La valle del Po attraverso l'arma del Genio nei primi anni dell'età napoleonica
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La copertina e le illustrazioni sono state fatte a mano con tecnica ad acquarello sulla base della documentazione consultata dall’autore e riportata nel testo.
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La valle del Po attraverso l'arma del Genio nei primi anni dell'età napoleonica - Emanuele Di Muro
Bibliografia
Presentazione
Vi sarà capitato di vedere una tappa alpina al Giro d’Italia o al Tour de France. Quando arrivano le montagne il pubblico esulta, è il momento dello spettacolo. Per un ciclista però è il momento peggiore. Le Alpi sono maestose, ma scalarle in condizioni atmosferiche avverse può diventare un calvario. Se soffre qualcuno che si è preparato con mesi di allenamento, e dispone di equipaggiamenti adatti, pensate a un soldato, coscritto del XIX secolo.
La nostra storia parte da qui: il passaggio delle Alpi, le sue difficoltà, i suoi spazi. Se la figura del fante, carico di zaino e fucile, può far venire in mente la fatica del soldato, quella del geniere è pressoché sconosciuta. Ecco, a lui – relegato nelle gallerie, sporco di terra e polvere da sparo – è dedicato questo volume. La modifica del paesaggio alpino (lavori sulle mulattiere per allargare i corridoi di mobilità, creando nuove strade, per esempio il Sempione), le mura dei forti, la preparazione agli assedi e la possibilità di raggiungere il campo di battaglia, sono la manifestazione del silenzioso e duro lavoro dei topografi, degli ingegneri, ma soprattutto di zappatori e minatori. Il presente lavoro parte da uno studio preliminare svolto per una tesi di laurea (Università degli studi di Milano, Legnago e i forti padani in età napoleonica: un sistema integrato?), per fornire poi degli strumenti geografici sottolineandone l’importanza: conoscere il terreno deve essere un mantra.
Ogni battaglia, guerra, scontro, ha bisogno di chi lavora nell’ombra per preparare il terreno alla fanteria. Scavare buche al buio, costruire al gelo strade in quota, gettare ponti, costituiscono l’essenza del geniere: tanto lavoro, poca apparenza.
Dal punto di vista della storia militare, questo lavoro vuole essere un ulteriore strumento per il grande pubblico di appassionati – soprattutto rievocatori dell’età napoleonica – in modo da fornire spunti su come lavorasse il Genio, per poi riproporlo al pubblico nel corso di eventi. Come si costruiva un ponte prima di un assedio, o come si guadava un fiume, può costituire lo spunto utile per andare a fondo e iniziare ricerche più tecniche per poi applicare il metodo dell’archeologia sperimentale. Accanto all’aspetto pratico vi è quello prevalentemente storico, quello di mostrare che dietro le gesta di grandi condottieri vi è sempre una preparazione di fondo. Non bastano guizzi di genialità, non bastano astrazioni di imprese sulla carta, il successo si costruisce facendosi venire i calli sulle mani. Napoleone lo capì. Leggendo le sue parole nella Correspondance traspare la sua maniacalità per gli aspetti preparatori, la sua sensibilità nel costruire opere volte a un obiettivo strategico più ampio. Quello che possiamo imparare da ciò è pianificare tenendo conto delle variabili che potrebbero influenzare le scelte. L’uomo impatta notevolmente il paesaggio per diverse ragioni, le strade per fini bellici vengono usate poi per unire paesi separati da catene montuose. In tutto questo c’è stato un nucleo di uomini con zappa e piccone, non solo fucile. La loro opera ci ha lasciato strutture che, modificate nel tempo, costituiscono parte del nostro patrimonio non solo culturale ma anche economico. Se i genieri non avessero battuto la prima via del Sempione, forse qualche decennio dopo non sarebbe mai stata aperta la ferrovia – con tutto ciò che ha comportato l’apertura di quella galleria. Questo è solo l’esempio di come l’epoca napoleonica abbia influenzato i decenni successivi. Mi piace inoltre ricordare che tutto ciò è stato regolato – uniformando metodi di costruzione e procedure – con la creazione di uno standard europeo ante litteram. Resta il rammarico di non essere riuscito a consultare i modelli e le illustrazioni conservate presso l’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio, in quanto temporaneamente chiuso per lavori. Sarà un motivo in più per aggiornare e integrare in futuro questo breve studio. Il lettore curioso potrebbe trovare interessanti i volumi di Amelio Fara in bibliografia, dove sono contenute delle splendide illustrazioni a colori dei progetti dei lavori presso le varie fortezze nella Pianura Padana.
Ringrazio chi ha contribuito moralmente alla stesura di questo volume. In primis i miei genitori, Armando e Gina, grazie ai quali sono riuscito a raggiungere i traguardi accademici alla base di questa ricerca; poi a Nia che ha sempre supportato l’idea di pubblicare, ma soprattutto alle interminabili conversazioni storiche con Emiliano, senza il quale forse oggi non ci sarebbe questo breve studio. Infine, un grandissimo ringraziamento va all’illustratrice Valentina Pasta che ha curato la copertina e le illustrazioni del geniere e dell’ufficiale geografo al lavoro.
Introduzione
Il filo conduttore di questa ricerca gira intorno all’importanza della conoscenza geografica dei territori, degli aspetti salienti del terreno legati all’attività dell’Arma del Genio – sia in aspetti prevalentemente operativi sia infrastrutturali – durante i primi anni dell’epoca napoleonica in Italia. In questo lavoro saranno toccati tutti gli aspetti in cui interviene il Genio militare, dalle fasi di pianificazione con la ricognizione per effettuare i rilievi del terreno, la descrizione dell’ambiente operativo, alle fasi di ricostruzione e stabilizzazione dopo una campagna.
In Italia settentrionale furono costruiti numerosi edifici che modificarono il paesaggio per rispondere, prevalentemente, a esigenze militari. Il riassetto urbanistico ebbe un impatto sulla riorganizzazione napoleonica delle città nell’ottica della difesa per assicurare alle truppe di passaggio ricoveri attrezzati, come caserme e campi d’istruzione. L’organizzazione dell’intervento pubblico fu razionalizzata e organizzata in apposite commissioni, dette d’Ornato, nella creazione del catasto urbano. Queste si esprimevano con decreti relativi all’esproprio per pubblica utilità e alla subordinazione dei singoli interventi di interesse pubblico all’approvazione di un piano complessivo, di interesse generale.
L’ottimizzazione dell’aspetto urbanistico si sintetizza con quanto fu realizzato per collegare le città più importanti. La rete viaria realizzata in Italia fu concepita in funzione degli interessi strategici francesi. Tutta l’azione dell’Arma del Genio avvenne nell’ottica del campo trincerato, mentre le ampie vie di comunicazione sarebbero servite per un tempestivo intervento francese in caso di bisogno. Il sistema napoleonico modificò e sfruttò la rete viaria alpina che scendeva verso la Valle del Po fino a raggiungere i porti principali come Savona, Genova, La Spezia. I punti di incontro furono le città fortificate secondo il concetto del campo trincerato. Esso si sviluppò come conseguenza dell’aumento della potenza di fuoco dell’artiglieria e delle tecniche d’assedio. Verso la fine del Settecento l’organizzazione difensiva era impostata su forti distribuiti sul territorio per costringere le artiglierie avversarie ad aprire il fuoco da una distanza tale da non coinvolgere il nucleo urbano circondato da mura contigue [1].
Queste opere distaccate avevano come scopo quello di avere il proprio campo di vista e di tiro libero da qualsiasi ostacolo, affinché il nemico che avanzava non potesse ricevere riparo o protezione alcuna. Il terreno attorno alle fortificazioni era regolato dalle servitù militari. Da queste necessità belliche scaturì la necessità di recuperare porzioni di territorio da cittadini privati, ai quali venivano espropriati i terreni per permettere al Genio militare di eseguire i lavori di fortificazione, allargamento o apertura di nuove strade o ponti.
Il sistema padano può essere visto lungo l’asse che corre dalle Alpi Occidentali a quelle Orientali, seguendo la direzione del bacino del Po e delle grandi masse d’acqua dei laghi prealpini. L’analisi qui condotta è stata sviluppata partendo dai riferimenti delle relazioni tecniche conservate presso l’Archivio di Stato di Milano, fondo Ministero della Guerra, integrate con gli spunti offerti dalla Correspondance de Napoléon [2] e dal Della guerra di Carl Von Clausewitz. Per gli aspetti pratici del terreno sono risultati molto utili i numerosi studi topografici del Corpo di stato maggiore che a partire dall’unità fiorirono numerosi, in quanto era molto probabile uno scontro nella cornice delle Alpi e della Pianura Padana. Infatti l’attenzione si focalizzò sulle vie di accesso all’Italia, le linee di comunicazione tra le varie fortezze e punti nodali, sui corsi d’acqua, sui laghi e i passi alpini da valicare.
Al fine di pianificare e organizzare al meglio i passaggi nei territori attraverso punti chiave, nei primi mesi di occupazione Napoleone ordinò al ministro Berthier di nominare una commissione di ingegneri geografi al fine di redigere carte topografiche con la stessa scala di quelle usate dall’armata d’Italia, in quanto il teatro padano sarebbe potuto diventare un futuro teatro di guerra [3]. L’aspetto topografico si rivelò fondamentale nella pianificazione della guerra da parte di Napoleone, che potrebbe quasi sembrare che avesse preso alla lettera le parole di Macchiavelli al Principe [4]:
(Egli) debba imparare la natura dei siti e conoscere come sorgono i monti, come imboccano le valli, come giacciono i piani e in questo porre grandissima cura. La quale cognizione è utile in due modi: prima si impara a conoscere el suo paese, e può meglio intendere le difese di esso, di poi, mediante la cognizione e pratica di quelli siti, con facilità di comprendere ogni altro sito che di nuovo li sia necessario speculare. Perché li poggi, le valli e’ piani, e’ fiumi, e’ paduli che sono, verbigrazia, in Toscana, hanno con quelli delle altre province similitudine; tal che dalla cognizione del sito di una provincia, si può facilmente venire alla cognizione dell’altre. E quel principe che manca di questa perizia, manca della prima parte che vuole avere uno capitano; perché, questa, insegna trovare il nemico, pigliare gli alloggiamenti, condurre gli eserciti, ordinare le giornate, campeggiare le terre con suo vantaggio."
Ho dedicato il primo capitolo alla descrizione geografica con un doppio scopo: uno storico, un ausilio per ripassare alcuni punti chiave della geografia alpina e padana in relazione con i bisogni napoleonici, l’altro pratico e contemporaneo, nell’epoca degli smart devices la conoscenza di base della geografia è ridotta veramente al minimo e questo capitolo vuole essere