Proposta a sei zeri
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About this ebook
Sadie Sullivan ha tutta l'intenzione di trasformare il lussuoso hotel sulla costa della Turchia di cui è proprietaria in un successo. Certo, la situazione non è proprio rosea, ma lei non è disposta ad arrendersi. L'arrivo di Dylan Jacobs, tuttavia, cambia tutto. Imprenditore con un fiuto eccezionale per gli affari, Dylan fa a Sadie una proposta generosa e molto allettante. Ma ciò a cui Sadie pensa di non poter resistere è il fascino dell'uomo per cui, in passato, ha provato più di un brivido. Lui però è allergico ai legami, e per non rischiare di soffrire è meglio che Sadie mantenga il loro rapporto su un piano strettamente professionale. Peccato che sia più facile a dirsi che a farsi...
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Proposta a sei zeri - Sophie Pembroke
978-88-3051-952-7
1
Sadie Sullivan si riparò gli occhi dal sole mentre guardava i suoi genitori allontanarsi dall'hotel Azure a bordo di un'automobile presa a noleggio. Finn, con il faccino schiacciato contro il vetro posteriore, la salutava agitando la manina. I capelli biondo cenere di sua madre accanto a Finn e suo padre alla guida.
Suo figlio era in buone mani e lei doveva tenerlo a mente. I nonni si sarebbero presi cura del suo bambino, ma questa consapevolezza non era sufficiente a farla sentire meglio. Separarsi da Finn non era mai facile.
La macchina svoltò l'angolo in fondo alla strada per immettersi sul viale costeggiato di ginepri e a quel punto Sadie la perse di vista. Immaginò il percorso successivo. Suo padre avrebbe preso la strada che fiancheggiava la costa per proseguire verso l'entroterra in direzione dell'aeroporto di Izmir.
Inspirando profondamente, si asciugò in fretta le lacrime con il dorso della mano. Non voleva che la vedessero piangere.
Professionalità prima di tutto, si disse. Quella era la chiave del successo.
«Si tratta di una settimana soltanto» mormorò tra sé per consolarsi. «Passerà in fretta. Tra sette giorni raggiungerò Finn in Inghilterra e poi lo riporterò indietro con me. Adesso devo godermi questo periodo di relativa pace.»
E se Finn non fosse voluto tornare da lei? Suo padre sosteneva l'eccellenza delle scuole inglesi e spingeva affinché il nipote studiasse in Gran Bretagna, ma Finn era suo figlio e doveva stare con lei. Gli avrebbe trovato un'ottima scuola anche lì in Turchia e il bambino si sarebbe integrato senza tante difficoltà. Cominciava già a padroneggiare la lingua e si sarebbe ambientato prima di quanto suo nonno immaginasse.
Sospirando, rientrò nella hall dell'albergo.
Nonostante fosse fine settembre, la città di Kus¸adasi godeva ancora del clima mite della Turchia. Entro un paio di settimane però la temperatura si sarebbe abbassata, costringendo la popolazione a indossare indumenti pesanti, mentre lei e i pochi turisti che sarebbero rimasti avrebbero continuato a frequentare la spiaggia e a godersi il tiepido sole.
L'anno prossimo, in quello stesso periodo, Finn avrebbe cominciato la scuola.
«Finn e i tuoi genitori sono già partiti?» domandò Esma, sollevando la testa dalla sua postazione alla reception, senza smettere di sfiorare la tastiera del computer con le dita.
Sadie annuì.
«Finn era molto emozionato all'idea di andare in vacanza con i nonni» aggiunse la sua assistente. «E la scelta di questo periodo non poteva essere migliore» sostenne.
Sadie corrugò la fronte. «Lo pensi davvero?»
Esma piegò la testa da un lato e, mentre la studiava attraverso le lenti degli occhiali dalla montatura di metallo, Sadie raddrizzò le spalle, cercando di assumere un atteggiamento più sicuro. Non voleva farsi vedere tanto vulnerabile. In fin dei conti lei era il capo.
Dopo la morte del marito, si era trovata a dirigere l'hotel Azure, il folle progetto imprenditoriale di Adem, cercando di risollevarne le sorti, ma in quel momento il pensiero di stare una settimana lontana da suo figlio l'angosciava.
Notando la sua espressione accigliata, Esma scrollò le spalle e le mise sotto gli occhi l'agenda. «Sì, lo penso davvero» confermò. «Hai dimenticato l'incontro con il potenziale investitore che sta per arrivare. Senza Finn intorno, avrai più tempo da dedicare al lavoro e meno distrazioni.»
«Hai ragione» rispose Sadie in modo automatico, mentre leggeva incontro con l'investitore scritto in penna rossa sull'agenda. Come poteva averlo dimenticato?
Doveva assolutamente ottenere un finanziamento, se non voleva che l'hotel chiudesse i battenti. Rivolgersi a un azionista straniero era stata una scelta obbligata. Lei e Neal conoscevano a fondo i problemi di quella struttura ricettiva e non avendo trovato nessun investitore a livello locale, si erano dovuti rivolgere altrove. Esisteva però la possibilità che un vecchio e caro amico di Neal, un imprenditore intraprendente, intervenisse nel risollevare le sorti dell'Azure.
Sadie aveva accettato d'incontrarlo, pur senza sapere niente di lui, ma si fidava di Neal. Era stato uno dei migliori amici del suo defunto marito oltre che il suo commercialista e sapeva che agiva nel suo interesse, proteggendola da eventuali approfittatori.
Adesso che era vedova, si rendeva conto d'ispirare un senso di pietà nelle persone nelle quali si imbatteva, ma non tutte erano oneste. Adem aveva perso la vita in un incidente stradale e lei era rimasta sola con un bambino da crescere e un albergo sull'orlo del fallimento da gestire.
Esma, che era rimasta seduta dietro il banco, la guardava con preoccupazione. Sadie scrollò le spalle e s'impose di sorridere, bandendo ogni pensiero negativo. Adorava quell'albergo che era stato il sogno di suo marito, così come lo amava Finn. L'hotel Azure era la loro casa e in un modo o in un altro lei lo avrebbe salvato dal fallimento.
Lo aveva promesso e avrebbe mantenuto la sua parola. Doveva solo cercare qualcuno che l'aiutasse in quell'arduo compito.
«Per caso Neal ha chiamato per comunicare il nome della persona che stiamo aspettando?» domandò. «Siamo sicuri che ci sarà una macchina ad attenderlo all'uscita dell'aeroporto?»
«Sì. Andrà a prenderlo Alim alle sedici in punto» confermò Esma.
«Perfetto.»
Alim era affidabile e parlava correntemente inglese, diversamente da lei che dopo tre anni non aveva ancora assimilato la lingua turca, mentre suo figlio aveva fatto dei notevoli progressi.
Il pensiero di Finn tornò a occuparle la mente, cancellando i problemi di lavoro. Non si smette mai di fare la mamma. Controllò l'orologio e si accorse che erano da poco passate le cinque.
«Alim ha per caso mandato un messaggio?» s'informò preoccupata.
«Sì, circa un'ora fa. Dovrebbero arrivare a momenti» rispose Esma, morsicandosi le labbra. «Andrà tutto bene, Sadie» aggiunse, senza però riuscire a tranquillizzarla.
«Sì. Ne sono sicura» mentì lei, sforzandosi di sorridere. «Scusa, ma... sappiamo il nome di questa persona? Neal te lo ha comunicato?»
Sarebbe stato imbarazzante andare incontro al nuovo venuto senza nemmeno sapere il suo nome.
Esma arricciò il naso, cercando inutilmente tra i vari documenti un appunto riguardo al nominativo dell'investitore.
Sadie si sentì travolgere da un'ondata di panico che le chiuse lo stomaco. Si sentiva in colpa per aver lasciato Finn ed era terrorizzata all'idea di non riuscire a mantenere la promessa fatta al marito e al figlio.
«Esma, per favore, dimmi il suo nome» insistette in tono nervoso.
La sua assistente sollevò la testa e si strinse nelle spalle. «In realtà Neal mi ha pregato di non...»
«Di non?» la incalzò Sadie. «Non dirmi che si è rivolto a...»
Il fruscio delle porte scorrevoli che si aprivano alle sue spalle, seguito dal rumore delle ruote di una valigia trascinata sul pavimento di marmo la costrinse a interrompersi. Il cuore le salì in gola e il respiro le si accorciò. Una strana sensazione si era improvvisamente impadronita di lei.
Si voltò molto lentamente, come se stesse girando una scena al rallentatore e improvvisamente le sembrò di essere tornata indietro di tredici anni. All'epoca Adem era giovane, energico e irruento, ma soprattutto era vivo e l'aveva presentata ai suoi due migliori amici, Neal Stephens e Dylan Jacobs e quest'ultimo era l'ultima persona al mondo che si era aspettata di vedere. Sarebbe dovuto essere in Australia, invece aveva appena messo piede nel suo hotel. Sicuro di sé, spavaldo e bellissimo. Il suo fascino era rimasto intatto, così come se lo ricordava.
Non c'era da stupirsi se Neal le aveva tenuto nascosto il suo nome. Probabilmente aveva creduto che lei partisse con Finn per l'Inghilterra e aveva sottovalutato il fatto che non avesse più voluto rivedere Dylan dal giorno del funerale di Adem.
Adesso però lui le era di fronte e Sadie doveva fare buon viso a cattivo gioco. Non aveva scelta. Aveva assoluto bisogno del suo aiuto e se lui glielo avesse concesso, lo avrebbe accettato di buon grado per onorare la promessa che aveva fatto a suo marito.
A fatica si stampò un sorriso di circostanza sulle labbra e avanzò di qualche passo, porgendogli la mano. «Dylan. Sono così felice di rivederti» lo salutò, sperando che il suo tono di voce riuscisse a ingannarlo.
Dopo ore di volo e il lungo tragitto in macchina per raggiungere l'hotel Azure, Dylan capì di non essersi preparato come avrebbe dovuto all'incontro con Sadie.
In automobile era stato sul punto di dire al conducente di fare inversione e di tornare di nuovo verso l'aeroporto perché quel viaggio era stato uno sbaglio, ma aveva taciuto e si era lasciato portare all'appuntamento. Non era tipo da rinunciare a delle opportunità. Inoltre voleva rivedere Sadie.
Si erano persi di vista dal giorno del funerale del suo amico e durante quei due lunghi anni non si erano mai scambiati una telefonata. Lei non aveva neanche risposto al biglietto in cui la pregava di chiamarlo se avesse avuto bisogno di qualcosa.
Adesso si sarebbe trovato di fronte a Sadie perché era stato Neal a contattarlo mentre avrebbe preferito che fosse stata lei a cercarlo.
Sta affrontando la situazione e fa tutto quello che può, gli aveva spiegato Neal. Ma senza Adem... Non è più la stessa persona. È cambiata e ha bisogno del tuo aiuto. L'Azure è tutto ciò che le ha lasciato il marito e solo tu puoi aiutarla a sollevarne le sorti.
Così, dopo un rapido scambio di e-mail con Neal, Dylan si era trovato a bordo di un aereo diretto a Izmir.
Sollevando lo sguardo, lesse la scritta Azure. Quel nome non gli era mai piaciuto. Adem avrebbe potuto sceglierne mille altri, ma non lo aveva fatto e, pieno di entusiasmo, lo aveva chiamato per metterlo al corrente del suo progetto: rilevare l'albergo e gestirlo. Ricordava quanto il suo amico fosse stato emozionato all'idea di entrare in possesso di quel vecchio albergo che era appartenuto al nonno turco di sua madre.
È soltanto un nome. Non significa nulla, si era detto Dylan.
Purtroppo però quel nome era foriero di brutti ricordi: la perdita di suo padre, della spensieratezza, della speranza.
Questo era un altro albergo, diverso e distante mille miglia dall'Azure dove vent'anni prima l'uomo che lo aveva cresciuto era uscito per sempre dalla sua vita e da quella della sua famiglia.
Questo era l'hotel di Sadie.
Dylan non aveva mai raccontato la storia di suo padre ad Adem e non gli aveva mai menzionato il nome dell'albergo. Se lo avesse fatto, probabilmente lui ne avrebbe scelto un altro.
Adem era stato un grande amico, un uomo profondamente buono e sensibile, che aveva conquistato l'amore di una donna come Sadie.
Dylan ricordò l'ultima volta che l'aveva vista, vestita di nero, sotto la pioggia, accanto alla bara di suo marito, in un cimitero inglese. Stringeva la mano di suo