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Nell'harem del sultano: Harmony Collezione
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Nell'harem del sultano: Harmony Collezione
Ebook164 pages2 hours

Nell'harem del sultano: Harmony Collezione

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About this ebook

Il Sultano Asim di Jazeer ha decine di donne a sua completa disposizione. Per quale motivo, dunque, dovrebbe desiderare l'unica che minacci di rivelare ogni segreto della sua famiglia?

La giornalista Jacqui Fletcher non può lasciarsi sfuggire per nessuna ragione al mondo l'occasione di scrivere l'incredibile scoop sull'harem del sultano, ma è assai difficile restare lucidi e concentrati sui propri doveri quando le sensuali carezze di Asim scatenano in lei un fuoco che non ha mai sperimentato prima.



Miniserie "Promesse tra le dune" - Vol. 1/2
LanguageItaliano
Release dateAug 19, 2016
ISBN9788858953709
Nell'harem del sultano: Harmony Collezione
Author

Annie West

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Nell'harem del sultano - Annie West

    successivo.

    1

    «Lascia perdere, Jacqui. È una ricerca inutile.» La voce di Imran si insinuò attraverso il chiasso dei veicoli, della gente e del bestiame che affollavano il corteo pre-elettorale.

    «No!» Jacqui scosse la testa. «Vedrai, ne varrà la pena.»

    Doveva valerne la pena. Avevano la possibilità di intervistare uno dei leader dell'opposizione più difficili da avvicinare al mondo, un riformatore stimolante che le autorità avrebbero voluto in tutti i modi zittire. Era una opportunità da non lasciarsi scappare.

    E tuttavia l'ansia aumentava. Quella strada gremita era stranamente familiare, come se Jacqui l'avesse già percorsa prima. Gli aromi pungenti di polvere, spezie e letame le stuzzicavano le narici, e una spiacevole sensazione di déjà-vu la indusse a rallentare il passo.

    Si voltò, cercando il viso di Imran. L'ansia la trafisse. «Imran?»

    «Sono qui, Jacqui.» Si voltò, e lui era lì, imponente come la vita, la telecamera sulla spalla, gli occhi ridenti e strizzati contro il sole.

    Il sollievo le rombò in petto. Per un attimo aveva temuto... temuto cosa?

    Il flusso di pensieri si dissolse.

    «È una lunga attesa, nonostante la soffiata» le disse.

    «Se preferisci tornare in hotel, tenterò di localizzarlo e poi ti chiamerò.»

    L'espressione di Imran rimase immutata.

    Aveva pronunciato quelle parole oppure le aveva soltanto pensate? Confusa, sollevò una mano a sfiorare la fronte calda. Tutto sembrava irreale, stranamente distante. Persino i visi delle persone intorno a loro sembravano sfocate. Tutti tranne quello di Imran.

    Jacqui sbatté le palpebre e tentò di concentrarsi. Il lavoro. Il leader. Sarebbe stata la loro storia migliore. L'editore non avrebbe creduto ai propri occhi, se li avesse visti arrivare con quell'esclusiva.

    Era l'occasione di svelare la verità riguardo quel regime oppressivo. Le potenze di tutto il mondo non avrebbero più potuto fingersi all'oscuro della situazione e chiudere gli occhi a tanta violenza.

    «Forza, Jacqui. Non ciondolare.» Imran le passò davanti, facendosi strada tra la folla.

    Tentò di seguirlo, ma i piedi sembravano inchiodati a terra, le membra pesanti. Intorno a lei la folla rallentò allo stesso modo, come un film che procedeva fotogramma dopo fotogramma.

    Tutti eccetto Imran. Ogni passo lo portava sempre più lontano.

    Aprì la bocca per invocare il suo nome, per ammonirlo di fermarsi. Il déjà-vu era tornato, questa volta più forte. La carne sfrigolava di premonizione, la gola era serrata.

    Impotente lo guardò mescolarsi alla folla. E poi accadde. Ciò che inconsciamente si era aspettata. Una silenziosa ondata di vibrazioni nell'aria. Un terremoto che le scosse la terra sotto i piedi.

    E poi il rombo. Un'assordante onda sonora, un'onda che le turbinò tutt'intorno. Così rumorosa che le orecchie sembravano non smettere più di rimbombare.

    Alla fine tutta quella immobilità si infranse. Lei corse, i polmoni gonfi, il respiro impigliato in gola. Ancora non riusciva a gridare.

    Si arrestò di colpo. La telecamera di Imran giaceva sulla strada, le lenti scintillanti nella polverosa luce del sole.

    Jacqui si inginocchiò, mentre tentava di dare un senso al quadro che aveva di fronte. Una sgraziata accozzaglia di membra, forme impossibili da comprendere. Un empio cocktail di polvere e liquidi sparsi tutt'intorno a inzuppare il terreno, a riempirle le narici.

    Allungò una mano a sfiorare quello che era stato l'uomo che meglio conosceva al mondo. E poi, finalmente, ritrovò la voce.

    Si sollevò riempiendo l'aria, un angosciato urlo assolutamente privo di parole.

    Asim seguì il corridoio vuoto fino a un cortile illuminato dal chiarore della luna. Il fastidio gli allungava il passo, facendogli ribollire il sangue nelle vene.

    Com'era possibile che il suo ambasciatore avesse suggerito una simile donna come probabile sposa? O che avesse proposto all'anziano emiro di portare la nipote? Quella in questione avrebbe dovuto essere una semplice visita per finalizzare una coalizione tra i loro paesi, invece si era trasformata in un potenziale disastro diplomatico.

    Attraversò il giardino fino a un altro passaggio. La solitudine dell'antica ala del palazzo era balsamo per la sua coscienza. Certo avrebbe preferito fuggire tra le dune del deserto, ma quello era un lusso che non poteva concedersi. Doveva rimanere lì, e giocare all'ospite con l'emiro e la nipote di lui.

    Si concesse una smorfia.

    Se fosse bastata la bellezza, allora sarebbe stata la candidata ideale. Era una delle creature più affascinanti che avesse mai incontrato. Ma davvero credevano che ne sarebbe rimasto tanto affascinato da sorvolare sulla personalità?

    Asim conosceva bene la sua reputazione in fatto di amanti e stimolanti chimici. Soltanto un pazzo avrebbe potuto chiudere un occhio su una simile consapevolezza! La donna che Asim avrebbe sposato sarebbe diventata la moglie del sultano. Doveva essere intelligente, bella e capace; una madre devota. Una donna dignitosa e dagli standard impeccabili, non la protagonista di lascivi pettegolezzi.

    Doveva trovare una moglie che fosse l'opposto di sua madre.

    Oh, anche lei era stata una donna splendida. E amorevole, a modo suo.

    Un dito gelido gli accarezzò la schiena.

    Che il destino lo salvasse dall'amore!

    Era stata proprio quella maledizione a distruggere i genitori e la sorella. E lui non aveva la benché minima intenzione di patire lo stesso destino.

    Trasse un lento respiro. Aveva sperato di mantenere riservata la decisione di prendere moglie, invece le speculazioni erano dilagate, e lui si era ritrovato assillato da speranzose candidate.

    Un acuto grido lo colse alla sprovvista. Sollevò la testa, cercandone la fonte.

    E poi lo sentì di nuovo, un urlo spettrale nell'aria immobile della notte.

    Attraversò un passaggio arcuato fino a un edificio ancora più antico e da molto tempo in disuso. Il grido tornò a echeggiare. Lui conosceva molto bene quel luogo. Da bambino aveva ascoltato storie di tragedie e cercato avidamente prove che il giardino fosse infestato da misteriose presenze. Adesso, a trentacinque anni, Asim non considerava più la possibilità di incontrare un fantasma; piuttosto, era più interessato a trovare la fonte in carne e ossa di quelle grida.

    Quando raggiunse la costruzione sul lato opposto del giardino, un bagliore catturò la sua attenzione e una scarica di adrenalina gli si riversò nel sangue.

    Si precipitò in direzione della luce. Un incendio sarebbe stato disastroso, e tuttavia non c'era nessun odore di fumo, nessun crepitio. Forse le fiamme non avevano ancora preso piede.

    Varcò un'ampia entrata e superò una stanza dietro l'altra finché non scorse un taglio di luce sotto una porta.

    Si fermò di scatto, il cuore palpitante. La tranquillità della scena davanti ai suoi occhi, dopo il tumulto che si era aspettato, lo scoprì sconcertato.

    Un antico lampadario scagliava raggi multicolore sulle mura dipinte e il pavimento intarsiato. Il luogo era privo di mobili, tranne che per una cassapanca, un piccolo tavolo e un letto. Fu proprio quello a catturare la sua attenzione, quello e la donna che, nuda, vi giaceva sopra.

    La luce della lampada striava la sua pelle con le delicate tinte dell'arcobaleno: oro sulle gambe flessuose e inquiete, rosa sul ventre e un morbido color lavanda sulla perfetta curva dei seni che vibravano al ritmo di ogni concitato respiro.

    Sorpresa, curiosità e un impeto di primitiva bramosia si scontrarono in lui di fronte all'allettante immagine che la donna presentava.

    Con le braccia sollevate sopra la testa, appariva quasi come un banchetto pronto per essere goduto, un invito a toccare e ad assaporare.

    L'eccitazione lo travolse, coagulando i pensieri.

    Asim si ritrovò a deglutire, l'inguine dolorosamente teso e il sangue al galoppo nelle vene. Lo sguardo scivolò dai seni alle gambe in costante movimento.

    Tentando di rimanere lucido, avanzò verso il letto.

    Ciocche di madidi capelli castani coprivano il cuscino. La vide tirare indietro la testa, sulle labbra un lamento soffocato. Doveva essere un suono di disagio, eppure una primitiva parte di Asim si domandò se non fosse un gemito di passione. Quel corpo emanava calore. Bastò avvicinarsi per sentirlo.

    Si passò una mano sul viso, soffocando impulsi che avrebbero potuto essere soltanto disonorevoli.

    Chi era quella donna? E cosa che ci faceva nella parte più antica del palazzo, nuda e sola?

    Nonostante la gravità della propria posizione reale, molte donne avevano fatto qualsiasi cosa per offrirsi a lui. Possibile fosse una di loro, e quella una personale e rinnovata versione di un antico rito di accoppiamento?

    Fino a qualche anno prima una simile tattica lo avrebbe tentato. Ma adesso cercava una moglie, non l'avventura di una notte... e, tuttavia, resistere all'inconfondibile ondata di desiderio che lo stava travolgendo fu una delle cose più difficili che gli fossero mai capitate.

    Allungò un braccio e immaginò di stuzzicare con il palmo uno dei suoi capezzoli. Una scarica di elettricità si riversò dalle dita lungo il braccio, fino all'inguine.

    E poi, all'improvviso, lei si mosse. Fece un respiro talmente profondo da scavarle il ventre e sollevò i seni mentre uno smorzato singhiozzo le sfuggiva dalle labbra.

    Asim indietreggiò, scottato da un misto di incredulità e vergogna. «È ora di svegliarsi!» le intimò, la voce intrisa di un familiare tono di comando. Se solo avesse potuto ammonire con la stessa superbia anche i suoi più crudi impulsi!

    Aprì la bocca per ribadire l'ordine quando lei sussultò di nuovo, si torse e urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni.

    «È ora di svegliarsi... È ora di svegliarsi.» Le parole giravano in tondo nella mente di Jacqui come un mantra quasi dimenticato. La terra tornò a vibrare, muovendola su e giù come una bambola di pezza. Non provò nemmeno a scappare. Dove sarebbe potuta andare? E perché avrebbe dovuto? Aveva messo in pericolo Imran, e adesso lui era morto. Come poteva anche solo pensare di sopravvivere a se stessa?

    Il calore la pervase come in un abbraccio, assolutamente in contrasto con il gelo dentro le ossa. Era ancora aggrappata alla mano di Imran ma nulla, lo sapeva bene, avrebbe potuto riportarlo indietro.

    Eppure quella voce era insistente. Le imponeva di prestare attenzione... le ordinava di svegliarsi...

    L'assordante rumore cessò bruscamente. Le ci volle un po' per realizzare che era quello delle proprie urla.

    Le era già accaduto prima. Sapeva cosa significasse. Aveva avuto un altro incubo.

    «Così va meglio.» La voce tornò un'altra volta. Bassa, rassicurante, profonda.

    «È sveglia adesso, vero?»

    Per un attimo avrebbe giurato che la mano di Imran fosse ancora calda. E poi la sensazione svanì.

    Lui era svanito. Il dolore le scavò un solco nel petto.

    Le lacrime le riempirono gli occhi per poi riversarsi lungo le guance. Stupide, inutili lacrime che ormai la sorprendevano con troppa facilità.

    Strofinò una mano sul viso fino a cancellarle via. E poi qualcosa si mosse. Il calore sulle spalle si affievolì. Troppo tardi si rese conto che a sfiorarla erano state delle dita reali.

    Sussultò scioccata. Non era sola.

    Due occhi color ebano incontrarono i suoi. Erano così penetranti, che Jacqui non riuscì a vedere altro.

    «Va tutto bene, adesso?»

    Si sforzò di respirare a fondo, di immagazzinare aria nei polmoni, qualsiasi cosa pur di dissipare il sentore del sangue di Imran che ancora percepiva nel naso.

    L'uomo le era talmente vicino da poterne distinguere il profumo della pelle, un profumo che sapeva di spezie esotiche e calde brezze del deserto.

    Sentiva il suo respiro sulla fronte, lo sguardo fisso sulle labbra. Immediatamente un'ondata di calore le incendiò la pelle, come se qualcuno avesse dato fuoco a una catasta di rami secchi.

    La reazione fu così improvvisa, così insolita, che lei si ritrovò semplicemente a ricambiare lo sguardo, la mente che si sforzava di capire cosa stesse accadendo.

    «Sì, grazie. Sono...» La consapevolezza si infranse su di lei in un turbinio di allarme. «Nuda!» sussultò mettendosi a sedere di scatto.

    Per fortuna lui indietreggiò, ma a Jacqui interessava soltanto trovare la coperta che doveva aver gettato via.

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