Incantevole persuasione (eLit): eLit
By Mary Balogh
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Avevano cercato di farle dimenticare quel pomeriggio quando, bambina, Jane aveva dichiarato di essere stata, in una vita precedente, la giovane figlia del curato. Ma il ricordo era rimasto lì, pronto ad affiorare e ora finalmente, grazie a quel giovane e avvenente capitano, tutto riemerge in superficie.
Ci conosciamo da una o dieci vite. Da sempre, a dire il vero... sono le parole che lui ha pronunciato, rivelandole una verità inconcepibile, eppure inconfutabile. Perché il Capitano Mitford altri non è che il suo amato perduto.
Ma in tutte le vite passate la loro storia d'amore è finita tragicamente. Sono destinati a non veder coronato il loro amore, o forse esiste una speranza che, un giorno, il sentimento trionfi sul crudele destino?
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Incantevole persuasione (eLit) - Mary Balogh
successivo.
1
Miss Jane Everett, secondogenita di Sir Horace Everett di Goodrich Hall, nell'Hampshire, non andava a casa del curato del villaggio vicino quanto avrebbe dovuto. Si recava in qualsiasi altro posto: dai proprietari terrieri e dai braccianti, da malati, anziani e bisognosi. Prendeva il proprio dovere molto sul serio.
Mrs. Mitford – l'anziana prozia del curato – ne avrebbe avuto un grande bisogno, giacché dei brutti reumatismi le impedivano di allontanarsi oltre il proprio giardino, e spesso anche raggiungere quello era per lei una bella fatica. Le faceva piacere avere un po' di compagnia e forse avrebbe voluto che Jane andasse a trovarla più spesso.
Louisa, la sorella maggiore di quest'ultima, andava a casa del curato molto più spesso. Si recava invece di rado a far visita ad altre persone, e quando lo faceva aveva sempre un atteggiamento talmente altezzoso che, secondo Jane, a nessuno dispiaceva che quelle visite fossero tanto sporadiche. Andava a trovare la giovane Mrs. Amelia, la moglie del curato, la quale era ben felice di porgere i propri ossequi alla primogenita di un baronetto; e siccome Louisa andava in estasi quando era servita e riverita, in un certo senso la loro era un'amicizia perfetta.
Edna, la sorella minore di Jane, non si recava mai a casa del curato né da nessun'altra parte, a meno che non ci fosse una festa che facesse sperare in una serata di divertimenti, animata in particolare dalle danze. Diceva sempre che, se si è costretti a stare con le solite persone che parlano e riparlano delle stesse cose, gli eventi mondani sono di una noia mortale. Quelli di beneficenza le parevano ancora più soporiferi, poiché le persone a cui sono rivolti non fanno che discutere della loro salute o, per meglio dire, delle loro malattie.
Non vedeva l'ora di sposarsi e di avere una casa tutta sua, così sarebbero stati gli altri a dover fare visita a lei.
In ogni caso, nel vicinato, l'unico uomo all'altezza era William Burton, il primogenito di Mr. Edward Burton di Highfield House, e a lui interessava molto di più Jane. Ovviamente, non avrebbe mai preso in considerazione Louisa, visto che Sir Horace non faceva mistero del fatto che non avrebbe mai accettato per lei un'unione con un gentiluomo di rango inferiore al titolo di barone. La stessa Louisa ambiva come minimo a un conte.
A ogni modo, quel pomeriggio di agosto, le tre sorelle si stavano recando a casa del curato, pigiate sul sedile del calesse. Jane avrebbe preferito andare a piedi, ma le sorelle avevano avuto la meglio, perché la maggiore non voleva arrivare con le guance arrossate e l'orlo della gonna tutto inzaccherato, mentre la più piccola, di proposito, si era inventata che il giorno prima, passeggiando vicino allo stagno delle ninfee, si era slogata una caviglia.
Jane stava seduta nel mezzo, il posto che nessuno voleva, le braccia immobilizzate lungo i fianchi. Stavano andando a fare gli auguri all'anziana Mrs. Mitford in occasione del suo settantacinquesimo compleanno.
Mentre la carrozza procedeva spedita sul viale circondato dai prati sterminati del parco, Jane pensò che, stranamente, si vergognava ancora dell'episodio capitato diciassette anni prima e, per quello, era restia ad andare dal curato o ad avere un incontro ravvicinato con l'anziana signora.
All'epoca aveva soltanto quattro anni.
Quel pomeriggio, la madre, che ormai era morta, voleva ricambiare la visita ricevuta due giorni prima e aveva portato con sé Jane e Louisa. Mrs. Mitford era da poco rimasta vedova, ma aveva continuato a vivere nella casa del curato perché il posto del marito era passato al figlio. Prima di partire, Jane aveva sentito la madre dire di nascosto al padre che la donna era proprio sfortunata, perché nella vita aveva avuto molte disgrazie e difficoltà.
Il padre di Jane aveva ricevuto il titolo di baronetto da poco, quando suo zio era morto, e si erano trasferiti a Goodrich Hall soltanto da una settimana.
Prima di quel pomeriggio, la bimba non aveva mai visto né il curato né Mrs. Mitford. E quando finalmente li aveva incontrati, si era coperta di terribile vergogna.
Sebbene all'epoca fosse solo una bambina e da allora avesse cercato in tutti i modi di non pensarci più, il ricordo era ancora impresso nella sua mente.
Non voleva finire bruciata sul rogo come una strega o essere rapita dagli zingari...
«Oh, guardate!» aveva urlato alla madre e alla sorella, indicando tutta contenta la casa, via via che si avvicinavano a bordo della carrozza. «Una volta io abitavo lì!»
Infastidita, Louisa aveva alzato gli occhi al tettuccio della carrozza. «Sei proprio strana, Jane» le aveva detto. «Perché mai avresti voluto vivere in una casa del genere?»
«Ti sbagli, Jane» le aveva risposto affettuosamente la madre, ma con piglio deciso. «Noi non abbiamo mai vissuto in una casetta. Devi imparare a usare la fantasia solo quando giochi con le bambole nella tua cameretta.»
Jane veniva da sempre rimproverata per la sua fervida immaginazione, che all'epoca lei considerava realtà, il padre una falsità e la madre un argomento inopportuno. Ogni tanto la balia la metteva in un angolo per farla riflettere sulle frottole che raccontava.
Dopo che la domestica le aveva fatte entrare, Jane aveva guardato l'interno di quella casa a lei tanto familiare con occhi sgranati d'incanto, notando che cosa era cambiato e che cosa era rimasto intatto. Poi, prima che potesse dire qualcosa alla madre, una donna dal viso dolce ma dallo sguardo triste e vestita tutta di nero era venuta ad accoglierle nell'atrio, camminando a schiena dritta. La bambina le aveva fatto un sorriso raggiante e aveva commesso l'errore imperdonabile di parlare prima degli adulti e prima che qualcuno le rivolgesse la parola.
«Oh!» aveva esclamato, ridendo di gioia. «Ma tu eri la mia mamma!»
Mrs. Mitford le era sembrata confusa, la madre mortificata e Louisa aveva riso sotto i baffi, perché lei invece si stava comportando come si addice a una bambina di sei anni.
Prima che riuscissero a fermarla, Jane aveva peggiorato le cose ancora di più.
«Sono caduta nel fiume e sono affogata» aveva detto, impaziente di spiegare tutto. «L'acqua non era tanto tanto profonda, e non faceva neanche tanto tanto freddo. Ma non me lo aspettavo e sono affogata. Dopo volevo dirtelo che non dovevi essere tanto triste, ma non ho potuto. Sono andata giù giù fino in fondo e sono arrivata a una luce, la luce più bella del mondo. E lui mi ha chiamato con la mano, e io ci sono andata, ed era tutto bellissimo, per questo non sono tornata indietro. Ma adesso lo vedi che non dovevi preoccuparti. Sono qui e sto bene.»
Era al settimo cielo e aveva spalancato