Conquista di Natale: Harmony Collezione
By Helen Brooks
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About this ebook
Blossom White è una donna normale. Carina, ovvio, ma di certo non il tipo in grado di catturare l'attenzione di uomini ricchi ed eleganti. Così, quando Zak Hamilton entra nella sua vita chiedendole un appuntamento, lei non può che rimanerne sorpresa. Zak è un uomo di successo, e ha una nota fama di playboy. Cosa può volere un tipo così da lei?
Blossom decide di non lasciarsi coinvolgere, ma Zak non ha alcuna intenzione di darsi per vinto. La modestia di quella ragazza è per lui una sfida. Deve averla. E non per un'unica notte.
Helen Brooks
Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.
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Conquista di Natale - Helen Brooks
successivo.
1
Com'era possibile che la stanza fosse ridotta in quello stato quando lei era stata via solo un minuto? Blossom White osservò la scena di fronte a lei e cercò di farsi sentire dai bambini scatenati. Erano in quattro, ma facevano il chiasso di due dozzine. «Harry! Simone! Adesso basta! Smettetela subito di tirare la torta addosso a Rebecca e a Ella!»
I gemelli la ignorarono e continuarono a bersagliare le sorelline di due anni, che gridavano a più non posso per il divertimento. Ovunque c'erano pezzi di torta al cioccolato.
L'allegra zia Blossom rientrò dalla portafinestra, proprio mentre un pezzo di torta le si spiaccicava sulla fronte. Sua sorella Melissa, la madre dei bambini, era stata ricoverata d'urgenza in ospedale e lei si era ripromessa che sarebbe stata la pazienza in persona con i nipotini, ma in quel momento dimenticò il proposito e scattò attraverso la stanza. Acciuffò i due più grandi, fremendo dalla voglia di sculacciarli, ma limitandosi a sibilare con ferocia: «Avete sentito cos'ho detto? Ora basta! Niente televisione per voi due, andrete dritti a letto dopo il bagno!».
«Noi vogliamo vedere il nostro programma!» Harry, dal viso angelico, ma con un carattere particolarmente difficile, la guardò risoluto, dibattendosi.
«Niente da fare! Non finché non imparerai a fare quello che ti si dice!»
«La mamma ci lascia sempre!»
«Io non sono la mamma e tu farai quello che decido io. Capito?»
Quello era chiaramente un nuovo concetto per il nipote e lui reagì scoppiando in lacrime, imitato pochi istanti più tardi dalle sorelline. Come Melissa potesse farcela con due coppie di gemelli sotto i cinque anni, Blossom proprio non lo sapeva. Le erano stati affidati da un giorno ed era già esausta. Guardando i pezzi di torta spiaccicati sulle pareti e il tavolo ricoperto di succo d'arancia che gocciolava sul parquet, provò l'impulso di unirsi alle loro lacrime, invece dichiarò con fermezza: «Basta piangere! Ora puliremo insieme questo disastro. Harry e Simone, vediamo chi è più svelto a pulire?».
«Io, io!» Come per magia Harry smise di piangere.
I due più grandi corsero in cucina a prendere detersivo e spugna, e Blossom guardò le nipotine più piccole. Anche loro avevano smesso di singhiozzare ed erano impegnate a leccarsi il cioccolato dalle manine, ridendo. Sollevandole tra le braccia, le portò in salotto e le posò nel loro box. Non aveva mai approvato l'idea di imprigionare un bambino in quella che sembrava una gabbia, ma ora si rese conto che una simile soluzione preservava le madri dall'esaurimento.
Ritornando in sala da pranzo, trovò Harry e Simone che pulivano soddisfatti. Ci volle un po', ma infine la stanza venne rimessa in ordine e tutti e quattro i bambini furono lavati, consolati con una storia e infine messi a letto.
Blossom scese per farsi una tazza di caffè.
Improvvisamente, dopo la baraonda della giornata, aveva la possibilità di sedersi a pensare, e si ritrovò quasi a desiderare di svegliare i nipotini. Quella mattina suo cognato Greg l'aveva chiamata in preda al panico per avvisarla che Melissa, la sua gemella, era stata ricoverata in ospedale con fortissimi dolori allo stomaco. Blossom era rimasta tutto il giorno con il fiato sospeso e, ora che tutto era tranquillo e silenzioso, la paura la travolse. Appena riattaccato con Greg, era corsa a tempo di record dal suo appartamento di Londra alla loro casa in un sobborgo di Sevenoaks e aveva trovato il cognato in uno stato di profonda agitazione. «Stava benissimo ieri sera» le aveva spiegato disperato, andandole incontro con Rebecca ed Ella tra le braccia e Harry e Simone attaccati ai pantaloni. «E poi si è svegliata verso le tre, dicendo che si sentiva male. Una mezz'ora dopo il dolore era insopportabile, il dottore dice che potrebbe essere l'appendice. Mi ha spiegato che a volte succede, senza alcun preavviso.»
«Ora ci sono qui io e rimarrò finché ce ne sarà bisogno» aveva dichiarato Blossom. «Tu vai all'ospedale e non preoccuparti più di niente.»
Lui era corso via subito, ma lei non pensava che si sarebbe completamente dimenticato di loro e non le avrebbe fatto sapere cosa stava accadendo. Preoccupata, prese il telefono e chiamò l'ospedale. Dopo avere vagato per diversi numeri, finalmente riuscì a parlare con un'infermiera, che molto gentilmente la informò che Melissa in quel momento era in sala operatoria. «Il dottor Robinson, lo specialista che ha in cura sua sorella, pensa che possa trattarsi di un attacco di appendicite, forse perforata. Ha deciso di operarla per scoprire cos'è accaduto.» L'infermiera s'interruppe. «Temo che suo cognato sia un po'... teso al momento. Gli dirò di telefonarle più tardi, quando sua sorella sarà uscita dalla sala operatoria, così avrà sue notizie.»
«Sarebbe fantastico, grazie.» Blossom riattaccò e sospirò. Poteva immaginare la situazione. Greg era, indiscutibilmente, un brillante fisico con un lavoro di gran prestigio in una delle principali aziende elettroniche di Londra, ma da un punto di vista pratico era il disastro assoluto. Ipersensibile e geniale accademico, sembrava isolato dal mondo reale. Fin dal primo momento in cui si erano incontrati all'università, lui e Melissa erano divenuti inseparabili. Greg dipendeva in tutto e per tutto da lei, che non era solo il suo sole, ma anche la luna e le stelle.
Oh, Melissa! Doveva assolutamente guarire! Non era nemmeno pensabile un'altra ipotesi. Blossom e sua sorella erano legatissime, nonostante avessero vite molto diverse. Melissa aveva sposato Greg a ventidue anni e si era trasferita lì in campagna. Blossom, invece, aveva scelto la carriera ed era rimasta a Londra, conquistandosi un'ottima fama come fotografa di moda, dopo anni di duro lavoro.
Si guardò attorno nel salotto con gli occhi pieni di lacrime, e prese il fazzoletto. Non sarebbe stato giusto che accadesse qualcosa a Melissa proprio ora, quando finalmente era riuscita ad avere la famiglia attesa tanto a lungo. Già in viaggio di nozze, Melissa e Greg avevano cercato un bambino, ma purtroppo un aborto aveva seguito l'altro. Avevano speso una fortuna dai medici migliori, ma infine si erano convinti che sarebbero rimasti soli. E, invece, appena dopo il loro settimo anniversario, lei aveva scoperto di essere incinta di due gemelli, e solo venti mesi dopo erano arrivate anche Rebecca ed Ella. Nonostante la grande fatica, Melissa era al settimo cielo.
Rendendosi conto che non poteva abbandonarsi a quel fiume di lacrime, Blossom si costrinse ad andare in cucina a farsi il caffè e a mangiare qualcosa. Era tutto il giorno che non toccava cibo e il suo stomaco era ancora stretto in una morsa, ma doveva mostrarsi in perfetta forma se uno dei bambini si fosse svegliato, soprattutto se si trattava di Harry.
Prese dal cestino la forma di pane fatto in casa, chiedendosi come Melissa riuscisse a trovare il tempo di pensare anche a quello, e lo aveva appena posato sul tavolo quando suonò il campanello. Non più di un secondo dopo, suonò di nuovo. Preoccupata che quel rumore disturbasse i bambini, Blossom corse alla porta, maledicendo chiunque fosse.
«Salve.» L'uomo aveva i capelli scuri e gli occhi più blu del blu, oltre a un corpo alto e snello.
Improvvisamente lei si rese conto che indossava i suoi jeans più vecchi e che la camicia, un tempo bianca, portava le tracce di tutto quello che i nipotini avevano mangiato durante il giorno. In più quella mattina, per fare in fretta, non si era né truccata, né pettinata, raccogliendosi i capelli in una semplice coda.
«Salve» rispose. «Posso aiutarla?»
«Sono Zak Hamilton.» Una mano abbronzata spuntò dalla manica di un'intonsa camicia azzurra dal taglio perfetto, sicuramente mai arrivata a tiro di piccole mani o bocche sporche. «Greg lavora per me» aggiunse, mentre Blossom continuava a guardarlo.
Zak Hamilton, ma naturalmente! Era il grande capo della Hamilton Electronics. Ricordò che Melissa le aveva raccontato che lui aveva ereditato la società sei anni prima, quando suo padre era morto inaspettatamente e che, da allora, l'aveva rapidamente trasformata in un colosso. Zak Hamilton aveva il tocco di re Mida, aveva dichiarato Melissa, in parte perché era davvero intelligente e lungimirante, ma anche perché non aveva paura di rischiare. Era stato lui che aveva cercato Greg, pochi mesi dopo aver ereditato la società, e gli aveva fatto un'offerta che suo cognato non aveva potuto rifiutare. Blossom ricordava anche di avere avuto l'impressione che a sua sorella quell'uomo non fosse molto simpatico, sebbene non glielo avesse mai detto. Greg, invece, non avrebbe potuto parlare meglio del suo capo e ne tesseva spesso le lodi.
Riscuotendosi da quei pensieri, infine replicò: «Sono la sorella di Melissa, la cognata di Greg».
«Salve, cognata di Greg.» Sembrava divertito. «Ha un nome oltre a questo titolo?»
Odiava sempre dire il proprio nome per la prima volta e a quell'uomo poi... «Blossom White.» Aspettò che gli occhi blu mostrassero il solito stupore misto a divertimento, ma non accadde nulla.
Lui continuò a osservarla serio.
«Io e Melissa siamo gemelle» aggiunse in fretta. «Sebbene non sembri. Nostra madre pensava fosse carino chiamare la gemella più vecchia Melissa, che significa ape e la più giovane fiore. Pensava che, come l'ape va dal fiore, la più grande avrebbe badato alla più giovane.» Quante volte lo aveva spiegato!
«E funziona?» chiese lui interessato.
«In realtà no.» Per la verità, era sempre stato l'inverso. Melissa era timida e schiva, mentre Blossom sembrava più temeraria che mai. Questo fino a Dean, poi lei era molto cambiata, almeno nella vita privata. Nel lavoro doveva mostrarsi forte e fiduciosa come sempre. Consapevole che lui stava ancora fissandola, probabilmente pensando a quanto fosse goffa in confronto a Melissa, gli chiese: «È venuto per informarsi su come vanno le cose?».
Lui annuì. «Greg doveva chiamarmi, ma non l'ha fatto.»
«Non posso dirle molto, a parte che Melissa è in sala operatoria in questo momento, e io sto aspettando che mio cognato mi chiami per darmi notizie.»
«Sala operatoria?»
L'uomo sembrò sinceramente preoccupato e, con orrore, Blossom sentì il naso pizzicarle e le lacrime riempirle di nuovo gli occhi. «Pensano... pensano che la sua appendice possa essersi perforata o qualcosa del genere.» Non doveva piangere, qualunque cosa, ma non in quel momento e davanti a quell'uomo!
«Non so dirle quanto mi dispiaccia, non mi ero reso conto che fosse una cosa così seria.» La sua voce era profonda e affettuosa, con un leggero accento che lei non riuscì a definire. «Posso essere d'aiuto in qualche modo?»
Blossom sospirò e si rese conto di essere stata terribilmente scortese a non chiedergli di entrare, ma non era certo in sé con Melissa in quelle condizioni. «Grazie, è tutto sotto controllo» mentì educatamente. «Ma forse gradirebbe entrare a prendere una tazza di caffè... o altro?»
«Grazie, con piacere.»
Lui non esitò e Blossom ammise di essere stata presa alla sprovvista. Quell'uomo, guardandola, avrebbe dovuto rendersi conto che aveva avuto una giornata terribile e che non desiderava altro che un bagno caldo, ma forse pensava che lei avesse sempre quell'aspetto stravolto.
«La prego di scusare lo stato in cui sono» mormorò, mentre gli faceva strada verso il salotto, ricordandosi in quel momento che non aveva ancora pulito dopo che Rebecca ed Ella erano andate a dormire. «I bambini hanno fatto una battaglia con la torta al cioccolato.» Fece un gesto verso il box delle nipotine. «Come può vedere.»
Lui annuì. «Mi chiedevo cosa avesse sulla fronte, ovviamente ha vinto la torta al cioccolato.»
Non era un'osservazione molto gentile, ma lei fece un mezzo sorriso cercando di ricordarsi che quello era il capo di Greg. «Non sono abituata a badare a quattro bambini piccoli» replicò con voce gelida. «E Harry è veramente scatenato.»
Zak Hamilton annuì di nuovo, sorridendo malizioso, e rimase lì in piedi con l'aria di essere appena uscito da una rivista di moda maschile. Sempre piuttosto seccata, Blossom aggiunse: «Se vuole scusarmi un minuto, vado a fare il caffè». E lasciò la stanza con più dignità possibile, date le circostanze.
Una volta in corridoio, si chiuse la porta del salotto alle spalle e si lanciò nel bagno. Guardandosi allo specchio, le sfuggì un gemito. Era peggio di quanto pensasse: i capelli arruffati e impastati, il viso paonazzo, cosparso di chiazze di cioccolato e perfino un paio di foglie impigliate nella frangia, probabilmente rimaste lì da quando aveva giocato in giardino con i bambini.
Aveva