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F***ing genius
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F***ing genius

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LE VITE DI OTTO GRANDI SCIENZIATI CHE CON LA LORO VISIONE E LA LORO OPERA HANNO CAMBIATO PER SEMPRE LA NOSTRA STORIA. PER IMPARARE A DIVENTARE UN PO’ SIMILI A LORO.

L’evoluzione dell'umanità è un processo costante e, al tempo stesso, un processo che ha subito improvvise accelerazioni, frutto del contesto, di tempi maturi ad accoglierle, certo. Ma anche frutto di rivoluzioni portate avanti da singoli individui. O, meglio, da grandissimi geni.
Come è noto, però, per innovare e cambiare per sempre il corso della storia umana questi geni sono dovuti passare attraverso sfide, difficoltà, scetticismi, resistenze, tanto teoriche quanto, spesso, sociali.
Così le loro vite non sono soltanto avvincenti ed epiche, ma sono anche un esempio da cui possiamo trarre ispirazione e, come fa Massimo Temporelli, delle regole che accomunano molti grandi innovatori: otto “regole del genio”.
Con il giusto misto di rispetto, irriverenza e (tanto) divertimento, Massimo Temporelli, fisico, divulgatore e innovatore, ricostruisce le vite e le straordinarie idee degli ingegni che hanno cambiato la storia, da Marie Curie a Steve Jobs, da Leonardo da Vinci a Elon Musk, passando per Albert Einstein, Ada Lovelace, Isaac Newton e Charles Darwin, spiegando le loro intuizioni e raccontando la cultura scientifica, spesso trascurata in Italia.
E le storie degli otto protagonisti sono inframmezzate da piccoli “lampi di genio”, episodi di illuminazioni improvvise, brevi e fulminanti come dei tecnologici racconti zen.
Tratto dall’omonimo podcast di grande successo F***ing Genius non è soltanto la storia di otto straordinari geni, ma un libro che spera di offrire terreno fertile per la nascita di nuovi “fottuti geni” e, nel frattempo, di far crescere anche il genio che dorme dentro di noi.

Per ascoltare il podcast: https://storielibere.fm/fottuti-geni/
LanguageItaliano
Release dateSep 3, 2020
ISBN9788830514928
F***ing genius
Author

Massimo Temporelli

Massimo Temporelli è nato a Borgosesia (VC) nel 1973 ma vive a Milano. È un fisico e da 20 anni si occupa della diffusione della cultura scientifica e tecnologica e dell’innovazione. Lo fa nelle aule universitarie, sul web, nei musei, nell’editoria, in radio, in televisione, nelle aziende e nei FabLab. Il suo interesse non è solo tecnico e le sue attività si focalizzano sul rapporto tra uomo e tecnologia. È presidente e cofondatore di “The FabLab”. Nel 2017 è stato insignito del “Federico Faggin Innovation Award” per la Divulgazione Scientifica. F***ing Genius è tratto dall’omonimo podcast di storielibere.fm.

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    F***ing genius - Massimo Temporelli

    libro.

    1

    GIOVENTÙ DELL’INNOVAZIONE

    CHARLES DARWIN

    In questo primo capitolo andiamo ai piedi di un vero e proprio monumento della storia del pensiero scientifico. Un uomo straordinario, con una vita straordinaria e un’opera sconvolgente.

    Come Copernico, Newton, Einstein e pochi altri Homo sapiens nella storia, lo scienziato di cui parliamo in questo capitolo ha davvero cambiato la traiettoria della nostra specie.

    Quando, a metà dell’Ottocento, timidamente e suo malgrado, questo scienziato ha preso in mano il volante della storia, il destino della nostra specie è come se avesse sterzato, forse addirittura sbandato. Il suo messaggio fu un vero e proprio pugno in pancia per i rappresentanti della nostra specie, ma dopo la botta, dopo il dolore, siamo usciti più forti, più consapevoli, e in fondo più umani.

    Lo scienziato inglese Charles Darwin è il padre della teoria più sconvolgente nella storia dell’umanità: la teoria dell’evoluzione per selezione naturale. Nelle prossime pagine scopriremo le sue straordinarie doti scientifiche, ma anche le sue più intime fragilità umane, i lati del suo carattere che si intrecciano per restituirci una delle più belle biografie della storia della scienza. Buon viaggio.

    1.1

    Sii cauto e osa

    Mentre ero, in qualità di naturalista, a bordo del vascello di S.M. britannica Beagle, rimasi profondamente colpito da certi fatti relativi alla distribuzione degli abitanti dell’America Meridionale e ai rapporti geologici tra gli abitanti attuali e quelli antichi di detto continente. Mi sembrò che questi fatti contenessero qualche elemento riguardante l’origine delle specie, questo mistero dei misteri, secondo l’espressione di uno dei nostri maggiori filosofi. Dopo il ritorno in patria, mi venne in mente, nel 1837, che forse si sarebbe potuto risolvere in parte il problema accumulando pazientemente ogni sorta di elementi aventi qualche rapporto con esso e riflettendo su questi. Dopo cinque anni di lavoro mi permisi qualche speculazione sull’argomento, riassunta in alcune brevi note, che ampliai nel 1844 abbozzando le conclusioni che, a quell’epoca, mi sembravano più probabili. Da allora ad oggi ho continuato a perseguire costantemente lo stesso scopo. Spero che si vorrà perdonare il fatto che mi intrattengo su questioni di ordine personale, in quanto valgono a dimostrare che non sono stato frettoloso nel giungere a una conclusione.

    Proprio così, Charles Darwin non era affatto frettoloso, come ci tiene a dire fin dall’introduzione della sua opera più importante: L’origine delle specie. Anzi, Charles Darwin era meticoloso e infinitamente lento. Ci mise più di vent’anni a comunicare al mondo la sua grande scoperta scientifica, un po’ per il peso specifico delle sue intuizioni e un po’ per questioni caratteriali: Charles odiava il clamore, era un uomo timido, pacato, e aveva bisogno di giustificare ogni sua ipotesi con una valanga di prove e di fatti; ma, soprattutto, era incapace di pensarsi come un sovversivo e un rivoluzionario. Scriveva di sé nella sua autobiografia:

    È davvero sorprendente che con doti così modeste io sia stato capace di influire in modo tanto notevole sulle opinioni degli scienziati su alcuni importanti problemi.

    Proprio così, Charles Darwin, uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi era umile, non si considerava nemmeno uno scienziato ma solo un semplice naturalista, mai avrebbe pensato di poter cambiare il corso della nostra storia. Eppure, la scoperta, che il fato gli aveva dato in sorte, sconvolse l’intera storia del pensiero umano. Da questa sua battaglia tra popolarità e anonimato, tra talento e umiltà, emerge tutto il fascino di questo grande scienziato. Come ha scritto uno dei suoi biografi più famosi, David Quammen:

    Charles Darwin era un uomo complicato, coraggioso ma timido, ispirato ma travagliato, con una mente brillante, un cuore tenero e uno stomaco che si agitava come un miscelatore di vernici. Se fosse stato unitario e trasparente, non sarebbe stato altrettanto interessante.

    Per scoprine il carattere, partiamo dall’infanzia e dai primi anni di vita dello scienziato inglese, perché spesso le caratteristiche dei grandi innovatori emergono fin dalla loro più tenera età e Charles Darwin non fa eccezione a questa regola.

    Charles Darwin è nato il 12 febbraio del 1809, a Shrewsbury, un piccolo borgo a circa trecento chilometri a nord di Londra.

    Il padre, Robert, era un medico importante, mentre la madre, Susannah Wedgwood, apparteneva a una ricca famiglia di imprenditori della prima rivoluzione industriale.

    Darwin è nato e cresciuto in un ambiente ricco, vivendo i primi anni della sua vita in un’elegante e spaziosa casa georgiana, in compagnia delle sue tre sorelle Caroline, Susan, ed Emily, e del fratello Erasmus.

    La famiglia di Darwin aveva radicate tradizioni progressiste. Il nonno paterno, infatti, era il celebre filosofo Erasmus Darwin, e quello materno l’industriale Josiah Wedgwood, che furono entrambi due personaggi molto influenti nel tessuto culturale dell’Inghilterra dell’epoca.

    Come la famiglia materna di Darwin, anche quella paterna era ricchissima ed era proprietaria di diverse tenute e terreni in giro per il paese.

    È curioso scoprire che lo stemma araldico della famiglia aveva come motto: SII CAUTO E OSA.

    Charles sembrava nato per incarnarlo alla perfezione. Secondo le testimonianze dei familiari e i ricordi degli amici e compagni di scuola, Charles era un bambino non particolarmente degno di nota:

    Aveva un’aria contegnosa e lo reputavamo presuntuoso, giacché non si univa mai ai giochi degli altri ragazzi, ma andava a casa subito dopo la scuola. Per quanto schivo era di indole gentile e si prestava di buon grado a compiacere i compagni: una volta, per esempio, portò delle piante dal giardino del padre per le nostre aiuolette.

    In questa descrizione rilasciata da un suo compagno di scuola, emergono però alcuni suoi tratti tutt’altro che ordinari.

    Primo: il nostro scienziato amava starsene da solo, ma sapeva farsi volere bene. Questa sarebbe stata una costante della sua vita. Per compiere la sua opera scientifica avrebbe dovuto passare tanto tempo da solo, ma anche attingere dalla sua folta rete sociale.

    Secondo: Charles amava la natura. Fin da piccolo iniziò a collezionare oggetti naturali, dalle pietre alle piante, dai minerali a semplici oggetti quotidiani. Per il futuro naturalista questo amore per la raccolta e la tassonomia sarà fondamentale.

    Un’altra nota biografica rilevante per capire il nostro fottuto genio è il legame con la famiglia e in particolare con le sorelle e il fratello. Charles era il quarto figlio e in famiglia veniva chiamato Bobby, coccolato dalle sorelle e sempre al seguito del fratello maggiore che, cinque anni più vecchio di lui, fu un vero mito da emulare per Charles.

    Le sue lettere ai fratelli e alle sorelle nel suo lungo viaggio in giro per il mondo, ancora oggi per gli storici sono una fonte inesauribile di informazioni per comprendere la straordinaria umanità di questo scienziato.

    Fin da piccolo, mentre agli occhi degli altri poteva apparire come un bambino senza particolari pregi o interessi, Charles iniziò ad amare i codici, i segreti, e a sviluppare una fervida immaginazione, costruendo storie e giochi fantasiosi. Anche questo amore per le relazioni invisibili tra le cose sarà fondamentale per la sua scoperta e per la sua opera scientifica.

    Charles Darwin, insomma, visse un’infanzia ricca di stimoli e piena di amore.

    Questo mondo perfetto si frantumò improvvisamente: infatti, nel 1817, quando Charles aveva solo otto anni, la madre morì. Nonostante la grave perdita, come era stato programmato, pochi mesi dopo, il futuro naturalista venne trasferito al convitto della Shrewsbury School che preparava i bambini per l’iscrizione a Oxford.

    Orfano della madre e senza nemmeno il conforto delle sorelle, Charles doveva iniziare ad affrontare la vita da adulto. Per fortuna nello stesso convitto c’era anche il fratello maggiore, Erasmus, con cui iniziò, proprio in quel contesto e in quegli anni, i suoi primi esperimenti scientifici, addentrandosi nel mondo della chimica e del laboratorio.

    Anche qui i suoi nuovi compagni non si accorsero del suo talento. Quello che tutti notarono era il suo buon carattere e il suo grande amore per la natura. Così lo ricordano alcuni dei suoi compagni:

    Ragazzo affabile ma meditabondo, la cui ricca conversazione era disseminata da lunghi silenzi, il cui intelletto non vagabondava, ma stava sempre dietro un uccello, un insetto o un rettile.

    O ancora:

    Era sempre allegro e di buon umore e suoi compagni lo amavano. Non era uno studente modello, non faceva altro che collezionare coleotteri, farfalle ecc.

    Charles Darwin resterà per ben otto anni alla Shrewsbury School, passando dagli otto ai sedici anni, spesso lamentandosi dei metodi antiquati dei suoi professori – come è capitato a molti dei nostri fottuti geni – ma anche imparando molto e diventando un ragazzo colto e pronto per affrontare l’università.

    1.2

    Edimburgo e Cambridge

    A sedici anni Darwin lasciò Shrewsbury e la sua città natale per andare a Edimburgo, raggiungendo nuovamente il suo amato Erasmus. Nella bellissima capitale scozzese, Darwin avrebbe dovuto seguire le orme del fratello maggiore e del padre, cioè iniziare a studiare Medicina. Puntualmente iniziò a frequentare le lezioni, seguendo corsi di chirurgia e anatomia ma, soprattutto verso la prima disciplina, iniziò a dimostrare insofferenza: odiava la vista del sangue e aveva un rigetto per le sale operatorie. Così, con il passare del tempo, iniziò a saltare le lezioni sempre più spesso e a farsi rapire dalle letture di grandi romanzi. Quando il padre venne a saperlo non la prese affatto bene. Glielo scrisse in quei giorni sua sorella in una lettera, aggiungendo anche un messaggio del genitore che, immaginava, non avrebbe gradito.

    Il padre lo esortava a non trascurare i suoi doveri di studente, e così Charles, attento a non tradire le aspettative della famiglia, tornò a studiare e a frequentare le lezioni, ma stava già crescendo in lui la consapevolezza che non avrebbe mai fatto il medico.

    In questo periodo, iniziò lunghe escursioni per esplorare la campagna e la costa intorno alla città scozzese, spesso cacciando con il fratello, e iniziando un’approfondita attività di osservazione del paesaggio geologico, della fauna e della flora.

    Queste osservazioni venivano debitamente riportate sul suo diario:

    9 febbraio 1826. Catturato un topo marino, l’Aphrodita aculeata di Linneo. Secondo Turton avrebbe solo due serie di setole, ma Linneo non ne descrive quattro? Mi pare di averle notate. Ho trovato anche tre Patella vulgaris.

    O ancora:

    13 febbraio 1826. Erasmus ha catturato una seppia. Moltissimi topi marini sulla battigia. Quando li gettavamo in mare si raggomitolavano come ricci.

    Charles aveva diciassette anni e ormai aveva capito che amava stare all’aria aperta e fare osservazioni naturalistiche. Così, nel suo secondo anno a Edimburgo, decise di seguire le lezioni di storia naturale, ma soprattutto, nel novembre 1826, si iscrisse alla Plinian Society, un’associazione fondata tre anni prima e che radunava tutti gli appassionati di scienze naturali della zona.

    Fu un vantaggio per me, perché feci amicizia con diversi giovani appassionati di scienze naturali.

    Tra tutti quegli appassionati, Darwin legò particolarmente con Robert Grant, membro della società ma molto più vecchio di lui. Grant si era laureato da più di un decennio e aveva alle spalle diverse pubblicazioni scientifiche; Darwin condivise molte delle sue attività di osservazione naturalistica con questo nuovo amico, visto che il fratello Erasmus, nel frattempo, si era trasferito a Londra per proseguire gli studi da medico. In quegli anni il futuro naturalista iniziò anche a cacciare, attività che alternava alle sue esplorazioni naturalistiche.

    E così, all’età di quasi diciotto anni, troviamo un Charles Darwin appassionato di storia naturale, di caccia e di attività all’aperto. Non era esattamente quello che aveva pensato per lui il padre, che infatti gli scrisse, alla fine del suo secondo anno di università a Edimburgo:

    Non fai altro che andare a caccia, occuparti di cani e catturare topi, e sarai perciò una disgrazia per te stesso e per tutta la famiglia.

    Come era solito fare, Charles Darwin cercò una conciliazione con il padre. Visto che il medico non lo voleva fare, i due decisero insieme che la cosa migliore per Charles era dedicarsi alla vita ecclesiastica.

    Come la vita ecclesiastica? Ve lo immaginate Charles Darwin, l’uomo che avrebbe messo all’angolo la Chiesa e molti dei dogmi su cui si fondava, a fare il prete?

    Io no, ma lui sì. In fondo, avrebbe potuto scegliere una chiesa in campagna e continuare indisturbato a fare le sue amate attività nella natura, tra osservazioni scientifiche, escursioni avventurose e magari qualche battuta di caccia.

    Ma, come sappiamo, questo non sarebbe stato il suo destino. Non sarebbe diventato un prete, anzi, sarebbe diventato la sua esatta nemesi.

    Andiamo piano però, perché Darwin, se ricordate, non è un tipo frettoloso.

    Nel 1828, all’età di diciannove anni, come deciso, iniziò i corsi a Cambridge per prepararsi alla vita ecclesiastica. Nel nuovo ateneo divenne intimo amico del cugino William Darwin Fox, quattro anni più vecchio di Charles, anche lui avviato agli studi per diventare pastore anglicano.

    In quegli anni Fox iniziò Darwin allo studio degli insetti e i due cugini divennero accaniti e abili entomologi.

    Un altro grande amico di Darwin a Cambridge fu John Maurice Herbert. Fu proprio lui a regalare al futuro naturalista il suo primo microscopio.

    Nella prestigiosa università inglese, Charles Darwin incontrò anche un importante mentore, il professore di botanica John Steven Henslow, che ebbe una profonda influenza sul giovane studente. Sarà proprio questo amico e mentore a spingerlo qualche anno più tardi verso l’esperienza più importante della sua vita: il viaggio sul Beagle.

    A Cambridge Charles ebbe anche il tempo di stringere un’intima amicizia con l’affascinante Fanny Owen, «la personcina più graziosa, rotondetta e amabile di tutto lo Shropshire». Insomma, quel periodo fu davvero bello e denso di incontri, tanto che Darwin scrisse più tardi: «I tre anni che passai a Cambridge furono i più gioiosi della mia vita felice».

    1.3

    Il Beagle: un’avventura incredibile

    Alla fine dell’estate del 1831, all’età di ventidue anni, Charles Darwin era in vacanza ed era ormai pronto per tornare a Cambridge e finire gli ultimi mesi di studio, per poi scegliere una parrocchia di provincia e ritirarsi a una vita tranquilla, alla periferia del mondo.

    Non sarebbe stato così: la più grande perturbazione nella storia delle perturbazioni umane stava per abbattersi sulla sua vita. In poche settimane tutto sarebbe cambiato.

    A fine agosto Darwin ricevette una lettera dal suo mentore Henslow che gli scriveva per una grande opportunità: gli era stato chiesto di raccomandare un giovane per un viaggio alla Terra del Fuoco, sul Beagle, un brigantino della Royal Navy britannica.

    Ho assicurato che tu sei la persona più adatta che io conosca, e questo non perché ti creda un naturalista rifinito, bensì perché ti ritengo altamente qualificato per raccogliere, osservare, descrivere tutto ciò che andrà descritto in materia di storia naturale. […] Inoltre, il capitano Fitzroy non accoglierebbe a bordo nessuno, per quanto ottimo scienziato, che non gli venga raccomandato anche come gentleman.

    Attenzione: la nave sarebbe partita quattro settimane più tardi. Darwin andò in tilt. Non era abituato, e non lo sarebbe mai stato, a tutta quella velocità. Allo stesso tempo era stranamente attratto dall’opportunità, che gli avrebbe permesso di vivere un’avventura fatta di esplorazioni e attività all’aperto.

    Il padre, naturalmente, disse che l’offerta era assurda: non c’era alcun ritorno economico, e quell’avventura non si confaceva a un futuro uomo di chiesa.

    Per fortuna fu lo zio Josiah che, venuto a sapere dell’enorme occasione appena rifiutata, convinse Charles e soprattutto il padre a tornare ciascuno sui propri passi: Charles doveva assolutamente accettare quell’offerta.

    Altrettanto fortunatamente, il padre di Darwin cambiò idea e così Charles scrisse al capitano della nave, Robert FitzRoy: si sarebbe imbarcato per il viaggio.

    Il Beagle avrebbe dovuto originariamente salpare il 24 ottobre 1831, ma a causa di ritardi nei preparativi, la partenza fu posticipata di diverse settimane. Finalmente, il 27 dicembre alle 14.00 il brigantino, e con lui il nostro eroe, lasciò il porto di Plymouth in Inghilterra, diretto verso il Sud America.

    Le prime settimane di navigazione furono durissime, Charles Darwin passò il tempo sdraiato con la nausea. Così scriveva alla famiglia: È un patimento intollerabile. Solo in posizione orizzontale riesco a trovare un po’ di sollievo.

    Per fortuna le condizioni del mare migliorarono e il Beagle, seguendo la costa ovest del continente africano, prima lambì Madera e poi Tenerife – due isole che Darwin poté vedere solo a distanza, dal ponte della nave – per poi approdare finalmente sull’isola vulcanica di Santiago, nell’arcipelago di Capo Verde.

    Qui iniziò il diario di viaggio di Charles Darwin, e fu Santiago il primo luogo ad accendere lo sguardo meravigliato di un viaggiatore che scriverà pagine e pagine su questa incredibile impresa.

    Sulle sponde dell’isola, Darwin prenderà definitivamente coscienza che quel viaggio sarebbe stato più di una semplice e affascinante avventura: sarebbe stato una vera e propria missione scientifica, e lui avrebbe avuto il ruolo di unico protagonista e cronista.

    E così, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, la spedizione del capitano FitzRoy eseguiva la campagna di misurazioni della longitudine e la mappatura di mari e terre previste dalla missione, mentre Charles Darwin, in perfetta solitudine, si addentrava sulla terraferma, prima esplorando le varie isole e poi la costa sudamericana: Bahia, Rio de Janeiro, Montevideo, la Terra del Fuoco, la lunga costa del Cile e ancora più su, verso l’Ecuador.

    Per quelli che ben presto diventarono mesi – e poi anni – Charles Darwin esplorò, a piedi o a cavallo, ogni tipo di territorio, affascinato dalla geologia, dalla fauna e dalla flora che pochi uomini occidentali avevano avuto la fortuna di vedere.

    In quel periodo raccolse centinaia, forse migliaia, di reperti che, immancabilmente, a ogni porto mandava via nave in Inghilterra. Come quando era bambino, Charles Darwin era tornato a fare il collezionista, ma ora lo faceva su una scala molto più vasta e, inconsapevolmente, raccoglieva indizi per la sua grande teoria, quella che lo avrebbe fatto entrare nella storia.

    E così, nel settembre del 1835, dopo quattro anni di navigazione, il Beagle salutò le coste del continente sudamericano e diresse la sua prua verso le isole Galápagos, la tappa più importante e rivelatoria del viaggio di Darwin.

    Una meta che suscita in me gioia e interesse. Così scriveva in una lettera spedita al suo mentore, il professore e amico John Steven Henslow, poco prima di partire per quelle straordinarie isole nel mezzo del Pacifico. Proprio nelle Galápagos, Darwin incontrò animali straordinari e raccolse indizi che innescarono tutti i ragionamenti che lo porteranno alla sua rivoluzionaria teoria.

    1.4

    Le Galápagos

    Partendo da Lima, in Perù, dopo circa mille chilometri di navigazione, il brigantino Beagle raggiunse le Galápagos il 15 settembre 1835. Nelle settimane seguenti, la missione guidata dal capitano FitzRoy perlustrò l’intero arcipelago e, naturalmente, il nostro fottuto genio non perse occasione per raccogliere nuovi campioni di animali, vegetali e rocce, effettuando le sue consuete esplorazioni in solitaria nell’entroterra delle diverse isole.

    Queste prendono il nome dai loro animali più vistosi e spettacolari, le testuggini, che

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