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Incontro fatale: Harmony Destiny
Incontro fatale: Harmony Destiny
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Incontro fatale: Harmony Destiny

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About this ebook

Brady Finn ha comprato un antico castello in Irlanda, trasformato in hotel, per renderlo identico a quello di uno dei suoi videogiochi più venduti, in modo che i clienti possano soggiornare nel lusso e nel contempo dedicarsi ai loro giochi di ruolo preferiti. La direttrice dell'hotel, però, non la vede così. Profondamente legata al villaggio e alla sua gente, Aine Donovan teme che quell'americano senza radici possa distruggere le antiche tradizioni del luogo, e non intende certo permetterglielo. Solo che non ha fatto i conti con il fascino di quell'uomo potente e spregiudicato.
LanguageItaliano
Release dateNov 21, 2016
ISBN9788858957783
Incontro fatale: Harmony Destiny
Author

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Incontro fatale - Maureen Child

    successivo.

    1

    Brady Finn amava la propria vita così com'era.

    Ecco perché una parte di lui non era entusiasta dell'ultimo investimento compiuto dalla sua compagnia, la Celtic Knot Games. Le sue obiezioni erano state respinte. Questo è ciò che accade quando i tuoi soci sono fratelli che si schierano compatti sulle grandi decisioni sebbene, fra loro, s'impuntino sulle minuzie.

    Malgrado ciò, Brady non avrebbe cambiato una virgola della propria esistenza poiché doveva tutto ai fratelli Ryan con i quali aveva fondato la società quando frequentavano ancora il college. Avevano creato il primo videogame con i loro sogni e la loro arroganza.

    Il gioco, Il castello del destino, basato su un'antica leggenda irlandese, aveva portato profitti talmente buoni da consentire loro di produrre un altro gioco e la Celtic Knot era divenuta nel tempo la società leader del settore. Loro tre avevano già ampliato l'attività nei romanzi grafici e le piattaforme per i giochi di ruolo. E, adesso, si stavano muovendo in acque inesplorate.

    Le conoscenze a proposito di hotel potevano essere scritte sulla capocchia di uno spillo. Avevano tirato a sorte chi sarebbe stato il primo a rilevare un vecchio albergo e a trasformarlo in una fantasia. Brady era stato sconfitto tuttavia non si era perso d'animo, determinato più che mai ad accettare la sfida e a trasformarla in una vittoria.

    Avevano costruito quella compagnia dal nulla, rifletté guardandosi attorno e approvando silenziosamente ciò che vedeva.

    Situati in un'imponente villa vittoriana sull'Ocean Boulevard a Long Beach, in California, gli uffici della Celtic Knot erano efficienti, rilassati e persino divertenti. Avrebbero potuto scegliere dei locali in un palazzo ultramoderno in vetro e acciaio, ma a nessuno di loro era andata a genio l'idea. Perciò avevano preferito ristrutturare il vecchio e spazioso edificio secondo le loro esigenze.

    Il panorama della spiaggia sulla parte anteriore e il cortile posteriore erano perfetti per le pause di riposo. Quello era più che un luogo di lavoro. Era una casa. La prima vera casa che Brady avesse mai posseduto e che condivideva con l'unica famiglia che avesse mai avuto.

    «I progetti per il nuovo gioco sono brillanti» asserì Mike Ryan.

    «Forse per una fiera d'arte di quinta elementare» ribatté Sean afferrando uno dei disegni sparsi sul tavolo della sala riunioni. «Peter ha avuto tre settimane per creare le nuove bozze. Ieri mi ha spedito queste.» Con aria disgustata, puntò l'indice sulla tavola. «Guardate questo spirito malvagio. Vi pare spaventoso come dovrebbe essere? Sembra più un surfista denutrito che un servo della morte.»

    «Come sei pignolo» brontolò Mike sollevando un altro disegno che ritraeva un cacciatore medievale. «Questo è grandioso. Forse ha solo dei problemi a rappresentare gli spiriti, tuttavia sono certo che alla fine ci riuscirà.»

    «Questo è il problema di Peter» intervenne Brady con tono pacato, scuotendo la testa e sollevando la propria tazza di caffè. I due fratelli si volsero. «Non rispetta mai una scadenza.»

    Sean annuì. «Sono d'accordo. Gli abbiamo concesso molte possibilità per dimostrare di valere il denaro che sborsiamo, ma non ne ha colta nessuna. Voglio proporre il lavoro a Jenny Marshall.»

    Mike aggrottò la fronte. «Marshall?»

    «La conosci.» Brady sorseggiò il caffè. «È una dei nostri grafici da sei mesi. Ha disegnato lo sfondo di Fuga nella foresta. Ha del talento e merita questa possibilità.»

    «D'accordo» bofonchiò Mike, perplesso. «Rammento la sua produzione come supporto secondario. Credete sia pronta per diventare l'artista principale?»

    Sean aprì la bocca, Brady, però, lo interruppe sollevando una mano. Se non lo avesse fatto, quella discussione rischiava di diventare infinita. «Io sì. Tuttavia, prima di prendere una decisione definitiva, parlerò con Peter. La scadenza è domani. Se non la rispetterà, allora procederemo. D'accordo?»

    «Al cento per cento» affermò Sean.

    «D'accordo» annuì Mike, incrociando i piedi sull'angolo del tavolo. «Passiamo a un altro argomento. Quando arriverà la nostra ospite irlandese?»

    Brady corrugò la fronte. I due fratelli lo stavano fissando. I Ryan avevano capelli neri, occhi azzurri ed erano piuttosto alti, oltre il metro e ottanta come Brady. Li amava come se fossero la sua famiglia, anche quando lo irritavano oltre misura.

    «Il suo aereo atterrerà fra un'ora.»

    «Sarebbe stato più semplice se tu fossi andato in Irlanda a dare un'occhiata al castello» osservò Mike.

    Brady scosse la testa. «Ho troppo da fare per allontanarmi. Inoltre, abbiamo studiato il castello attraverso i video.»

    «Vero» sospirò l'altro accennando un mezzo sorriso. «E sarà perfetto per il nostro primo hotel. Il castello del destino

    Tratto dal nome del loro successo iniziale, il castello irlandese sarebbe stato trasformato in un lussuoso resort in cui gli ospiti avrebbero immaginato di fare parte del mondo fantastico inventato dalla Celtic Knot. Sebbene Brady ne comprendesse il potenziale, si domandava se l'idea degli alberghi avrebbe funzionato. Poi rammentò l'entusiasmo dei fan quando era stata annunciata la notizia. Erano andati in delirio al pensiero di vivere davvero nei mondi oscuri e pericolosi che amavano.

    Sean si appoggiò allo schienale. «Non ricordo il nome della donna.»

    «Donovan di cognome. Di nome Aine. Ma non so come si pronunci.»

    «Sarà gaelico» suggerì il minore dei Ryan raccogliendo gli schizzi che aveva portato con sé.

    «Può darsi» replicò Brady gettando un'occhiata ai documenti riguardo l'hotel e i suoi dipendenti. «È la direttrice dell'albergo da tre anni e, a quanto pare, è piuttosto in gamba, nonostante l'attività sia in perdita. Ha ventotto anni, un diploma in gestione alberghiera e vive nella proprietà, in un cottage, con la madre e il fratello minore.»

    Sean sbarrò gli occhi. «Vive ancora con la mamma? C'è una foto fra la documentazione?»

    «Sì.» Estrasse un'istantanea dalla cartella e la fece scivolare sul tavolo. L'immagine era piuttosto ordinaria, impersonale e, se fosse risultata fedele, Brady non sarebbe stato di certo distratto da Aine Donovan.

    Il che era una buona cosa. Lui amava le donne, tutte le donne. E sebbene al momento non avesse alcun legame sentimentale, non era interessato a imbastire una relazione con un'impiegata. Era troppo assorbito dal lavoro, dalle complessità di gestire una compagnia, per occuparsi anche di una fidanzata che avrebbe preteso ciò che lui non era disposto a concedere.

    Sean scrutò la foto. «Sembra carina.»

    Brady fece una smorfia al suo pietoso tentativo di essere gentile. La ragazza aveva i capelli raccolti in un serioso chignon e portava degli occhiali che ingrandivano i suoi occhi verdi. La camicetta blu, rigorosamente allacciata fino alla gola, faceva apparire la sua carnagione ancora più bianca.

    «È una direttrice d'hotel, non una modella.» Chissà perché Brady si era sentito in obbligo di difenderla.

    Mike assunse un'espressione incuriosita. «Fammi vedere.» Una volta che ebbe l'istantanea fra le mani, la studiò con attenzione. «Ha l'aria efficiente.»

    Scuotendo la testa, Brady riprese la foto e la ripose nella cartella. «Il suo aspetto non ha alcuna importanza. Ciò che conta è la sua professionalità.»

    «Le hai già parlato dei cambiamenti che apporteremo?»

    «Non proprio.» Si volse verso Mike. «Ho ritenuto inutile spiegarle ogni cosa subito. Inoltre, dobbiamo ancora portare a termine il piano di ristrutturazione.»

    I lavori sarebbero iniziati entro un mese ed era necessario che aggiornassero Aine Donovan.

    «Bene.» Sean si sfregò le mani. «Se abbiamo concluso con la faccenda irlandese, vorrei parlare della proposta che ho ricevuto da un'azienda di giocattoli interessata a commercializzare i nostri personaggi.»

    «Giocattoli?» sogghignò Mike. «Non è roba per noi.»

    «Ne convengo.» Brady scosse la testa. «I nostri videogame sono per persone adulte o quasi.»

    Sean accennò un sorriso. «Vero. Tuttavia se fossero oggetti da collezione...»

    Brady scambiò un'occhiata con Mike e annuì. «Allora, è un altro discorso. La gente si entusiasmerebbe a raccogliere i nostri personaggi e questo spingerebbe i nostri videogiochi sempre più in alto.»

    «Potrebbe funzionare» convenne Mike. «Studia la faccenda e fai due calcoli. Quando avremo un'idea di contratto conveniente, ne riparleremo.»

    «Okay.» Sean si alzò e guardò Brady. «Vai a prendere l'irlandese all'aeroporto?»

    Anche lui si sollevò dalla sedia. «No. Ho mandato un'auto che l'accompagnerà direttamente all'hotel.»

    «Che tocco personale» borbottò Sean.

    «Si tratta di lavoro» rimbeccò seccato. «Non è un appuntamento.»

    «L'hai alloggiata al Seaview?» volle sapere Mike.

    «Sì.» L'azienda disponeva di una suite nell'albergo poco distante, per i propri clienti in visita. E Brady viveva lì, nell'attico. «Andrò a darle il benvenuto nel pomeriggio e domani le esporremo la ristrutturazione che abbiamo in mente.»

    Non appena le avessero mostrato i progetti, lei sarebbe tornata in Irlanda mentre lui, cosa più importante, avrebbe ripreso la propria vita.

    «Sono arrivata, mamma. È tutto incantevole.»

    «Aine?»

    Trasalì nell'udire la voce assonnata della madre. Dalla terrazza della suite che le era stata assegnata, ammirò il panorama della distesa blu del Pacifico e si rammentò della differenza di orario fra la California e casa. A Long Beach erano le quattro del pomeriggio e il sole risplendeva nel cielo terso mentre a County Mayo era circa mezzanotte.

    Ora che ci pensava, Aine avrebbe dovuto essere esausta. Invece no. L'eccitazione per il viaggio l'aveva probabilmente caricata d'ansia per ciò che sarebbe accaduto nel momento in cui avesse incontrato Brady Finn per discutere del castello. Nonostante lui fosse il nuovo proprietario, dubitava che conoscesse le tradizioni, la storia e il retaggio così importanti per il villaggio in cui viveva. C'era poco da dubitare. Brady non ne aveva la minima idea e lei glielo avrebbe fatto rilevare prima che iniziassero a discutere di ristrutturazione.

    Che cosa aveva a che vedere un esperto di videogame con un antico castello in un piccolo paese in Irlanda? Non che il Castello Butler fosse mai stato un'attrazione turistica. La campagna irlandese era punteggiata di tenute più belle e interessanti.

    Pensieri e considerazioni le vorticavano nella mente, quando udì di nuovo la voce della madre.

    «Aine, sei arrivata dunque.»

    «Sì. Scusa l'orario, mamma. Mi ero completamente dimenticata...»

    «Non importa» la interruppe Molly Donovan con uno sbadiglio che spinse la figlia a immaginarla ritta sul letto, con gli occhi semichiusi. «Sono felice che tu abbia chiamato. Il volo è andato bene?»

    «Benissimo.» Aine non aveva mai volato su un jet privato e, adesso che ne aveva apprezzato i comfort, sarebbe stato difficile tornare indietro. «Era come viaggiare seduti in un salotto. C'erano divani, tavoli, vasi di fiori. L'assistente di volo mi ha offerto dei biscotti freschi e anche un vero e proprio pasto completo. C'era anche lo champagne! Devo ammettere che mi è dispiaciuto quando il viaggio è terminato.»

    Oltre ad abbandonare quel luogo di sogno, l'essere giunta a destinazione significava dover incontrare uno dei proprietari della compagnia che, con ogni probabilità, avrebbe distrutto la sua vita e quella di tanti altri. Si chiese se fosse intenzione dell'azienda abbattere il castello. Certo, i profitti erano stati disastrosi negli ultimi due anni, ma lei intendeva apportare dei cambiamenti e si augurava che il nuovo proprietario li prendesse in considerazione.

    A dire il vero, il signor Finn aveva fatto il possibile per farla sentire in imbarazzo. Le aveva offerto un jet privato e un autista per accompagnarla in albergo. L'aveva alloggiata in una suite che era più spaziosa del cottage in cui viveva con la madre e il fratello.

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