Matrimonio a Parigi: Harmony Collezione
By Annie West
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About this ebook
Le due settimane di ardente passione trascorse tra le sue braccia le lasciano, oltre a una forte stretta al cuore, molto più del semplice ricordo di quel meraviglioso corpo. Alla fine del suo giro dell'Europa, quindi, Imogen decide di tornare da lui e chiedergli aiuto, ma la risposta di Thierry sarà per lei del tutto inaspettata.
Annie West
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Matrimonio a Parigi - Annie West
successivo.
Prologo
«Imogen! Che bella sorpresa» la accolse la receptionist alzando gli occhi dalla propria postazione, «non mi aspettavo di rivederti.» Fece una pausa e il suo sorriso scomparve. «Mi è dispiaciuto molto sapere di tua madre.»
Quella semplice frase bastò a riportare in superficie tutto il senso di smarrimento e perdita provato, nonostante fossero ormai passati quattro mesi. Il fatto di trovarsi lì quel giorno, insieme alla ragione della sua presenza, rendeva tutto ancor più doloroso. Imogen intrecciò le dita per arrestarne il tremore.
«Grazie, Krissy.» Lo staff della clinica era stato magnifico con lei e sua madre.
Imogen vagò con lo sguardo per lo spazio ormai familiare. I pazienti in attesa nascondevano il proprio nervosismo fingendo di essere immersi nella lettura di una rivista in un ultimo, disperato tentativo di fingere che tutto sarebbe andato per il meglio, che avrebbero ricevuto buone notizie, anche se trovarsi nello studio di quel medico solitamente significava essere in condizioni disperate.
Un brivido freddo le percorse la schiena e lei tornò in tutta fretta a voltarsi verso il bancone.
«Che cosa ti porta qui?» le chiese Krissy sporgendosi verso di lei. «Non riesci a stare lontana da noi, vero? Non puoi più fare a meno della nostra compagnia...»
Imogen aprì la bocca per rispondere, ma le parole le morirono in gola.
«Krissy! Adesso basta.» Era Ruby, la receptionist più anziana, appena uscita da una stanzetta sul retro. Aveva un'espressione di premurosa serenità dipinta in volto, i suoi pensieri traditi soltanto da un minuscolo accenno di preoccupazione negli occhi acuti. «La signorina Holgate è qui per un appuntamento.»
Krissy trattenne il fiato e la pinzatrice che stava usando le cadde di mano.
«Prego, si accomodi, signorina Holgate. Il dottore potrà riceverla fra poco.»
«Grazie» gracchiò lei, rivolgendo un debole sorriso in direzione di Krissy ma senza incrociare i suoi occhi. Sarebbero stati pieni di sgomento e probabilmente di orrore, lo stesso che vedeva nel proprio riflesso allo specchio ogni mattina.
Per settimane si era detta che era tutto frutto della sua immaginazione, e che i sintomi sarebbero scomparsi. Ma poi il suo medico l'aveva guardata con aria grave, incapace di nascondere la propria preoccupazione, e le aveva detto che sarebbe stato necessario fare degli esami più approfonditi. A quel punto l'aveva indirizzata dallo stesso medico che aveva cercato di salvare sua madre quando aveva iniziato a soffrire degli stessi sintomi.
Imogen si era sottoposta agli esami la settimana precedente e per giorni aveva aspettato che il suo medico la chiamasse dicendole che non aveva alcun bisogno di una visita specialistica, che tutto era a posto. Ma non c'era stata nessuna telefonata, nessuna buona notizia.
Deglutì a fatica e si costrinse ad attraversare la stanza e a sedersi dove avrebbe potuto osservare il limpido cielo di Sydney, piuttosto che il bancone della reception. L'orgoglio le imponeva di nascondere la paura dietro a una facciata di calma.
Prese una rivista senza nemmeno guardare la copertina. La sua mente era occupata a passare in rassegna le ragioni per cui tutto sarebbe andato storto.
Troppe cose erano accadute nel suo venticinquesimo anno di vita perché potesse considerarsi ancora ottimista. Il mondo le era crollato addosso provando, proprio come quand'era bambina, che tutto quanto era effimero e che nessuna sicurezza era garantita.
Nove mesi prima era giunta la notizia che la sua gemella, la vivace e solare Isabelle, era morta. Era sopravvissuta a numerosi lanci con il parapendio e a un viaggio in solitaria attraverso l'Africa, per poi essere travolta da un'auto a Parigi, mentre attraversava la strada per andare al lavoro.
Imogen respinse un nuovo attacco di dolore. Isabelle l'aveva accusata di vivere una vita monotona, abitudinaria, quando là fuori c'era tutto un mondo da esplorare e vivere.
La sua gemella aveva inseguito il suo sogno, pur sapendo che le possibilità di successo erano una su un milione. Eppure aveva avuto successo. Si era trasferita in Francia e grazie al suo talento, alla sua tenacia e a un pizzico di fortuna era riuscita a ottenere un lavoro presso un famoso stilista. Aveva tutta la vita davanti a sé, ma le era stata improvvisamente strappata.
Poco dopo era arrivata la diagnosi di sua madre. Tumore cerebrale. Enorme, quasi impossibile da operare, letale.
Quando era giunta la notizia da Parigi si era ripetuta che doveva esserci stato un errore. Isabelle non poteva essere morta. Le ci erano volute settimane per accettare la realtà. Poi, quando i mal di testa e la visione annebbiata di sua madre erano peggiorati e i dottori avevano assunto espressioni sempre più preoccupate, lei si era convinta che si sarebbe trovata una cura. Era impossibile che sua madre morisse così.
Ma poi l'impossibile era accaduto e lei si era ritrovata sola, privata delle uniche persone che l'avessero mai amata. Gli ultimi nove mesi le avevano mostrato quanto possibile fosse l'impossibile.
E ora doveva affrontare la propria condizione. Non c'era ragione di fingere che potesse essere qualcosa di diverso dal male che aveva colpito sua madre. Le era rimasta accanto mentre la malattia progrediva, ne conosceva ogni stadio, ogni sintomo.
Quanto tempo le restava? Sette mesi? Nove? O forse il tumore sarebbe stato più aggressivo, in una donna più giovane?
Imogen aprì la rivista e sollevò gli occhi, osservando la stanza. Era quello il suo destino? Diventare una paziente abituale fino a quando i medici non avessero ammesso che non c'era più niente da fare?
La voce di Isabelle le risuonò nelle orecchie. Devi uscire dal tuo guscio e vivere, Imogen. Prova qualcosa di nuovo, corri qualche rischio, divertiti. La vita è fatta per essere vissuta.
Un basso grugnito le sfuggì dalla gola. Quali possibilità di vivere avrebbe avuto, ora? Pensò ai piani che aveva accuratamente stilato per il proprio futuro. Costruirsi una solida carriera e mettere da parte il necessario per acquistare un appartamento. Trovare un uomo affidabile e amorevole, che le rimanesse accanto, al contrario di suo padre. Un uomo che volesse passare tutta la vita con lei. Insieme avrebbero visto tutte le cose di cui Isabelle le aveva parlato. L'aurora boreale in Islanda. Il Canal Grande a Venezia. E Parigi. Parigi con l'uomo che amava.
Imogen abbassò lo sguardo e trasalì. Davanti ai suoi occhi vi era una foto a due pagine di Parigi al tramonto. Il panorama era spettacolare, proprio come le aveva detto Isabelle.
Sentì un nodo che le stringeva la gola nel ricordare quante volte aveva rifiutato gli inviti della sorella, dicendo che sarebbe andata a trovarla quando avesse avuto abbastanza soldi per comprarsi un appartamento, e dopo aver aiutato la madre a rinnovare la cucina.
Isabelle l'aveva presa in giro per la sua abitudine a programmare ogni minimo dettaglio della propria vita, ma Imogen aveva sempre avuto bisogno di avere ogni cosa sotto controllo. Non avrebbe mai potuto lasciare tutto per andare all'avventura a Parigi.
E a cosa serviranno tutti i tuoi risparmi, ora che stai morendo? Cosa farai, spenderai tutto per una bara da urlo? Imogen guardò l'immagine della Senna, i suoi riflessi dorati sotto il sole pomeridiano. Il suo sguardo si spostò poi sulla Tour Eiffel, un invito scintillante.
Era stata accorta per tutta la vita, evitando i rischi e lavorando sodo, negandosi le avventure nelle quali invece Isabelle si era lanciata a capofitto, perché progettava di farlo in futuro.
Be', non ci sarebbe stato un futuro per lei, c'era solo il presente.
Non si accorse di essersi alzata, ma si ritrovò ad attraversare la stanza e un attimo dopo era all'aperto, immersa nella calda luce del sole. Una voce alle sue spalle la chiamò per nome, ma lei non si voltò.
Non le restava molto tempo e non aveva alcuna intenzione di sprecarlo tra visite mediche e sale d'attesa. Per una volta avrebbe gettato al vento ogni cautela. Aveva intenzione di vivere.
1
«Dimmi, mon cher, sarai al resort quando arriveremo? Sarebbe molto più comodo avere il proprietario sul posto, durante il servizio fotografico.»
Thierry abbassò lo sguardo sul viso dell'addetta stampa, leggendo un chiaro invito nei suoi occhi.
Era bella, elegante e, a giudicare dal modo in cui si leccava il labbro inferiore e si sporgeva verso di lui, pronta a essere molto accomodante. Eppure non provava alcun senso di eccitazione.
Eccitazione. Aveva dimenticato quella sensazione anni prima. Sarebbe stato ancora in grado di riconoscerla?
Sentì un sapore amaro in bocca. Stava vivendo una vita a metà, costretto a occuparsi di minuzie che non avevano alcun interesse intrinseco. Ma quei dettagli avevano fatto la differenza tra il salvare l'azienda di famiglia e il perderla.
«Non lo so ancora. Ci sono alcune cose che devo sistemare, qui a Parigi.»
Ma presto... Ancora pochi mesi e avrebbe passato le redini del comando a suo cugino Henri e soprattutto ai manager che lui aveva scelto personalmente. Loro sarebbero stati in grado di mantenere tutto ciò che lui aveva ottenuto, guidando Henri e assicurandosi che la fortuna dei Girard prosperasse anche senza di lui, che a quel punto sarebbe stato finalmente libero.
«Pensaci, Thierry.» Le sue labbra si schiusero, carnose e provocanti, mentre si avvicinava sempre di più. «Potrebbe essere molto... piacevole.»
«Lo farò di certo. L'idea è molto invitante.»
Ma non abbastanza, si rese conto con estrema chiarezza, da spingerlo ad allontanarsi da Parigi. Ogni riunione lo avrebbe avvicinato ancor più alla tanto agognata libertà e quel pensiero era molto più allettante dell'idea di una notte di sesso con una biondina attraente.
Diamine, si stava trasformando in un insensibile affarista. Da quando la sua libido era passata in secondo piano rispetto agli affari? Ma la sua libido non era affatto coinvolta, era questa la cosa davvero sconvolgente. A trentaquattro anni, era nel pieno della sua vitalità, amava il sesso e il suo successo con le donne sembrava indicare che avesse un certo talento. Eppure non provava nulla, mentre quella bellissima donna lo invitava nel suo letto.
Proprio come aveva temuto, occuparsi degli affari di famiglia lo stava distruggendo, gli stava risucchiando ogni vitalità, stava...
Il suo sguardo intercettò una figura all'altro capo della stanza e i suoi pensieri si annebbiarono, mentre prendeva un respiro affannoso.
La sua compagna mormorò qualcosa e si allungò per baciarlo su una guancia. Thierry ricambiò il gesto in modo automatico e i suoi occhi tornarono subito a fissarsi sulla donna dall'altra parte della stanza, che sembrava in procinto di muoversi.
Si stava già facendo strada attraverso la folla quando lei raddrizzò la schiena, allargando le spalle. Spalle deliziose, candide come il latte e lasciate scoperte dal vestito, il cui tessuto bianco aderiva perfettamente al corpo dalla vita sottile, prima di allungarsi fino al pavimento in morbide onde lucenti.
Thierry deglutì più volte, la gola secca nonostante lo champagne bevuto. Una tensione familiare nel basso ventre gli dimostrò che la sua libido era viva e vegeta, dopotutto. Eppure provò a malapena un senso di sollievo. Era troppo occupato a osservarla. In una stanza piena di corti abiti neri, quella donna risaltava come un calice di champagne millesimato in mezzo a una serie di vini scadenti.
Si voltò mostrando un profilo delicato e Thierry si accorse che stava parlando. Si fermò, sorpreso nel realizzare che il suo passo era diventato una falcata urgente.
La sua accompagnatrice stava indicando diverse persone alla donna vestita di bianco. Bianco e rosso, si corresse, notando il motivo floreale che risaltava a ogni suo passo. Indossava un paio di guanti lunghi fino ai gomiti che gli riportarono alla mente le foto di sua nonna da ragazza, pronta per partecipare a qualche ballo in società.
Thierry provò una strana fitta allo stomaco quando la donna sollevò una mano guantata alla gola in un gesto stranamente nervoso. Chi avrebbe mai immaginato che un paio di guanti potesse essere tanto erotico? Ma la reazione del suo corpo era inconfondibile. Immaginò di sfilarle i guanti dalle braccia, centimetro dopo centimetro, lentamente, tracciando un sentiero di baci delicati fino alla punta delle sue dita, prima di liberarla dal lungo abito e passare a occuparsi del suo corpo.
Perché era nervosa? Una donna timida non avrebbe mai indossato un abito tanto sensuale. Fu sommerso da un'ondata