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Lady Angelina: Harmony History
Lady Angelina: Harmony History
Lady Angelina: Harmony History
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Lady Angelina: Harmony History

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About this ebook

Inghilterra, 1815
Lady Angelina Rosevale ha ereditato l'intero patrimonio di famiglia, mentre al cugino Frederick è spettato solo il titolo di conte. Intenzionata a scoprire se questi è davvero irascibile come tutti dicono, quando Pierre, un giovane francese, si presenta affermando d'essere il legittimo erede dei Rosevale, Angel coglie l'occasione al volo e manda a chiamare il cugino, constatando che andare d'accordo con lui è praticamente impossibile. Se soltanto fosse gentile e affascinante come Max, lo sconosciuto incontrato a una festa in maschera! Lui sì che riesce a infiammarle il sangue, risvegliando in lei il desiderio! Eppure in quell'uomo c'è qualcosa di stranamente familiare: e se Frederick e Max non fossero poi tanto diversi?
LanguageItaliano
Release dateAug 10, 2020
ISBN9788830518674
Lady Angelina: Harmony History
Author

Joanna Maitland

Tra le autrici più amate e conosciute dal pubblico italiano.

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    Lady Angelina - Joanna Maitland

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    My Lady Angel

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2004 Joanna Maitland

    Traduzione di Maria Laura Iervicella

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-867-4

    1

    «Se dovessi prendere di nuovo marito potrei sposare il cugino Frederick.»

    Lady Charlotte fissò la nipote con aria sbalordita. «Se pensassi anche solo per un momento che saresti davvero capace di fare una cosa del genere, Angelina, ti farei rinchiudere nella torre fino a quando non ti fosse tornato il buonsenso.»

    Lei si alzò dalla sedia accanto al fuoco e andò a sedersi sul divano vicino alla zia. Le prese le mani raggrinzite tra le proprie e le accarezzò con fare rassicurante. «Carissima zia, non c’è alcun bisogno di spaventarmi con tali minacce, mi è bastato sentire che mi avete chiamato Angelina per sapere che vi ho offeso. Vi stavo solo prendendo in giro... Non ho la minima fretta di risposarmi.» Fece del suo meglio per nascondere il brivido involontario che accompagnò le proprie parole. «E state pur certa che non sposerò un altro uomo di nome Frederick» proseguì in tono ironico.

    «Non dovresti scherzare su tuo cugino e sulla sua famiglia, Angel» la ammonì l’anziana dama. «Sono dei tipi poco raccomandabili e stai sicura che sarebbero felici di vederti morta e sepolta.»

    «Non dovreste parlare così, zia, non è da voi! E poi non dovreste dimenticare che state pur sempre parlando di una persona che non abbiamo mai incontrato.»

    «Non ho bisogno di conoscerlo» replicò asciutta lady Charlotte, «mi basta sapere che discende dal tuo prozio Augustus. Non ho mai conosciuto un uomo tanto avaro e invidioso. Non ha mai accettato il fatto che suo figlio è rimasto solo Mr. Rosevale mentre tuo padre ha ereditato tutti e tre i titoli.» La gentildonna, evidentemente, non aveva alcuna remora a parlar male dei morti.

    Angel provò con una diversa tattica. «Bene, in questo caso il cugino Frederick dovrebbe essere felice. Dopotutto, adesso è diventato lord Penrose» sorrise con aria cospiratoria.

    «Sfacciata! Se non ti conoscessi così bene avresti potuto darmi a credere che sei davvero convinta di quello che dici. Che cosa può significare il titolo di conte per il cugino Frederick, quando quasi tutte le terre sono associate alla baronia e a una esile e fragile ragazza?» rispose al sorriso malizioso di Angel con pari ironia la zia.

    Lei abbassò lo sguardo nel tentativo di assumere l’aria modesta e pudica che si addiceva a una ingenua giovinetta. Come al solito, fallì nel suo intento. «Ha un seggio nella Camera dei lord, zia Charlotte. Forse questo gli sarà di una qualche consolazione.»

    «Ne dubito. L’unica legge che credo gli interessi approvare è quella che dovrebbe proibire la successione ereditaria in linea femminile. Inoltre è probabile che non possa permettersi di occupare quel posto... Un aspetto logoro e dimesso non si addice al conte di Penrose.»

    Angel fece del suo meglio per non sorridere all’immagine che le parole della zia avevano evocato. Il cugino Frederick, ora conte di Penrose, aveva ereditato un modesto possedimento in Cornovaglia, un seggio nella Camera dei lord e niente altro. Fino a quando Angel e sua zia fossero state in vita lui non avrebbe avuto altro che un titolo privo di qualsiasi sostanza, ma nel caso in cui Angel fosse morta senza un erede avrebbe ereditato tutto.

    «Credo sia arrivato il momento di mettere fine all’inimicizia tra noi, zia. Dopotutto, ora che Frederick è a capo della famiglia non possiamo rifiutarci di riceverlo.»

    «Niente affatto» replicò l’anziana dama. «Adesso ci sono due famiglie distinte. Tu tieni la baronia e sei a capo della famiglia Rosevale. Frederick ti è superiore in grado, ma è pur sempre parte del ramo cadetto. Che resti a capo della propria famiglia! Non c’è alcun bisogno che lo riceviamo. Io, per parte mia, non accetterò mai di parlargli. È impossibile.»

    Angel scrollò il capo di fronte all’ostinazione della zia. La famiglia Rosevale era nota per gli scatti di collera e per le prolungate ostilità tra i suoi membri, ma né suo padre né sua zia le avevano mai spiegato le origini di tanta animosità. «Devo chiedervi di dirmi perché mio padre ha litigato con il prozio Augustus» le chiese.

    «Non posso, cara.» Lady Charlotte assunse un’aria ostinata. «È passato molto tempo da allora» aggiunse poi, vedendo l’espressione determinata della nipote. «Meglio dimenticare...»

    Angel raddrizzò la schiena. «Come capo della famiglia ho bisogno di conoscere i dettagli della questione» ribadì con enfasi. «Non potete non essere d’accordo con me.»

    «No, io...» Lady Charlotte stava scuotendo il capo.

    «Insisto, zia.» Angel le lanciò un’occhiata eloquente. La vecchia dama era testarda, ma anche lei credeva nel suo ruolo di capo famiglia. Si trattava solo di aspettare.

    «E va bene. Ma non è un racconto edificante.» La nobildonna prese un fazzoletto orlato di pizzo dalla tasca e se lo portò alle labbra. «Tuo padre non aveva ancora venti anni quando ereditò. Naturalmente io ero già maggiorenne, ma tuo nonno nominò il fratello più giovane, il prozio Augustus, tutore e amministratore fiduciario di tuo padre. Quell’uomo sapeva essere incredibilmente avido...»

    L’espressione di Angel mostrò con tutta evidenza una certa reazione alla descrizione piuttosto schietta di Augustus Rosevale, inducendo lady Charlotte ad annuire e a stringerle la mano.

    «Ricordati che sei stata tu a insistere per sapere, Angel. Augustus Rosevale era un misero profittatore. Visto che non aveva potuto avere i titoli per se stesso, fece tutto ciò che era in suo potere per convincere tuo padre a sposare sua figlia Mary, ma tuo padre non ne volle sapere e io ammetto di averlo incoraggiato nel suo intento. Lo zio Augustus era un tiranno e Mary era una ragazza noiosa e insignificante. Un matrimonio tra quei due sarebbe stato un vero disastro.»

    «Ma io credevo che il primo matrimonio di mio padre fosse stato d’amore.»

    Zia Charlotte le rivolse un sorriso privo di calore. «Proprio così. Lui aveva già conosciuto lady Jane Ellesmore e se ne era innamorato. Non prestò la minima attenzione ai tentativi dello zio Augustus di separarli per farlo fidanzare con la figlia. Il giorno in cui diventò maggiorenne chiese in moglie lady Jane e in meno di un mese quei due erano già sposati.»

    «Lei però morì.»

    «È vero, ma vissero insieme per dodici anni, felici e innamorati, nonostante lo zio Augustus.»

    Angel la guardò con aria interrogativa.

    «Il primo matrimonio di tuo padre non fu benedetto dall’arrivo di un figlio, Angel, e lo zio Augustus non perdeva occasione per rammentare a tuo padre quel fatto senza preoccuparsi di ferirlo. Per la povera Jane fu anche peggio. Quelle insinuazioni la facevano sentire un fallimento come moglie.»

    Angel piegò la testa di lato, mordendosi nervosamente un labbro.

    Zia Charlotte era concentrata sul proprio racconto. «Quella povera donna, non molto prima di morire, mi confidò che tutto considerato sarebbe stato meglio se suo marito avesse sposato la cugina.»

    «Tutto questo è davvero triste» commentò lei con un cenno del capo.

    La zia sospirò. Per un momento nei suoi occhi comparve un’espressione assente, subito rimpiazzata da un lampo bellicoso. «La povera Jane era appena stata sepolta quando Augustus tornò alla carica per cercare di convincere il mio povero fratello a sposare Mary. Non ti sorprenderà sapere che tuo padre reagì con estrema veemenza dicendogli che Mary era troppo vecchia per dargli un erede, e che lui non riusciva nemmeno a sopportare la sua vista.»

    Angel non riuscì a soffocare un sussulto.

    «Non fu bello da parte sua, sono d’accordo, non era certo colpa di Mary, ma devi capire che aveva appena seppellito una moglie che amava con tutto se stesso ed era distrutto dal dolore. A un certo punto temetti persino...» l’anziana donna si interruppe. «Tuttavia, quando si riprese, decise che avrebbe dovuto risposarsi per assicurare la successione dei suoi titoli, visto che non poteva avere fiducia in Julian.»

    «Julian? Ma non è morto quando mio padre era ancora un ragazzo?»

    «È questo ciò che ti ha detto lui?»

    Angel annuì. Suo padre le aveva parlato una sola volta del proprio fratello minore, e lei aveva avuto la netta impressione che farlo gli procurasse dolore. Così non gli aveva fatto altre domande. Inoltre, a parte un ritratto da piccolo, non c’era altra traccia di Julian lì a Rosevale Abbey.

    «Capisco perché ti abbia detto una cosa del genere, ma temo che non sia vero, tesoro. Julian è morto, ma... Oh, cara! È così difficile.»

    Lei attese.

    Lady Charlotte sospirò. «Julian era più giovane di noi di diversi anni ed il suo atteggiamento era così ribelle da farci disperare. Non capiva perché dovesse dar retta al fratello maggiore, non facevano che discutere. Tuo padre voleva che Julian si sposasse per assicurare la successione, ma lui si rifiutò di dire addio alla dissipata vita da scapolo che conduceva. Il bere e il gioco erano i suoi passatempi preferiti. Disse a tuo padre che era perfettamente in grado di procurarsi da solo un erede, tutto quello che doveva fare sarebbe stato trovare una moglie più prolifica della prima. Puoi immaginare la reazione di tuo padre! Quella fu l’ennesima, dolorosa, rottura in famiglia. Julian se ne andò in Francia e non tornò mai più. Ho sentito dire che si era sposata, ma lui, sua moglie e la famiglia di lei furono uccisi durante il periodo del Terrore. Lei era la figlia del conte d’Eury e...»

    Lady Charlotte si alzò e si avvicinò alla finestra. Le sue spalle rigide suggerirono alla nipote che stesse cercando di tenere sotto controllo un’improvvisa ondata d’emozione.

    «Anche se era un ribelle non meritava certo di morire in quel modo» mormorò l’anziana donna con una voce appassionata. «Nessuno lo merita.»

    Angel restò in silenzio in attesa che riguadagnasse la padronanza di sé. Era chiaro che aveva voluto molto bene al giovane nipote, nonostante tutte le sue colpe. Forse anche per suo padre era stato così, quindi aveva deciso di bandire tutti i ricordi del fratello da Rosevale Abbey perché erano troppo dolorosi. Si sforzò di resistere alla tentazione di andare da lady Charlotte e confortarla passandole un braccio attorno alle spalle. L’anziana dama l’avrebbe certo rimproverata severamente per quel gesto. Una dama non doveva mai perdere il controllo delle proprie emozioni in pubblico. Mai.

    «E il prozio Augustus?» le domandò Angel non appena vide che si era girata a guardarla.

    «Lui e tuo padre non si parlarono più. La frattura era troppo grande per poter essere colmata. Tuo padre non andò al funerale del figlio di Augustus, e nemmeno a quello dello zio.»

    «Capisco» disse Angel pensierosa. «Io credevo che il cugino Frederick fosse il figlio del prozio Augustus.»

    «No, è il nipote.»

    «Allora non è vecchio?»

    «Certo che no. Non lo sapevi? Eppure hai detto che avresti potuto sposarlo.»

    «Volevo solo stuzzicarvi, cara zia. Non so niente del cugino Frederick. Supponevo che avesse più o meno cinquant’anni, fosse piuttosto robusto e avesse persino un enorme naso rosso» aggiunse sperando che la zia dimenticasse la sua momentanea tristezza.

    «Tu hai bisogno di un cambiamento» affermò decisa lady Charlotte, tornando al suo umore abituale. «Credo che sarebbe molto meglio se mi ritirassi e ti lasciassi condurre da sola la tua vita.»

    «Così vi perdereste tutto il divertimento.»

    La donna inarcò le sopracciglia con fare interrogativo.

    «Dal momento che ormai il nostro lutto è finito, credo sia arrivato il momento che ci guardiamo attorno, cara zia.» L’espressione di Angel era determinata. «Mi piacerebbe fare un viaggio nel Continente, magari tra un mese o due, quando il tempo sarà migliore. Nel frattempo, credo che dovremmo riaprire la nostra casa di Londra. Non siete d’accordo?»

    «Io...»

    «E se ci dovesse capitare di incontrare il nuovo conte di Penrose lo riceveremo con le dovute maniere, quale che sia la sua corporatura.»

    «Angel, non possiamo...»

    «Come capo della famiglia desidero che venga messo fine a questo conflitto» la interruppe lei con enfasi. «Dobbiamo fare un tentativo, zia.»

    Lady Charlotte scrollò il capo, ma l’espressione determinata della nipote dovette avere successo se non tentò nemmeno di replicare. «Molto bene. Se proprio devo, lo riceverò, ma non immaginartelo robusto. Sia il padre che il nonno erano molto magri. Ho sempre pensato che il loro aspetto si adattasse alla loro tirchieria.»

    «Allora sarà magro e con una faccia rubiconda.»

    Lady Charlotte le lanciò un’occhiata fugace. «Potresti restare sorpresa a questo proposito» commentò in tono vivace. «È improbabile che Frederick sia rubicondo. Non ha molti anni più di te» aggiunse corrugando la fronte.

    «Ma come...?» Angel si interruppe vedendo che la porta si apriva per lasciar entrare il vecchio Willett, il maggiordomo. Il suo silenzioso ingresso aveva avuto l’effetto di zittire l’esclamazione sorpresa della giovane dama.

    «Un gentiluomo chiede di vedervi, milady» annunciò Willett con la sua voce profonda. Non fece alcun tentativo per nascondere la disapprovazione che provava per quel visitatore. «Dice... dice di essere imparentato con la famiglia di vostra signoria, ma...»

    Angel scoppiò a ridere. «Ecco vedete, zia. Che vi dicevo? Il cugino Frederick è venuto a mettere fine ai nostri dissapori.»

    Willett tossì con discrezione. «Il gentiluomo ha detto di chiamarsi Rosevale. Julian Rosevale.»

    Angel si portò una mano alla gola.

    Nello stesso istante lady Charlotte, che non aveva mai mostrato la minima emozione in pubblico, cadde a terra svenuta.

    Privo di cappello e con il capo chino, il conte di Penrose rimase in ginocchio davanti alla tomba ancora per diversi minuti, ignorando la luce del tramonto invernale che stava svanendo rapidamente e la pioggia che batteva insistente bagnando il suo mantello.

    Ross Graham, fermo sull’altro lato della semplice pietra grigia, sembrò sul punto di dire qualcosa. Poi, però, ci ripensò, limitandosi a chinare la testa e a rimanere in silenzio, in attesa.

    Alla fine Penrose sollevò il capo e si alzò. I suoi folti capelli neri erano bagnati. Si fregò la nuca per detergere le gocce di pioggia che minacciavano di scivolare all’interno della camicia, poi si pulì i calzoni e si infilò di nuovo il cappello di castoro. «Vieni, Ross» disse brusco. «Torniamo nella locanda. Hai l’aria di uno che sta per congelare.»

    Sorridendo Ross seguì l’amico. I loro stivali quasi affondavano nell’erba bagnata. «Ogni volta che sono venuto qui il tempo è sempre stato infame.» Il suo debole accento scozzese era riconoscibile in ogni parola che pronunciava. «Credi che ci stia mettendo alla prova?»

    Penrose fece una risata rauca. «Non penso proprio. Zia Mary era l’incarnazione stessa della gentilezza, lo sai bene quanto me. Non avrebbe mai voluto che subissimo inconvenienti per causa sua.» Si voltò a guardare il mazzolino di bucaneve che aveva posato poco prima sulla tomba di Mary Rosevale. Lei aveva sempre amato quei fiori. La pioggia li stava già rovinando, tuttavia formavano un piacevole contrasto contro la pietra cupa, quasi fossero quel raggio di sole che non aveva mai illuminato la grigia esistenza della zia.

    «Penrose, io...»

    «Devi proprio chiamarmi così, Ross?» Il suo tono sembrava stanco più che irato.

    «No. Ma adesso questo è il tuo nome.»

    Penrose scrollò il capo. «Suppongo che sia così, ma ne ho anche molti altri e tu lo sai bene. Se proprio vuoi essere formale potresti provare con Frederick, oppure con Maximilian o anche, che il cielo mi aiuti, con Augustus!»

    Ross scoppiò a ridere e diede una manata sulla spalla inzuppata del vecchio amico. «Non credo che lo farò. L’ultima volta che ci ho provato hai minacciato di scaraventarmi a terra con un pugno.»

    «Sì, e te lo meritavi.» Ross era il suo più vecchio amico, uno dei pochi che osava stuzzicarlo quando era particolarmente cupo e imbronciato. Erano cresciuti insieme, Mary Rosevale era stata quasi una madre per entrambi e quel legame era ancora forte. «Con Max andresti sul sicuro.»

    Ross si limitò ad annuire continuando a dirigersi verso la carrozza dove il valletto del conte li attendeva saltellando con impazienza da

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