Il re della vendetta
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About this ebook
Maureen Child
Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.
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Il re della vendetta - Maureen Child
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Her Return to King’s Bed
Harlequin Desire
© 2013 Maureen Child
Traduzione di Eleonora Motta
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-951-0
1
«Un ladro di gioielli?» Rico King fissò il capo della sicurezza, incredulo. «Qui nell’hotel?»
Franklin Hicks sollevò le sopracciglia. Sulla trentina, piuttosto alto, vantava due intelligenti occhi azzurri e una testa completamente rasata.
«Non c’è altra spiegazione. L’ospite del bungalow numero sei, Serenity James, afferma che alcuni suoi diamanti sono spariti. Ho già interrogato la cameriera e l’addetto al servizio in camera.»
Il bungalow sei. Rico avrebbe potuto studiare la mappa dell’hotel sul computer, ma non ce n’era bisogno. Conosceva ogni centimetro di quel luogo. Sapeva che i villini erano separati dalla struttura principale per salvaguardare la privacy della clientela. Ospiti come Serenity James, per esempio, figura emergente di Hollywood che, a dispetto del nome, amava vivere sotto pressione, senza freni.
Benché l’attrice avesse asserito di voler evitare i fotografi e i clienti rumorosi, secondo la sicurezza nel suo bungalow c’era un viavai di uomini a qualunque ora del giorno. Di conseguenza, uno di loro poteva essersela svignata con la ricca refurtiva. E lui sperò che fosse così.
«Che mi dici dei visitatori della signorina James?» Rico strinse le palpebre. «Hai parlato anche con loro?»
«Li stiamo rintracciando» ammise Franklin con una smorfia. «Ma credo che, se i diamanti fossero stati rubati da uno di loro, non sarebbe sparita solo una collana, capo. Chiunque sia il ladro, ha scelto con estrema precisione le pietre più facili da estrarre dalla montatura e da vendere. Secondo me è un lavoro da professionista, oltre al fatto che negli ultimi giorni si sono verificati altri furti.»
«Questa storia non mi piace» borbottò Rico.
Il suo hotel, Il Castello del Tesoro, era stato inaugurato poco più di sei mesi prima. Nuovo, moderno ed esclusivo, era divenuto rapidamente il luogo di vacanza prediletto dalle celebrità e dagli ultramilionari alla ricerca di un angolo d’intima riservatezza. Isola del Tesoro era una proprietà privata, situata nel mezzo del Mar dei Caraibi. Nessuno approdava là, yacht o navi da crociera, senza il permesso del proprietario, Walter Stanford. Questo significava che quanti erano alla ricerca dell’assoluta privacy non avevano da temere paparazzi di alcun genere, eccetto qualche furbetto che, avvalendosi di particolari apparecchiature, riusciva a fotografare a distanza, da un’imbarcazione al largo.
L’isola era ricca di una lussureggiante vegetazione e l’albergo rappresentava la Disneyland degli adulti. C’erano un’infinità di piscine, le migliori vasche idromassaggio al mondo e i panorami più mozzafiato che si potessero sognare. La struttura era relativamente piccola, per ospitare solo una clientela ristretta e selezionata. Le stanze erano centocinquanta, esclusi i bungalow sparsi nell’area circostante. Gli interni erano lussuosi, il servizio impeccabile e l’isola stessa irradiava un’atmosfera d’ipnotica seduzione. Per coloro che potevano permetterselo, l’Isola del Tesoro prometteva un paradiso di languidi piaceri per tutti i sensi.
E Rico non avrebbe permesso a nessuno di distruggere la reputazione del suo hotel. Se c’era un ladro professionista che operava lì, allora l’avrebbe trovato e annientato.
«Le telecamere di sicurezza?» indagò Rico.
Franklin scosse la testa. «Niente. Un’altra motivazione a sostegno della teoria del ladro professionista. Chiunque fosse, sapeva come bypassare le telecamere.»
«Riunisci i tuoi uomini. Voglio occhi e orecchie dappertutto. Se ritieni di aver bisogno di rinforzi, mettiti in contatto con mio cugino Griffin. La King Security può mandare altre nuove forze qui entro domani.»
L’altro parve indignato. Un tempo aveva lavorato con Griffin King e il suo gemello Garrett, e aveva deciso di andarsene per ricoprire il ruolo di capo della sicurezza sull’isola. Era evidente che non apprezzasse il suggerimento di non essere in grado di gestire la situazione.
«Non mi serve aiuto. La squadra che ho formato è la migliore al mondo. Ora che so chi cercare, lo troverò.»
Rico annuì. Sapeva d’aver stuzzicato l’orgoglio di Franklin. Era responsabile di quanto stava accadendo e la faccenda del ladro gli bruciava come uno schiaffo in pieno viso. Tuttavia, smacco o no, se fosse stato necessario chiamare rinforzi, lui avrebbe dovuto accettare le decisioni del capo.
L’albergo era stato il sogno di Rico da sempre. Costruito dalla King Construction, Il Castello del Tesoro era l’epitome degli hotel di lusso. Un progetto su cui lui aveva lavorato per anni. E sebbene possedesse diverse strutture e ognuna di esse fosse, a proprio modo, spettacolare, questa rappresentava l’eccellenza dell’architettura alberghiera. Era il suo fiore all’occhiello e avrebbe fatto qualunque cosa per difendere il proprio nome e il proprio investimento.
Scuotendo la testa irritato, Rico gettò lo sguardo fuori dalla finestra dell’ufficio, godendosi il panorama che si stendeva a perdita d’occhio. Quell’isola rispecchiava alla perfezione il proprio nome. Era davvero un tesoro inestimabile.
Miglia e miglia di spiagge incontaminate, acque cristalline, vegetazione lussureggiante, stupefacenti cascate nascoste da freschi boschetti. Il sole brillava ogni giorno e, diversamente dal resto dei Caraibi, gli alisei soffiavano costanti, mantenendo le temperature miti e allontanando gli insetti fastidiosi.
Rico aveva contrattato a lungo con Walter Stanford, per la propria fetta di quell’impero paradisiaco. Aveva persino chiesto ad alcuni cugini di perorare la sua causa con il vecchio. Naturalmente la cosa aveva funzionato grazie a Sean King, che aveva sposato Melinda, la nipote di Walter.
Dopo le trattative, i mesi trascorsi a costruire quel luogo, le spese di forniture e personale per renderlo perfetto... il solo pensiero lo irritò ferocemente. Nessuno avrebbe danneggiato quel paradiso. I suoi clienti si recavano sull’isola alla ricerca della bellezza incontaminata, della sicurezza e riservatezza.
La sola idea che ci fossero dei ladri di gioielli su quel sacro territorio gli fece serrare i denti e stringere i pugni. D’altra parte, era naturale che certi malviventi fossero attratti da quell’isola che ospitava persone facoltose, così com’era naturale che, non appena messe le mani sul responsabile, Rico lo avrebbe fatto gettare in cella il più a lungo possibile.
Certo che il ladro aveva rischiato parecchio. L’isola era molto piccola, difficile da raggiungere e da abbandonare. E poiché nessuna nave aveva lasciato il porto da giorni, il misterioso malfattore doveva trovarsi ancora lì con la refurtiva. Più rifletteva e più udiva un fastidioso campanello d’allarme risuonargli nella testa.
Non era possibile, tentò di rassicurarsi. Lei non avrebbe mai osato tanto, né avrebbe avuto l’ardire di affrontarlo di nuovo. Forse...
«Capo?»
«Sì?» Rico lanciò un’occhiata a Franklin da sopra la spalla.
«Vuole che contatti l’Interpol?»
La polizia internazionale non effettuava arresti e non possedeva proprie carceri, ma era in grado di fornire informazioni su ogni genere di delinquente.
«No» asserì, ignorando l’espressione sorpresa dell’altro e riportando l’attenzione al panorama fuori dalla finestra.
Il suo cervello stava galoppando e analizzando ogni possibilità, giungendo all’adrenalinica conclusione di essere finalmente sul punto di gustare la vendetta che assaporava ormai da cinque anni. Al diavolo l’Interpol. Prima doveva scoprire se il proprio istinto avesse colpito nel segno.
«Gestiremo la faccenda qui» affermò, perdendo lo sguardo sull’orizzonte, dove i raggi del sole scintillavano sull’oceano. «Una volta acciuffato il ladro, decideremo come comportarci.»
«Come vuole» replicò Franklin, richiudendosi la porta dell’ufficio alle spalle.
«Già...» borbottò Rico tra sé.
E se questo ladro di gioielli fosse risultato essere la donna che lo aveva derubato in passato, all’Interpol sarebbe rimasto ben poco su cui mettere le mani.
«Papà, ti prego. Scappa prima che sia troppo tardi.» Teresa Coretti spostò nervosamente gli occhi dal padre alla porta chiusa della sua suite. Era angosciata di trovarsi sull’isola, ma non aveva avuto scelta nel momento in cui aveva realizzato dove il padre e il fratello fossero andati in vacanza.
Sorridendo, il padre scrollò le spalle. «Perché mai? Non ho ancora terminato la mia vacanza.»
Se Nick Coretti si stesse prendendo davvero un periodo sabbatico dal proprio passatempo preferito, nessuno a Il Castello del Tesoro avrebbe perso i propri beni. No, suo padre poteva anche ritenersi in vacanza, ma la verità era che stava... lavorando. Come al solito.
Dominick era la versione più bassa e attempata di George Clooney. Aveva ormai un’abbronzatura permanente e i suoi acuti occhi castani non si lasciavano sfuggire nulla. I capelli neri screziati d’argento gli donavano un’aria distinta. Era sempre elegante e raffinato. Un uomo integerrimo solo dal punto di vista sentimentale, marito fedele fino alla morte della moglie, dieci anni prima.
Da allora, aveva sfruttato il proprio indiscusso fascino per aprirsi le porte dell’alta società. La selezione è uno sforzo che appaga, era solito affermare. E poi amava le donne, dalle quali era largamente ricambiato. Era inoltre il migliore ladro di gioielli del mondo, senza contare i fratelli di Teresa, Gianni e Paulo.
Nick era sempre pronto, in allerta per il colpo successivo, e Teresa avrebbe dovuto immaginare che non avrebbe saputo resistere al richiamo di quell’isola. Una miniera inesauribile, per lui.
Il punto era che il favoloso hotel apparteneva a Rico King e non era un fatto positivo.
Erano trascorsi cinque anni dall’ultima volta che lei e Rico si erano visti e il solo menzionarne il nome le faceva correre brividi ardenti lungo la schiena. Rammentava i suoi occhi azzurri che la scrutavano come se fosse ieri. Poteva quasi assaporare la sua bocca e non c’era notte in cui non sognasse le sue mani su di sé. Aveva tentato in tutti i modi di cancellare Rico dalla mente e, invece, eccola là. Nel suo territorio...
Si volse guardinga per lanciare un’occhiata verso la terrazza, temendo di vederlo spuntare da un momento all’altro. Fortunatamente, oltre il raffinato arredamento composto da un tavolo di vetro, sedie e chaise longue, nonché un cestello d’argento in cui era sistemato lo champagne preferito di Nick, non si vedeva anima viva.
«Papà» insistette lei, «ti ho implorato di stare alla larga da Rico King, ricordi?»
Nick si passò una mano fra i capelli. «Naturalmente, angelo mio. E ti ho promesso che non mi sarei fatto tentare dagli oggetti preziosi del signor King.»
Teresa era esasperata. «Non è ciò che intendevo. L’isola è di Rico. Essere qui, derubare i suoi clienti, è come sfilargli il portafoglio. Stai sfidando la sorte, papà. Rico non è un uomo comprensivo.»
«Ah, Teresa» sospirò Nick e avanzò sulla terrazza per riempire nuovamente di champagne il proprio flûte ormai vuoto. «Sei sempre così tesa, nervosa. Troppo... onesta.»
Un sorriso ironico le increspò le labbra. Solo nella sua famiglia l’onestà era considerata un difetto imperdonabile. Viveva al limite della legge da quando era bambina. Ancora prima di compiere cinque anni, sapeva identificare a colpo d’occhio un poliziotto in borghese, così come un possibile bersaglio. Mentre le altre bambine giocavano con le bambole, lei imparava a forzare serrature. E, più tardi, quando le sue amiche prendevano lezioni di guida, lei studiava con lo zio Antonio, il maestro degli scassinatori di casseforti.
Amava la propria famiglia, tuttavia sentiva che rubare per vivere non faceva per lei. A diciotto anni, aveva