Il paradiso sulla Terra: Harmony Destiny
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Quando Quinn McGrath arriva sull'isola di St. Joseph all'hotel Mar Brisas per conto dell'agenzia immobiliare per cui lavora, si rende subito conto che quel luogo è abitato da splendidi angeli in lingerie azzurra... o comunque lui ne ha incontrato uno che sta tentando di sistemare l'ascensore dell'hotel. Appena cerca di dargli una mano, però, le porte si bloccano e i due rimangono per qualche ora isolati dal mondo. Quinn non sa che quella Venere Velata è Nicole Whitaker, la proprietaria dell'immobile che lui è venuto a visionare. E non si preoccupa di chiederglielo, nemmeno dopo il travolgente bacio che li porta direttamente in paradiso. Solo quando la loro clausura forzata finisce e lei si allontana, lui comincia a chiedersi chi sia quella donna.
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Book preview
Il paradiso sulla Terra - Roxanne St. Claire
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Like a Hurricane
Silhouette Desire
© 2004 Roxanne St.Claire
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-846-9
1
Appoggiato contro il tronco di una palma, Quinn McGrath inspirò una boccata d’aria salmastra e osservò le onde azzurrine e poco profonde del golfo del Messico. La palla di fuoco che aveva arrostito i turisti sulla spiaggia per tutto il giorno stava per baciare un orizzonte color indaco. Soffici nubi rosate attraversavano il cielo e su tutto gravava un’opprimente cappa di umidità.
Quinn, però, non pareva minimamente interessato a quel paesaggio da cartolina. Era il disastro alle sue spalle ad averlo condotto sull’isola di St. Joseph, in Florida.
Arrotolandosi le maniche della camicia e benedicendo la decisione di lasciare in auto la giacca del completo, spostò il suo sguardo esperto verso le tegole sgangherate, i balconi malandati del terzo piano e le finestre con le tipiche gelosie anni Cinquanta del Mar Brisas.
Ecco perché il proprietario dell’albergo aveva disdetto via e-mail il loro appuntamento, previsto per il tardo pomeriggio. Sebbene Quinn non conoscesse quell’individuo, aveva capito tutto quel che c’era da capire sul conto di Nick Whitaker dalle balaustre rotte, dai mattoni scheggiati e gli intradossi incrinati delle eleganti finestre ad arco. Era evidente che il proprietario del Mar Brisas avesse speso i soldi dell’assicurazione per tutt’altro che la riparazione dei danni causati dall’uragano.
Tuttavia, Quinn non rimase contrariato da quel cambiamento di programma. Lo accolse, piuttosto, come un’opportunità per eseguire un giro d’ispezione nell’anonimato, senza Nick Whitaker al seguito che tentasse di aggirare le aree problematiche e di indorargli la pillola.
La Jorgensen Immobiliare si sarebbe potuta accaparrare quell’edificio per quattro soldi, rifletté mentre attraversava l’area deserta attorno alla piscina. Doveva solo dimostrare a Dan Jorgensen di saper fare bene il suo mestiere. Il suo capo gli aveva spiegato con estrema chiarezza che il premio in palio, se l’affare fosse andato in porto, sarebbe stata la sua completa partecipazione nell’assetto societario della compagnia.
L’aria non era affatto più fresca all’interno, notò Quinn, entrando. Whitaker doveva aver deciso di risparmiare anche sull’impianto di condizionamento.
I suoi passi echeggiarono sul pavimento dell’atrio deserto, privo di clienti e, a quanto pareva, anche di personale. Doveva ammettere, però, che l’ambiente era pulito.
Si inerpicò su per una scalinata, salendo i gradini due alla volta fino al terzo piano. In fondo al corridoio buio, adocchiò una scala a pioli appoggiata contro la parete, circondata da un telo di plastica bianco e da quel che pareva materiale impermeabilizzante per il tetto. A ogni modo, nessuna traccia di operai.
Quinn si mosse nella direzione opposta, verso un ascensore antico, di quelli in grado di accogliere, al massimo, due persone con i rispettivi bagagli. Le porte di legno non erano del tutto chiuse, notò, e infilò la mano nella fessura fra le due ante. Con movimento secco, le aprì.
Perdiana... Quinn sgranò gli occhi alla vista di un paio di magnifiche gambe femminili che penzolavano dal pannello apribile sul soffitto, a poco più di un metro da terra. Lunghe, snelle, abbronzate e nude, emergevano da una gonna blu, osservò mentre si sporgeva in avanti e sbirciava verso l’alto. Una gonna che era salita quel tanto da mostrare delle cosce deliziosamente tornite e il pizzo ugualmente blu delle mutandine che coprivano un delizioso fondoschiena.
«Porca miseria!»
Quinn si ritrasse giusto in tempo per schivare un cacciavite che scivolò dal buco e colpì il pavimento con un sonante tintinnio. L’attrezzo atterrò accanto a un paio di sandali col tacco alto, una giacca blu e una valigetta metallica.
E così, la gonna blu e gli slip in tinta erano abbinati a una voce. E, evidentemente, a una cassetta degli attrezzi.
Si schiarì leggermente la voce. «Chiedo scusa...»
Un grido acuto accompagnò il dimenarsi delle gambe. Quinn si sentì soffocare mentre il cuore gli pulsava forte in gola. Quello non era il tipo di ascensorista al quale normalmente si era abituati.
«Ha bisogno d’aiuto, lassù?»
Una mano con le unghie smaltate di rosa si affrettò a tirare giù la gonna, nascondendo il pizzo blu, ma non le cosce. Il fondoschiena curvilineo si spostò, accompagnato da un altro sommesso gemito quando la gonna, benedetta lei, risalì.
«Oh-oh! Mi sono incastrata!»
Quinn scansò un improvviso ondeggiare di gamba, poi osservò la stoffa blu roteare a destra e a sinistra, in un vano tentativo di scendere, e dei graziosi piedi nudi toccare il pavimento. Il suo istinto era quello di protendere le braccia e aiutarla, ma restò momentaneamente paralizzato. Di sicuro, se fosse intervenuto, la sua mano sarebbe accidentalmente atterrata su una porzione di carne morbida e femminile.
E fu proprio quel che accadde.
Il sangue gli pompava febbrilmente nelle vene e trattenne il respiro mentre un impeto di desiderio lo assaliva. Senza pensare, afferrò la donna per i fianchi, attento a toccare solo la stoffa della gonna.
Ma la persona in questione emise un altro strillo. «Ehi! Che diavolo sta facendo?»
Lui mantenne la presa. «Sto tentando di tirarla fuori da quel buco.» Inavvertitamente, la mano gli scivolò lungo il tessuto e se la ritrovò incollata a una porzione di coscia dalla pelle vellutata. Oddio. «Se si rilassa un attimo, signorina, la tiro giù.»
«Rilassarmi?» I muscoli sotto le sue dita si tesero, disattendendo l’ordine.
«Certamente» confermò lui, spostando la mano verso un’area coperta.
Udì un gemito, seguito da un breve cenno di consenso.
«Ecco fatto.» Non occorse un grosso sforzo, tuttavia Quinn fu grato alla sua corporatura massiccia e alle ore trascorse in palestra, mentre aiutava la donna a scendere. Tutti i suoi sensi si allertarono mentre inalava l’inebriante profumo che sprigionava quel corpo femminile e osservava la curva del fondoschiena delineata dal tessuto in seta della gonna.
Centimetro dopo centimetro, la condusse lentamente con i piedi per terra. La donna emise sommessi mugolii di imbarazzo che accesero in lui il desiderio di stringerla a sé. Dall’apertura in alto, emersero prima fianchi sottili, seguiti da una schiena tonica, coperta da un leggero top blu, lo stesso colore della gonna e... della lingerie coordinata.
Mentre compariva la testa, Quinn notò una massa di capelli scuri legati in un morbido chignon trattenuto da una matita... una matita?
Una volta che i piedi furono ben piantati sul pavimento, la donna continuò a rivolgergli le spalle mentre armeggiava nervosamente con la gonna per occultare le cosce.
«Grazie» pronunciò, con voce tremante.
«Non c’è di che.» Figuriamoci. Lo avrebbe rifatto all’istante.
Lei continuava a non voltarsi, restando rigida e impettita, e lui soffocò l’impulso di afferrarla per le spalle e girarla verso di sé. Voleva guardarla in faccia. Vedere che genere di viso fosse associato a un corpo strepitoso come quello.
Quinn si schiarì di nuovo la voce. «Bene, allora.» Accostò la mano al pannello dei bottoni. «Primo piano? Reparto lingerie?»
Le spalle rigide sussultarono per un’improvvisa risata. Perfetto. Sarebbe stato un peccato se fianchi, cosce e gambe come quelli non fossero stati graziati da una gradita dose di senso dell’umorismo.
«Non si preoccupi» assicurò. «Non ho visto nulla che non abbia già visto in occasioni precedenti.» Osservò una pausa, mentre la fugace immagine di un certo pizzo blu gli percorreva la memoria. «Cambiava solo l’angolazione.»
Lei soffocò di nuovo un impeto di ilarità.
«Mi fa venire voglia di trasferirmi in questo posto in pianta stabile.»
All’istante, la donna piroettò verso di lui. «Sul serio?»
Quinn McGrath si sentì di nuovo mancare l’aria.
Stavolta, a causa di un paio di meravigliosi occhi verde-blu, della stessa tonalità invitante, profonda e magnetica delle onde del golfo del Messico. Erano grandi, al momento spalancati, e adornati da ciglia folte e scurissime. Lo sguardo di lui viaggiò per quel viso dall’incarnato ambrato, soffermandosi sulla seducente fossetta sul mento.
«Sul serio» confermò con voce roca. Perlomeno, credeva di aver pronunciato quelle parole. Da come lei gli aveva ottenebrato la mente con quel suo incantevole sorriso, Quinn si chiedeva se non avesse dato voce, invece, alle parole che gli urlavano nella mente. Qualcosa più in sintonia con una frase del tipo Facciamo sesso. Qui, subito.
Grandioso. Era bastata una sbirciata di un nanosecondo a delle mutandine di pizzo per trasformare un maturo trentatreenne in un adolescente in piena tempesta ormonale.
Gli incredibili occhi blu si restrinsero a due fessure. «Che ci fa qui al terzo piano?»
Lui arretrò di un passo, temendo che, standole così vicino, potesse cedere alla tentazione di attirarla fra le sue braccia e comportarsi davvero come un adolescente eccitato. «Stavo... stavo solo dando un’occhiata in giro.» Quindi, indicò il pannello con i bottoni. «Volevo andare su.»
Lei si lisciò distrattamente la gonna. «L’ascensore era bloccato. E io stavo tentando di... sbloccarlo.»
«Me n’ero accorto.»
Lei accennò un sorriso. Adorabile. Assolutamente irresistibile.
Quinn si costrinse a staccare lo sguardo dal suo viso, lasciandolo scivolare verso il top blu e su due deliziosi...
Con un sussulto, l’ascensore riprese la sua corsa, e la donna sbandò verso di lui.
Lo scossone sospinse Quinn contro il pannello dei bottoni e l’ascensore si arrestò di scatto. Con un cigolio sommesso, le porte iniziarono a chiudersi.
«No!» urlò la donna. «Così rimarremo bloccati dentro!»
Con mossa repentina, Quinn infilò la mano tra i due battenti. Il polso gli rimase incastrato tra il legno e la cinghia di gomma, mentre lei gli precipitava addosso, premendosi a lui.
Fu al tempo stesso un’agonia e un’estasi. Quinn borbottò una blanda imprecazione. Lei una molto più colorita.
Tempo un altro secondo e quella fata dovette capire in maniera inequivocabile che effetto avesse esercitato quel contatto su di lui.
«Ci penso io» disse, inserendo la mano attraverso il pertugio che lui aveva prodotto tra i due battenti.
La mascella contratta, gli occhi strizzati, il collo pulsante, lei eseguì l’operazione, mentre Quinn approfittava della posizione ravvicinata per gettare un’occhiata al suo sontuoso décolleté. Santo cielo, c’era qualcosa di ordinario in quella donna?
Lei imprecò di nuovo e grugnì, pigiando inavvertitamente la coscia fra le gambe di lui e mugugnando qualcosa circa un cavo.
Per sfortuna, il corpo di Quinn rispose immediatamente.
All’istante, lei sobbalzò, emettendo una sorta di acuto squittio.
Quinn riuscì a mantenersi in equilibrio. Voltò il braccio e forzò le porte finché non si aprirono. L’ascensore era sceso di circa mezzo metro. «Monto su e