Un chirurgo tra le dune
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About this ebook
La dottoressa Sam Warren ha amato il principe Khalid di Azad con tutta se stessa, ma lui non l'ha ricambiata con la stessa passione. Come potrà ora lavorare fianco a fianco all'uomo che le ha spezzato il cuore? Eppure, dietro un'apparenza gelida e controllata, Sam intuisce che nel Principe si agitino gli stessi sentimenti che ormai da troppo tempo la tormentano, e ne avrà la certezza durante una torrida notte in mezzo al deserto. Purtroppo il mattino dopo le cose fra loro non sembrano mutate, ma le conseguenze di quel momento di debolezza cambieranno invece ogni cosa...
Jennifer Taylor
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Un chirurgo tra le dune - Jennifer Taylor
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
One More Night with Her Desert Prince...
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2014 Jennifer Taylor
Traduzione di Nicoletta Ingravalle
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-961-9
1
«No! Mi dispiace, Peter, ma semplicemente non sono pronto a portare Samantha Warren con noi. Dovrai trovare qualcun altro.»
Il principe Khalid, figlio minore del sovrano del Regno di Azad, lanciò un’occhiataccia al suo vecchio amico, Peter Thompson. Fece un profondo respiro, cercando di mantenere un tono pacato, quando vide l’espressione di sorpresa sul volto di Peter. La sua reazione era stata esagerata, lo ammetteva, ma non era riuscito a controllarsi. Certo, erano passati sei anni da quando aveva visto Sam Warren l’ultima volta, ma il ricordo di quel loro ultimo incontro era stampato nella sua mente, come se fosse accaduto solo il giorno precedente.
«Che ne dici di Liv?» suggerì, rifiutandosi di indugiare ancora su quel pensiero. Aveva fatto quello che doveva, ed era inutile pentirsene ora. Non sarebbe potuto andare a letto con Sam, non quando sapeva che non li avrebbe portati da nessuna parte. Sarebbe andato contro tutto quello in cui credeva, avrebbe ridicolizzato il codice morale secondo cui viveva. Sam meritava molto di più che una notte tra le sue braccia.
«Liv è tornata a Stoccolma.»
Peter scosse le spalle, la sorpresa per la reazione incontrollata di Khalid ancora visibile sul suo viso sottile. Anche se erano amici dai tempi dell’università, a Cambridge, Khalid capì che Peter non aveva idea di quello che era accaduto tra lui e Sam. Non gliene aveva mai parlato, e sembrava che non lo avesse fatto neanche Sam.
Scoprire che nessuno sapeva quello che era successo quella notte lo tirò su di morale. Si sentiva ancora in colpa, ancora credeva che non avrebbe mai dovuto lasciare che le cose andassero così oltre. Il problema era che lui aveva voluto passare con Sam più tempo possibile, godere della sua compagnia, con tutto quello che ne sarebbe conseguito. A dire la verità, non aveva mai desiderato una donna come aveva desiderato Samantha Warren.
Ammetterlo gli fece paura. Khalid si sforzò di tornare al presente. «Chiama Liv e vedi se è disposta a modificare i suoi piani.»
«Ne dubito. A quanto pare la madre sta male, ed è tornata a casa per stare con lei» spiegò Peter.
«Capisco.»
Khalid si morse la lingua, trattenendo un’imprecazione, e si diresse alla finestra. Era metà maggio e gli alberi di Green Park erano pieni di fresche foglie nuove. Aveva preso un volo diretto da Azad a Londra, e il contrasto tra la nudità del deserto che si era lasciato alle spalle e la ricchezza della vista di cui godeva dalla finestra della sua suite sembrò sopraffarlo. La sua mente fu d’un tratto affollata da immagini che credeva essersi lasciato alle spalle anni fa: il viso di Sam che gli sorrideva; il modo in cui i suoi occhi grigi si erano fatti più scuri quando si era chinato a baciarla...
Diede le spalle alla finestra, incapace di controllare pensieri del genere. Dovevano risolvere quel problema, e presto, o si sarebbero anche potuti scordare quell’avventura. Aveva avuto lui l’idea di portare una squadra di medici nel deserto. Anche se il Regno di Azad aveva fatto dei grandi passi avanti negli ultimi anni, e ora poteva vantarsi di un sistema sanitario onnicomprensivo che riusciva a soddisfare i bisogni della maggior parte dei cittadini, le tribù nomadi avevano ancora poco accesso alle strutture mediche. La tubercolosi e altre malattie simili erano molto diffuse tra gli uomini del deserto, mentre il tasso di mortalità infantile era il più alto del mondo. Avevano urgente bisogno d’aiuto, e per questo Khalid aveva messo in piedi quel progetto. Il pensiero di tutta la fatica e il lavoro che vi aveva impiegato presero il sopravvento nella sua mente, come non avrebbe potuto fare nient’altro.
«Dev’esserci qualcun altro. Forza, Peter, pensa!»
«Non ho fatto altro che spremermi le meningi da quando Abby ha chiamato per avvertire che non sarebbe potuta partire» gli disse Peter. «In ogni caso, il fatto è che non c’è nessun altro. O almeno, nessuno con abbastanza esperienza. Abbiamo bisogno di un’eccellente ostetrica donna e ce ne sono davvero poche disposte a sospendere la loro carriera per due mesi e seguirci.»
«Quindi, in sostanza, mi stai dicendo che è Sam o nessun’altra» disse Khalid, scuro in volto, cercando di controllare l’improvvisa morsa che sentì nel petto. Fece un respiro profondo, capendo di non avere altra scelta: se Sam non avesse accettato, avrebbe dovuto cancellare la missione, e sarebbe stata una pazzia; sarebbe stato imperdonabile lasciar soffrire il suo popolo perché non riusciva ad accettare il pensiero di lavorare con Sam. Scrollò le spalle, non lasciando trapelare quasi nulla di quello che provava dal suo volto attraente. Poteva anche sentirsi straziato dentro, ma avrebbe fatto in modo che nessuno se ne accorgesse.
«Va bene. Se non c’è altra scelta, devo accettarlo. Chiama Sam e dille di venire qui domani mattina alle otto in punto.»
«Non ce n’è bisogno, sono già qui.»
Una voce chiara e fredda arrivò dalla porta; Khalid la riconobbe all’istante e si voltò. Per un attimo il sangue che gli pulsava nelle vene gli offuscò la vista, ma si riprese. Lanciò rapide occhiate alla minuta donna bionda sulla porta e sentì il cuore sprofondare, colpito da una miriade di emozioni che aveva sperato di non provare mai più. Potevano anche essere passati sei anni dall’ultima volta che aveva visto Samantha Warren, ma sembrava proprio che lei avesse ancora il potere di colpirlo.
Sam si sforzò di sorridere quando Peter le corse incontro. La salutò baciandola sulle guance e lei rispose, ma i suoi gesti erano automatici. La sua attenzione era fissa sull’uomo alto e moro alla finestra, non che ne fosse sorpresa. Dal momento in cui aveva visto Khalid per la prima volta, seduto con Peter nell’affollata mensa dell’ospedale, lui aveva attirato la sua attenzione.
Lei e Peter erano diventati buoni amici a quel punto, e lei non aveva esitato quando Peter l’aveva invitata a sedere con loro. L’aveva presentata, spiegandole che lui e Khalid erano stati a Cambridge insieme, nel corso di medicina, ed era stata davvero una fortuna che fossero finiti a lavorare insieme al St Gabriel, nel centro di Londra. Sam aveva ascoltato quello che le diceva Peter, ma sapeva che l’amico avrebbe potuto parlare anche tedesco, per quanto gliene importava. La sua attenzione sembrava totalmente focalizzata sull’uomo seduto accanto a lei, e la situazione non era cambiata per tutto il tempo in cui era stata in compagnia di Khalid. Quando erano insieme, non riusciva a pensare a nient’altro se non a lui.
Gli lanciò una rapida occhiata, come se avesse paura di non riuscire a distogliere lo sguardo se lo avesse guardato più a lungo. Non sembrava molto cambiato, da quanto riusciva a vedere; i capelli neri erano più folti che mai, la sua pelle olivastra risplendeva di salute. Lo sguardo di Sam scese lungo il corpo di Khalid, notando i muscoli possenti del suo petto, la sua vita snella, i fianchi stretti.
Come sempre, indossava vestiti che riflettevano la sua ricchezza e il suo status, ma non erano gli abiti che lo facevano apparire così imponente: era Khalid stesso. Possedeva un’arroganza e una sicurezza naturali, che venivano dalla sua posizione. Come figlio minore di uno degli uomini più ricchi del pianeta, Khalid non aveva ragioni per dubitare di se stesso. Sapeva chi era, apprezzava il suo valore, e non si scusava per questo. Non c’era da stupirsi che l’avesse rifiutata, quella notte.
Quel pensiero la fece sussultare e distolse lo sguardo, per paura che Khalid lo notasse. Aveva riflettuto a lungo dopo che Peter le aveva telefonato per chiederle se sarebbe andata con loro. Anche se la sua prima reazione era stata quella di rifiutare, Peter era stato così convincente che si era ritrovata ad accettare di pensarci su. In effetti, aveva passato tutto il fine settimana a farlo. Sapeva che in altre circostanze avrebbe afferrato al volo quell’opportunità. Sarebbe stata una buona esperienza per lei, certamente un punto in più sul curriculum, per quando si sarebbe candidata per quel posto da consulente, cosa che sperava di fare molto presto. In ogni caso, il fatto che ci sarebbe stato anche Khalid gettava una luce del tutto diversa sulla faccenda.
Come si sarebbe sentita a lavorare con lui dopo quello che era accaduto tra loro? Sarebbe stata capace di farlo? Con il passare dei giorni, quando si era ormai resa conto che non riusciva a prendere una decisione, aveva capito che l’unico modo per farlo era rivederlo. Se fosse riuscita a vedere Khalid e a parlargli senza problemi, allora sarebbe andata. Era per quello che era arrivata fino lì da Manchester, quella mattina. Peter le aveva detto che Khalid alloggiava al Ritz, così aveva deciso di vedere se sarebbero stati in grado di andare d’accordo. Se ce l’avessero fatta, bene, e se no...? Be’!
«Che ne dici di un po’ di te? O caffè, forse?» disse Peter, trafficando in giro, aprendo e chiudendo armadietti in cerca di una teiera. Sam vedeva che era nervoso, e non riusciva a non sentirsi dispiaciuta. Peter era una di quelle persone che tentano in ogni modo di riappacificare gli animi. Odiava i disaccordi, e voleva che tutti fossero felici. Ma in questa circostanza, semplicemente non era possibile.
«Telefona al servizio in camera e chiedi di far portare un vassoio.»
Sam alzò lo sguardo quando Khalid parlò, sentendo un nodo di rabbia in gola. Doveva proprio rivolgersi a Peter in quel modo, trattarlo come un servo? Stava per dire qualcosa, ma riuscì a trattenersi. Se avesse accettato di partecipare a quella spedizione non avrebbe dovuto lasciar trapelare alcuna emozione, né rabbia, né nient’altro. Doveva trattare Khalid come lui l’aveva trattata quella notte: fredda, distante, sprezzante.
«Ah, giusto. Sì. Bella idea.» Peter prese il telefono, aggrottando le sopracciglia quando si accorse di non avere linea. «Uhm, è strano. Sembra che non funzioni. Faccio un salto alla reception e chiedo di far portare su qualcosa.»
Corse fuori dalla camera prima che Sam potesse fermarlo, anche se non era compito suo dirgli di restare. Era la suite di Khalid, ed era lui a dover decidere cosa fare. Si diresse verso il divano, si sedette e accavallò le gambe elegantemente, all’altezza delle caviglie, felice di aver scelto dei vestiti adatti quella mattina. Forse non erano stati confezionati da uno stilista di alto calibro come quelli che indossava Khalid, ma il completo di cashmere nero e la camicetta di seta grigio chiaro che aveva scelto di indossare erano di buona qualità, come tutti gli abiti che aveva nell’armadio, d’altronde. Nessuno, guardandola, avrebbe pensato che provenisse da una famiglia umile.
«Così hai deciso di venirmi a trovare?» chiese Khalid, lasciandosi cadere su una sedia e allungando le gambe sotto l’elegante tavolino di vetro e ottone.
«Esatto» rispose Sam, spostando deliberatamente i piedi per fargli capire che voleva evitare qualsiasi contatto con lui. Aveva pensato a come gestire la cosa durante il viaggio in treno e aveva deciso