Un tuffo al cuore: Harmony Collezione
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About this ebook
Carole Mortimer
Carole Mortimer was born in England, the youngest of three children. She began writing in 1978, and has now written over one hundred and seventy books for Harlequin Mills and Boon®. Carole has six sons, Matthew, Joshua, Timothy, Michael, David and Peter. She says, ‘I’m happily married to Peter senior; we’re best friends as well as lovers, which is probably the best recipe for a successful relationship. We live in a lovely part of England.’
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Un tuffo al cuore - Carole Mortimer
successivo.
1
«Perché non mi hai detto che i tuoi genitori avevano ospiti per il fine settimana?» osservò Georgie mentre percorrevano in macchina il viale d'accesso alla proprietà.
Non soltanto Sukie, la sorella maggiore di Andrew, aveva deciso di fare una delle sue rare visite alla famiglia, come testimoniava la sua auto sportiva rossa, ma c'era anche un'altra vettura parcheggiata accanto alla Range Rover di Gerald Lawson: una splendida Jaguar grigio metallizzato a due posti. Questo lasciava sperare che comunque non sarebbero stati in molti, pensò con un sospiro di sollievo.
Era solo da poco che aveva conosciuto i suoi futuri suoceri: sir Gerald, nominato cavaliere due anni prima dopo essersi ritirato dalla politica, e sua moglie, lady Annabelle Lawson, perciò non se la sentiva di affrontare anche i loro amici.
«Non lo sapevo neppure io» rispose Andrew scusandosi. «Immagino che si tratti di un amico di Sukie» aggiunse sprezzante.
I due fratelli non erano legati da particolare affetto. La carriera di modella di Sukie cozzava con quella di avvocato di successo di Andrew, così come i suoi amici eccentrici.
«Ed è messo anche piuttosto bene, a giudicare dalla macchina» continuò Andrew mentre parcheggiava la sua BMW nera accanto alla Jaguar. «Un bel cambiamento rispetto al solito.»
Georgie scese dall'auto ridendo. Era alta e snella, con i capelli rossi corti e gli occhi verdi; il naso piccolo e delicato era cosparso di lentiggini, la bocca piena aveva labbra color pesca e il mento appuntito lasciava intendere, dietro al sorriso spontaneo, un carattere determinato. Testarda e cocciuta, l'aveva definita una volta suo nonno...
Il sorriso di Georgie svanì al pensiero del nonno. Se non fosse stato per lui la sua vita sarebbe stata perfetta.
E come poteva essere altrimenti? Aveva Andrew, caro, dolce, tenero e prevedibile Andrew.
Era riuscita a pubblicare il suo primo libro per bambini e viveva in una casa arredata e decorata secondo il suo gusto personale. Tutto era meraviglioso in quel momento.
«Stai bene, tesoro?» le chiese Andrew prendendo le loro borse dal bagagliaio.
«Sì, grazie» lo rassicurò subito lei scacciando dalla mente il pensiero del nonno. Sorrise calorosamente al fidanzato e gli infilò una mano sotto il braccio.
Andrew aveva ventisette anni, quattro più di Georgie; era alto, biondo, con gli occhi azzurri e un viso da ragazzino. Tre sedute alla settimana in palestra erano più che sufficienti a tenere il suo fisico in forma. Esercitava la sua professione di avvocato in uno studio legale di Londra di cui era diventato junior partner grazie alle sue capacità e non perché figlio di sir Gerald Lawson.
Andrew possedeva tutte le qualità che Georgie cercava nel suo futuro marito: era educato, attento, premuroso e, soprattutto, calmo e imperturbabile. Completamente diverso da...
Alt!
Il pensiero di suo nonno era già più che sufficiente per una sera, senza che dovesse aggiungersi anche quello di lui!
«I suoi genitori e la signorina Sukie sono in salotto, signor Andrew» disse il maggiordomo prendendo le loro borse.
«Andrew!» lo accolse calorosamente lady Annabelle quando entrarono. Ormai sulla cinquantina, Annabelle era ancora una bella donna e il semplice abito nero che indossava si adattava perfettamente alla sua figura snella e metteva in risalto i capelli biondi.
Sir Gerald si era alzato a baciare Georgie sulle guance e a stringere la mano ad Andrew.
Fin dall'inizio lei si era trovata bene con quell'uomo, mentre non si poteva dire lo stesso della moglie. Malgrado si mostrasse amichevole, sentiva che aveva molte riserve nei suoi confronti. Be', in fondo Andrew era il suo unico figlio maschio ed era ovvio che la madre volesse il meglio per lui. Spettava a Georgie dimostrarle che era lei il meglio.
«Non è una bellissima serata?» chiese sir Gerald mentre porgeva loro dello sherry. «Si potrebbe quasi mangiare fuori.»
«Oh, non essere provinciale, Gerald» lo riprese bonariamente Annabelle. «E poi abbiamo ospiti per cena» gli ricordò lanciandogli un'occhiata d'intesa.
«Ho notato l'auto di Sukie parcheggiata all'ingresso; dove si è cacciata?»
«Parli del diavolo... eh, fratellino?» chiese la voce della sorella, proveniente dalla serra che era collegata direttamente al salotto.
Sukie era una versione più giovane della madre, però aveva la statura del padre. Di un anno più vecchia di Andrew, aveva un'espressione dura che ben si rifletteva nei suoi freddi occhi blu.
«Non sapevo che ti interessassero i fiori» la prese in giro il fratello baciandola su una guancia.
«Solo quelli mandati dai fioristi, tesoro» ribatté Sukie. «Stavo mostrando la casa al nostro ospite.»
E quando l'ospite fece il suo ingresso in salotto, Georgie sussultò e smise di respirare per alcuni interminabili secondi.
Jed Lord!
Due gelidi occhi grigi percorsero la stanza e si fermarono su di lei. Il fatto che lui non fosse rimasto scioccato nel vederla lì significava che sapeva già che si sarebbero incontrati in quella casa.
Sui trentacinque anni e alto più di un metro e ottanta, Jed Lord aveva i capelli più scuri della notte, il naso dritto, la mascella squadrata e un sorriso sprezzante. Il vestito di sartoria metteva in risalto, invece di nascondere, il suo fisico atletico e possente.
Georgie, che aveva sperato di non rivederlo mai più, era sconvolta da quell'incontro inaspettato e Jed ne era consapevole.
Maledizione a lui!
Cosa ci faceva lì? Era Jed l'ospite di Annabelle e Gerald, oppure era arrivato lì insieme a Sukie, che lo stava fissando come una gatta in calore?
Ma del resto, non era così che lo avevano sempre guardato le donne?
«Jed, permettimi di presentarti al resto della famiglia» disse Gerald Lawson invitandolo a unirsi agli altri. «Mio figlio Andrew e la sua fidanzata, Georgina Jones, ma noi la chiamiamo Georgie.»
«Andrew...» Jed strinse la mano del giovane.
Georgie trattenne il respiro quando alla fine si voltò lentamente verso di lei. Non aveva idea di quello che sarebbe successo nei minuti successivi. L'avrebbe salutata come se fossero due estranei, oppure avrebbe rivelato che si conoscevano già?
«Georgina» la salutò lui con voce roca, avvicinandosi lentamente.
Lei abbassò lo sguardo sulla mano che le aveva teso... una mano maschile grande, forte, dalle lunghe dita affusolate. Come poteva stringerla se aveva promesso a se stessa di non toccarlo mai più?
«O posso chiamarti Georgie...?» aggiunse Jed fissando il suo volto pallido.
«Naturalmente» rispose Georgie sforzandosi di sfiorargli velocemente la mano, ma anche quel rapido e innocuo tocco fu sufficiente a rammentarle che non avrebbe mai più potuto sopportare la vicinanza di quell'uomo.
«La cena è servita, sir Gerald» annunciò in quel momento il maggiordomo.
«Grazie, Bancroff» rispose allegro il padrone di casa. «Andiamo a tavola?» suggerì quindi rivolgendosi agli altri.
Cena! Come avrebbe potuto sedersi allo stesso tavolo di Jed Lord e mangiare normalmente?, si chiese Georgie disperata. Purtroppo però non aveva scelta. Nessuno di loro due aveva accennato al fatto che si conoscessero, anche se non capiva perché Jed avesse taciuto. Una cosa comunque era certa: Jed non faceva mai niente che non tornasse a suo vantaggio.
«Posso?» Gerald le porse il braccio per accompagnarla in sala da pranzo.
«Grazie» rispose lei notando che Sukie non aveva perso tempo ad accaparrarsi l'attenzione dell'ospite.
Georgie era consapevole della presenza di Jed dietro di lei, così come poteva percepire il calore del suo sguardo puntato sulla sua schiena. Uno sguardo che poteva gelare una persona oppure farla bruciare di passione.
Aveva tanto desiderato quel fine settimana nell'Hampshire insieme ad Andrew nella casa dei suoi, vicino alla New Forest! Ma con Jed lì le sembrava di essere caduta nel bel mezzo di un incubo, da cui difficilmente si sarebbe svegliata.
A peggiorare la situazione, a tavola si trovò seduta di fronte a lui. Lo guardò di sottecchi mentre il cameriere le serviva l'antipasto. Non era cambiato molto da quando lo aveva visto l'ultima volta, circa un anno prima. Forse gli era venuta qualche ruga intorno agli occhi e alla bocca che lo rendeva ancora più affascinante di quanto già non fosse, dovette ammettere amaramente.
«Il salmone non è di tuo gusto, Georgie?» si informò Jed gentilmente. «Non l'hai praticamente toccato» aggiunse quando la vide sobbalzare.
Georgie si sentì avvampare. Era sicura che Jed avesse deliberatamente fatto quel commento per metterla in imbarazzo. Bastava guardare la sua espressione soddisfatta per confermarle che si stava divertendo alle sue spalle.
Be', cosa si aspettava? Jed si era sempre burlato di lei, ma adesso era arrivato il momento di finirla. «Invece amo molto il salmone affumicato, signor Lord» lo contraddisse con un sorriso falsamente sdolcinato. Quindi prese coltello e forchetta e iniziò a mangiare.
«Ti prego, chiamami Jed» la invitò lui fissandola a lungo.
«È un nome talmente insolito» commentò Annabelle in tono mondano.
«In effetti è vero» concordò Georgie tornando a rivolgersi a Jed con uno sguardo di sfida. «Sarà sicuramente il diminutivo di...»
«Jeremiah» borbottò lui a denti stretti.
«Mio Dio!» rise lei fissando i suoi minacciosi occhi grigi senza lasciarsi intimidire. «Non ho dubbi che preferisca Jed.»
«Non credi di essere un po' scortese con il nostro ospite, Georgie?» Annabelle Lawson le lanciò un'occhiata di rimprovero.
«Purtroppo devo ammettere di essere d'accordo con Georgie» osservò Jed rivolgendosi alla padrona di casa con un sorriso.
Quella era la prima volta, constatò amareggiata Georgie. «Non volevo essere scortese, Jed» gli assicurò con una leggera sfumatura di derisione nella voce. «Voleva soltanto essere un commento sui nomi che a volte i genitori impongono ai figli per tutta la loro vita.»
«Come il tuo, per esempio» ribatté lui pronto.
«Touché» ammise lei, chinando leggermente il capo. Doveva sapere che non le avrebbe mai lasciato l'ultima parola. «Sono stata chiamata come mio nonno» proseguì determinata.
Jed inarcò un sopracciglio scuro. «Hai un nonno che si chiama Georgina?»
«Io...» Georgie non riuscì a rispondergli per le rime perché Sukie, seduta accanto a Jed, scoppiò a ridere.
«Credo che te la sia proprio cercata, tesoro» le sussurrò Andrew alla sua sinistra coprendole una mano con la propria e sorridendole indulgente.
Forse, concesse Georgie, che non capiva