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Passione italiana (eLit): eLit
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Passione italiana (eLit): eLit

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About this ebook

Roberto Farnese lascia l'Italia dopo che la donna di cui era innamorato ha sposato suo fratello. Convinto che mai più proverà un sentimento simile, va in Inghilterra dove girovaga senza meta finché non incontra Laura, mamma single, desiderosa di dare un padre ufficiale a Nikki, la sua bambina. Roberto sembra il candidato migliore perché adora la piccola e lui stesso sembra convinto che un matrimonio sulla carta sia il meglio a cui possa aspirare. Ci sono solo due regole che però i due dovranno rispettare: non dividere lo stesso letto e non innamorarsi. Sarà possibile?



Viaggio in Italia

1)Una strana eredità

2)Passione italiana

3)Fascino italiano

4)In Italia con il milionario

5)Un'estate romantica
LanguageItaliano
Release dateNov 30, 2016
ISBN9788858962138
Passione italiana (eLit): eLit
Author

LUCY GORDON

Lucy Gordon cut her writing teeth on magazine journalism, interviewing many of the world's most interesting men, including Warren Beatty and Roger Moore. Several years ago, while staying Venice, she met a Venetian who proposed in two days. They have been married ever since. Naturally this has affected her writing, where romantic Italian men tend to feature strongly. Two of her books have won a Romance Writers of America RITA® Award. You can visit her website at www.lucy-gordon.com.

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    Passione italiana (eLit) - LUCY GORDON

    successivo.

    1

    Laura lanciò un'occhiata allo sconosciuto seduto sulla panchina del parco. È il più bel ragazzo che abbia mai visto in vita mia, pensò.

    Non era certo tipo da passare inosservato, rifletté guardandolo meglio. I suoi capelli scuri tendevano ad arricciarsi sulle punte e il volto aveva lineamenti delicati. In modo particolare era la bocca, sensuale e carnosa, ad attirare l'attenzione. Il viso illuminato dal sole aveva un'aria fiera; il busto snello e slanciato sovrastava un paio di gambe lunghe e muscolose. Indossava una giacca logora e dei jeans sdruciti, e aveva la barba un po' lunga - di tre o quattro giorni almeno, calcolò Laura - che lo faceva assomigliare a una specie di hippy, anche se decisamente più raffinato.

    In poche parole, era stupendo.

    Con tutta probabilità non ha un soldo in tasca, ipotizzò Laura. Anche se, con una tale bellezza, la mancanza di denaro non doveva certo costituire un problema.

    Il suo aspetto le fece immaginare che avesse una storia interessante alle spalle. Notò le ombre scure che gli cerchiavano gli occhi e la bocca che si contraeva di tanto in tanto, tradendo una tensione interiore. Si sarebbe detto che non vedesse un letto da mesi.

    «Mamma! Dai, giochiamo!»

    La voce di sua figlia - una vivace bimbetta di otto anni - riscosse Laura da quelle riflessioni. Si girò a guardarla, teneva un pallone tra le mani.

    «Scusami, tesoro, mi sono distratta» si giustificò affrettandosi a distogliere lo sguardo dallo sconosciuto.

    Era il primo giorno di primavera e Nikki aveva insistito a lungo perché uscissero a fare una passeggiata nel parco.

    All'inizio lei aveva nicchiato. «Non fa ancora abbastanza caldo» aveva obiettato.

    «Oh, ma è una bellissima giornata, mamma. Ti prego!» aveva insistito la piccola.

    Laura aveva finito per cedere, anche perché quel pomeriggio il sole sembrava particolarmente tiepido. Aveva dovuto farsi forza per accontentare la figlia. Solo il pensiero di trovarsi in mezzo a tanta gente il cui sguardo si faceva inorridito o compassionevole non appena si posava sulla sua bambina, la faceva stare male. Era una situazione difficile da spiegare a una bambina, anche se Nikki era pienamente consapevole della sua condizione.

    Prima di uscire Laura si era pettinata i lunghi riccioli biondi e passata un velo di lucidalabbra. Nonostante i suoi trentadue anni, aveva ancora un'aria da ragazza e un fisico snello e asciutto. Anche se il suo bel volto mostrava i segni della tristezza, e un'ombra appannava l'azzurro intenso dei suoi occhi.

    La stessa malinconia che velava quelli di sua figlia, costretta ad abbandonare presto la spensieratezza tipica dell'infanzia per la crudeltà della natura.

    Nel parco c'erano gruppi di bambini che correvano allegri giocando a pallone sotto gli occhi vigili dei genitori. Laura ne conosceva alcuni, ma nonostante i suoi sorrisi di incoraggiamento, la maggior parte delle madri le rivolse uno sbrigativo cenno di saluto, senza nemmeno avvicinarsi. Per fortuna Nikki sembrò non fare caso all'isolamento cui quel pomeriggio erano condannate.

    «Vieni, tesoro, ti va di giocare con me?» la invitò. «Non vedo nessuno dei tuoi amichetti» mentì quindi rivolta alla figlia.

    C'erano momenti in cui la disperazione pareva sopraffarla. Perché rifiutate la mia bambina?, avrebbe voluto gridare in faccia a quella gente. Lo so, il suo viso è un po' strano, ma è una ragazzina come tutte le altre.

    Girò lievemente la testa e con la coda dell'occhio sbirciò di nuovo lo sconosciuto sulla panchina. Era ancora lì, sdraiato al tiepido sole primaverile. È davvero bello, rifletté. Non che lei avesse mai dato importanza all'aspetto fisico, tuttavia il viso era la prima caratteristica che notava in una persona. D'altronde era ciò che l'aveva attratta in Jack, il suo ex marito. Era un bell'uomo, con un sorriso accattivante che lo rendeva simpatico a tutti. E anche lei era stata vittima del suo fascino, almeno fino al giorno in cui lui non era uscito dalla sua vita e da quella di Nikki senza dare spiegazioni.

    La piccola si guardò intorno. «Mamma, pensi che nessuno di quei bambini voglia giocare con me?» domandò. «Be', non importa» aggiunse poi stringendosi nelle spalle. «A volte la gente non capisce» commentò sorprendendo ancora una volta la madre per la sua maturità. «È per questo che non volevi accompagnarmi al parco, vero?»

    «Sì, tesoro. La gente a volte sa essere cattiva...»

    «No, mamma, non è proprio cattiva» sottolineò la bimba, «è solo che io non sono carina, tutto qui.» Poi corse a recuperare la palla che aveva lanciato lontano, lasciando Laura da sola a fare i conti con la propria rabbia. Ma con chi avrebbe potuto prendersela? In fondo era stata la natura a rendere Nikki diversa dagli altri bambini. Solo che la stupidità e l'ignoranza della gente rendevano tutto molto più difficile. Pochi riuscivano a comportarsi con naturalezza di fronte all'handicap di sua figlia.

    «Allora, mamma, sei pronta?» Ancora una volta fu la voce di Nikki a riscuoterla da quei pensieri cupi. Sferrò un calcio con vigore e il pallone schizzò in aria per poi piombare dritto sulla panchina su cui riposava l'affascinante sconosciuto. Andando a finire proprio sul suo stomaco, e svegliandolo di botto.

    Nikki gli si avvicinò di corsa fermandosi però a qualche metro e osservandolo con gli occhi sgranati, quasi volesse implorarlo di restituirle la palla.

    «È tuo, questo?» chiese l'uomo con uno strano accento straniero.

    «Sì. Mi dispiace tanto, signore» si scusò lei avvicinandosi con la speranza di non vederlo sussultare alla vista del suo viso deforme. Era la reazione più comune... Da lontano Laura osservava preoccupata la scena.

    Lui esitò. «Mi sembri sincera» replicò infine. «Stavo facendo un sogno bellissimo quando all'improvviso il tuo pallone mi ha colpito e mi sono svegliato. Chissà come andava a finire...»

    Nessuna reazione, registrò Laura sorpresa, eppure non poteva non essersi accorto del difetto di Nikki! Vide la figlia tendere esitante le mani per recuperare il pallone. Evidentemente anche lei era stupefatta per l'indifferenza dell'uomo.

    «Mi creda, non l'ho fatto apposta. Lo giuro.»

    «D'accordo, eccoti il pallone.»

    A quel punto Laura decise di intervenire. «Ci scusi tanto, signore» disse avvicinandosi, «spero che non le abbia fatto male.»

    L'uomo sorrise, come per minimizzare l'accaduto. Era da tempo che non vedeva un sorriso così affascinante, rifletté lei incantata.

    «Credo che sopravvivrò» scherzò lui.

    «Oh, guardi!» esclamò Laura indicando un punto sulla sua camicia. «Il pallone l'ha sporcata.»

    Lui abbassò lo sguardo sul petto. «Come ha fatto ad accorgersene?» replicò divertito, sottolineando con una smorfia l'aspetto trasandato dell'indumento.

    Nikki rise divertita mentre Laura lo osservò con sospetto, chiedendosi come mai non avesse battuto ciglio di fronte al viso di sua figlia. Di solito la gente distoglieva in fretta gli occhi, mentre lui continuava a guardarla come se fosse una bambina perfettamente normale.

    «Be', io mi chiamo Laura Gray» si presentò lei, «e questa è mia figlia Nikki.»

    «Piacere, Roberto Farnese» rispose lui porgendole una mano robusta che sembrava abituata a svolgere lavori manuali. La sua stretta si rivelò invece gentile. Si voltò poi verso Nikki. «Ciao, signorina» la salutò in italiano. «Io mi chiamo Roberto.»

    «Cosa vuol dire?» domandò lei incuriosita.

    Glielo tradusse in inglese.

    «Ma allora sei straniero!» commentò la piccola divertita. «Hai un modo di parlare proprio buffo.»

    «Nikki» la riprese prontamente Laura, «cerca di non essere maleducata.»

    «Non si preoccupi, sua figlia non mi ha offeso. Comunque sì, sono italiano» puntualizzò lui rivolgendosi alla bimba.

    «Oh, allora sai giocare bene a pallone!» esclamò la piccola entusiasta.

    «Diciamo che me la cavo, sempre che gli avversari non siano troppo in gamba.»

    «Su, allora, vieni a giocare con noi» lo incitò la bimba correndo lontano con il pallone tra le mani.

    «La scusi, signor Farnese» intervenne Laura, sentendosi a disagio.

    «Oh, sono abituato a cose peggiori» minimizzò di nuovo lui, poi si alzò di scatto per andare a giocare con la bambina.

    Laura si sedette sulla panchina riflettendo sul modo in cui quell'uomo aveva saputo conquistare la simpatia di Nikki. Lo sguardo le cadde su una valigia un po' ammaccata appoggiata su un lato. Pensò nuovamente che si trattasse di un vagabondo che si spostava da un paese all'altro. Probabilmente tutti i suoi averi erano contenuti in quella valigia.

    Si girò a guardare la figlia. Lei e Roberto sembravano divertirsi un mondo, mentre rincorrevano la palla sul prato. Il suo sguardo materno registrò la felicità della bambina. Quell'uomo sembrava molto abile a lasciarla vincere senza che lei se ne accorgesse. All'improvviso, però, parve trasformarsi in un calciatore professionista lanciandosi in un dribbling poco probabile tra le piante. Alla fine dello slalom lanciò il pallone con potenza nella finta porta delimitata da due alberi.

    «Gol!» esultò con tutto il fiato che aveva in gola, buttandosi a terra. Le persone nell'arco di una decina di metri si allontanarono in fretta guardandolo storto.

    «Come al solito la gente pensa che sia pazzo» commentò lui ridendo.

    «E lo sei?» volle sapere Nikki, guardandolo con gli occhioni sgranati.

    «In un certo senso sì.»

    «Oh, ma io non scapperò come gli altri.»

    «Sei molto gentile» la ringraziò lui dolcemente andando a recuperare la palla.

    Nikki corse invece verso sua madre. «Mamma, hai visto? Non se n'è accorto!»

    «Tesoro...»

    «È un miracolo!» insistette la bambina, eccitata. «Tutti notano immediatamente la mia faccia e scappano, lui invece no. Pensi sia sotto l'effetto di un incantesimo?»

    Laura avrebbe tanto voluto risponderle di sì, ma non riuscì neppure a proferire parola poiché si accorse che Roberto si stava avvicinando.

    «Nikki, è ora di tornare a casa per la merenda» annunciò alla bambina. Poi si girò verso Roberto. «Perché non si unisce a noi, signor Farnese?» propose. «È il minimo che possiamo fare per contraccambiare la sua gentilezza.»

    Lui le indirizzò uno dei suoi sorrisi irresistibili. «Perché no?»

    «Bene, allora andiamo» aggiunse lei. Per qualche strano motivo, l'idea di prolungare quell'incontro la metteva di buonumore. «Abitiamo qui vicino. Nikki sarà felice di giocare ancora con lei.»

    La bambina annuì soddisfatta. Aveva appena trovato un amico che aveva saputo trattarla con gentilezza.

    S'incamminarono insieme verso casa e lungo il tragitto continuò a tempestare Roberto di domande, a volte indiscrete. Ogni tanto lo prendeva in giro per il suo accento straniero.

    Laura e Nikki abitavano in una grande villa vittoriana disposta su tre piani, che avrebbe avuto bisogno di una bella risistemata o quantomeno di essere ridipinta, notò Roberto. L'interno, tuttavia, era molto accogliente, arredato in modo semplice ma confortevole.

    «Vivete qui da sole?» indagò. Gli sembrava strano che una casa così grande ospitasse solo due persone.

    «No, in realtà è una specie di pensione» rispose Laura prontamente.

    «Ah...» Lui esitò. «C'è una stanza libera, per caso?»

    «Al momento me ne è rimasta solo una, la più piccola.» Laura sorrise. «Forse, dato che è l'ultima, potrei farle anche un po' di sconto» aggiunse, augurandosi che decidesse di prenderla. In fin dei conti Nikki non era l'unica a sentirsi felice per aver trovato un nuovo amico.

    Dall'ampio ingresso partiva una scalinata che conduceva ai piani superiori; alla sua destra un arco introduceva in un'altra stanza.

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