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Scandali e segreti
Scandali e segreti
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Scandali e segreti

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About this ebook

Londra, 1813
Diana Hepworth, tornata a Londra dopo quattro anni di assenza, non è affatto felice di soggiornare nella capitale, dalla quale era stata costretta a fuggire in seguito a uno scandalo che le aveva rovinato la reputazione. Decisa a non rinunciare alle sue cavalcate mattutine, e temendo tuttavia di poter essere sorpresa da sola dall'uomo che l'ha ferita in passato, indossa dunque un cappellino con una spessa veletta che le nasconde il viso. Ma sarà proprio quell'espediente a stimolare la curiosità di Edward Thurlow, l'affascinante conte di Garthdale, determinato a scoprire chi sia in realtà la dama velata che incontra ogni giorno al parco e che ha fatto breccia nel suo cuore.
LanguageItaliano
Release dateSep 10, 2020
ISBN9788830519633
Scandali e segreti
Author

Gail Whitiker

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Scandali e segreti - Gail Whitiker

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Most Unsuitable Bride

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2004 Gail Whitiker

    Traduzione di Ilaria Parini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-963-3

    1

    «Oh, Diana, non sei eccitata all’idea di essere di nuovo a Londra?» domandò miss Phoebe Lowden con gli occhi verdi luccicanti di eccitazione mentre osservava dal finestrino della carrozza le strade brulicanti di persone. «Io ho trascorso solo due mesi a Narbeth Hall, ma sono stati i più lunghi della mia vita! Ma come fai a vivere lì e a trovarci il benché minimo grado di soddisfazione?»

    Miss Diana Hepworth, la giovane signora a cui era rivolta la domanda, consapevole del fervore con cui le era stato posto il quesito, cercò di non sorridere mentre contemplava il paesaggio. «Cosa vuoi che ti dica prima? Che cosa provo tornando in una città in cui l’interazione sociale è considerata seconda soltanto all’atto del respirare? Oppure come ho fatto a sopravvivere in un posto dove la buona compagnia costituisce l’unico conforto a un’esistenza altrimenti troppo noiosa persino per parlarne?»

    La ragazza più giovane sembrò imbarazzata. «Perdonami, Diana, non intendevo dire che la vita a Whitley è totalmente priva di divertimento, ma non offre neppure la varietà di intrattenimenti né il tipo di persone e di conversazione che tu gradisci tanto.»

    «Che cosa? Non hai trovato illuminanti le considerazioni del signor Hapston sui metodi di coltivazione del tredicesimo secolo? E le opinioni della signora Dawson riguardo ai pericoli dell’educazione delle donne e gli ostacoli che questa pone alle loro abilità di mogli e madri ubbidienti non ti sono sembrate istruttive? Mi sorprendi, Phoebe. Io ho passato molte serate invernali e uggiose intrattenuta da discorsi tanto interessanti» rispose Diana, sforzandosi di non sorridere.

    «Mi stai prendendo in giro, lo so, perché entrambe siamo consapevoli che tu sei di gran lunga troppo intelligente per farti appassionare da dialoghi tanto insipidi» replicò Phoebe. «Le chiacchiere noiose e le persone stupide non hanno mai fatto per te, ammettilo!»

    «È vero, ma non tutti gli abitanti di Whitley sono tediosi e sciocchi, e, nel caso tu l’abbia dimenticato, Narbeth Hall è casa mia

    «Sì, ma anche zia Isabel sostiene che dovresti vivere a Londra per la maggior parte dell’anno» ribatté Phoebe, rifiutando di lasciarsi scoraggiare. «Dopotutto, hai già avuto la fortuna di trascorrere una Stagione qui in città, eppure hai scelto di rimanere sepolta in campagna, dove sei costretta a sopportare le attenzioni di gentiluomini che qui non ti si avvicinerebbero neppure. Perché? Davvero consideri la vita in città così spregevole?»

    Diana rifletté sulla domanda. In effetti, l’idea di tornare a Londra non l’aveva entusiasmata. Si era sforzata di sembrare felice per il bene di Phoebe, ma più si avvicinavano alla città, più i ricordi dei motivi per cui se ne era andata riaffioravano, e quella finzione stava diventando sempre più difficile per lei.

    «Non trovo sgradevoli tutti gli aspetti della vita a Londra» rispose con tatto ma allo stesso tempo con sincerità. «Mi piacciono molte delle meravigliose cose che offre. Di sicuro le nostre produzioni locali non sono paragonabili alle rappresentazioni di Drury Lane, e la nostra scelta di negozi è a dir poco esigua. Ma esistono altri elementi per cui sono soddisfatta della vita in campagna. Non ho mai sopportato la confusione della città, e per quanto noiose possano essere le conversazioni nei nostri salotti, non sono sempre di livello così inferiore rispetto a quelle condotte a Londra. Te ne accorgerai tu stessa dopo aver trascorso qualche tediosa serata nell’alta società. Comunque, non siamo qui per parlare delle mie ragioni per aver scelto di rimanere in campagna» affermò Diana, cambiando argomento. «Siamo qui per osservare te alla conquista di Londra, e, magari, per vederti fidanzata o sposata entro la fine della Stagione.»

    «Oh, magari, Diana!» esclamò Phoebe battendo le mani. «E con il gentiluomo più bello di tutta Londra! Ma, a dire il vero, non credo che conquisterò nessuno. Ci sono così tante belle signore in società. Tutte raffinate e argute, e tutte molto brave ad amoreggiare. Sono certa che mi dimostrerò impacciata e sgraziata se un bel gentiluomo dovesse rivolgersi a me cercando di fare conversazione.»

    «Sciocchezze. Non è poi così difficile. Inoltre, dubito che gli uomini riusciranno a prestare attenzione a ciò che dirai, quando li guarderai con quei begli occhi verdi. Probabilmente è un bene che tu non abbia trascorso altro tempo a Narbeth Hall» commentò Diana. «Thomas Stanhope aveva l’aria di essersi innamorato di te, e tu saresti stata sprecata con lui.»

    «Ma lo sei anche tu, non lo capisci? Oh, devi venire con me, Diana!» esclamò Phoebe frustrata. «So che ti divertiresti, e io sarei molto più felice se tu fossi al mio fianco.»

    «Ne sono lusingata, mia cara, ma non è quanto avevamo deciso quando ho accettato di venire a Londra con te. Avevo detto chiaramente che sarei venuta per farti da dama di compagnia.»

    «Fesserie!» proruppe Phoebe. «Zia Isabel non permetterà che tu abbia questa funzione. È molto più probabile che lei suggerisca di andare entrambe in cerca di un marito. Oh, lo so che ti professi disinteressata a queste cose» sbuffò notando la familiare espressione sul viso di Diana, «ma zia Isabel ha ragione. Sei troppo bella per rimanere a casa, e sei molto più portata di me a socializzare. Perché non dovresti uscire e godere di ciò che Londra ha da offrire? Non avevi detto che hai degli amici in città che vorresti rivedere?»

    Diana sospirò. Certo che aveva degli amici, ma come poteva sapere se loro desideravano rivedere lei? O peggio, come avrebbe fatto a dire a Phoebe il motivo per cui loro sicuramente non volevano più vederla, senza incorrere in una lunga e imbarazzante spiegazione su quanto era accaduto quattro anni prima?

    L’arrivo della carrozza a George Street, impedì a Diana di rispondere, e, grazie al trambusto che seguì, la domanda fu dimenticata. Jiggins, il vecchio maggiordomo, le accolse sulla porta e si occupò di far portare dentro i loro bagagli, e, qualche istante dopo, Diana sentì la voce della zia che stava scendendo le scale.

    «Diana, Phoebe, siete voi? Finalmente, ragazze! Pensavo che non sareste più arrivate.»

    Diana si voltò per salutarla, e fu molto felice di trovarla così in forma. Nonostante avesse festeggiato il suo cinquantatreesimo compleanno, la signora Isabel Mitchell era ancora una donna estremamente bella. I suoi capelli, che una volta erano color rosso fuoco, adesso erano di una calda sfumatura ramata, e i suoi occhi, leggermente più chiari di quelli di Phoebe, riflettevano ancora una passione e un entusiasmo per la vita che costituivano una parte fondamentale della sua personalità. In effetti, sembrava che il tempo le avesse inflitto solo pochi degli acciacchi che così spesso colpivano le donne della sua età, e nonostante soffrisse di dolori alle gambe, riusciva comunque a presenziare alla maggior parte degli eventi di una certa importanza sociale.

    «Ebbene, mie care, avete fatto buon viaggio?» domandò la signora Mitchell, attirandole entrambe in un affettuoso abbraccio. «È piuttosto lunga da Whitley.»

    «È andato tutto bene, zia» rispose Phoebe. «Ma sono davvero felice di essere finalmente qui.»

    «Bene, ma adesso mettiamoci comode. Venite, c’è un bel fuoco nel salotto. La giornata si è fatta insolitamente fredda per essere aprile, vero?»

    Diana, che era ansiosa di riscaldarsi le mani, seguì di corsa la zia, mentre Phoebe rimase qualche passo indietro. «Come sta Chaucer, zia Isabel?» domandò. «È qui, oppure lo avete lasciato in campagna?»

    «Oh, è qui, e sta abbastanza bene, anche se quel disgraziato non vuole mai alzarsi dal letto» rispose la signora Mitchell. «Le sue vecchie ossa non sono più immuni al freddo delle mie, ma credo che sarà felice di vedervi. In effetti, mi sembra di sentirlo grattare dietro la porta. Smettila, Chaucer, o Jiggins farà di te un tappeto per la carrozza!»

    Diana sorrise. Chaucer era il cane lupo di sua zia, e mentre da lei era considerato un membro della famiglia, dubitava che fosse altrettanto benvoluto dalla servitù. Le domestiche più giovani avevano paura di lui, e quelle più vecchie si lamentavano per la quantità di peli che perdeva. Jiggins si limitava a ignorarlo, il che non era semplice considerando che somigliava di più a un piccolo pony che non a un cagnolino da tenere in grembo.

    «Giù, Chaucer!» lo rimproverò la signora Mitchell quando si tuffò in avanti una volta aperta la porta. «Che modi sono questi? Vai a sederti al tuo posto e aspetta di essere chiamato.»

    Il cane si lasciò scappare un guaito, ma obbedì.

    «Così va meglio. Allora» disse la signora Mitchell rivolgendosi alle nipoti, «fatevi guardare. Santo cielo, che belle signore eleganti siete diventate.»

    Phoebe roteò gli occhi. «Sono io quella che lo è diventata, zia Isabel. Diana era già così l’ultima volta che l’avete vista.»

    «Hai ragione, Phoebe, hai ragione. E tu sei, senza dubbio, molto più alta e carina di quanto non ricordassi» rispose la signora Mitchell richiudendo la porta. «Bene, fammi vedere che cosa hai imparato. Percorri la stanza e torna indietro, brava la mia ragazza.»

    Phoebe fece quanto le era stato chiesto, e si guadagnò il cenno di approvazione della zia. «Perfetto. Vedo che il tempo trascorso all’Accademia della signora Harrison-Whyte non è stato inutile. Ti sono piaciuti gli studi che hai seguito lì?»

    «Suppongo di sì, anche se sono felice di aver finito» dichiarò Phoebe lasciandosi sprofondare nella poltrona. «La maggior parte delle insegnanti era eccessivamente severa e dovevamo seguire dei programmi molto rigidi.»

    «Certo, cara, ma è così che sono le scuole. La questione è: hai imparato qualcosa, visto che quella era la ragione principale per cui sei stata mandata lì?»

    «Mais oui. Fait-il toujours aussi froid?» domandò la ragazza con un perfetto accento francese. «Ovvero, fa sempre così freddo? Inoltre conosco gli insegnamenti dei filosofi greci e posso dirvi senza esitazione dove si trovano Costantinopoli, il Capo di Buona Speranza, e molti altri posti esotici e intriganti.»

    «Buon Dio!» La signora Mitchell sembrò alquanto turbata. «Ti hanno trasformata in un’intellettuale!»

    «Oh, no, non sia mai, zia!» esclamò Phoebe, ridendo. «Non vi preoccupate, ho anche imparato a dipingere e a disporre i fiori, a curare la gestione di una casa, e a tenere una conversazione educata con dei gentiluomini belli e giovani, nella speranza che uno di loro desideri sposarmi.»

    «Bene, sono contenta di sentire che non intendi passare la tua vita sui libri» affermò la signora Mitchell, scambiando un’occhiata divertita con Diana. «Ma la prima Stagione è sempre molto eccitante, e dovresti cercare di godertela al massimo, visto che una volta sposata sarai costretta ad attenerti a molti altri compiti e obblighi.»

    «E io sarò felice di farlo, perché significherà che avrò anche un marito, e questa è la cosa che mi preme di più in assoluto!»

    Sistemata sulla comoda poltrona accanto al caminetto, Diana sorrise, meravigliandosi che a separarla da Phoebe vi fossero solo pochi anni di età. A volte sembravano molti di più. Anche lei era venuta a Londra sperando di trovare l’uomo dei suoi sogni, e convinta nel profondo del suo cuore che la vita sarebbe stata meravigliosa. Ma la realtà si era dimostrata molto diversa, e quando era tornata in campagna dopo soli tre mesi, le sue fantasticherie di bambina erano state distrutte, e non solo quelle.

    Alzò lo sguardo e vide gli occhi attenti della zia su di lei.

    «Phoebe, perché non vai a dare un’occhiata alla tua camera?» suggerì la signora Mitchell. «L’ho fatta rifare completamente per te.»

    Il volto di Phoebe si illuminò. «Davvero?»

    «Ma certo» annuì la signora Mitchell. «Adesso sei una giovane donna e devi essere trattata come tale. Grimshaw ti accompagnerà di sopra» aggiunse, notando il domestico sulla soglia.

    «Grazie, zia Isabel» esclamò Phoebe, alzandosi e gettando impulsivamente le braccia intorno al collo della donna. «Oh, sono così felice di essere di nuovo a Londra! So che ci divertiremo moltissimo, malgrado la riluttanza di Diana!»

    Con quelle parole, Phoebe si voltò e seguì Grimshaw fuori della stanza. Isabel Mitchell la guardò andarsene e scosse il capo sentendo i gridolini eccitati della ragazza echeggiare fino a quando non fu in cima alle scale. «Santo cielo, mi ero quasi dimenticata cosa significa essere così giovani. Quella ragazza ha abbastanza energie per due persone.»

    «Potete ben dirlo, zia» replicò Diana con tono secco. «Mi ha fatta sentire piuttosto vecchia e contegnosa in questi ultimi due mesi.»

    La signora Mitchell guardò la sua nipote preferita e il suo sguardo si addolcì. «Non c’è niente di contegnoso in te, Diana, e, a ventuno anni, non sei affatto vecchia, anche se non sembri allegra quanto vorrei. Magari potremmo cercare di far tornare la luce nei tuoi occhi adesso che sei di nuovo qui.»

    «Sarà sufficiente stare un po’ in vostra compagnia» rispose Diana, sorridendo e guardandosi intorno. «Sembra passato un secolo da quando sono stata qui.»

    «Quattro anni sono tanti quando si è giovani» concordò sua zia. «Alla mia età, non sono niente. E va bene, Chaucer, ora puoi andare a salutare Diana. Ma con garbo, mi raccomando.»

    Il cane, che aveva continuato a uggiolare da quando gli era stato ordinato di andare a cuccia, si alzò e si diresse lentamente verso Diana. Avrebbe voluto saltarle addosso, ma appoggiò il suo grande muso sulle sue ginocchia, guardandola con adorazione.

    «Lo viziate ancora così spudoratamente?» chiese affondando le dita nei peli ispidi del cane.

    «Naturalmente.» La signora Mitchell prese la teiera. «Tutti ci meritiamo di essere vezzeggiati negli anni del tramonto. Tè?»

    «Sì, grazie, volentieri.»

    Isabel Mitchell versò due tazze e ne poggiò una sul tavolino davanti a Diana. «Ma lasciamo stare quella bestiaccia, dimmi cosa provi veramente a essere tornata a Londra. A quanto pare Phoebe crede che preferiresti non essere qui.»

    Diana carezzò la testa di Chaucer riflettendo. «A dire il vero, non sono sicura di sapere come mi sento. Ero molto dubbiosa al riguardo, e in alcuni momenti ho pensato che non sarei riuscita...»

    «Ma alla fine sei venuta.»

    Diana fece una smorfia. «Sì, e in gran parte perché Phoebe mi ha tormentata fino a quando non ho accettato.»

    La signora Mitchell rise. «Be’, se ti può consolare, ci sono molte persone del Ton che sono ansiose di rivederti. La settimana scorsa ho incontrato la signora Townley e sua figlia, e avresti dovuto vedere l’espressione di felicità sul volto di Amanda quando le ho detto che saresti venuta a stare da me.»

    Sentendo nominare la giovane che una volta era la sua migliore amica, Diana si illuminò. «Vi è sembrato che stesse bene?»

    «Molto bene. In effetti, Amanda è cambiata notevolmente da quando l’hai vista l’ultima volta. Scommetto che rimarrai sorpresa quando la rivedrai. Sono stata felice di sentirla così entusiasta all’idea di rincontrarti. Per caso avete ripreso la vostra corrispondenza epistolare?»

    Diana scosse il capo prendendo la tazza. Non era stupita per la domanda. Tutti sapevano che lei e Amanda una volta erano molto legate. Amanda era stata una dei pochi che non avevano evitato Diana quando i suoi screzi con lord Durling erano diventati pubblici. Le aveva persino scritto i primi mesi dopo il suo ritorno in campagna, ma un giorno le lettere avevano smesso di arrivare e Diana aveva concluso che qualcuno doveva averle fatto delle pressioni.

    «Ho letto che Amanda si è fidanzata di recente» osservò, mantenendo un tono di voce leggero. «È già stata fissata una data per le nozze?»

    «Sì, e la signora Townley me l’ha anche comunicata, ma non riesco proprio a ricordarla. Una spiacevole conseguenza degli anni che avanzano, suppongo. Comunque, te la dirà Amanda stessa quando la vedrai.»

    Diana alzò lo sguardo. «Perché, la incontrerò?»

    «Certo. La signora Townley darà un ricevimento questa settimana, e quando ha saputo che tu e Phoebe sareste arrivate oggi, mi ha detto che devo assolutamente portare tutte e due. A proposito di fidanzamenti, ti ho raccontato che Sarah Harper si è sposata quest’inverno?»

    Diana appoggiò la tazza. «Non che io ricordi.»

    «Ma certo che no, sei appena arrivata. Be’, adesso è la moglie di Anthony Jones-Davis. E lady Margaret Bellows celebrerà le sue nozze in autunno. È molto graziosa, ovviamente, anche se pensavo che la sorella maggiore si sarebbe sistemata per prima...»

    Diana ascoltò la zia mentre la aggiornava sugli ultimi avvenimenti mondani, sui fidanzamenti freschi e sulle nozze già celebrate. Fu risucchiata in un vortice di notizie che riguardavano quelle che un tempo erano state le sue amiche e cercò di non provare invidia per la fortuna di quelle che avevano avuto successo. Dopotutto, non aveva motivo di essere gelosa. Anche lei aveva ricevuto una proposta durante la sua prima Stagione, e se tutto si fosse svolto secondo i programmi adesso sarebbe stata una signora sposata, rispettabile, responsabile di una grande casa e della servitù, oltre che di un marito.

    Una signora sposata, rifletté Diana tristemente, ma con una felicità assai dubbia, se non addirittura inesistente...

    «Diana? Hai sentito cosa ti ho detto?»

    Diana alzò lo sguardo, vide gli occhi della zia fissi su di lei e si sentì pervadere dal rossore. «Perdonatemi, zia. Ero persa nei miei pensieri.»

    «Sì, e sono sicura di sapere

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