Appropriati di me
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About this ebook
Valerie Bonnard viene pregata dal padre, alla stazione di polizia, dove si trova per un'accusa di appropriazione indebita, di prelevare e nascondere il suo archivio personale. Dopo che l'uomo viene stroncato da un attacco di cuore, Val si trasferisce nella vecchia casa della nonna, a Buxton, per trovare delle risposte ai mille interrogativi che la tormentano.
Lui la insegue.
John Leo MacBride riceve una richiesta d'aiuto dal fratellastro, Will Jordan, coinvolto nel fallimento dell'azienda di Bonnard. L'unico modo per riuscirci è indagare. E arrivare a un faccia a faccia con la bella Valerie. A questo punto i sospetti sono reciproci. E anche l'attrazione.
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Book preview
Appropriati di me - Dixie Browning
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Social Graces
Silhouette Desire
© 2003 Dixie Browning
Traduzione di Olimpia Medici
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-944-2
1
Con un paio di collant in mano e un elegante abito nero senza maniche gettato con noncuranza sulla spalla, Val Bonnard osservava l’armadio semiaperto, aspettando di sentire di nuovo quel suono stridulo. Rabbrividendo, guardò fuori della finestra. Il vento era così forte che forse si trattava solo di un ramo che sbatteva contro la grondaia. Cosa poteva essere, altrimenti? In fondo in casa non c’era nessuno tranne lei, vero? Certo che non c’era nessuno.
Deglutì a fatica e tornò a guardare l’anta dell’armadio. Era spalancata per via del vento e degli spifferi. Tutte le porte della casa erano aperte e dalle finestre si insinuava un’aria gelida. Fuori la temperatura era intorno ai cinque gradi. Niente di particolarmente terribile, considerato che si trovava in Carolina ed era metà gennaio, ma il vento e l’umidità davano l’impressione che il freddo fosse più intenso.
Per non parlare della solitudine.
Val continuava a fissare l’armadio quando un topo fece capolino, le lanciò un’occhiata curiosa e scrollò le orecchie, per poi trotterellare con la massima calma lungo il battiscopa, fino a sparire in un buco in fondo alla stanza.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. In preda a un misto di rabbia, dolore e impotenza, Val si accasciò sul letto cigolante e si abbandonò al pianto.
Pochi minuti dopo si soffiò il naso e frugò nella tasca dei pantaloni in cerca di un altro fazzoletto. Come se delle minuscole tasche create solo per esibire una fila di brillantini potessero ospitare qualcosa di così pratico.
Soffiandosi di nuovo il naso, si disse che non avrebbe funzionato. Cosa si aspettava? Che le sarebbe bastato guidare per due giorni e raggiungere una casa sperduta e pittoresca su un’isola sperduta e pittoresca, per sfuggire ai creditori e trasformare come per magia il dolore in comprensione? Cosa sperava, che d’improvviso le si accendesse una lampadina e le apparisse chiaro chi era il responsabile del crollo della BFC, la Bonnard Financial Consultants, del fallimento di suo padre, del suo arresto e della sua morte prematura?
In effetti era convinta che il tempo e la distanza aiutassero a capire meglio le cose. Lo aveva letto da qualche parte, probabilmente su un biglietto di condoglianze. Ma aveva avuto più di due mesi e mezzo per riflettere e non aveva funzionato.
In quanto alla distanza, era andata il più lontano possibile, rifugiandosi nell’ultimo posto che le restava. Aveva ammassato tutte le sue cose nella nuova auto, una carretta mangia benzina di seconda mano, e adesso si trovava in un villaggio così piccolo da non avere nemmeno un semaforo. Se non altro era riuscita a evitare quelle telefonate esasperanti, visto che nella casa mancava il telefono e il cellulare non prendeva.
Sull’isola non c’era nemmeno una lavanderia a secco e metà del suo guardaroba andava lavato a secco, mentre buona parte di quello che restava richiedeva trattamenti speciali. «Quindi perché non dovrei piangere?» gemette ad alta voce.
Almeno concentrarsi su quelle banalità l’aiutava a tenere lontani altri pensieri, pensieri terribili che l’avrebbero messa ancora più in difficoltà.
Dopo la morte di suo padre le ci era voluta tutta la sua energia per riordinare gli affari e organizzare la vendita dell’arredamento della villa in stile Tudor dal tetto di ardesia, dove aveva passato tutta la vita. Scoprire che era ipotecata l’aveva sconvolta, ma alla fine era stata sollevata che fosse la banca a occuparsi della cessione.
A quel punto sistemare l’arredamento era stato facile. Belinda e Charlie l’avevano aiutata tantissimo, prima di iniziare i loro nuovi lavori. Lei e Belinda avevano versato qualche lacrima insieme e perfino il vecchio Charlie aveva gli occhi rossi, malgrado il suo stoicismo.
Alla fine era partita verso sud con una semplice borsa da viaggio, tre valigie con i vestiti e tre grossi scatoloni, uno pieno di ricordi personali, l’altro di biancheria e l’ultimo dei documenti che aveva preso dallo studio di suo padre.
Ripensandoci ora, tutto quello che era successo nelle ultime undici settimane le sembrava completamente irreale. Nel gigantesco frigo di casa c’era una bottiglia d’annata di champagne, che aspettava solo di venire stappata per festeggiare il suo trentesimo compleanno. Suo padre l’aveva comprata il giorno prima di venire arrestato. Sembrava quasi allegro. Le rughe di preoccupazione c’erano sempre, ma se non altro aveva un colorito migliore del solito.
Val continuava a chiedergli da parecchi mesi se qualcosa lo preoccupava, ma lui evitava sempre di darle una risposta precisa. «Il mercato azionario sta scendendo» le aveva detto l’ultima volta. «Del resto, è sceso anche il colesterolo. Non si può avere tutto dalla vita, vero?»
Val lo aveva rimproverato di passare troppo tempo in ufficio ed era stata sollevata quando suo padre aveva accettato il suo consiglio di restare di più a casa. Sapeva che sarebbe stato sempre rinchiuso nel suo studio a leggere il Wall Street Journal, ma era già qualcosa.
Aveva deciso di festeggiare il compleanno a casa da sola con suo padre, invece di organizzare la solita festa al club. La sua idea era di fargli bere qualche bicchiere di champagne, per poi costringerlo a confessare cosa lo turbasse esattamente.
La mattina del suo compleanno due sconosciuti, che poi si erano rivelati ufficiali di polizia, erano comparsi sulla porta e avevano pregato suo padre di seguirli in città.
Val aveva sentito tutto e si era precipitata giù dalle scale a piedi nudi e in vestaglia, pretendendo di sapere cosa stava succedendo.
Uno dei poliziotti le aveva risposto con gelida cortesia che era solo una formalità, ma era evidente che si trattava di qualcosa di serio. Suo padre non parlava e, quando l’avevano portato via, aveva un colorito cereo. Preoccupata, lei aveva subito chiamato il medico e l’avvocato.
Le ore successive erano passate come in un incubo. Doveva essersi cambiata e avere fatto la doccia, ma non ricordava nulla. Sapeva solo che, quando era già in macchina, Belinda le aveva telefonato chiedendole di portare le medicine di suo padre alla centrale di polizia. Così si era precipitata a casa e aveva strappato le pillole dalla mano della governante, per correre di nuovo fuori.
Quando era arrivata alla centrale aveva potuto parlare a tu per tu con suo padre solo per qualche secondo, quando il poliziotto era andato a prendergli un bicchier d’acqua. Parlando a bassa voce, il padre le aveva chiesto di rimuovere dall’archivio del suo studio tutti i documenti non catalogati e di nasconderli.
Confusa e preoccupata, Val avrebbe voluto chiedergli di più, ma proprio in quel momento era tornato il poliziotto. Annuendo, suo padre aveva inghiottito le pillole, quindi l’aveva esortata a tornare a casa. «Torno appena sistemiamo questa faccenda» le aveva detto.
Era stata l’ultima volta che l’aveva visto vivo. Prima ancora di essere incriminato, Frank Bonnard era stato colpito da un infarto fulminante.
A quel ricordo, Val si soffiò il naso e si asciugò gli occhi con un sospiro. Piangeva da troppo tempo ormai, era il momento di pensare al futuro.
Quello che cercava erano delle risposte. Si chiese perfino se lasciare Greenwich non fosse stato un errore. Forse avrebbe fatto meglio ad affittare una stanza in città. Senz’altro quel villaggio sperduto su un’isola al largo della costa orientale, dove suo padre era stato un’unica volta in vita sua, non era il posto migliore per scoprire la verità.
Del resto, i revisori contabili e i finanzieri in bancarotta erano convinti di avere trovato il capro espiatorio per i loro guai e sarebbe stato difficile convincerli che si erano sbagliati. Anche se lei fosse riuscita a dimostrare l’innocenza di suo padre, nessuno avrebbe potuto restituirglielo. Al massimo poteva salvare la sua reputazione.
La luce del sole al tramonto, filtrata dalle vecchie querce ricoperte di muschio, illuminava le finestre polverose. Nell’isola erano cambiate così tante cose da quando c’era stata l’ultima volta, che non avrebbe mai trovato la casa senza le istruzioni dell’agenzia immobiliare.
Una settimana prima aveva chiamato l’agenzia che amministrava la proprietà ereditata dalla sua bisnonna, Achsah Dozier. Appena arrivata sull’isola era passata dalla Seaview Immobiliare, che consisteva in un minuscolo ufficio con una donna dall’aria cordiale e dinamica, seduta dietro a una scrivania ingombra di carte, scatole di biscotti e formulari per la denuncia dei redditi.
«Marian Kuvarsky» si era presentata la donna, tendendole un mazzo di chiavi. «Sono felice che sia arrivata prima della chiusura. Però la devo avvertire che non sono ancora riuscita a far rimettere a posto la casa dopo la partenza degli ultimi affittuari. Forse preferirà dormire in albergo per un paio di notti.»
Ma Val si era spinta troppo lontano per tollerare altri ritardi e, soprattutto, non poteva permettersi un albergo. Perfino in pieno inverno il costo di una camera avrebbe inciso pesantemente sui suoi miseri risparmi.
«Un po’ di sporco non mi spaventa, mi spieghi solo come trovare la casa» aveva ribattuto. Era convinta di sapersela cavare. Prima di tornare a vivere con il padre era riuscita a mandare avanti un appartamento di tre locali con l’unico aiuto di una donna delle pulizie, che veniva una volta alla settimana.
La signora Kuvarsky, una biondina dagli occhi vivaci e il sorriso simpatico, aveva risposto: «Come vuole, ma poi non mi venga a dire che non l’avevo avvertita. Uscendo da qui svolti a sinistra e giri solo quando incontra il cartello con scritto Back Road».
«È il nome della via?»
«Esatto. Quando mi ha telefonato, ho fatto collegare l’elettricità. Le ho detto che gli ultimi inquilini se ne sono andati senza pagare due mensilità, vero? Avrei voluto rendere subito la casa presentabile per affittarla di nuovo, ma la donna delle pulizie con cui lavoro è in maternità. Continua a ripetermi che tornerà tra poco, ma sa come vanno queste cose. Adesso che siamo in bassa stagione cerco di arrangiarmi come posso. Pensi che il weekend scorso ho pulito due appartamenti da sola.»
Val era troppo stanca per interessarsi dei problemi dell’agente immobiliare. Il viaggio le aveva lasciato lo stomaco in subbuglio perché aveva mangiato soltanto schifezze, spinta più dal nervosismo che dalla fame. «Mi sono portata solo della biancheria. La casa è ancora arredata, vero?»
Marian aveva annuito. «Ci dovrebbe essere tutto quello che le può servire, anche se troverà un po’ in disordine. Ho scritto a suo padre per chiedergli se potevo procedere con le riparazioni, ma non mi ha mai risposto. Comunque, tra restauri e