assenze’, inventi un modo di impegnarlo costruttivamente senza perderlo né sprecarlo.

    Ti addentri e spazi, illuminata ed illuminante, a volte con tono frizzante ed irrisorio, spesso dolce e amorevole, nel caleidoscopio dell’essenza e nell’eterogeneità della realtà che ti circonda.

    Scrivi divinamente con un tuo stile chiaro e ricercato e narri dal tuo balcone, ‘con ‘chicchera e piattino’ in mano, attratta e incuriosita, con garbo e leggerezza forbita, la struggente avventura della vita; riporti alla giusta visione adulta le tue impressioni e i ricordi di bambina, consapevole di un’età che non potrà più tornare, coi suoi intensi affetti, le fantasie di bimba, i balocchi e i giochi, i profumi dei fiori, i cari ricordi, lo scorrere del tempo… e l’odierno presente, mentre osservi che ‘la strada è deserta’.

    Segui, con arguta intelligenza e una vis del mondo poliedrica, l’evoluzione storica, elaborando lo scorrere del tempo, dal mondo arcaico e contadino alla fase industriale e post industriale fino all’attuale epoca consumistica ed alle conseguenze dell’odierna ‘emergenza pandemica’.

    Utilizzi con diligenza gli amati ‘ossimori’ e cospargi di ‘sapienti’ personaggi il racconto, legando il tuo narrare con appropriati riferimenti agli autorevoli rappresentanti del sapere filosofico e letterario (Nietzsche, Heidegger, Camus, Sartre,

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