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Azzardo d'amore
Azzardo d'amore
Azzardo d'amore
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Azzardo d'amore

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About this ebook

Londra, 1802 - Nel tentativo di vendicarsi di un certo Mister Armitage, individuo poco raccomandabile, James, Conte di Cambourne, si imbatte nell'innocente figlia di lui. Sebbene sia evidente che le risorse economiche della famiglia siano ridotte ai minimi termini a causa del padre, accanito giocatore d'azzardo, la dignità e la raffinatezza della fanciulla sono innegabili e James ne rimane talmente colpito da porsi un'inquietante domanda: se dovesse consegnare l'uomo alla giustizia di lei che cosa ne sarebbe? Lucy Armitage in realtà è più orgogliosa e forte di quello che sembra, tanto che arriva a rifiutare l'offerta di protezione che il conte le fa, almeno fino a quando non viene messo a rischio il suo onore e James sembra essere l'unico in grado di salvarla.



Miniserie "Ton" - Vol. 1/2
LanguageItaliano
Release dateJul 20, 2016
ISBN9788858952528
Azzardo d'amore

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    Azzardo d'amore - Elizabeth Rolls

    cuoca?»

    1

    Tre settimane dopo

    James ammiccò alla persona che gli sedeva di fronte. «Sono a mille sterline, Hensleigh. Non credete sia ora di regolare i conti?» Parlava con estrema lentezza, come se volesse evitare di impappinarsi. Con evidente goffaggine, colpì il calice di vino. «Ooops» fece con noncuranza.

    Hensleigh sorrise cordialmente, raddrizzando il bicchiere. «Suvvia, Cambourne! Non sono un codardo, io. Dovete concedermi la possibilità di recuperare ciò che ho perduto. La prossima mano vale doppio. Chi vince prende tutto.»

    James avrebbe preferito porre fine a quella farsa all'istante e poi andarsene con la sua vincita, o perlomeno con le cambiali del capitano. Francamente, riteneva di aver trascorso fin troppo tempo dentro il Cockpit.

    Trovare la bisca era stato facile, entrarvi un po' meno, pur conoscendo la parola d'ordine che Nick gli aveva fornito. Una corona al tipo sulla porta, però, aveva sortito un piccolo miracolo. James aveva notato Hensleigh alla prima occhiata, tuttavia non lo aveva avvicinato. Al contrario, aveva giocato a dadi a un altro tavolo, attento a non vincere né a perdere troppo, una volta compreso in che modo avessero truccato i dadi. Si era vestito con cura, comportandosi in modo tale da sembrare un abbiente proprietario terriero appena giunto dalla campagna, un pollo pronto per essere spennato. Aveva osservato il gioco, giungendo alla conclusione che Hensleigh era ben lontano dall'essere l'unico imbroglione del locale, e poi aveva agito di conseguenza.

    Com'era prevedibile, l'avevano subito fatto vincere a whist. Dopodiché, quando Hensleigh gli si era accostato per congratularsi, si era lamentato con lui di non aver incontrato avversari abbastanza abili da regalargli un po' di divertimento. La seconda volta aveva perso qualcosa, ma vinto di più, vantandosi di avere all'attivo duecento sterline. A quel punto, il capitano l'aveva agganciato. Evidentemente era quella la sera in cui sarebbe stato spennato.

    James rifletté. Giocare al raddoppio avrebbe posto fine a quella storia, e lui era stufo di quella sordida bisca fumosa. Nascose il proprio disprezzo dietro uno sguardo stanco. «Raddoppio?» ripeté. «Ciò porterebbe le vostre perdite a duemila sterline, Hensleigh.»

    L'altro sogghignò. «Oh, be'» ribatté con un largo sorriso, «cosa sarebbe la vita, senza un po' di rischio? Usiamo un mazzo di carte nuovo, vi va?»

    James inarcò un sopracciglio. «Perché no?»

    Si rilassò contro lo schienale della sedia, mentre Hensleigh faceva dei cenni. «Un mazzo nuovo qui, buon uomo» ordinò a un inserviente subito accorso. «Mr. Cambourne e io abbiamo deciso di giocare al raddoppio. Chi vince prende tutto.»

    Lo sguardo dell'inserviente si fece attento, poi l'uomo rispose: «Va bene, capitano», e si allontanò in fretta.

    «Un altro po' di vino, Cambourne?» gli offrì Hensleigh indicando la bottiglia.

    «Certo.» James sfoderò un sorriso assente. Il capitano versava bicchieri di vino uno dietro l'altro, presumendo che James fosse al limite, o addirittura avesse già oltrepassato il segno, per poter essere imbrogliato senza fatica. In realtà, lui aveva versato furtivamente quasi tutto il vino sul tappeto.

    L'inserviente porse il nuovo mazzo a Hensleigh, che gli tendeva la mano. «Grazie, buon uomo.»

    James attese che iniziasse a mischiare, si raddrizzò e dichiarò con calma e senz'alcuna incertezza: «Tocca a me darle, Hensleigh».

    Questi si lasciò sfuggire diverse carte dalle mani e puntò gli occhi sul suo viso. «Davvero? Sono certo che vi sbagliate.»

    «No, Hensleigh, sono sicuro di no.»

    L'altro ridusse gli occhi a due fessure e saettò con lo sguardo al bicchiere di vino.

    James sorrise e scosse la testa. Si allungò, raccolse le carte cadute senza distogliere lo sguardo da quello del capitano e restò in attesa.

    Dopo un momento Hensleigh, il volto privo di espressione, gli porse il resto del mazzo.

    «Vi ringrazio.» James mischiò le carte con una maestria che aveva evitato di mostrare fino a quel momento. Hensleigh strinse le labbra, ma rimase in silenzio. Lui lo ignorò, continuando a mescolare con noncurante tranquillità. Inclinò le carte con cura mentre gli scorrevano tra le dita, lasciando che riflettessero la luce. Voleva tenere il capitano sulle spine. «È per questo che vi hanno radiato, Hensleigh?» gli domandò.

    L'uomo deglutì. «Cosa diavolo state dicendo?»

    «L'esercito» spiegò James. «Eravate lì, vero? Nell'esercito non gradiscono i capitani imbroglioni. O era la Marina? No, non sembrate un tipo adatto alla vita di mare.» Continuò a mischiare. «O forse sto offendendo l'esercito, e i gradi ve li siete inventati. Le guardie a cavallo sono cadute dalle nuvole quando ho rivolto loro qualche domanda. Non si ricordavano di voi.» Sorrise, mentre Hensleigh impallidiva. «Alquanto rozzi questi segni sul mazzo» proseguì. «Si sentono bene le linee di cera sul retro. Nell'altro mazzo erano meno evidenti, direi.»

    L'altro si riprese. «Vi state sbagliando» protestò. «Comunque, possiamo farci portare un altro mazzo.»

    James scosse il capo. «No. Regoliamo i conti. Subito.»

    «Avete acconsentito a giocare al raddoppio...»

    «Con un mazzo non segnato» puntualizzò lui. «Qualunque scommessa non ha più valore, adesso.» Raccolse le carte con un gesto esperto. «Chiudiamo la questione in modo civile o preferite che diventi di dominio pubblico?»

    L'uomo si guardò attorno, nervoso, poi strinse i pugni. «Accidenti a voi!»

    James scrollò le spalle. «Firmate le vostre cambiali, Hensleigh, e scordatevi di avvicinarvi a un tavolo da gioco finché non avrete saldato il vostro debito.»

    Il capitano lo fissò. «Mi avete ingannato.»

    James chinò la testa. «Ben detto.»

    Due settimane dopo

    Cercando di non inalare più del necessario, James salì le scale anguste e scricchiolanti. L'odore di pesce, che doveva essere stato cucinato la sera prima insieme a un cavolo bollito, lo seguiva con ostinazione.

    Una settimana dopo la partita a carte, il capitano Hensleigh non si era ancora presentato a casa di James per saldare i propri debiti né era tornato al Cockpit. Dopo un'altra settimana di ricerche e un'occasionale visita allo Strand, James aveva scovato la tana della sua preda, nella quale, secondo quanto gli era stato riferito, quel viscido individuo teneva la propria donna.

    Terzo piano, aveva detto la padrona di casa.

    Il pavimento scricchiolava, minacciando di cedere sotto il suo peso.

    Si guardò attorno arricciando il naso: il tanfo del pesce rancido lassù era pestilenziale quanto lo era di sotto. Non aveva bisogno del denaro che Hensleigh gli doveva, ma avrebbe posto fine a quella faccenda, e quando avesse terminato, il capitano non sarebbe più stato in grado di mantenere se stesso, figuriamoci una donna. Se lui non fosse stato in casa, la sua amante avrebbe potuto recapitargli il messaggio: le sue cambiali stavano per essere incassate.

    Bussò bruscamente a una porta. Stupito, notò che era pulita.

    La porta si aprì, e una ragazza coperta da un grembiule sudicio e con uno straccio stretto in mano, gli piantò gli occhi addosso. Qualche ciocca di capelli ramati, sfuggita alla cuffietta, le sfiorava le guance color crema, lievemente arrossate. Un odore familiare, che non aveva niente a che fare con il pesce, fuoriusciva dall'appartamento. Cera per i mobili? Sì, decise, unita a qualcos'altro. Un aroma dolce e indefinibile, che lo avvolse.

    «Cercate qualcuno?»

    Il mondo di James vacillò per un istante nell'udire quella voce un po' debole e sorprendentemente beneducata. Il suo sguardo incontrò un paio di occhi verdi colmi di diffidenza, e una sgradita sensazione di calore gli scivolò lungo le vene. Come diavolo aveva fatto, quella feccia di Hensleigh, a trovarsi una donna come quella? Mentre se lo chiedeva, la ragazza fece per chiudere la porta. «Dovete aver sbagliato indirizzo.»

    Lui mise un piede nella fessura per bloccarla. «Nemmeno per idea.»

    Lucy non poté fare a meno di chiedersi se alcuni sogni a occhi aperti, sciocchi e del tutto improbabili, si stessero per caso intrecciando alla realtà. Nei suoi sogni un gentiluomo di bell'aspetto veniva a rapirla per salvarla. Soltanto che nei sogni il gentiluomo non aveva occhi foschi, freddi e grigi come una tempesta, che la fissavano come se lei fosse una cosa che gli si era appiccicata sotto una scarpa; né aveva quell'espressione arcigna in viso.

    «Sto cercando Hensleigh.»

    Per un istante quella voce profonda e vellutata la paralizzò, e lei rimase a fissarlo come una stupida. Non era tanto per l'altezza, quanto per la postura e il modo con cui sembrava occupare tutto il pianerottolo. Qualunque fosse stata la ragione, comunque ne rimase confusa. Si schiarì la voce. «Sono desolata, signore. Qui non c'è nessun...» Si ravvide e avvertì una stretta allo stomaco di fronte all'errore che stava per compiere. «Ossia, lui non è qui.» Strinse lo strofinaccio per bloccare il tremito alle mani. Hensleigh, non Armitage. Suo padre l'aveva ammonita per anni di non usare mai il loro vero nome, che cambiava periodicamente, e che da qualche settimana era Hensleigh.

    Lui strinse gli occhi, e Lucy sentì che imprevedibilmente le batteva forte il cuore. Si morse un labbro. Né confermare, né negare. Le spiegazioni sono pericolose. C'era un'unica ragione per la quale quell'uomo stava cercando suo padre. Quanto, stavolta? «Temo che non sia qui. Vi prego di togliere il piede.»

    Il visitatore inclinò la testa di lato. «E quando pensate che sarà di ritorno?» chiese, senza spostare il piede.

    Lucy si obbligò a respirare. Un gelido nodo, che non era solo provocato dalla rabbia, le attanagliò le viscere. «Io... non lo so.» E per la prima volta dopo molto tempo desiderò che suo padre stesse per entrare da quella porta. Il modo in cui quell'uomo la fissava le stuzzicava ogni nervo... come se non le credesse.

    «Resterò ad attenderlo.»

    Lasciar entrare il lupo? Santo cielo, no!

    «No. È...»

    Due mani poderose l'afferrarono per le spalle, sollevandola per poi depositarla sul pianerottolo. Lei restò senza fiato, e mentre i suoi sensi vorticavano, colti dal timore, lui si era già infilato dentro l'appartamento. Per un istante prese in considerazione l'ipotesi di lasciarlo lì dov'era e precipitarsi giù per le scale, fino alla relativa salvezza della cucina di Mrs. Beattie. Poi la rabbia subentrò alla paura, e il buonsenso riconquistò il proprio posto. Un uomo che avesse avuto delle mire su di lei non l'avrebbe spinta sul pianerottolo, pensò; quindi, digrignando i denti, lo seguì all'interno. «Come osate! Non mi importa chi siete! Uscite di qui!» gridò.

    Lui gettò un'occhiata alla stanza e poi riportò lo sguardo su di lei. «Perché? Cosa pensate di farmi, altrimenti?» ribatté, come se fosse davvero interessato a saperlo.

    Lucy non ne aveva idea. «Questa è casa mia! Ho tutto il diritto di chiedervi di uscire.» Il fatto che la sua casa facesse pena non significava che avrebbe dovuto tollerarvi la... presenza di un criminale.

    Un'espressione divertita comparve agli angoli degli occhi di lui. «Casa vostra, madame? Non c'è molto da difendere, mi pare. Oppure state proteggendo Hensleigh? O questa settimana è Hammersley? Dov'è?»

    Lei aveva trascorso la mattinata a spolverare e a lucidare. Il pavimento era pulito, ogni pezzo di mobilio scintillava, e Lucy non si era mai sentita tanto amaramente consapevole della miseria di quel tavolo e di quelle sedie sgangherate, o della tenda logora che nascondeva l'angolo in cui dormiva, mentre lo sguardo sprezzante dell'uomo passava in rassegna la stanza.

    «Vi ho già detto che non lo so!» Il fatto che fosse a conoscenza dell'ultimo nome che avevano utilizzato le gelò la spina dorsale.

    «Già. Avete intenzione di invitarmi a sedere?»

    «Niente affatto.»

    Lui si strinse nelle spalle e si accomodò comunque sulla sedia malconcia vicina al camino spento. Il fuoco non veniva acceso da settimane. A lei e a suo padre mancavano i soldi per mangiare, figurarsi se potevano sprecarli per un lusso del genere. Lucy trasse un profondo respiro. Non c'era niente che potesse fare per indurre quell'uomo ad andarsene, quindi sfogò la sua rabbia assestando un deciso colpo alla porta per richiuderla.

    «Mi perdonerete se proseguo nelle mie occupazioni» dichiarò poi, mentre intingeva lo straccio nella cera d'api. Ripartì di nuovo dall'angolo più lontano, sperando che se l'avesse ignorato si sarebbe stufato, e quindi tolto dai piedi.

    Purtroppo, lui non la ignorò. Quello sguardo grigio e indagatore restò appuntato su di lei mentre lucidava di nuovo il tavolo con diligente accuratezza.

    «Devo ammettere di invidiare Hensleigh» mormorò il suo sgradito ospite dopo qualche istante. Lucy si irrigidì, ma continuò a lucidare con tanta lena da far traballare rumorosamente il mobile. «Uomo fortunato» proseguì lui, «ad avere una ragazzetta desiderosa di pulirgli l'alloggio due volte in una mattina e di scaldargli il letto.»

    Lei si bloccò, e il temperamento che i suoi nonni avevano cercato con difficoltà di tenere a freno ruppe gli argini. Lentamente si raddrizzò, guardandolo in viso. «Ragazzetta?» Trattenne l'impulso di gettargli lo straccio in faccia.

    Lui inarcò un sopracciglio. «Una maldestra scelta di vocaboli» ammise. «Di certo siete migliore di una ragazzetta, anche se è indubbio che il vostro gusto, in fatto di uomini, è esecrabile. Avreste potuto avere di meglio di uno come Hensleigh, o comunque si chiami questa settimana.»

    «Davvero?» La rabbia la travolse, tuttavia mantenne un tono melodioso. «Voi, ad esempio?»

    Lui sorrise, e di nuovo l'immagine di un lupo si materializzò nella mente di Lucy. «Se volete. Nel frattempo, potreste dirmi dove si trova Hensleigh.»

    «Dicono che sia una bambina avveduta quella che conosce suo padre» ribatté lei, lo stomaco contorto. «Sarebbe davvero interessante conoscere la serie di circostanze che potrebbero metterla addirittura nelle condizioni di essere in grado di sceglierselo.»

    James ebbe l'impressione che gli fosse caduto un mattone sulla testa, mentre le implicazioni di ciò che lei aveva detto gli piombavano addosso. Nessuno aveva alluso al fatto che la donna in casa di Hensleigh fosse sua figlia! Aveva supposto...

    «Tuttavia» proseguì quella ragazza impossibile, «se siete disposto a riconoscermi come figlia naturale ne sarò molto felice. Sebbene...» Lo soppesò con lo sguardo in un modo che lui trovò oltremodo irritante. «... dovreste essere stato piuttosto precoce.»

    James recuperò l'uso della favella. «Siete sua figlia, non la sua...» Si bloccò.

    «Esatto.» Il gelo di quella voce avrebbe fatto invidia a un blocco di ghiaccio.

    «Vi aspettate le mie scuse, Miss... Hensleigh?» Per tutti i diavoli! Gli uomini avevano figlie, e anche quella canaglia poteva ben averne una, tuttavia...

    Lei lo fissò. «Cosa? Vi sembro stupida?»

    Lui respirò. I tratti erano delicati, e il piccolo pugno stringeva lo straccio come se desiderasse passarglielo attorno alla gola, seppure con estrema grazia. Sembrava furiosa, non stupida. E aveva un tono di voce educato, anche se capace di sferzare un rinoceronte; inoltre mostrava dignità nel proprio contegno. James aveva voluto alludere proprio a quello, quando aveva insinuato che avrebbe potuto avere di meglio di uno come Hensleigh. Non era una bellezza nel senso stretto del termine, tuttavia gli occhi lampeggiavano e la bocca sarebbe apparsa morbida e tumida, se non fosse stata tesa dalla rabbia. Accidenti! Sarebbe stato meglio che non avesse proprio niente di attraente! Rubare l'amante a un uomo era una cosa, sedurgli la figlia tutt'altra. E sottrarre le cambiali a Hensleigh condannando quella ragazza a una situazione persino peggiore di quella attuale, un'altra ancora.

    A un tratto vide una porticina, in fondo alla stanza. Era stato talmente distratto da quella fanciulla da non averla neppure notata. Senza pronunciare una parola, si alzò e andò a spalancarla per guardarvi dentro.

    «Non è lì!» La giovane era furiosa. Davvero ammirevole, pensò James.

    Un letto ordinato, un lavabo e una piccola cassapanca erano gli unici mobili al suo interno. Richiuse la porta e si girò verso di lei.

    «Siete soddisfatto adesso?» lo provocò. «Oppure desiderate controllare sotto il letto?»

    «Un letto solo, madame?» James inarcò un sopracciglio. «E voi dove dormite?» Perché mai non le credeva?

    Gli occhi di lei divennero fuochi verdi su un viso assolutamente pallido. Si lanciò dall'altro lato della stanza. «Non che la cosa vi riguardi. Comunque...» Scostò una tenda nell'angolo estremo della camera, dove lui pensava fosse nascosto il vaso da notte.

    Colto dallo sconforto, James vide un angusto giaciglio sul pavimento, coperto da un copriletto del tutto inadeguato. Una veste da notte vi era piegata con cura sopra, accanto a quella che sembrava la custodia di un violino.

    Ciò bastò a convincerlo. Qualsiasi uomo avesse avuto quella ragazza per amante, l'avrebbe tenuta a scaldargli il letto e non di certo a tremare di freddo in un angolo.

    «Voi dormite lì?» Non riuscì a trovare niente di meglio da dire. Era davvero sconvolto: che razza d'uomo era uno che lasciava dormire la figlia in un cantuccio pieno di spifferi, su un giaciglio che sarebbe andato a malapena bene per un cane, mentre lui si teneva quel letto relativamente confortevole?

    Lucy lasciò ricadere la tenda. «Lo vedete da solo.» Aveva le guance scarlatte. «Non mi importa cosa pensiate di me» proseguì, «e dubito che vi interessi cosa io pensi di voi, ma siete entrato con la forza, mi avete insultata in ogni maniera, quindi adesso gradirei che ve ne andaste. Riferirò a mio padre che siete passato.»

    «Tuttavia, non mi direte dove si trova.» Perché mai avrebbe dovuto farlo? È suo padre, per amor del cielo, anche se non si prende certo cura di lei.

    «Non ho idea di dove si trovi.»

    James inclinò la testa. «Se lo sapeste, me lo direste?» le domandò con dolcezza.

    «Vi deve dei soldi, vero?»

    Lui si irrigidì. No, non era stupida, ma non lo era neppure lui. Se fosse stato sincero, quali sarebbero state le probabilità che lo avrebbe aiutato a scovare la sua preda? «Tanto veloce a supporre il peggio, Miss Hensleigh?» ribatté. «Le parti sono invertite.»

    Lo fissò. «Voi dovete dei soldi a lui?»

    James esitò un solo istante. «Sarebbe così sorprendente?» Non era una bugia. Non le aveva detto di dovere a Hensleigh dei soldi, tuttavia avvertì un rigurgito di coscienza.

    Lei lo guardò, dubbiosa. «Capisco. Ebbene, non so dove si trova, né quando tornerà. Tuttavia, se mi lasciate il vostro nome, gli farò sapere che siete passato.»

    E nel momento in cui Hensleigh avesse udito il suo nome si sarebbe chiuso dentro, tirando il chiavaccio. Perlomeno adesso James era certo che lei davvero ignorasse dove si trovava. «Remington!» esclamò. Un'altra mezza verità. Mise a tacere i rimbrotti della propria coscienza, rammentandosi che neppure lei, né tanto meno suo padre, gli aveva fornito i loro nomi reali. Remington era uno dei suoi cognomi, dopotutto. Sperava che il capitano avrebbe pensato che si riferisse a Nick.

    «Va bene, Mr. Remington. Buona giornata.»

    «Davvero non sapete dov'è andato?» insistette James. «La vostra padrona di casa afferma di non vederlo da diversi giorni.»

    Il rossore le affluì di nuovo sulle

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