Il fuoco sulla pelle: Harmony Collezione
By Sandra Field
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Sandra Field
Prolifica autrice inglese, cura con particolare amore la sua piccola collezione di bonsai.
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Book preview
Il fuoco sulla pelle - Sandra Field
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Expecting His Baby
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2000 Sandra Field
Traduzione di Luisa Morselli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-842-1
1
Nel letto c’era una donna. Ed era anche una donna incredibilmente bella!
Judd Harwood era lì, fermo a fissare quella figura addormentata sotto le coperte di un letto d’ospedale. Forse era entrato nella stanza sbagliata, lui cercava un uomo, non una donna ma, invece di andarsene e chiedere maggiori informazioni a qualche infermiera, se ne stava lì a fissare con i suoi occhi grigi quel corpo immobile di donna.
La sua spalla destra e tutto l’avambraccio erano impacchettati in una borsa di ghiaccio. Il viso era pallido e la brutta escoriazione che aveva all’altezza della mascella era in netto contrasto col delicato colore della pelle.
Forse aveva avuto un incidente stradale, si domandò Judd, o era caduta sul ghiaccio che imprigionava quasi tutti i marciapiedi della città, oppure poteva essere stato qualcosa di peggio. Sperò che non fosse stata aggredita da qualche malintenzionato.
Fu preso da una rabbia impotente e i suoi pugni si chiusero involontariamente, poteva essere stato il marito o forse l’amante. Avrebbe steso il bastardo senza misericordia se avesse avuto modo di conoscerlo.
Ma non era una strana reazione la sua per una persona che neppure conosceva? Di cui non sapeva niente? Lui odiava la violenza, specie se si trattava di donne. Non doveva succedere, nessuno doveva picchiare una donna, per di più indifesa!
Ma il suo lavoro non era quello di proteggere le donne, aveva ben altro da fare!
Invece di andarsene, continuò ad osservare quel corpo con aria crucciata: le sopracciglia erano marroni, ma così delicate da sembrare ali, gli zigomi leggermente sporgenti. Si trovò a desiderare di baciare quella bocca talmente invitante che le sue labbra si mossero come per farlo. Aveva gli occhi chiusi e provò un’impellente curiosità di sapere di che colore fossero. Grigi come le nubi di un temporale? Oppure di colore bruno come la terra appena smossa? I capelli erano rossi, ma la parola rossi non era sufficiente a descrivere la nuvola di riccioli vividi come la fiamma.
Fiamma... Davanti ai suoi occhi, come in un incubo, un muro di fiamme lo fece sussultare. Non era certo venuto in quell’ospedale per fantasticare su quella donna addormentata! Doveva trovare il pompiere che aveva salvato dalle fiamme sua figlia Emmy.
Voleva ringraziare con tutto il cuore quell’uomo e tornare al capezzale di sua figlia. Le avevano dato dei sedativi e stava dormendo. Lui non voleva rischiare di non esserci quando si fosse svegliata.
Ma perché se ne stava ancora lì imbambolato?
Era incuriosito, ma gli sembrò indiscreto guardare la cartella clinica che era ai piedi del letto, dove avrebbe potuto leggere il nome della paziente, e quindi si decise ad uscire dalla stanza.
Un’infermiera stava venendo frettolosamente verso di lui.
«Scusi, sto cercando il pompiere che ha salvato la vita a mia figlia, non so neppure il suo nome, è stato ricoverato qui verso sera, voglio ringraziarlo!»
L’infermiera gli sorrise brevemente.
«Veramente è stata una donna, non credo che...»
«Una donna?» ripeté stupito Judd.
«Esatto» il sorriso dell’infermiera era meno cordiale, ora. «Non sa che nella squadra dei pompieri ci sono anche delle donne? Stanza duecentoquattordici. Credo che ancora non abbia ripreso i sensi.»
La stanza duecentoquattordici era quella da cui era appena uscito, la stanza dove c’era quella donna addormentata, pensò Judd e, cercando di riprendersi dalla sorpresa, rispose:«Ero convinto che dovesse essere per forza un uomo, grazie per l’aiuto».
«Se ha bisogno di parlarle sarà meglio che torni domani, non verrà dimessa che in tarda mattinata.»
«Va bene, grazie ancora.»
L’infermiera sparì in una delle tante porte che davano sul corridoio e Judd si avviò per la stanza dove era stato poco prima. La donna era nella stessa posizione. Il leggero lenzuolo che delineava le curve del suo corpo si alzava e abbassava con il ritmo del respiro.
Si avvicinò al letto fissandola come se dovesse imprimersi nella mente il suo viso, con la strana sensazione che assomigliasse a qualcuno che conosceva. Ma chi? Cercò nella memoria, sicuramente non l’aveva mai vista prima, non avrebbe potuto dimenticarla!
La purezza dei lineamenti, il polso sottile, le lunghe dita affusolate ma forti che stringevano indifese l’orlo del lenzuolo...
Non portava nessun anello. Voleva forse dire che non era né fidanzata, né sposata? Le unghie erano sporche, ovviamente, non era forse un pompiere?
Questa era la donna che aveva salvato la vita di sua figlia. Lui non aveva neppure bisogno di chiudere gli occhi per rivedere la terrificante scena che gli si era presentata quando il tassì che lo riportava a casa dall’aeroporto di Montreal si era fermato davanti all’ingresso di casa.
Stringendo incredulo la maniglia della sua ventiquattrore aveva fissato le tre autopompe parcheggiate nel giardino, che con i loro fari fendevano il buio della notte anche là dove le fiamme non arrivavano ad illuminare.
Molti pompieri con i giacconi gialli si muovevano senza posa, seguendo gli ordini che venivano impartiti dalle ricetrasmittenti. L’acqua arrivava da lunghi e potenti idranti. Dal tetto salivano enormi nuvole di fumo nero, lambite dalle fiamme che apparivano zigzaganti nell’aria come lingue di serpente.
Per un momento era rimasto impietrito con il cuore che gli batteva all’impazzata e sembrava soverchiare ogni altro suono. Aveva conosciuto la paura altre volte naturalmente, ma non aveva mai provato la sensazione di terrore devastante che gli aveva preso ogni singolo muscolo del corpo al pensiero di Emmy bloccata dal fuoco e dal fumo nella sua cameretta o in qualche angolo della casa.
Una lunga scala metallica si allungava proprio verso la finestra della stanza accanto a quella di Emmy... Judd si mise a correre per raggiungerla, ma tre poliziotti lo bloccarono mentre pazzo di angoscia urlava il nome di sua figlia. Si dimenò per sfuggire alla loro presa, e ne mandò uno a gambe levate con uno spintone, poi rimase con il fiato sospeso a guardare le figure che si stagliavano contro la luce rossastra della facciata.
Un pompiere si protendeva dalla finestra, cercando di passare il piccolo fagotto che stringeva tra le braccia al collega che era in attesa sulla scala. Quando finalmente questi passò la piccola a quello che era in fondo alla scala, Judd fu lasciato libero.
Attraversò correndo come mai aveva corso in vita sua il prato ghiacciato in direzione del pompiere che teneva in braccio sua figlia.
L’espressione di paura negli occhi di Emmy lo colpì come una pugnalata al cuore. La strinse protettivamente tra le braccia e alzò lo sguardo al cielo, ringraziando Dio per averla salvata dalle fiamme, poi si diresse rapido all’autolettiga che stava aspettando.
Prima che chiudessero i portelloni lanciò un’occhiata alla sua bella casa, giusto in tempo per vedere parte del tetto crollare in un’esplosione di fiamme e scintille che, in altre circostanze, si sarebbe potuta definire spettacolare.
Una trave cadde proprio sull’elmetto del pompiere che aveva portato Emmy attraverso la finestra. Alla luce delle fiamme lo si vide barcollare e sarebbe caduto nel vuoto se quello che era sulla scala non l’avesse, con incredibile prontezza, afferrato prima che fosse troppo tardi.
La gente che stava guardando aveva applaudito l’eroismo dei due pompieri. Lui aveva stretto ancora più amorevolmente la sua piccola, quasi a proteggerla da ulteriori pericoli.
Judd con un sussulto tornò alla realtà e si passò la lingua sulle labbra che sentiva aride, al ricordo del pericolo scampato.
I dottori avevano giudicato Emmy fuori pericolo e lui, dopo che si era addormentata, ne aveva approfittato per andare in cerca del pompiere che l’aveva salvata, verso il quale aveva un debito che nulla avrebbe potuto ripagare: la donna in quel letto.
Non poteva avere che una ventina d’anni o poco più. I suoi lineamenti non erano perfetti come quelli di Angeline. Il naso aveva una leggerissima curvatura, le labbra erano forse un po’ grosse anche se per alcuni poteva essere considerato un pregio. Angeline era la sua ex moglie, madre di Emmy, una modella famosa che tutte le grandi case di moda si contendevano. Lei non si sarebbe certo fatta trovare con le unghie sporche.
Judd non voleva pensare a sua moglie, al suo portamento statuario, al suo corpo seducente e agli occhi di un colore blu notte... Troppo tardi aveva capito che la bellezza non è tutto!
Erano ormai quattro anni che avevano divorziato ed erano state ben poche le volte che si era fatta vedere. Oltre che dal lavoro era troppo assorbita dal bel mondo, ma lui di tutto quello ne aveva avuto abbastanza.
La donna nel letto si mosse e mormorò qualcosa di impercettibile. Sollevò appena le palpebre, ma dopo aver fatto un lungo sospiro tornò a dormire. Quella donna era riuscita, nel vortice delle fiamme e del fumo, a trovare Emmy e a portarla sana e salva nelle braccia del collega che stava aspettando sulla scala.
Judd si spostò ai piedi del letto e si chinò a leggere la cartella che riportava i dati della paziente. Nel vedere il suo nome chiaramente scritto a macchina si accigliò. Lise Charbonneau di anni ventotto.
I suoi soci avrebbero riconosciuto subito l’espressione intenta del suo viso, tipica di quando inseguiva tenacemente un’idea. Quello era lo stesso cognome di sua moglie, che aveva per l’appunto una cugina che si chiamava Lise. L’aveva conosciuta all’epoca del loro matrimonio, tanti anni prima... Sarebbe stato troppo credere che fosse proprio lei.
Lise all’età di tredici anni aveva dei capelli ribelli di un colore rosso fiamma e i lineamenti del viso facevano supporre che sarebbe diventata una bella ragazza, anche se aveva l’apparecchio ai denti e l’irrequietezza di una giovane puledra. Gli occhi erano di un colore verde come un prato in primavera, ma con un’espressione già da adulta.
Frugando ancora nella memoria si rammentò che viveva con sua cugina Angeline e la madre di lei, Marthe. I suoi genitori erano morti in un incendio e forse quello era stato il motivo per cui Lise Charbonneau era diventata un pompiere.
Lise aveva salvato la vita alla figlia di sua cugina Angeline, era mai possibile una simile coincidenza? Pensando ad Angeline si ricordò che sarebbe stato meglio telefonarle prima che l’avesse saputo da altri. Era anche giusto informarla, in fondo si trattava pur sempre di sua figlia!
La donna nel letto si mosse di nuovo agitandosi inconsciamente e mormorando qualcosa. Certo che doveva essere Lise! Lui si avvicinò maggiormente al letto, teso nel cercare di capire cosa uscisse da quelle labbra. Era evidente che soffriva, cercò subito il pulsante per chiamare qualcuno. Con la mano sfiorò quei capelli rossi e fu tentato di accarezzarli, capelli che avrebbero potuto scaldare il cuore di un uomo. Gentilmente chiese:«Va tutto bene? Sto chiamando l’infermiera».
Gli occhi di lei si aprirono e si richiusero sul viso di lui per un paio di volte, forse senza vederlo. Erano di un verde chiaro, bellissimi. Judd ne fu turbato, e sperò che lei dicesse qualcosa.
I lineamenti dell’uomo che Lise aveva di fronte erano confusi come era confusa la sua mente, sentiva chiaro solo il dolore, la spalla era il punto che le faceva più male.
Riaprì gli occhi, ora distingueva bene, e immediatamente si ricordò di lui. Judd Harwood era vicino al suo letto, e la guardava così intensamente che il suo cuore ebbe un balzo. Era venuto per lei?, si chiese dubbiosa. Finalmente il suo cavaliere con una lucente corazza, il suo principe azzurro...
Quante volte da quando era